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Gli esordi di Stephen King
Gli esordi di Stephen King
Gli esordi di Stephen King
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Gli esordi di Stephen King

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About this ebook

Lo scrittore del Maine, come lo chiamano molti, era predestinato ad essere il miglior scrittore horror della storia. Lo dimostra la sua carriera letteraria. Nonostante abbia dovuto sopportare centinaia di rifiuti per i suoi primi racconti e romanzi, il destino era scritto: il chiodo che reggeva le lettere di rifiuto alla fine cadde a terra.

   

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateApr 21, 2018
ISBN9781547526505
Gli esordi di Stephen King

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    Gli esordi di Stephen King - Claudio Hernández

    Claudio Hernández

    ––––––––

    Il mio piccolo Stevie, il mio grande genio dell’horror

    Gli esordi di Stephen King

    2ª revisione

    Traduzione di

    FILOMENA CURCIO

    Copyright

    © Claudio Hernández, 2016. Tutti i diritti riservati.

    © Iván Russo per la copertina, 2016

    © Tamara López per la correzione, 2017

    © Filomena Curcio per la traduzione, 2018

    DEPOSITO LEGALE:

    Nessuna parte di questa pubblicazione, incluso il disegno di copertina, può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcun modo e attraverso alcun mezzo, che sia elettronico, chimico, meccanico, ottico, di registrazione, in internet o in fotocopia, senza previo permesso dell’editore o dell’autore. Tutti i diritti sono riservati.

    Per mia moglie Mary,

    che sopporta sciocchezze come questa in tempi di crisi.

    Gli errori di ortografia sono miei. La storia, di Stephen King.

    Stephen King concepì "Carrie, la straniera, così come è conosciuto in Brasile, all’età di 19 anni e, dopo aver visto morire sua madre, quando lui aveva 27 anni, vide pubblicato il romanzo, il 5 aprile del 1974. La versione cinematografica è stata a cura di Brian de Palma nel 1976. Da quel momento, il nome di Stephen King, Steve per gli amici, cominciò a svegliare un interesse notevole tra i suoi lettori, che crebbe a passi da gigante quando era già tra i bestsellers il suo terzo e più famoso romanzo, biografico e meraviglioso: Shining". Ma non cominciò tutto in quel momento, ma molto prima, ed è proprio ciò che vado a raccontare...

    Prologo

    Tutto ciò che leggerai qui riguarda Stephen King, perciò preparati per un bello e soddisfacente viaggio nella mente di questo scrittore così famoso. Molti pensano che Stephen King scriva nella sua casa del Maine tra ragnatele sui soffitti e pipistrelli appoggiati sulle porte vittoriane, ed invece no, lo fa nelle campagne di Bangor, Maine, in un edificio in cui si trova, evidentemente, il suo ufficio, in un vicolo cieco. Un po’ più su c’è un’armeria, un rivenditore di spazzaneve e, subito dopo, un vetusto cimitero, che non è stato neanche ristrutturato per l’occasione. Dall’esterno, l’edificio sembra una scelta presa apposta per la tranquillità di King, il quale prende spunto da Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft o dai più recenti Bradbury e Matheson. Ma cominciamo dal principio. Stephen Edwin King è il secondo figlio naturale, visto che il primo era stato adottato (poichè il ginecologo disse a sua madre che non avrebbe potuto restare incinta), dal matrimonio tra Donald King e Nellie Ruth Pillsbury, anche se King vide venir meno la figura del padre alla tenera età di due anni. Questo lo segnò per tutta la vita. Tuttavia, King non gli fa alcuna colpa, nè si chiede il motivo per il quale se ne andò di casa per non tornare mai più o in quale bosco sia sotterrato. Di questo drammatico episodio, King ricorda di aver scoperto, a 13 anni, una cassa piena di libri e manoscritti del padre (che non videro mai la luce) in una delle diverse case in cui visse durante la sua adolescenza. C’erano molti libri anche di H.P. Lovecraft.

