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Il Ritratto Di Dorian Gray: Oscar Wilde
Il Ritratto Di Dorian Gray: Oscar Wilde
Il Ritratto Di Dorian Gray: Oscar Wilde
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Il Ritratto Di Dorian Gray: Oscar Wilde

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About this ebook

Il romanzo è ambientato nella Londra del XIX secolo. Parla di un giovane, Dorian Gray, che arriverà a fare della sua bellezza un rito insano. Egli inizia a rendersi conto del privilegio del suo fascino quando Basil Hallward, pittore suo amico, gli regala un ritratto che lo riproduce nel colmo della gioventù. 
LanguageItaliano
PublisherBauer Books
Release dateMay 9, 2021
ISBN9788827596258
Il Ritratto Di Dorian Gray: Oscar Wilde
Author

Oscar Wilde

Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde was born on the 16th October 1854 and died on the 30th November 1900. He was an Irish playwright, poet, and author of numerous short stories and one novel. Known for his biting wit, he became one of the most successful playwrights of the late Victorian era in London, and one of the greatest celebrities of his day. Several of his plays continue to be widely performed, especially The Importance of Being Earnest.

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    Il Ritratto Di Dorian Gray - Oscar Wilde

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    Il Ritratto Di Dorian Gray

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    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

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    Indice dei contenuti

    I

    Lo studio era intriso d'uno splendido odore di rose, e quando la lieve brezza estiva frusciava tra gli alberi del giardino, dalla porta aperta penetrava il pesante profumo delle serenelle, o quello più delicato dei rosaspini.

    Sdraiato nell'angolo di un divano coperto di stoffe persiane, e fumando, secondo la sua abitudine, un numero indefinito di sigarette, Lord Henry Wotton poteva vedere i fiori di un'acacia, colorati e dolci come il miele, quei rami fragili che pareva potessero appena sopportare una bellezza tanto splendida; e di quando in quando l'ombra fantastica di un uccello volante si proiettava e scorreva sulle pesanti tende di seta, con una specie di fuggitivo effetto giapponese, facendogli ricordare quei pittori di Tokio, dal viso di giada pallida, che pur servendosi d'un'arte necessariamente statica, cercano di rendere il senso della velocità e del moto. Il cupo ronzio delle api che si muovevano tra le lunghe erbe non falciate del prato, o rotavano monotonamente attorno agli stami dorati dei caprifogli, rendeva ancor più opprimente la immobilità dell'ora. Lo strepito di Londra pareva la vibrazione delle note basse di un organo lontano.

    In mezzo alla camera, su un cavalletto, era il ritratto a figura intera di un giovane di singolare bellezza; di fronte, poco lontano, sedeva l'autore; il pittore, Basil Hallward, la cui improvvisa scomparsa alcuni anni or sono suscitò tanto interesse nel pubblico, e originò molte strane congetture.

    Mentre il pittore considerava la forma preziosa e piacente che aveva creato sulla tela, un sorriso gli illuminò il volto, e parve cristallizzarsi. Ma improvvisamente egli si alzò in piedi, e, chiusi gli occhi, si pose le dita sulle palpebre, come per trattenere nella fantasia un sogno curioso dal quale temeva di risvegliarsi.

    «È il vostro più bel lavoro, la migliore opera che abbiate mai fatto, Basil» disse Lord Henry languidamente. «Dovete mandarla al Grosvenor l'anno venturo. L'Accademia è troppo vasta e volgare. Il Grosvenor è il solo locale adatto a un'esposizione.»

    «Non credo che lo esporrò mai» disse l'altro, gettando il capo all'indietro in un particolare atteggiamento che faceva tanto sorridere i suoi amici d'Oxford. «No, non lo esporrò.»

    Lord Henry aggrottò le sopracciglia, e lo guardò stupefatto a traverso le sottili volute di fumo azzurro che si svolgevano in fantastiche spire dalla sua greve sigaretta oppiata. «Non lo esporrete? E perché mai, mio caro Basil? Avete ragioni particolari per far questo? Siete stranissimi individui voi pittori. Fate tutto il possibile per farvi un nome; e quando l'avete conquistato par che cerchiate di perderlo. Questo è assurdo da parte vostra; al mondo non c'è che una cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé. Un ritratto simile vi aprirebbe molta strada tra i giovani d'Inghilterra, e riempirebbe i vecchi di gelosia, ammesso che i vecchi siano sensibili a una passione.»

