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Il Ladro nella Biblioteca: Bernie Rhodenbarr, #8
Il Ladro nella Biblioteca: Bernie Rhodenbarr, #8
Il Ladro nella Biblioteca: Bernie Rhodenbarr, #8
Ebook360 pages4 hours

Il Ladro nella Biblioteca: Bernie Rhodenbarr, #8

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About this ebook

Libraio e newyorkese fino all'osso, Bernie Rhodenbarr raramente si avventura fuori da Manhattan, ma ora è eccitato per la romantica vacanza che ha organizzato per sè e il suo attuale amore, Lettice, a Cuttleford House, un lontano bed&breakfast in campagna. Purtroppo, Lettice ha un precedente impegno - deve sposarsi... ma non con Bernie - così egli decide di portarvi invece la sua migliore amica Carolyn. Una riposante pausa dalla confusione della grande città è troppo bella per essere sprecata. Inoltre, in uno degli scaffali di Cuttleford House vi è la preziosa prima edizione di un libro sulla quale Bernard non vede l'ora di mettere le mani. Abbiamo dimenticato di dire che Bernie è un ladro?

Ma prima, dovrà occuparsi di un corpo, molto morto, sul pavimento di quella biblioteca. La trama si infittisce a causa di una tempesta di neve che isola la casa, fili del telefono tagliati, l'arrivo a sorpresa di Lettice con il suo odioso nuovo maritino, e il numero di cadaveri che continua ad aumentare. Ed è Bernie che dovrà scoprire il colpevole... o morire.

Dalla sua prima comparsa nel 1977, Bernie Rhodenbarr si è guadagnato la crescente simpatia di un pubblico internazionale,
Questo personaggio, scanzonato e dalle mani leste, i cui talenti come detective riescono a tirarlo fuori dai guai in cui lo hanno messo le sue abilità di ladro, conquista il cuore e la mente dei lettori romanzo dopo romanzo. IL LADRO NELLA BIBLIOTECA è la sua ottava avventura.

LanguageItaliano
Release dateAug 26, 2018
ISBN9781386352204
Il Ladro nella Biblioteca: Bernie Rhodenbarr, #8
Author

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Il Ladro nella Biblioteca - Lawrence Block

    UNO

    Alle tre del pomeriggio del primo giovedì di marzo preparai la Libreria Barnegat per il week-end.

    Tirai dentro il tavolo dei libri in offerta, chiusi la porta e girai il cartello della vetrina da APERTO a CHIUSO. Presi gli scontrini della cassa – purtroppo mi ci volle solo un attimo – e portai gli assegni alla mia scrivania nella stanza in fondo, dove compilai una distinta e preparai una busta per il deposito postale. Tornai con una scatola lunga un po’ più di trenta centimetri. Aveva l’aspetto di una casetta disegnata da un bambino, col tetto a punta e tutto, e un manico nel posto del comignolo. Aprii la parte superiore, incernierata, e guardai attorno cercando Raffles.

    Era nella vetrina, che si godeva qualche raggio di sole. Lo chiamai per nome, cosa che avrebbe funzionato se fosse un cane; ma non lo è, quindi non funzionò. Raffles è un gatto, senza unghie, senza attributi maschili e senza coda. E’ un soriano grigio e, anche se forse sa come si chiama, non lo dà a vedere. Come prevedibile, non si mosse nemmeno al suono della mia voce, ma restò immobile in quel po’ di sole che c’era.

    Quindi io accartocciai un foglio di carta, e questo funzionò. Abbiamo un rituale di addestramento che consiste nel fatto che io gli getto delle palle di carta, e lui le rincorre e le uccide. Forse a un osservatore distratto può sembrare un gioco, ma è una faccenda seria, pensata per migliorare le sue abilità di catturare topi. Immagino che funzioni, poiché non ho più trovato angoli di libri rosicchiati o materiale organico sospetto dal giorno in cui lui ha fatto la sua comparsa nella libreria.

    Buttai la pallina di carta, e lui scattò all’inseguimento. La catturò prima ancora che smettesse di rotolare, vi affondò le unghie inesistenti, la azzannò, la scosse di qua e di là tenendola in bocca, poi la lasciò a terra, morta. Un cane l’avrebbe riportata e avrei potuto gettargliela di nuovo. Ma un gatto non se lo sogna neppure. Bel colpo, dissi; appallottolai un altro foglio, e lui uccise anche quello. Gli feci ancora i complimenti, preparai una terza palla di carta, e la gettai gentilmente nel trasportino aperto.

