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Gustav Mahler e l'incontro mistico di poesia e musica: Morte, risurrezione, dolore, amore, estasi
Gustav Mahler e l'incontro mistico di poesia e musica: Morte, risurrezione, dolore, amore, estasi
Gustav Mahler e l'incontro mistico di poesia e musica: Morte, risurrezione, dolore, amore, estasi
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Gustav Mahler e l'incontro mistico di poesia e musica: Morte, risurrezione, dolore, amore, estasi

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Nel sottotitolo l’autore anticipa l’esprimersi del misticismo di Mahler attraverso il quintuplice sentimento di morte - risurrezione - dolore - amore -  estasi. Nel Prologo riafferma il sentimento  mahleriano della morte, della risurrezione, del dolore, dell’amore e dell’estasi, ma nel corso della sua esposizione, ulteriormente approfondendo, egli distingue l’estasi in estasi nietzschianamente lirica e in estasi contemplativa cristiana  immaginata e musicalmente interpretata dallo stesso Mahler. significativa la conclusione cui perviene l’autore: Mahler visse questa vita guardando verso l’altra Vita, l’Unsterblich Leben.
LanguageItaliano
Release dateMar 2, 2018
ISBN9788838246746
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    Gustav Mahler e l'incontro mistico di poesia e musica - Bruno Luiselli

    madre.

    Introduzione. Semantica dell’incontro mistico di poesia e musica

    È possibile, a tale riguardo, una domanda: perché mistico e non religioso, che, oltre tutto, è di immediata comprensione? Risposta: l’aggettivo mistico esprime, rispetto all’aggettivo religioso (genericamente religioso), una realtà più profonda: è vita interiore . Ed è proprio l’intenso vivere interiormente che può generare una religio o, ulteriormente, una riforma all’interno della religio . Ebbene, questo vivere interiormente , che è il vivere nel profondo dell’anima , è il misticismo. E il misticismo coinvolge profondamente. Poiché in questa sede è mio proposito trattare di semantica dell’incontro mistico di poesia e musica, ritengo di poter fare una distinzione: possiamo avere composizioni poetico-musicali inquadrabili piuttosto nella religione e composizioni poetico-musicali inquadrabili piuttosto nel misticismo . Per esempio, la, ovviamente bellissima, Messa di Requiem di Verdi è un’opera religiosa, l’incompiuto Requiem di Mozart è per me un’opera mistica. Io ammiro Verdi nella sua Messa di Requiem , ma mi sento intimamente coinvolto da Mozart, che nel comporre e nel lasciare incompiuto il suo Requiem vive l’ Erlebnis del suo progressivo spegnersi alla vita. A tale riguardo sono emblematiche due cose, entrambe connesse con l’ Amen : a) in un certo momento del suo iter compositivo del Requiem Mozart si accinse a comporre una fuga sull’ Amen destinata a chiudere il Lacrimosa conclusivo della sequenza Dies irae propria delle Missae Defunctorum . Ma Wolfgang Amadeus, ben consapevole dei fasti polifonici tradizionalmente legati all’ Amen , rinunciò, ormai disincantato e ripiegato in se stesso, a proseguire e lasciò interrotta la fuga , riservandosi di comporre, una volta giunto alla fine effettiva del Lacrimosa , un ben più sobrio Amen , al quale, però, egli non giunse (si veda il testo di questa appena iniziata composizione in Ch. Wolff, Mozarts Requiem , Geschichte - Musik - Dokumente , 6. Auflage, Kassel 2010, p. 36); b) una testimonianza epistolare di Sophie Haibel, sorella di Constanze Mozart, che dolorosamente, insieme ad altri intimi, assistette all’agonia e allo spirare di suo cognato, così ci informa: «Il suo estremo atto fu come se egli volesse esprimere con la bocca i timpani nel suo Requiem , il che io ho ancora nell’orecchio» (testo della testimonianza nell’appena citato Wolff, pp. 125-126). Esprimere con la bocca i timpani ( mit dem Munde die Pauken ausdrücken ), detto di Wolfgang Amadeus che esalava l’ultimo respiro, non può avere altro significato se non che egli, in uno stato ancora di evanescente coscienza, solo labialmente e debolissimamente stava esprimendo non più che due o tre colpi di timpano proprio su quell’ Amen conclusivo del Lacrimosa che non aveva fatto in tempo a comporre. Dunque non un rullo timpanistico, assolutamente improprio, doveva porre sull’ Amen conclusivo del Lacrimosa il continuatore del Requiem Süßmayr (e con lui i postsüßmayriani). In quell’estremo momento, pensando all’ Amen , Mozart, che tanti Amen aveva fatto cantare dagli altri, nello spirare viveva (sì, morendo viveva) il suo personale definitivo Amen .