    C’è chi dice che ciò lo forgiò per scrivere per dieci anni la sua più famosa collezione di racconti: "A volte ritornano. Li terminò quando aveva 23 anni. Dieci anni prima, King andava anche al cinema, camminando per diversi chilometri per vedere un film di mostri o extraterrestri per poi scriverne la propria versione. Quel ragazzo si formò nella povertà fino alla morte di sua madre, e adesso è l’uomo più rispettato per il suo lavoro come scrittore e pensatore. Sì, avete letto bene, perchè se Stephen King non fosse stato uno scrittore, di sicuro sarebbe diventato uno psichiatra. Lo si deduce dalle sue elevate conoscenze sulla mente umana, sulla paura e le sue conseguenze. King è nato nel Maine il 21 settembre 1947 e, oggi, nel 2016, ha già 69 anni, durante i quali ha scritto quasi un centinaio di libri, anche usando uno pseudonimo per sei di essi e un altro per un racconto. King domina due tipi di universi che si uniscono in tutte le sue opere. Da una parte, abbiamo i suoi primi e più grandi successi come Carrie, Shining, Le Notti di Salem, La Zona Morta, e dall’altra abbiamo un King più intrigante e prematuro, che scrisse con lo pseudonimo di Richard Bachman alcuni romanzi come Ossessione, La Lunga Marcia, L’Occhio del Male o L’Uomo in Fuga. Come John Swithen firmò un racconto intitolato The Fifth Quarter" per la rivista Cavalier (come se fosse uno pseudonimo di Richard Bachman), siccome Stephen King aveva pubblicato anche in riviste per adulti come Penthouse o Cosmopolitan (spesso arrivavano gli assegni giusto in tempo per comprare gli antibiotici a suo figlio Owen o per pagare la bolletta del telefono).

    Stephen King è una persona molto inquieta, spiega sempre come gli è venuta questa o quell’idea e come bisogna scrivere, e poi si immerge tra i suoi incubi e tormenti, perchè scrive per sè stesso e di sè stesso. Se leggiamo tutta la sua bibliografia, otteniamo una radiografia della sua vita, delle sue paure, delle sue inquietudini, delle sue conoscenze. Tutto. Scrive romanzi di oltre mille pagine ed opere molto estese come la serie "La Torre Nera, di 10.000 pagine, in cui ci rivela, in una multitudine di paragrafi, come è lui in realtà, cosa nasconde tra i suoi pensieri, nel suo io. King ha un modo di scrivere molto particolare che è diventato universale, tutti gli scrittori horror vogliono essere come lui. Il suo stile si àncora nella mente umana e ha una scrittura di grande lunghezza e profondità. Gli piace piantare un piccolo seme e far sì che cresca fino a maturare. Si sofferma sui dettagli, sulla comunicazione visiva delle scene, la continuità e i riferimenti interni. Come già detto, King è in terapia quando scrive e lui stesso è arrivato a dire che possiede dei filtri nel suo cervello che filtrano cose che noi altri non possiamo. Inoltre, in molti siamo d’accordo che parte del segreto di King sta nel creare personaggi con i quali possiamo identificarci ed angosciarci quando lo fanno loro. King ha anche riconosciuto, in varie occasioni, di non ricordare di aver scritto Cujo, per esempio, ma ricorda bene la paura che gli fece venire scrivere Pet Sematary". Quindi, King è una persona come noi, con i suoi timori, le sue fobie e le sue gioie. I suoi libri, inoltre, contengono molti riferimenti alla sua cultura e al suo paese, e li mescola con la personalità dei suoi personaggi, che sono un chiaro riflesso di un nordamericano di strada, a cui riesce tirare fuori le proprie paure, tentazioni, pensieri, atteggiamenti... tutto. Perciò, King utilizza un tipo di narrazione abbastanza informale, ma d’effetto, riferendosi ai suoi fans come lettori costanti e, anche, come amici. Sa come entrare nella tua mente.

