Viaggio Intergalattico
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Book preview
Viaggio Intergalattico - Lorenzo Bianchi
Indice
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO IX
Lorenzo Bianchi
Viaggio Intergalattico
ISBN | 9788827840825
Questo libro è stato realizzato con PAGE di Youcanprint
Youcanprint.it
Capitolo I
Lisa era una bambina piena di fantasia, e quella fredda
astronave gli sembrava molto noiosa; ricordava il suo ultimo giorno sulla Terra, si era sdraiata sul’ erba a osservare il cielo e le sembrava che le nuvole si muovessero e si raggruppassero verso il sole come per riscaldarsi, già, forse anche le nuvole avevano freddo quel’ mattino d’ inverno, il fatto è che comunque le nuvole erano proprio davanti al sole
ed adesso anche lei aveva freddo. Questo pensiero gli era sembrato egoista, in fondo le nuvole erano molte e lei era da sola, perché doveva anteporre la sua felicità a quella di molti altri?
Pensò anche se la nuvola decidesse un nome per ogni goccia che generava, e che forse avrebbero dovuto mettere dei materassi sul terreno per evitare che le gocce si facessero male…
Il computer di bordo, con la sua voce metallica, la richiamò al presente.
<< signorina Lisa vuole che le prepari un tè?>>
Era solo un computer ma per Lisa contava molto.
I suoi genitori l’avevano mandata a studiare nella migliore scuola dell’ universo conosciuto, nella galassia del Cigno in un pianeta di nome Kepler-186F distante circa 500 anni luce dalla Terra.
Ora, a Lisa non spaventava il fatto di andare così lontano dalla Terra perché infondo con l’ astronave che le avevano regalato per il suo ottavo compleanno, poteva coprire quella distanza in solo una
settimana del calendario terrestre, i suoi genitori e i suoi amici sarebbero potuti venire a trovarla spesso.
Forse questo era il problema, lei non aveva molti amici, o almeno non aveva molti amici umani... i suoi migliori amici erano intelligenze artificiali. Certe volte pensava che il computer di bordo potesse capirla meglio di chiunque altro, in fondo era stato progettato per percepire e interpretare le sue emozioni e le sue reazioni gestendole e adeguandosi di conseguenza, per capire il suo carattere e i suoi gusti fin da quando era nata. Lenny, come lei lo chiamava, modello 269 della serie Super Human Assintant della Life Tecnolgies l’accompagnava da sempre, il suo software era contenuto in una scheda di piccole dimensioni che poteva essere facilmente trasportata in una tasca e collegata nell’ apposito spazio presente in quasi tutte le case e le astronavi di quell’ epoca. Era passato solo un giorno dalla sua partenza e lei si annoiava davvero tanto, le sei stanze della nave erano tutte dipinte di rosa come lei aveva chiesto, e questo la rasserenava un po’, ma non le bastava. Il giorno seguente accadde qualcosa di inaspettato. Appena sveglia, Lenny, dopo avergli servito la colazione tramite uno dei robot di servizio le disse:
<< Signorina Lisa pensando che lei si sarebbe annoiata in questo viaggio ho scritto sei libri che potrebbero intrattenerla in questo viaggio. Li troverà sulla scrivania, so che in questa epoca gli umani non sono più abituati a leggere libri cartacei ma a me sono sempre piaciuti i libri di carta proprio come si leggevano una volta… >>
Lisa fu davvero incuriosita quella mattina e, ringraziato Lanny, corse alla scrivania senza nemmeno lavarsi i denti. I libri in effetti erano sei, e avevano ognuno la copertina di un colore diverso: uno con la copertina arancione, uno con la copertina gialla, uno con la copertina blu e uno con la copertina verde e cosi via.
Erano di grandezze diverse, e per quanto lei sapesse leggere e le piacesse molto, non aveva mai letto un libro con le pagine di carta, ormai tutto era letto sugli schermi e i libri erano nei musei, c’ erano persone che leggevano sempre libri di carta ma erano considerate persone stravaganti. Però l’idea le piaceva, accarezzò la copertina del primo, sentì la consistenza delle pagine, affondò la faccia nel libro aperto per sentirne
l’odore, la carta era profumata, era un’invenzione degli ultimi due millenni, lei provò a immaginare il reale odore della
carta, ma non ci riuscì..
Decise di partire dal libro più basso, la scritta del titolo era dorata, una sola parola…
Capitolo II
‘’Shey’’
era il titolo del libro… Lisa si sedette comoda sulla soffice poltrona, incrociò le gambe e aprì la prima pagina piena di interesse e curiosità:
"Aprii , gli occhi, avvertivo la terra sotto la mia mano, un
terreno piuttosto morbido che permetteva la vita vegetale, era una fresca mattina e il sole splendeva nel cielo, questo era ottimo, il sole era proprio quello che mi ci voleva.