    «Sapevo che avreste riso di me» egli rispose, «ma, proprio, non posso esporlo. Vi ho rinchiuso troppo di me stesso.»

    Lord Henry si abbandonò sul divano e rise.

    «Sì, lo sapevo che avreste detto così; ma, comunque, è vero. Troppa parte di voi stesso. Davvero, io non sapevo che poteste essere così vanitoso; e non riesco a scorgere somiglianza alcuna tra voi, il vostro viso delineato e forte, i vostri capelli neri come il carbone, e questo giovane Adone che par fatto d'avorio e di petali di rosa. Ma, mio caro Basil, quello è Narciso, e voi – senza dubbio avete un'espressione intelligente, ed altri pregi simili – ma la bellezza, la bellezza vera finisce dove comincia l'espressione dell'intelligenza. L'intelligenza pura, è una ipertrofia, e distrugge l'armonia di ogni viso. Dal momento in cui uno si mette a pensare, diviene o tutto naso, o tutta fronte; certamente brutto. Guardate gli uomini che hanno fatto strada in una professione culturale. Sono decisamente brutti! Tranne naturalmente gli uomini di Chiesa. Gli uomini di Chiesa però, non pensano. A ottant'anni un vescovo continua a dire ciò che gli fu insegnato quando ne aveva diciotto, e naturalmente conserva sempre un aspetto piacente. Il giovane misterioso amico, di cui non mi avete mai detto il nome, ma il cui ritratto mi interessa profondamente, non pensa mai. Ne sono certo. È una creatura irragionevole, bellissima, che dovrebbe sempre esserci vicino in inverno, quando non abbiamo fiori da guardare, e in estate, quando abbiamo bisogno di qualche cosa che ecciti il nostro spirito. Non illudetevi, Basil; non gli assomigliate punto.»

    «Voi non mi capite, Henry. Senza dubbio io non gli assomiglio; questo lo so bene. Del resto assomigliargli non mi farebbe piacere. Alzate le spalle? Dico la verità. C'è una fatalità che incombe sopra ogni nobiltà di corpo o di spirito, la stessa fatalità che nella storia pare in agguato sul cammino dei re. È meglio non essere diversi dal proprio simile. Il brutto e l'idiota godono la parte migliore del mondo. Possono mettersi comodamente a sedere, e assistere allo spettacolo. Se non potranno mai godere della vittoria, tuttavia è risparmiata loro la coscienza della sconfitta. Vivono come ognuno di noi dovrebbe vivere, imperturbabili, indifferenti e senza inquietudini. Non fanno male agli altri, né gli altri ne fanno a loro. La vostra nobiltà e la vostra ricchezza, Harry; il mio spirito, qualunque esso sia, e la mia arte, per quel tanto che può valere; la bellezza di Dorian Gray – sono doni degli dèi; ma proprio per causa loro noi tutti soffriremo terribilmente.»

    «Dorian Gray? È questo il suo nome?» chiese Lord Henry e si avvicinò a Basil.

    «Sì, questo è il suo nome. Non volevo dirvelo.»

    «E perché?»

    «Non saprei spiegare. Quando una persona mi piace infinitamente non rivelo mai il suo nome. Mi parrebbe di perderne una parte. Mi sono abituato ad amare in segreto. Credo che questa sia la sola cosa che possa farci sembrare misteriosa e meravigliosa la vita moderna. Le cose più comuni divengono deliziose, se appena si sappia nasconderle. Quando parto da Londra non dico mai dove vado. Se lo facessi, perderei tutto il mio piacere. È un'abitudine assurda, ne convengo, ma in questo modo ci si illude di attribuire qualche senso romanzesco alla vita. Pensate che io sia un po' sciocco, nevvero?»

    «Niente affatto» rispose Lord Henry. «Niente affatto, mio caro Basil. Non dimenticate che sono sposato, e che tra le cose più attraenti del matrimonio, c'è questa: rendere assolutamente necessaria ai coniugi una vita d'inganni. Non so mai dove sia mia moglie, e mia moglie non sa mai quel che io faccia. Quando ci vediamo – capita a volte che ci incontriamo, o invitati allo stesso pranzo, o dal duca – ci diciamo le cose più assurde con la maggior serietà. Mia moglie è bravissima in questo, molto migliore di me. Ha una esatta memoria delle date, mentre io le confondo tutte. Ma anche quando mi sorprende in aperta contraddizione con me stesso, non mi fa scene, di nessun genere. Vorrei qualche volta che me ne facesse. Ma invece si limita a ridere di me.»