    Lui lo guardò. Poi guardò me, poi il pavimento.

    ∗ ∗ ∗

    Qualche minuto dopo bussarono alla mia porta. E’ chiuso, urlai, senza guardare. Stavo fissando Raffles, che si era spostato in uno spazio tra i libri della sezione Filosofia e Religione, su uno scaffale alto dove si trova il busto di Emanuele Kant.

    Bussarono di nuovo, e di nuovo io risposi Chiuso per il week-end! dissi. Mi spiace!

    Bernie, apri la porta.

    Allora guardai, e ovviamente era Carolyn, che sembrava più grossa che mai in un parka imbottito di piumino. Aveva una valigia ai piedi ed era accigliata. La feci entrare, e lei si alitò sulle mani e se le sfregò. Pensavo che saresti stato pronto, disse. Ricordi che dobbiamo prendere un treno?

    E’ Raffles, dissi.

    Che ha?

    Non vuole entrare nel trasportino.

    Guardò me, poi il trasportino e si abbassò per recuperare le due palline di carta che vi erano dentro.

    Pensavo di riuscire a convincerlo a saltarci dentro per inseguirle, dissi.

    Hai pensato questo, eh?

    "Be’, era solo un’idea.

    Ne hai avute di migliori, Bern. Dove si è cacciato?

    E’ seduto là in alto, col padre dell’Imperativo Categorico, dissi. Che mi sembra giusto, perché è imperativo che entri nel cestino, e lui si rifiuta categoricamente. Non so, Carolyn, forse è un errore portare anche lui. Saremo via solo tre notti, e se gli lascio tanto cibo e acqua, e la radio accesa per tenergli compagnia . . .

    Lei mi guardò, scosse la testa, sospirò, e batté le mani con forza, chiamandolo ad alta voce. Raffles saltò giù dal suo rifugio e si appiattì al suolo. Se avesse abbassato il suo centro di gravità ancora di due dita, sarebbe stato in cantina.

    Si chinò, lo prese e lo mise nel trasportino. Adesso stai lì, gli disse con tono che non ammetteva repliche. Chiuse il coperchio con i gancetti così che non potesse obbiettare. Non riesci a farli entrare nella gabbietta con l’astuzia, spiegò. Devi usare la forza. Pronto, Bern?

    Credo di sì.

    Spero che quel giaccone sia abbastanza caldo. La temperatura si deve essere abbassata di dieci gradi dall’ora di pranzo. E le previsioni annunciano neve a nord della città.

    Si scalderà, dissi.

    Pensi?

    E’ già marzo. La marmotta è già uscita, ma le sei settimane in più di freddo sono quasi alla fine. Se anche avremo un po’ di neve, non resterà a lungo al suolo. Presi la mia valigia in una mano e il trasportino di Raffles nell’altra, e lasciai che Carolyn mi aprisse la porta. Una volta fuori, feci ciò che si deve fare per chiudere un negozio a New York, tirando le griglie metalliche e mettendoci innumerevoli lucchetti. Sono manovre che si eseguono meglio a mani nude, e quando ebbi finito avevo le dita intirizzite.

    D’accordo, fa freddo, ammisi. Ma a Cuttleford House staremo benissimo. La neve sul tetto, il fuoco nel caminetto . . .

    "E aringhe a colazione. E nel pomeriggio tè con la panna e gli scones cremosi. Ci pensò. E’ così, Bern? O è il contrario?"

    "No, è giusto. Kipper a colazione, scones con il tè."

    Quello lo so, disse. "Il problema è la crema . . . è la panna cremosa o gli scones? No, sono sicura che è la panna. ‘Scones con panna cremosa’. Sì, suona meglio."

    Sembrerebbero buoni in ogni modo.

    "E tutti quei piatti inglesi tipici! Banger and mash, Bubble and squeak, e il famoso ‘rospo-nel-buco’. Cos’è esattamente il ‘rospo-nel-buco’, Bern, lo sai, per caso?"

    Esattamente, no.