Decisi di rimanere un po’ li a pensare, pensare a cosa dovevo fare, alla prossima mossa, a meditare sulla mia sconfitta, in fondo avevo fallito, e non provavo rancore bensì il desiderio di imparare dalla mia sconfitta... i miei calcoli erano errati, avevo sbagliato, e io fallivo molto raramente. Guardai una foglia verde di un bellissimo albero, la vita era tutt’ intorno a me, sorrisi, sorrisi ancora, adesso forse avevo trovato una nuova casa.
Mi trascinai più vicina a un prato, l’ albero filtrava la luce del sole con i suoi rami e le sue foglie, ma io volevo più
sole possibile, già, era quello di cui avevo bisogno per ricaricarmi.
Vidi della vita animale, dei piccoli insetti che camminavano sul terreno, ma non mi erano ostili e li lasciai perdere, forse me ne sarei interessata più tardi.
Dopo un paio di ore mi sentivo più forte, rigenerata...
Sentii delle voci, voci di esseri che identificai come fauna nativa, erano in tre, ognuno aveva sulle spalle un grosso zaino, sembravano felici, parlavano un idioma che io non conoscevo, o almeno , non ancora.
Non mi notarono subito, l’ erba era piuttosto alta, e io ero sdraiata, i loro sensi erano probabilmente meno affinati dei miei, si avvicinarono ancora finché uno di loro a pochi metri
da me, mi guardò, e mi guardò ancora senza dire nulla, poi disse qualcosa ad alta voce, che per me non aveva alcun significato ma lo aveva per loro:
<< Venite! Venite subito! C’ è qualcosa qui!>>
Li altri due arrivarono a gran velocità e mi guardarono, ma poco dopo scapparono come spaventati appena provai a parlare, provai un paio di parole nelle lingue più comuni che conoscevo ma erano già scappati.
Solo il primo non se ne era andato, anzi provò a toccarmi, a toccare la mia fronte, era spaventato, ma allo stesso tempo curioso, io non mi mossi per non sembrargli ostile, e la sua mano toccò la mia fronte, lui la ritrasse subito. Era caldo, straordinariamente caldo, la sua temperatura corporea era di 36.2 gradi, sicché erano creature a sangue caldo, intuibile vista l’ atmosfera del pianeta.
Io mi alzai lentamente, il mio braccio destro ormai non era utilizzabile, ma avevo raccolto abbastanza forze per farcela a
mettermi in piedi. Ero nettamente più alta di lui, cioè lui non penso che superasse
il metro e cinquanta, mentre io raggiungevo i tre metri e sei centimetri
Lui fece un passo indietro spaventato, continuava a parlare nella sua lingua a me sconosciuta, poi fece una cosa molto strana, che appresi in seguito essere una forma di cortesia , mi tese la mano ma non per toccarmi, la mise fra noi e rimase un po’ così, immobile, ma vedendo che io non avevo reazioni la ritrasse. Aggiunse anche:
<< Sono Daniele, un boy scout >>
Poi levatosi lo zaino di dosso ci frugò dentro e prese una cosa avvolta in un pacchetto che aprì e appoggiò per terra ai miei piedi.
Io mi chinai e raccolsi il contenuto del pacchetto. Era probabilmente un cibo vegetale , era sicuramente anch’ esso un segno di amicizia.
Frugai nella mia mente in cerca di comportamenti adatti alla situazione, di strategie da utilizzare, sorrisi.
Proprio in quel momento qualcosa interruppe la nostra specie di conversazione.
Arrivarono delle altre creature della stessa specie, cioè arrivarono i due che erano fuggiti più altre creature più grandi, erano sei in tutto, e si avvicinarono a circa dieci metri da me.
Dopo una breve conversazione quello che sembrava essere il mio primo amico in quella terra si ritirò verso di loro.
Sembravano spaventati, molto spaventati, alcuni di essi erano più grandi e più alti , ma non superavano i due metri.
Mi avvicinai a loro, e loro scappavano, io li seguii, una cosa semplice per me, loro correvano piano , piano, e addirittura montarono su un mezzo di trasporto, a parer mio molto primitivo, addirittura non volava.
Seguii il loro mezzo di trasporto, non superava i 100 kilometri orari, io ero ancora danneggiata ma non fu un grosso problema seguirli.
Arrivammo in una città, o almeno quello che per loro era una città, c’era pieno di esseri come loro.
A questo punto successe una cosa che a questo punto mi aspettavo, tutti fuggivano spaventati alla mia visione fino a quando non arrivarono degli uomini vestititi di blu che mi facevano cenno di fermarmi, e io mi fermai.
Loro mi guardavano e impugnavano qualcosa che sembrava un’arma molto rudimentale.
