Amore inverso
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"La rana e lo scorpione della fiaba sono diventati umani. E attraversano un torbido fiume di sesso e violenza."
Gianluca Morozzi
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Book preview
Amore inverso - Francesca Panzacchi
Francesca Panzacchi
AMORE INVERSO
Prima Edizione Ebook 2018 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868103507
Copertina
Progetto grafico
Massimo Casarini e Fabio Mundadori
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Paolo Ferrari 51/c - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Francesca Panzacchi
AMORE INVERSO
Romanzo
Table Of Contents
PREFAZIONE
PRIMA PARTE
NELLE SUE MANI
PROLOGO
Avvolto dalla penombra
L’addio
1. Otto minuti
2. Quattro piccole cicatrici
3. Il primo bacio
4. Pensieri
5. Il ritorno
6. Il coltello
7. La punizione
8. Da sola
9. La prima telefonata
10. La seconda promessa
11. Il segreto
12. Cera che cola
13. Piccolo dialogo sull’infelicità
14. Sul terrazzo
15. La pietra
16. Parole nella notte
17. C’era una volta
18. Agata
19. Sveva, Andrea e il mare
20. Nel vuoto
21. Nell’angolo più buio del giardino
22. Alcuni mesi dopo
SECONDA PARTE
ANDREA CONTRO SVEVA
1. Movimenti nella notte
2. Tre mesi prima
3. Al centro di riabilitazione
4. Il primo sogno
5. Primi passi
6. Il secondo sogno
7. La telefonata
8. Camera vista lago
9. Insieme a Fabio
10. Il terzo sogno
11. La conversazione
12. Speranze
13. Amore e non amore
14. In cerca di te
15. Poco prima della partenza
16. La rabbia
17. Dentro
18. Verso casa
19. La lama
20. Il sogno di Sveva
21. Nell’acqua
22. Io davanti a te
23. Attimi di terrore
24. Anna
25. Il confronto
26. Al sole
27. Qualche tempo dopo
28. Il rogo
29. In redazione
30. Congetture
31. Certezze
32. In trappola
33. Il ricatto
34. Il desiderio di Sveva
Ringraziamenti
L’autore
COMMA21 la collana
PREFAZIONE
Nella prima parte di questa lunga fiaba erotico–noir ho ritrovato temi a me molto cari. Di base, lo squilibrio psichico dei due protagonisti; a seguire, l’attività di ricerca delle cause, nella quale il lettore si sente coinvolto, e la tensione per l’interpretazione delle dinamiche, fino alla scena finale: un ritratto di normalità borghese, verrebbe da dire un quadretto di vita quotidiana, che rappresenta la sorprendente sintesi della follia strisciante e manifesta dei personaggi.
Sveva, vittima di una segregazione, evidentemente ha le caratteristiche psicologiche adeguate per trasformare un’esperienza di schiavitù in un’avventura di dominio.
Scrive per un giornale e inventa fiabe per bambini, ama il mare fuori stagione, le stelle e i gatti neri, è bella e si piace, eppure - interrogata sulla sua condizione esistenziale - ammette di vivere per la maggior parte del tempo in uno stato di non-felicità, che è soprattutto nostalgia per l’infanzia, per una storia di amicizia fatta di castelli di sabbia e di separazione prematura.
In altre parole, Sveva incarna - vivendo - la contraddizione del suo essere donna.
Nel corso della narrazione, le complesse dinamiche della sindrome di Stoccolma si mantengono in equilibrio tra mistero iniziale, - attrazione fatale - in una relazione estrema, progressivo scambio di polarità contrapposte.
Finirò con l’ammalarmi di te
e ucciderò i tuoi desideri, uno alla volta, fin quando sarò io il tuo unico desiderio
sono programmi più che minacce. Il desiderio di addomesticare l’altro (e qui la mente inevitabilmente corre all’episodio della volpe nel Petit Prince
) e il progressivo aumento di dipendenze reciproche sono le premesse che trasportano Sveva verso un epilogo alla Tulipani di Harlem
.
Ma non può finire così.