    "Mi fa sempre pensare a quella favola per bambini, Il vento tra i salici, dove c’è quel rospo, e la talpa, e il topo . . . Ma scommetto che è buono, ti fa sentire tutta bella al caldo, comoda e protetta quando lo mangi. E che dici del Bubble and squeak, Bernie? Bolle e squittii? Hai idea di che cosa sia?"

    Forse è il verso del rospo, suggerii, quando lo tiri fuori dal buco.

    "E lo Sherry trifle? disse. E’ un dessert tipo zuppa inglese con lo sherry, almeno credo."

    Sembra il soprannome di una ragazza frivola, dissi. Sherry Trifle – ti fa salire lo zucchero nel sangue, e intanto ti spezza il cuore.

    Mi ricorda di una dolce ragazza che ho incontrato al Pandora un paio di settimane fa.

    Davvero? dissi. A me ricorda Lettice.

    ∗ ∗ ∗

    Questa mia uscita bloccò un po’ la conversazione, lo riconosco, e per circa un’ora nessuno di noi parlò troppo. Andammo in taxi fino alla stazione Grand Central, poi avremmo preso un treno fino a Whitham Junction, dove si doveva cambiare per una linea secondaria che andava a nord est verso Pattaskinnick, un paesino tra i confini degli stati di New York, del Connecticut e del Massachusetts. E poi avremmo affittato un taxi per gli ultimi chilometri fino a Cuttleford House.

    Andando alla Whitham Junction sedemmo sul lato sinistro del treno, così da poter vedere dai finestrini il fiume Hudson. Due dei nostri bagagli erano sulla reticella in alto; il terzo era per terra tra i miei piedi, ed emetteva qualche miagolio di tanto in tanto.

    Ti piacerà, Raffles, lo rassicurò Carolyn. Un’autentica casa inglese a sole tre ore da New York.

    Potrebbero essere un po’ più di tre ore, e potrebbe non essere del tutto autentica.

    Ci somiglierà molto, Bern. Sai Raffles, magari per te ci saranno anche dei veri topi inglesi.

    Un grazioso pensiero, dissi. Spero che non abbiano passato gli ultimi cinquant’anni a rosicchiare la biblioteca.

    Se è una vera casa inglese, disse, avranno i loro gatti.

    Sono certo che saranno eccitati nel vedere Raffles. Toccai la sua gabbia col piede. Non so perché abbiamo dovuto portarlo. Stava benissimo nel negozio.

    Non potevamo lasciarlo così a lungo, Bern.

    I tuoi gatti li hai lasciati da soli.

    Ubi e Archie si fanno compagnia l’un l’altro. E poi Fred, che sta di fronte a me, passerà una volta al giorno per dargli cibo e acqua. Avrei potuto fare lo stesso io per Raffles, ma siccome mi hai invitata a venire con te . . .

    Lo so.

    Mi toccò la mano. Tra parentesi, disse, ti ringrazio molto. Sei stato davvero gentile a chiedermelo.

    Be’, non volevo andarci da solo.

    Immagino che sarebbe stato meno divertente.

    Diventerei matto, dissi. "Starmene seduto tutto il giorno a girare i pollici, aspettando gli scones cremosi."

    Sono certa che è la panna, Bern.

    Quello che è. Sei la mia migliore amica, Carolyn. Non c’è nessun altro che avrei voluto portare a Cuttleford House.

    E’ bello che tu lo dica, Bernie. Anche se non è del tutto vero.

    Che cosa vuoi dire?

    Bern, disse, per un attimo guardiamo in faccia la realtà, okay? Un romantico week-end in una casa di campagna inglese, nel mezzo dell’inverno . . .

    Ma che inverno. E’ già marzo, è quasi primavera.

    Lascia perdere il calendario, Bern. Fa troppo freddo per andare a fare passeggiate nei boschi. Ci sarà anche il fuoco nel caminetto, ma il ghiaccio sulle finestre esterne.

    I doppi vetri riparano come una coperta, dissi, e spero che non ce ne sarà sulle nostre.

    Be’, hai capito cosa intendo. Adesso continuiamo, e dimmi se non avresti preferito passare il week-end con una bella donna.

    Tu sei una bella donna, Carolyn.

    Sono ragionevolmente attraente, concesse, ma dire ‘bella’ sarebbe esagerato. In ogni caso, non è questo il punto. Non vuoi una donna che potrebbe perdere la testa per una dolce ragazza come Sherry Trifle. Vuoi una donna che possa perdere la testa per te.