    Stephen King ha scritto quasi un centinaio di opere ed ha venduto più di 400 milioni di libri in tutto il mondo (tradotti in oltre 30 lingue), ed è anche lo scrittore più adattato al cinema e alla televisione. Tutto ciò che scrive deve essere trasformato necessariamente in immagini. Stephen King scrive tutti i giorni, tranne il 4 luglio e il giorno del suo compleanno. King non si alza dal tavolo di lavoro se non ha scritto almeno dieci pagine al giorno. Non si alza fino a quando non lo ha fatto. Dopo la prima bozza, che non mostra mai a nessuno, eccetto a sua moglie Tabitha, si impegna a finire la prima correzione in meno in tre mesi. Se non ci riesce, crede che i suoi personaggi perdano credibilità e la storia si distrugge da sola. Si tratta di una mania dello scrittore. A volte, scrive un romanzo in due settimane o in un mese, e altre volte ci mette anni per farlo. "The Dome è stato uno di questi. È partito da un’idea avuta a 19 anni ed è stato finito quasi 30 anni dopo. Tuttavia, scrisse La Lunga Marcia" in 72 ore a soli 18 anni. King è metodico e disciplinato. Quando gli chiedono, molto spesso, circa il suo atteggiamento davanti la pagina bianca, risponde sempre graficamente che la sua unica preoccupazione è mettere una parola dietro l’altra e che si incastrino tra di loro. King sa come comincia una storia, ma non sa mai come finirà. Mentre scrive, a King piace ascoltare musica rock a tutto volume. Trascorre i pomeriggi con la famiglia e gli amici, quando in tv non c’è qualche partita dei Red Sox, quei quali è un tifoso sfegatato. Legge e molto, secondo lo stesso King fino a 60 libri l’anno, a volte di più. Lui ha sempre detto che per scrivere bene bisogna leggere tutto ciò che ti circonda, che sia bello o brutto, poichè si impara da tutto. Criticato da molti, King viene lodato dai suoi fans e odiato dai critici. Questi ultimi credono che la sua scrittura sia uguale al Mc Donald’s: spazzatura pura, ma con molte vendite. Quando smetti di essere un critico e leggi davvero un suo libro, scopri subito che non è così, che è un genio letterario.

    King è anche sceneggiatore e così è nato "Creepshow, in onore dei fumetti horror che venivano pubblicati negli anni 50. Il film è un omaggio ai fumetti di EC come Creepshow, The Vault of Horror e The Haunt of Fear che King assorbì con molta destrezza. Scrisse anche la sceneggiatura, tra le altre, di L’occhio del Gatto o Unico indizio: la luna piena nel 1985. Non contento della versione di Stanley Kubrick di Shining, King scrisse una nuova sceneggiatura per adattarlo come voleva lui, anche per la televisione. Voleva mostrare al suo pubblico com’era davvero Jack Torrance. Stranamente, neanche la famosa opera La Zona Morta, adattata da David Cronemberg, piacque a King, ma non ha mai riscritto la sceneggiatura del film. King pensa che le sue opere non vengano adattate sempre bene, come successe con Le ali della libertà", che fu candidato addirittura a sette Oscar. Il film venne diretto e adattato dal regista Frank Darabont, con il quale avrebbe stretto un serio rapporto di amicizia. Stephen King si è laureato in lingua inglese alla Lisbon Falls High School, ed ha completato la sua formazione alla University of Maine of Orono. In quegli anni, King presentava un aspetto quasi trascurato, con la barba e i capelli lunghi, molto incline alla politica, arrivando a entrare a far parte dello Students Senate e partecipare al movimento anti-militare del Orono Campus contro la guerra in Vietnam, ma furono anche gli anni in cui nacquero le sue idee migliori, cominciando da "Carrie, che scrisse nella parte posteriore della sua roulotte. Viveva lì il re dell’horror quando era già sposato con Tabitha King, anche lei scrittrice, la quale un giorno vide un manoscritto nella spazzatura. Lo prese e vide qualcosa di molto interessante tra quelle pagine accartocciate e sporche. Fu così che incoraggiò suo marito a continuare a scrivere Carrie, ma lui diceva di non conoscere così bene le donne come gli uomini tanto da scriverci un romanzo a riguardo. Carrie venne pubblicato nel 1974, ma non è stato il primo romanzo scritto da lui (sua madre non vide mai pubblicato il romanzo, anche se lo lesse prima di morire di cancro ai polmoni). Aveva già scritto altri tre romanzi che saranno pubblicati più tardi con lo pseudonimo di Richard Bachman, come si è già detto prima. Di Carrie furono vendute più di 4 milioni di copie. Ricevette prima un anticipo di 2.500 dollari e poi un altro di 400.000, provocando così il primo vero svenimento di King. In precedenza, aveva scritto e raccolto durante tutta la sua adolescenza gran parte delle storie del libro A volte ritornano che abbiamo già citato prima, forse la migliore raccolta di storie di King che hanno lasciato il segno. Quasi tutti i racconti, ad un certo punto della loro vita, sono stati adattati, come I figli del grano", la più conosciuta da tutti noi. Nel 1971 iniziò la sua carriera come professore nella High School, ed impartì lezioni di inglese alla Hampden Academy, mentre portava avanti la propria attività letteraria, scrivendo di notte.