Tutti sanno qual è il vizio dello scorpione.
E di un vizio discutono anche Sveva e Andrea.
Quale vizio? Fare l’amore nell’acqua?
, chiede lei fingendo di non capire. Maliziosa e provocatoria, come sempre.
No, quello è un vizio che mi piace, intendevo quel brutto vizio che hai…
Ma qui mi fermo e non svelo di quale patologia si sta parlando, perché il finale di un romanzo non può essere svelato. Tanto più in una prefazione.
Nell’epilogo della prima parte la protagonista trasformava un’esperienza di schiavitù in un’avventura di dominio. Poi Sveva ritorna e con lei ritorna Andrea. Così scopriamo che il finale della prima parte è soltanto un momento di passaggio, sul quale si innesta un’altra tappa di vite pericolosamente condotte sempre sul ciglio di precipizi e di abissi.
Il gioco degli scambi di ruolo, complessi e misteriosi, può dunque continuare.
L’anello di congiunzione è una celebre fiaba di Esopo: La rana e lo scorpione. Un modo sublime - gli animali antropomorfi - per rappresentare in poche righe splendori e miserie, segreti e manifestazioni, vizi e virtù dell’animo umano.
Nella favola del preludio comprendiamo in anticipo che Sveva - e con lei Andrea - patisce la sindrome dello scorpione: l’aracnide punge e annega la rana che lo sta portando sulla schiena, anche se così affoga se stesso; semplicemente perché è scorpione ed è nella sua natura pungere. E avvelenare.
Sveva è un contrasto vivente.
Sotto spoglie perfette Si può scordare la bellezza?
nasconde la sua dimensione oscura È con la mia parte più buia che devo fare i conti
e il tumulto Ho nostalgia del mare, di quel rumore assordante che mi riempie la testa quando è mosso, del suo odore dopo la tempesta. Il mare fa parte di me
.
La sua duplicità diabolica si esalta nel rapporto pericoloso con Andrea La nostra unione ha generato qualcosa di più grande, al quale non possiamo sottrarci. Io non so dare un nome, forse quello che più si avvicina è appartenenza, ma vanno benissimo anche follia, ossessione, possesso
e da questa affinità perniciosa Lei è come me
trae nutrimento.
L’ossessione amorosa è linfa vitale La riporterò nella casa sul mare e sarà mia ad ogni costo, anche se dovessi essere costretto a ucciderla, pur di non perderla un’altra volta
, con venature di sadismo per farla soffrire
e nella consapevolezza dell’ambiguità Non prima che tu abbia inventato una risposta. Sai bene che adoro le tue bugie
.
Sveva e Andrea sono animali della stessa specie Siamo uguali io e te, sappiamo uccidere se necessario
, predatori, venefici, proprio come gli scorpioni evocati da Esopo. E come loro - aggiungo io, interpretando la mania di distruzione che anima i due personaggi - sono succubi di una leggenda: quella secondo la quale gli scorpioni, circondati da un anello di fuoco, cercano il suicidio. Perché pare che lo scorpione, posto al centro di un cerchio incendiato, dapprima tenti di trovare una via d’uscita, quando però si accorge di essere circondato dalle fiamme, non avendo via di scampo, rivolge contro di sé il suo pungiglione mortale.
Se nella prima parte, - La casa di Sveva -, ho ravvisato un’analogia con i - Tulipani di Harlem - di Brusati, nella seconda parte, Andrea contro Sveva, per potenza scenica dell’ambientazione in un faro, ritrovo un altro precedente cinematografico: Analisi finale
di Joanou, che a sua volta rimanda a Vertigo
di Hitchcock.
Francesca Panzacchi dimostra ancora una volta il suo desiderio di verticalizzare le storie che crea pennellando il suo romanzo Amore inverso con le tinte del mare in tempesta, infondendogli il fragore della burrasca.
E colora le righe della sua scrittura con l’inchiostro nero, attingendo al calamaio del baratro psicologico che affligge alcune esistenze.
Bruno Elpis
Ma giammai amerà qualcuno come te,
perché tu sarai parte di lui per sempre.