    Un’altra volta, dissi. Adesso, tutto ciò che voglio è un’amica.

    Passò il controllore annunciando: Prossima fermata Whitham Junction. Si cambia per . . . e nominò una serie di posti mai sentiti – tra cui Pattaskinnick. Carolyn mi diede di gomito e indicò il finestrino. La neve stava cadendo.

    Be’, l’avevano detto che sarebbe nevicato a nord della città, dissi. Siamo a nord della città, ed è proprio quello che succede.

    Penso che sia bellissimo, disse, e spero che non smetta. Spero che nevichi per tutto il week-end.

    Forse avrei obiettato qualcosa, se avessi ascoltato, ma la mia mente era occupata con altri pensieri, tanto che non sentii quello che lei disse dopo. Non commentai nemmeno un paio di battute seguenti, fino a che lei disse: Bernie?

    Scusa. Forse ero distratto.

    Continui a pensare a lei, vero?

    A Lettice?

    Già. Ma va bene, Bern. E’ naturale. Hai il cuore spezzato, e adesso sei in viaggio con me invece che con lei, ed è ovvio che tu passi molto tempo a fantasticare e rimpiangere quella donna.

    Fantasticare, dissi. E’ quello che facevo?

    Be’ . . .

    Non credo. Veramente, non stavo affatto pensando a Miss Lettice Runcible.

    Ah, no?

    Mi alzai e tolsi le valigie dal portabagagli. In realtà, dissi, stavo pensando a Raymond Chandler.

    DUE

    Dovrei cominciare dall’inizio.

    O quasi dall’inizio. Dal mio appartamento, per esempio, pressappoco dieci giorni prima che Carolyn, Raffles e io prendessimo un treno per Pattaskinnick, passando per Whitham Junction. Erano circa le undici di sera; il mio nastro di Mel Tormé stava per ricominciare automaticamente dal primo pezzo, ancora una volta, e stavo cercando di decidere che cosa fare.

    Vuoi sentirlo ancora? chiesi a Lettice. O devo mettere qualcos’altro?

    Non importa, Bernie.

    Allungai una mano, la appoggiai sul suo fianco, e mossi le dita. Potremmo provare il silenzio, proposi, interrotto solo dai nostri respiri affannosi e da qualche grido di passione.

    Temo che dovrai respirare affannosamente da solo, disse. E’ ora che io torni a casa.

    Potresti restare stanotte.

    Oh, no, non stanotte, Bernie. Si mise seduta nel letto e allungò le braccia sopra la testa, stiracchiandosi come un gatto. Devo alzarmi presto domani, è meglio che vada. Non hai visto le mie mutandine, vero?

    Non da quando te le sei tolte. A quel punto non mi interessavano più.

    Saltò giù dal letto e si mise a guardare in giro, mentre io guardavo lei. Occupazione gradevole, perché era assolutamente stupenda. Era alta circa uno e settanta, molto snella, ma per nulla spigolosa. Curve ovunque, ma erano tutte curve dolci, senza angoli acuti. Se fosse stata una strada, non avreste dovuto scalare la marcia o, men che meno, frenare. Aveva capelli color del miele della Florida, pelle color della panna e occhi del colore di un lago alpino. La prima volta che la vidi restai colpito dalla sua bellezza, e adesso era cento volte meglio. Perché allora aveva addosso dei vestiti, e ora no; e credetemi, c’è una bella differenza.

    Appoggiò una graziosa manina su un bellissimo fianco e studiò il dipinto appeso al muro di fronte al letto.Mi mancherà, disse pigramente. E’ una copia proprio bella, vero?

    Si tratta di una tela di circa cinquanta centimetri di lato, con righe orizzontali e verticali su fondo bianco. Alcuni dei quadrati sono riempiti con colori primari. Le chiesi come poteva dire che è una copia.

    Sollevò un sopracciglio. Be’, il posto dove si trova è un ottimo indizio, non pensi? Sarebbe difficile trovare qui un Mondrian originale.

    ‘Qui’ era il mio appartamento tra la 71esima e il West End, e in realtà è un bel posto dove vivere, anche se è improbabile scambiarlo per il Museum of Modern Art.

    E poi, aggiunse, un originale si riconosce, no? Ho passato due ore alla mostra di Mondrian al MOMA. Ci devi essere stato."