    Aveva già terminato "Carrie", e Bill Thompson, il suo agente letterario alla Doubleday, gli chiese una nuova storia. Allora, King aveva due manoscritti, "Blaze e Second Coming. Thompson decise per quest’ultima, una storia di vampiri, e gli disse che presto lo avrebbero etichettato come scrittore horror se avesse continuato così, e a King piacque l’idea, mentre guardava un gatto che stava dormendo sul jukebox di un bar. Quando il blocco dello scrittore bussò alle porte di King, se ne andò a scrivere in Colorado, una zona tranquilla, in un hotel chiamato Stanley (tra le montagne rocciose del Colorado e, inoltre, in bassa stagione, durante l’inverno, quando ci sono pochissimi ospiti), e lo fece chiuso nella stanza 217. Lì si sciolse, di nuovo e, ispirandosi a sè stesso, nacque Shining, il suo capolavoro. In quel momento, King stava cercando di allontanarsi dall’alcol e dalle droghe, e visse molti dei momenti che appaiono sia nel romanzo sia in personaggi secondari di altri suoi romanzi. Trascorreva le lunghe notti a passeggiare sulla moquette dei corridoi, credendo che da un momento all’altro un gruppo di fantasmi sarebbe uscito da quelle pareti e quei pavimenti, andandogli incontro. Ribattezzò l’hotel Overlook".

    Il fatto è che, se c’è qualcuno che merita il successo, quello è Stephen King, perchè la sua vita non è stata per niente facile. Viveva in una roulotte quando scrisse "Carrie e Second Coming e le sue grandi difficoltà per affrontare la quotidianità facilitarono il suo avvicinamento all’alcol e a certe droghe, che poi avrebbe abbandonato. Fu in quel periodo che scrisse un bestseller dietro l’altro, e poi disse di non ricordarsene. Così nacquero La Zona Morta, Cujo, L’Incendiaria o L’Ombra dello Scorpione", per citarne alcuni.

    Una delle domande a cui ha risposto più volte Stephen King lungo tutta la sua carriera è: Cosa ti fa davvero paura?. Questa è senza dubbio una grande domanda... cosa spaventa uno scrittore horror? Probabilmente, tutto ciò di cui scrive. Lui ha sempre risposto di aver paura di cose normali, come il buio, i serpenti, i funerali, i cimiteri, il numero 13... Ma, prima di tutto, ha paura della sottile linea che separa il bene dal male, quella molla che scatta in determinate persone, facendole diventare autentici mostri umani. Quello è ciò di cui ha veramente paura, perciò non è per niente inverosimile dire che se King non avesse fatto lo scrittore sarebbe diventato uno psichiatra. E un’altra cosa che gli fa paura è la propria morte. È un processo naturale e dice che tutti ci passiamo, ma che risveglia la nostra paura più nascosta verso qualcosa che non conosciamo, la fase della morte, ciò che succede in quell’istante, dove andiamo. Perciò, gran parte dell’opera di King ruota intorno alla morte, quel mistero ancora così sconosciuto, anche per un esperto come lui.

    Stephen King continua a lavorare senza sosta, anche quando, dopo essere stato travolto da un furgone nel 1999, ha deciso provvisoriamente di smettere di scrivere. Un bel colpo per i suoi fans e per sè stesso, che non aveva le forze per farlo. Oggi, totalmente ripreso, il suo corpo è invecchiato, ma la sua mente sembra brillare come il primo giorno o forse anche di più. King continua a distillare il proprio stile profondo, catalizzatore, ed un’abile combinazione di elementi dell’horror classico con fantasie para-psicologiche o di fantascienza dal grande potere suggestivo, in storie ambientate nella quotidianità attuale che ci lasciano ipnotizzati dietro le sue descrizioni precise e minuziosamente analizzate.

    Come ho detto all’inizio, conoscerai una mente meravigliosa che si chiama Stephen King.

    Claudio Hernández

    Biografia

    Nasce il piccolo Stephen King.