(Paulo Coelho)
PRIMA PARTE
NELLE SUE MANI
PROLOGO
Prima di uscire
– Allora come vanno le cose con Matteo? – chiese Sara.
Sveva non rispose subito. Buttò lo sguardo fuori dalla finestra e lo lasciò vagare fra le prime luci della sera.
– Vanno bene direi, lui è sempre molto gentile, accondiscendente. E prevedibile.
Sara sorrise. Conosceva bene la sua amica.
– Siete così belli insieme, lo dicono tutti. Non è un male essere affidabili Sveva e poi… è innamorato perso di te, si vede benissimo.
– Stiamo insieme da poco.
– Insomma tu non lo ami – concluse Sara.
Ancora una volta Sveva non rispose. Si avvicinò allo specchio e fece scivolare il gloss lungo il contorno delle labbra.
Indossava un vestito corto e bianco, con un’ampia apertura sulle spalle. Si raccolse i capelli in alto per valorizzare la scollatura, lasciando libere solo alcune ciocche a incorniciarle il viso.
Si guardò di nuovo allo specchio, con un certo compiacimento.
– Dai che facciamo tardi! – esclamò Sara mentre prendeva la borsa e le chiavi della macchina.
– Sono pronta – rispose Sveva.
Poco dopo erano a bordo della Mini Cooper di Sara dirette al solito bar per l’aperitivo.
– Vogliamo scommettere che Matteo è già arrivato? – disse Sara.
– È sempre così maledettamente puntuale.
Le due ragazze risero.
Impiegarono qualche minuto per trovare parcheggio e quando poi entrarono nel locale trovarono Matteo e Cristian pronti ad accoglierle.
– Sei stupenda – sussurrò Matteo all’orecchio di Sveva. Lei gli sorrise e ordinò uno spritz.
Anche Matteo aveva un aspetto gradevole, curato e impeccabile. Un viso spigoloso, i capelli tagliati all’ultima moda ma senza eccessi, i vestiti griffati. Un fisico asciutto e sportivo di chi si concede poco ai piaceri della tavola. Sveva odiava la sua disciplina, però le piacevano i modi eleganti ma non ostentati da ragazzo di buona famiglia. Figlio di un medico e di un’insegnante di matematica, Matteo era iscritto al secondo anno di Medicina e aveva tutto il suo futuro già dettagliatamente pianificato dai genitori. Giocava a tennis due volte a settimana, usciva con Sveva il martedì pomeriggio e il giovedì sera, mentre gli altri giorni erano assorbiti interamente dallo studio. Passavano insieme anche il fine settimana e spesso la domenica pranzavano dai suoi. Ogni volta sua madre faceva preparare le lasagne alla domestica spacciandole per sue. Lo sapevano tutti, ma lei amava recitare il ruolo della padrona di casa perfetta.
Sveva si era ritrovata incasellata in questa routine quasi senza accorgersene. Lei e Matteo stavano insieme da poco ma sembrava che dal loro primo incontro fosse trascorso un tempo infinito e non quantificabile. Lui, il fidanzato che tutte avrebbero voluto. Lei, la ragazza più bella e dolce che si potesse desiderare. Era dunque tutta lì la vita? Negli aperitivi in centro, nei regali costosi, nei week-end al mare? Era quello l’amore? E poi sarebbe durato… così com’era adesso, sempre uguale a se stesso? Oppure un giorno lui avrebbe rivolto quelle stesse attenzioni a qualcun’altra? Qualcuna prevedibile quanto lui, magari una collega universitaria con la sua stessa ambizione. Matteo era totalmente disinteressato al lavoro di Sveva. Lei sospettava che non lo considerasse nemmeno un vero lavoro. Non leggeva le sue storie, buttava solo uno sguardo distratto sui suoi articoli, di tanto in tanto. Forse era questa l’unica cosa che Sveva non poteva proprio perdonargli: la faceva sentire una come tante. La fidanzata perfetta che poteva essere sostituita in qualunque momento da un’altra fidanzata perfetta. Non perché l’altra fosse necessariamente migliore,