    «Detesto il modo col quale parlate della vostra vita coniugale, Harry» disse Basil Hallward, dirigendosi verso la porta che conduceva al giardino. «Vi credo un ottimo marito, ma vergognoso delle vostre virtù. Siete un curioso individuo. Non dite mai una cosa morale, e nulla fate mai di male. Il vostro cinismo è una posa.»

    «La naturalezza è una posa; e la più irritante che io conosca» esclamò Lord Henry, ridendo, e i due giovani uscirono assieme nel giardino, e sedettero su una panca di bambù, all'ombra di un cespuglio di alloro. Il sole si rifletteva sulle foglie polite. Le margherite bianche oscillavano tra l'erba.

    Passò qualche tempo. Lord Henry guardò l'orologio.

    «Mi dispiace dovermene andare, Basil» mormorò «ma prima d'andarmene, vorrei che rispondeste alla domanda che vi feci poco fa.»

    «Quale?» chiese il pittore, tenendo gli occhi a terra.

    «Lo sapete benissimo.» «No, Harry.»

    «Ve la ripeterò. Ditemi perché non volete esporre il ritratto di Dorian Gray. Ditemi la ragione vera.»

    «Vi ho detto la ragione vera.»

    «No, voi diceste che nel ritratto è rinchiusa troppa parte di voi stesso. Questo è infantile.»

    «Harry» disse Basil Hallward, guardandolo fisso in viso «ogni ritratto dipinto con amore, è il ritratto dell'artista, e non del modello. Il modello non è che l'occasione, un pretesto. Non è il soggetto che viene rivelato dal pittore. È il pittore che, sulla tela dipinta, rivela se stesso. Non voglio esporre il quadro, perché temo d'aver palesato in esso il segreto dell'anima mia.»

    Lord Henry sorrise. «E quale sarebbe mai?» chiese.

    «Ve lo dirò» rispose Hallward; ma ebbe un fremito d'esitazione.

    «Sono tutto orecchi, Basil» mormorò l'altro, guardandolo.

    «Oh, Harry, c'è poco da dire» rispose il giovane pittore «e credo del resto che non mi capireste. Forse non mi credereste neppure.»

    Lord Henry sorrise e, chinatosi, raccolse fra l'erba una margherita dai petali rosei e la osservò.

    «Sono certo che vi capirò» rispose guardando pensosamente il piccolo disco d'oro, dal contorno di piume bianche. «E, quanto al credervi, io posso credere qualsiasi cosa, sopra tutto quelle incredibili.»

    Il vento scrollò i fiori degli alberi, e i pesanti grappoli delle serenelle, con le loro piccole stelline oscillarono dolcemente. Una cavalletta presso il muro si mise a stridere, e una libellula, simile a un filo turchino, passò navigando sulle sue ali di garza bruna. A Lord Henry pareva di sentir battere il cuore di Basil Hallward, e si chiese che cosa stava per accadere.

    «Ebbene, è proprio incredibile» ripeté Hallward, con una certa amarezza, «incredibile anche per me, a volte. Non so che significato darle.»

    «La storia è, semplicemente, questa» disse il pittore dopo una pausa. «Due mesi fa io andai a un ricevimento da Lady Brandon. Come sapete noi artisti dobbiamo mostrarci in società di quando in quando non fosse che per rammentare al pubblico che non siamo selvaggi. Mi diceste una volta che con un abito da sera e una cravatta bianca chiunque, anche un agente di cambio, può acquistarsi la riputazione di una persona civile. Bene, ero in quella camera da circa dieci minuti, parlavo con vecchie signore ingioiellate, e noiosi membri di accademie allorché improvvisamente mi resi conto che qualcuno mi stava fissando. Mi volsi e vidi Dorian Gray per la prima volta. Quando i nostri occhi si incontrarono, mi sentii impallidire. Una strana sensazione di panico si impadronì di me. Non avevo mai pensato di poter vedere una creatura reale il cui semplice aspetto fosse tanto interessante da potermi rapire, se io mi fossi abbandonato, tutto il mio essere, tutta la mia anima, la mia stessa arte. Non subisco influenze estranee nella mia vita. Voi stesso sapete, Harry, quanto io sia, per natura, schivo da ogni legame. Mio padre mi aveva destinato all'esercito. Io volli andare a Oxford, a ogni costo. Allora mi fece iscrivere al Middle Temple, perché praticassi l'avvocatura. Ma prima di avere consumato una mezza dozzina dei pasti di rito, io lasciai il Temple e annunciai la mia decisione di darmi all'arte. Sono sempre stato il solo padrone di me stesso. Perlomeno lo sono stato finché ho incontrato Dorian Gray. Allora... ma non saprei come spiegarvi. Qualche cosa in me parve presentire che la mia vita era giunta a una grave svolta. Ebbi la singolare sensazione che il destino stesse preparandomi squisite gioie, e squisiti dolori. Ebbi timore, e mi volsi per uscir dalla camera. Non era la coscienza che mi spingeva a far questo; era una specie di viltà. Non voglio vantarmi di aver desiderato fuggire.»