    Il destino era segnato. Nellie Ruth Pillsbury aveva già un figlio, ma non di suo marito Donald King. Si trattava di David King ed era adottato. Correva l’anno 1945, perciò David aveva due anni di vita quando Stephen Edwin King, ancora senza un nome chiaro, pianse per la prima volta, vedendo la luce di questo mondo. Stavolta sì, il figlio era naturale di entrambi. Un ginecologo aveva detto chiaramente a Ruth che non avrebbe avuto la possibilità di restare incinta. Erano quei tempi in cui i test di gravidanza si facevano con le rane o con i ragni, come nel caso di Steve King, il piccolo King, che presto sarebbe diventato un tipo barbuto, alto quasi due metri. Era il 21 settembre del 1947 e Ruth non immaginava assolutamente cosa sarebbe diventato suo figlio. Adesso sì, quando gli misero il nome Stephen Edwin King, gli ingranaggi del destino avevano cominciato a girare per lui. Adesso, milioni di fans lo adorano, lui e la sua letteratura. Questa è la storia del piccolo Steve, ora il Tito Steve.

    I genitori di lei e la discendenza

    Gli ultimi anni della sua vita, dopo l’abbandono del tetto coniugale da parte di suo marito Donald, furono tempi freneticamente turbolenti, alla ricerca di dove mangiare e di un tetto per i suoi due figli, spostandosi per tutto il nord America, nello stato del Maine.       E fu così fino alla sua morte (alcune biografie la collocano in Messico). Non è vero che la sua discendenza aveva conosciuto anche la povertà, ma piuttosto tutto il contrario. La famiglia di Ruth, o meglio, i suoi antenati, in precedenza non avevano mai conosciuto la fame nè la povertà estrema, neanche dopo la crisi nordamericana. A partire dal suo bisnonno (Jonathan Pillsbury, 1790) e per tutte le generazioni, avevano goduto di ricchezza e prestigio. Erano proprietari terrieri, costruivano case e barche a Scarborough. Tant’è vero che, tra il 1915 e il 1932, gestivano un hotel chiamato La casa di Pillsbury. A quell’epoca, Scarborough era una città portuale dove si coltivava la terra e c’erano attività locali che includevano la pesca e la costruzione di barche, e tutto ciò in mezzo ad un ambiente pieno di ristoranti sul mare, hotel e pensioni, quindi era un posto adatto al turismo. Nellie Ruth Pillsbury nacque il 3 febbraio 1913 e sposò un capitano della marina mercantile di nome Donald Edwin King il 23 luglio 1939. A partire da quel momento, non ebbero una casa fissa per almeno sei anni, visto che attraversarono gran parte dell’America del nord, da Chicago a New York, ma Ruth era legata alla sua terra, il Maine. Donald nacque l’11 marzo 1914. Ruth era la quarta di otto fratelli, frutto dell’unione tra Guy Herbet e Nellie Weston Fogg Pillsbury, e Donald, il marito di Ruth, la abbandonò con i suoi due figli, David e Stevie, nel 1949. Donald aveva lasciato la marina mercantile e faceva qualunque lavoro, uno dei quali era andare porta a porta a vendere aspirapolveri della marca Electrolux. Ma le difficoltà economiche asfissiavano Donald sempre di più e un giorno decise di andare a comprare un pacchetto di sigarette per non tornare mai più.

    Il matrimonio tra Donald e Ruth condivideva il gusto per la letteratura e la cultura in generale. Occorre ricordare che la madre di Ruth era stata professoressa e ciò influenzò la crescita intellettuale di lei. Donald era uno scrittore compulsivo, mosso dall’interesse per la fantascienza e l’horror, ma non era costante, anche se riuscì comunque a terminare vari manoscritti e racconti che, tuttavia, vennero rifiutati da tutte le case editrici alle quali li aveva mandati. Uno dei suoi idoli era H.P. Lovecraft. Sparendo dalla famiglia, lasciò tre casse piene di libri e manoscritti. Ruth, senza saperlo, cambiò residenza per oltre quattro anni, da quando il piccolo Stevie aveva due anni fino a quando ne compì sei: Chicago, Indiana, Ford Wayne, Malden, Massachusetts e Winconsin. È per questo che Stevie acquisì grandi conoscenze sulle persone di ogni posto che poi vennero plasmate nelle sue opere.

    Il matrimonio vacilla e cominciano gli spostamenti.

    Il matrimonio si raffreddò velocemente, anche se Donald, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, decise di sbarcare e dedicarsi alla famiglia. I primi sei anni erano stati privi di qualunque contatto a causa della partenza di lui per arruolarsi. Poi, nemmeno quando tornò le cose andarono troppo bene. La

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