    Due volte. La prima quando aprì, e poi ancora appena prima della chiusura, in gennaio.

    Allora di certo sai cosa voglio dire. Quando vedi i veri originali, non solo le riproduzioni nei libri, non ti faresti ingannare da una copia come questa. Sorrise. Non che non sia molto buona, per quello che è, Bernie.

    Be’, non possiamo essere tutti originali, dissi. Ma cosa intendevi dicendo che ti mancherà?

    Ho detto così? Veramente parlavo tra me e me. Bernie, dove diavolo sono le mie mutandine?

    Giuro che non le sto indossando io.

    Oh, eccole. Come pensi che siano finite fin qua?

    Volate sulle ali dell’amore, dissi. Anch’io uscii dal letto e spensi Mel Tormé. C’è una cosa che volevo chiederti e che continuavo a dimenticare. Sei libera una settimana dopo il prossimo giovedì?

    Non questo, ma il seguente?

    Esatto.

    La settimana di giovedì, direbbero gli inglesi.

    Probabile, dissi. e in effetti si collega con quello che volevo chiederti. Vedi, pensavo di . . .

    Veramente, no.

    No, che cosa?

    Libera. La settimana di giovedì.

    Oh. Non è una cosa di cui ti puoi liberare?

    Non proprio.

    Perché se potessi posporla, noi . . .

    Temo di non potere.

    Oh, dissi. Be’, giovedì sarebbe stato meglio, ma penso che andrebbe bene anche venerdì.

    La settimana di venerdì.

    Sì. Una settimana dopo il prossimo venerdì. Potremmo . . .

    Non possiamo.

    Scusa?

    Veramente, disse, temo che sarò impegnata per tutto il week-end, Bernie, da giovedì sera in poi.

    Oh.

    Mi spiace.

    Avevo una mezza idea di passare il week-end insieme, ma . . .

    Mi sa che non è agganciato. Me lo sistemi, per favore, Bernie?

    Ma certo. Oh, scusa, mi è scivolata la mano.

    Ci avrei scommesso.

    Sai, l’ha portata lì un impulso irresistibile. Ma se non ti piace . . .

    Non ho detto quello.

    O se vuoi che mi fermi . . .

    Non ho detto nemmeno quello.

    Così ce la cavammo anche senza Mel Tormé, e devo dire che la sua assenza non si notò molto. Alla fine crollai come un pneumatico scoppiato, e la successiva cosa che capii fu che lei era tutta vestita e aveva una mano sulla maniglia.

    Aspetta, dissi. Almeno ti accompagno giù e ti metto su un taxi.

    Non serve che tu stia a vestirti, Bernie. E io ho abbastanza fretta.

    Almeno, lasci che ti spieghi che cosa avevo pensato per il week-end.

    Va bene.

    Perché potremmo sempre farlo la settimana dopo, se riesco a fare la prenotazione. O magari, una volta che hai sentito che cosa avevo in programma, potresti convincerti a cancellare i tuoi impegni.

    Be’, dimmelo.

    Cuttleford House, dissi.

    Cuttleford House. Aggrottò le sopracciglia mentre pensava. Non è quella . . .

    Una casa di campagna inglese, nel Berkshires, dissi. Esclusiva, cara, e autentica. Un fuoco in ogni caminetto. Domestiche che fanno la riverenza. Giovani servitori che fanno cadere le acca iniziali. Tè portato in stanza all’inizio della giornata. Ospiti che non si sono ancora ripresi dallo shock di avere perso l’India. Niente televisione in tutta la casa, nessuna auto in tutta la proprietà.

    Sembra un sogno.

    Be’, so che passione hai per tutto ciò che è inglese, dissi, e ho visto come ti era piaciuto il tè allo Stanhope, e ho pensato che questo poteva essere il week-end perfetto per noi. Volevo dirtelo a S. Valentino, ma era già passato prima che riuscissi a sentirli e fare una prenotazione.

    Che tesoro di un uomo sei, Bernie.

    Proprio, concordai. Che ne dici, Lettice? Se sei sicura di non potere spostare i tuoi piani, posso tentare di spostare la prenotazione alla settimana seguente.

    Vorrei proprio.

    Vorresti che cosa?

