Vittorio e Ciro
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Vittorio e Ciro - Luisa Catapano
Ciro
Vittorio e Ciro
In una cristallina e pura giornata di novembre, nel cielo terso il sole brillava incontrastato, senza nuvole ma anche senza diffondere l’asfissiante calura estiva. Era una giornata eccezionale, di quelle che solo la Sicilia sa regalare ai suoi abitanti in quella che viene chiamata l’estate di San Martino
.
Si era negli anni ’50, , era giorno festivo e quindi non c’era scuola.
L’ aria allegra, però, c’era un po’ dovunque, perché la fine della seconda guerra mondiale e la successiva ricostruzione avevano creato un’atmosfera di ottimismo, che, anche se non era giustificato, perché in fondo tutti conducevano la solita vita, si avvertiva sensibilmente e infondeva un certo attivismo in tutti.
Infatti tutti dicevano che ormai il peggio era passato, e speravano in un futuro migliore.
Il piccolo Antonello, di otto anni, riflessivo studente di terza elementare, era seduto sugli scalini della vasta casa in cui abitava con la sua famiglia e con il nonno Antonio, dal quale egli aveva ereditato, oltre al nome, anche alcuni aspetti del carattere , e , invece di godersi la giornata splendida ed eccezionale per il mese di novembre, ripensava a quello che la maestra, la massima autorità che egli conosceva , aveva detto qualche giorno prima, a proposito di un articolo che era stato letto in classe la scorsa settimana.
La maestra aveva infatti introdotto, nella terza classe, l’ora settimanale di attualità, in cui gli alunni , molto entusiasti dell’iniziativa, si alternavano a portare i giornali che contenevano gli articoli che più li avevano interessati.
Ma qualcuno aveva notato, il giorno precedente, che la Sicilia faceva sempre una magra figura in queste cronache giornalistiche, perché sembrava che riunisse tutto il concentrato della criminalità e della povertà dell’Italia.
La maestra, assediata dalle domande degli alunni sempre molto interessati all’attualità, aveva a un certo punto risposto che , per capire il presente è necessario conoscere la storia che è alle nostre spalle e che ha prodotto l’ attuale società, dopo di che , quasi timorosa di aver detto troppo, era bruscamente passata alla lezione di matematica.
Ma Antonello era ben deciso ad approfondire l’argomento, e quindi pensò di chiederne al nonno che sicuramente il passato lo conosceva più di lui.
Intanto il ragazzino, mentre ansiosamente attendeva il nonno, pensava che i delitti e le trasgressioni, se si punivano secondo le leggi, di solito diminuivano.
Il fatto strano era che questo in Sicilia non accadeva. Perché mai? si domandava Antonello. Ma ecco spuntare, in cima alla breve scalinata che immetteva nell’ingresso- sala da pranzo, la figura corpulenta di Nonno Tonio.
Il nonno, comprendendo che il nipote era sicuramente era rimasto in casa per aspettare lui, sorrise di gioia dentro di sé ma non lo diede a vedere, perché non voleva far capire agli altri membri della famiglia quanto forte fosse il legame che si era instaurato fra lui e il nipote. Sì, nonostante la notevole differenza di età fra i due, nonno Tonio costituiva la più importante figura di riferimento per Antonello che anche in questa occasione aveva deciso di rivolgersi a lui per avere un chiarimento sui suoi dubbi.
Quindi il nonno piano piano, a causa della sua imponente corporatura, giunse a quella che veniva chiamata sala
e che aveva molteplici funzioni: era sala d’ingresso, di intrattenimento, se c’erano ospiti, e sala da pranzo.
Giunto alla sala
il nonno, con un respiro di sollievo, si sedette su una sedia presso il tavolo, e subito dopo una domestica gli porse la tazza di caffelatte che costituiva la