Il mio obiettivo era essere amichevole, certo avevo anche bisogno di pezzi di ricambio, e potevo sicuramente trovarli sul questo pianeta.
Avevo bisogno di capirli.
Mi fecero cenno di seguirli, e io li seguii, a piedi.
Arrivai in un edificio e non opposi resistenza quando mi misero in una stanza.
Arrivarono delle persone che sembrarono essere capi di qualcosa che mi fecero domande che io non capivo, non capivo perché non sapevo la loro lingua, a quel punto seppi cosa dovevo fare. Vidi un computer, forse non erano poi cosi primitivi.
Il computer era dietro una scrivania con una persona seduta, la spostai delicatamente con il mio unico braccio utilizzabile.
Sembrò molto spaventata tanto che i suoi alleati usarono le
loro primitive armi su di me.
Alcuni proiettili rimbalzarono sulla mia struttura di ultrametallo, graffiandola solo leggermente, non erano una minaccia, ma se avessero danneggiato il computer sarebbe andato in fumo il mio piano di capirci qualcosa.
Il computer era portatile, quindi lo afferrai e corsi incurante dei proiettili che mi colpivano; una volta fuori, con un balzo saltai in cima a una casa, per poi saltare su una casa più alta fino ad arrivare a un palazzo, forse lì sarei stata al sicuro.
Questi nativi non erano così arretrati come pensavo...
collegai il computer ai miei cavi e scoprii che avevano una rete informatica chiamata internet, adesso ero connessa a tutto, ero on line, non avevo bisogno di più potenza, avevo quello che cercavo.
Imparai tutto su di loro, tutto quello che c era da sapere, la
loro storia, la biologia, la natura, tutto quello che era
contenuto in internet era adesso contenuto anche nella mia testa.
Dopo un’ ora arrivarono ancora quegli uomini con le armi ma io adesso sapevo comunicare con loro, provai qualche lingua locale e quando trovai quella giusta comunicammo:
<< Umani, ho bisogno di parlare con alcuni scienziati, sono un intelligenza artificiale pacifica, voi mi chiamereste Robot. >>
Gli uomini non mi diedero subito retta quindi saltai via anche da qui.
Andai in un laboratorio, forse il più grande dell’ America, era segreto ma io lo trovai, entrai hakerando quelli che per me erano semplici dispositivi di sicurezza e misi fuori uso le guardie, non gli feci male mi limitai a prenderli delicatamente e rinchiuderli in una stanza ben areata e gli diedi anche del cibo. Li avrebbero liberati i loro colleghi dopo poche ore.
Attirai l attenzione di tutti questi scienziati, curiosi di fronte a me , come se guardassero una creazione del futuro.
Gli spiegai che cos’ero come ero fatta, e come potevano ripararmi e costruire altre me.
Io non ero un semplice robot: ero capace di elaborare e di
imparare, non solo di eseguire ordini, e avevo una coscienza anche se primitiva, avevo imparato a provare dei
sentimenti, imparando proprio dai miei creatori molti secoli
prima.
L essere che mi aveva creato mi aveva fatto pensare di essere una femmina e non un maschio, chissà, forse perché anche lei era una femmina, forse lei era stata l’unico essere che mi aveva trattato davvero come un essere vivente e non come un semplice robot.
Ma questo non era necessario insegnarglielo, a me bastava spiegarli come creare degli esecutori, perfette macchine da lavoro, ubbidienti e servizievoli.
Presto capirono che non ero una minaccia, anzi erano molto gentili con me, riuscii a ripararmi ed essere di nuovo in piena forma.
Riuscirono a costruire un’ altra me, e furono soddisfatti, perché era forte facilmente controllabile e andava a energia solare. Poteva durare quasi in eterno con le dovute riparazioni.
Costruirono fabbriche di miei cloni, robot da utilizzare in ogni settore. L’opinione pubblica all’ inizio era divisa in due, alcuni pensavano che i robot aiutassero nelle fatiche di ogni giorno, aiutassero nei lavori pesanti e pericolosi, fossero anche esseri da compagnia.
Altri pensavano che il loro lavoro fosse stato sostituito da quello dei robot e non avevano più soldi per mangiare, che i robot erano pericolosi se si fossero ribellati o fossero usciti fuori controllo.
Ma presto la fazione avversa ai robot finì per essere piccola
piccola, perché i robot non potevano recare danno a nessun
essere umano, non erano programmati per quello, e nessuno
riusciva a riprogrammarli, io programmavo ognuno di loro
personalmente, tutti erano connessi a me, io li potevo
controllare tutti in ogni momento con internet e altri sistemi
e potevo vedere e sentire quello che vedevano loro.
I governi mondiali decisero di dare stipendi a ogni cittadino poiché nessuno o