    Entrambe le cose. Sospirò, lasciò la maniglia della porta e tornò nella stanza, appoggiandosi a una libreria. Speravo di evitarlo, disse. Pensavo che sarebbe stato più bello per entrambi potere solo fare l’amore e lasciare le cose così.

    Lasciare che cosa? E come? Non ti seguo più.

    In un certo senso, disse, è proprio così. Oh, Bernie, vorrei potere essere con te la settimana di giovedì, ma proprio non posso."

    Che altro devi fare, mi sentii chiedere, di tanto importante?

    Oh, Bernie.

    Be’?

    Mi odierai.

    Non ti odierò.

    Invece sì, e avresti ragione. Insomma, è così ridicolo.

    Che cosa è?

    Oh, Bernie, disse di nuovo. Bernie, mi sposo.

    ∗ ∗ ∗

     ‘Oh, tra parentesi, Bernie, giovedì mi sposo,’  dissi. Io rimasi a bocca aperta, e quando riuscii a richiuderla, lei era uscita e se ne stava andando. Ma ci credi?

    Sì, Bern, comincio a crederci.

    Immagino che fosse vero, perché lo aveva sentito per la terza volta. Glielo avevo raccontato quella notte, telefonandole pochi minuti dopo che Lettice se ne era andata chiudendo la porta dietro di sé gentilmente ma fermamente. Glielo raccontai ancora il giorno dopo a pranzo. Carolyn ha un negozio di toelettatura per cani sulla 11esima Est tra Broadway e University Place, a solo un paio di numeri di distanza dalla Libreria Barnegat, Normalmente pranziamo insieme; uno dei due prende dei sandwich in una delle varie rosticcerie della zona e li porta nel negozio dell’altro. In quel particolare giorno i sandwich li avevo presi io, e li stavamo mangiando alla Poodle Factory. Tra un boccone e l’altro le ripetei la stessa storia che le avevo già detto per telefono.

    Poi, verso le sei, chiusi la libreria e tornai alla Poodle Factory, dove lei stava dando gli ultimi tocchi a una barboncina bichon frisé, mentre i proprietari la osservavano, raggianti. Lei è un tesoro adorabile, disse uno dei due, mentre l’altro staccava un assegno. E voi ne tirate fuori il meglio, Carolyn. Giuro che siete un genio.

    Se ne andarono, con l’adorabile tesoro al seguito, e il genio chiuse bottega per la notte. Camminammo fino al bar Bum Rap su Broadway, come facciamo di solito, e Carolyn iniziò con uno scotch, come fa di solito, poi si fermò. Se vuoi, ordino qualcos’altro.

    Perché?

    Be’ se ti vuoi prendere una bella sbronza io posso fare in modo di restare relativamente sobria.

    Non abbiamo un’auto, dissi. A che serve un ‘guidatore designato’ ? E in ogni caso, perché dovrei ubriacarmi?

    Cioè, non lo vuoi?

    Non particolarmente.

    Oh. Ehi, ma non è che questa è una delle tue notti in cui prendi solo la Perrier?

    Bevo solo Perrier quando i miei progetti per la notte comprendono di entrare illegalmente da qualche parte. No, dissi. E lo provai chiedendo a Maxine di portarmi una bottiglia di Tuborg.

    Bene, grazie a Dio. disse Carolyn. In tal caso, Maxine, prendo lo scotch, e fallo pure doppio. Bernie, mi hanno detto che sono un genio. Non è bellissimo?

    Grande!

    Se potessi scegliere, disse, preferirei essere un genio in qualcos’altro. Nessuno ha mai ricevuto un Nobel per lavare i cani. Ma è sempre meglio di nulla, non pensi?

    Completamente d’accordo. Potresti essere come me.

    Un genio con i grimaldelli?

    Un genio con le donne.

    Io sono già un genio con le donne.

    Ma ci credi? chiesi, lanciandomi nel mio terzo racconto della rivelazione di Lettice.

    Quello che vorrei sapere, dissi, "è quando me lo avrebbe detto se non avessi insistito con il week-end. Dico, non è che doveva andare al cinema con qualcun altro. Si deve sposare."

    Sapevi che si vedeva con qualcun altro?

    Più o meno lo supponevo. Non avevamo una relazione seria. In realtà, avevamo appena cominciato ad andare a letto insieme.

    E come era?

    Intendi il sesso?

    Già.

    Era magnifico.

    Ah.

    Veramente speciale.