    Veniamo dunque a Gustav Mahler (1860-1911). Si può parlare di suo misticismo? La risposta è positiva, ma dobbiamo intenderci. Mahler non è un mistico, se per misticismo intendiamo anche più che il vivere intensamente nel più profondo dell’anima, cioè se intendiamo l’uscire dell’ardentemente credente dai confini della conoscenza umana e il suo entrare in quella ineffabile intuizione del divino che è l’ estasi. Pertanto Mahler non fu un estatico. Ma fu, comunque, persona di profonda spiritualità: quella spiritualità che è tale da tradursi anche in slancio mistico. E poiché nella spiritualità di Mahler è fondamentale, come molte volte vedremo, l’esperienza dello slancio mistico, su questa stessa esperienza del nostro autore propongo ora al lettore una momentanea riflessione su due importanti concetti espressi dalle parti solistico-vocali e corali della sua seconda sinfonia: l’ Entschweben, il «librarsi verso l’alto», e il protendersi zu Gott, zu Gott, zu Gott, «a Dio, a Dio, a Dio».

    Di questa spiritualità mahleriana dello slancio mistico parlerò diffusamente più avanti, e intanto preciso che di essa individuo due radici.

    *I radice: un testo salmico.

    Richiamo l’attenzione del lettore sul salmo 42 (41), 2-3 (la traduzione che qui di seguito riporto è tratta dalla nuova versione della Bibbia sancita dalla Conferenza Episcopale Italiana):

    Come la cerva anela

    ai corsi d’acqua,

    così l’anima mia anela

    a te, o Dio.

    L’anima mia ha sete di Dio,

    del Dio vivente:

    quando verrò e vedrò

    il volto di Dio?

    In relazione a questi versetti salmici dobbiamo considerare la convergenza di tre distinte fonti: a) l’originario testo ebraico (che però, non conoscendo io quella lingua, cito in due traduzioni italiane date da altrettanti illustri specialisti); b) la traduzione latina propria dell’antica Vulgata geronimiana; c) la traduzione di Martin Luther.

    **Traduzione dall’ebraico (Menachem Emanuele Artom, in Bibbia ebraica a cura di Rav Dario Disegni, Firenze 1995): «Come una cerva anela ai corsi di acqua, così la mia persona anela a Te, o Dio. La mia persona è assetata di Dio, del Dio vivente; quando mai potrò venire a presentarmi a Dio?»; altra traduzione dall’ebraico (Gianfranco Ravasi, Il libro dei Salmi, Commento e attualizzazione, I, Bologna 1999 ⁸, p. 755): «Come la cerva sospira ai corsi d’acqua, così l’ anima mia sospira a te, o Dio. L’ anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?».

    **Antica traduzione offerta dalla Vulgata geronimiana (salmo 41 [42]): «Quem- admodum desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus. Sitivit anima mea ad Deum fontem vivum: quando veniam et apparebo ante faciem Dei?».

    **Traduzione luterana ( Die Bibel oder die ganze Heilige Schrift des Alten und Neuen Testaments nach der deutschen Übersetzung D. Martin Luthers, Nach dem 1912 vom Deutschen Evangelischen Kirchenausschuß genehmigten Text [«Secondo il testo approvato nel 1912 dalla Commissione delle Chiese Tedesche Evangeliche»], Stuttgart, s. d.): «Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser, so schreit meine Seele, Gott, zu dir. Meine Seele dürstet nach Gott, nach dem lebendigen Gott. Wann werde ich dahin kommen, daß ich Gottes Angesicht schaue?». Da notare l’intenso ardore religioso espresso dalla traduzione di Lutero: «Come il cervo [il maschile Hirsch è secondo il modello della Vulgata, che ha cervus] urla [è il bramito del cervo] protendendosi alla fresca acqua, così la mia anima urla protendendosi, o Dio, a te [questo urlo del cervo e conseguentemente dell’anima è semplicemente splendido: esso esprime con straordinaria forza il sentimento dello slancio]. La mia anima ha sete di Dio, del Dio vivente. Quando verrò là dove io possa guardare il volto di

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