    «In realtà la coscienza e la viltà sono la stessa cosa. Coscienza è l'etichetta commerciale del prodotto: viltà. Questo è tutto.»

    «Non lo credo, Harry, e non credo che voi lo crediate. Comunque, qualsiasi ne fosse la ragione – e forse fu anche orgoglio, perché io ero molto orgoglioso – mi diressi verso la porta. Naturalmente m'imbattei proprio in Lady Brandon. Come, ve ne andate già, così presto? stridette Lady Brandon. Ricordate quel suo singolare timbro di voce?»

    «Sì. Ella assomiglia in tutto a un pavone tranne nella bellezza» rispose Lord Henry frantumando la margherita con le sue lunghe dita nervose.

    «Non riuscii a liberarmene. Mi presentò a persone di sangue reale, a gente decorata con stelle e con giarrettiere; a imponenti signore con enormi diademi e nasi di pappagallo. Ci vedevamo per la seconda volta, ma credo si fosse messa in testa di diventare la mia protettrice. Forse in quei giorni un mio quadro aveva avuto degli elogi dalla critica dei quotidiani, cosa che in questo secolo decimonono equivale all'immortalità. Improvvisamente mi trovai di fronte il giovane che poco prima col suo aspetto mi aveva tanto stranamente sconvolto. Eravamo vicinissimi. Ci toccavamo quasi. I nostri occhi si incontrarono di nuovo. Forse fui debole. Chiesi a Lady Brandon di presentarmi a lui. Forse non fu per debolezza, fu semplicemente fatale. Ci saremmo parlati anche senza presentazione. Ne sono certo. Anche Dorian più tardi mi confessò la stessa cosa. Egli pure sentiva che dovevamo conoscerci.»

    «E che vi disse Lady Brandon, di questo meraviglioso giovane?» chiese il suo interlocutore. «So che dà sempre un rapido précis di ogni suo ospite. Ricordo che una volta mi mise in presenza di un signore truculento e paonazzo, tutto coperto di nastri e decorazioni, e mi bisbigliò all'orecchio, in un mezzo tono di tragedia, che doveva riuscire perfettamente percepibile a chiunque si trovasse nella camera, qualcosa come: Sir Humpty-Dumpty – sapete – frontiera afgana – intrighi russi – grandi successi – moglie uccisa da un elefante – lui assolutamente inconsolabile vuole sposare una bella vedova americana – come tutti del resto, oggigiorno – detesta il signor Gladstone ma ha molto interesse per gli scarafaggi: domandategli che cosa pensa di Schouvaloff. Io fuggii, semplicemente. Mi piace scoprire le persone da solo. Ma Lady Brandon tratta i suoi ospiti come un banditore tratta la merce. Quando non le accade di presentarli per quello che non sono, vi dice tutto di loro, meno quello che vorreste saperne. Ma, ditemi, che cosa vi raccontò di Dorian Gray?»

    «Oh, sussurrò... Simpatico ragazzo – la sua povera madre ed io eravamo inseparabili – dovevamo sposare lo stesso uomo – voglio dire, ci siamo sposate lo stesso giorno – che sciocca! – non ricordo che cosa fa – credo che non si occupi di niente – ah, sì, suona il piano – o il violino, Gray? Non riuscimmo a rimanere serii, e diventammo subito amici.»

    «Sorridere è un buon sistema per cominciare un'amicizia, ed è certo il migliore per troncarla» osservò Lord Henry, cogliendo

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