    Mi spiace saperlo, Bernie.

    Ma non era una grande storia d’amore. Io speravo che potesse diventarlo, ma nel profondo penso di avere saputo che non lo sarebbe. Non avevamo molto in comune. Mi immaginavo che avrebbe seguito il suo corso, per risolversi in qualche modo agrodolce, e tra un anno sarebbe stata un altro tenero ricordo con cui riscaldarmi il cuore mentre avanzo verso la vecchiaia. Quindi ero preparato al fatto che finisse in nulla, ma non pensavo che sarebbe successo tanto presto, o così bruscamente.

    Però sostanzialmente stai bene, Bernie?

    Direi di sì.

    Sei sbalordito, ma non devastato.

    E’ così. Mi sento stupido per avere frainteso la situazione così completamente. Pensavo che la ragazza fosse pazza di me, mentre lei si stava addirittura preparando a contrarre matrimonio con qualcun altro.

    E’ per lui che ci dovrebbe dispiacere, Bern.

    Chi, lo sposo?

    Eh già. Mancano dieci giorni al matrimonio, e sua moglie fa le prove generali con qualcun altro. Se vuoi la mia opinione, sei stato fortunato a liberartene.

    Lo so.

    Lettice. Ma che razza di nome è, poi?

    Immagino inglese.

    "Sì, ma Lettice? Che si pronuncia come Lattuce, lattuga? Sai, da quando hai iniziato a vederla sono stata bravissima a resistere alle battute ovvie. Tipo, è un bella patatina. Oppure, ha una sorella che si chiama Prezzemolina? O, spero che non sia la lattuga varietà Iceberg."

    No, non lo è.

    Non saprei, Bern. L’altro giorno è stata molto fredda, no? E in ogni caso, chi è il fortunato mortale? Ti ha detto qualcosa di lui?

    Nemmeno una parola.

    O dove l’ha incontrato, cose simili?

    Scossi la testa. Magari è solo entrata nel suo negozio, dissi. E’ così che l’ho conosciuta. Ha preso una mezza dozzina di libri di Martha Grimes e di Elizabeth George, e abbiamo iniziato a parlare.

    Che cosa fa?

    Ah, di tutto . . . dissi, ricordando. Oh, ma vuoi dire di lavoro? Qualcosa a Wall Street. Credo analista di mercato.

    Quindi non è solo una bella oca.

    Non nel senso solito del termine.

    Ed è inglese?

    No.

    Credevo che avesse nostalgia dell’Inghilterra. Che fosse per questo che l’avevi portata allo Stanhope per un tè all’inglese, e la volevi portare a Cattleford House.

    Lei ha questa passione per l’Inghilterra, in un certo senso, ma non è inglese. In realtà, non è mai nemmeno stata in Inghilterra.

    Ah.

    Però ha questo lieve accento inglese, e usa a volte dei modi di dire britannici; e a lei è ovvio che l’Inghilterra è la sua patria spirituale. E ovviamente ha letto molti gialli e polizieschi inglesi.

    Ah, giusto. Martha Grimes ed Elizabeth George. Sono entrambe inglesi, vero?

    In realtà, dissi, no; ma hanno ambientato i loro libri in Inghilterra, e lei se li legge tutti. E naturalmente conosce anche tutti i classici: Agatha Christie, Dorothy Sayers . . . Insomma credevo che Cuttleford House sarebbe stata un posto proprio nella sua linea di pensiero.

     ‘proprio nella sua linea di pensiero?’ 

    "Vedi? Mi vengono modi di dire un po’ British. Pensavo che ne sarebbe andata matta."

    Ed è molto meno cara che andare in Inghilterra.

    E’ comunque cara, dissi. Ma ho avuto una serata molto buona verso la fine di gennaio, e per una volta il denaro non è un problema.

    Una di quelle notti in cui bevi solo Perrier.

    Temo di sì, dissi. Lo so che è moralmente riprovevole, ma l’ho fatto lo stesso, e volevo investire parte dei guadagni vivendo da ricco, prima di sprecarli tutti in cibo e spese di casa.

    Mi sembra sensato.

    Avevo veramente pensato di saltare su un Concorde e rapirla per un turbinoso fine settimana in Inghilterra. Ma non ero sicuro di saper trovare l’Inghilterra giusta.

    "Ce n’è più di

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