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Gli Orsini nel Regno di Napoli: L'età moderna
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Gli Orsini nel Regno di Napoli: L'età moderna

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Un viaggio a ritroso nel tempo; uno studio su una delle famiglie più celebri d' Italia: gli Orsini, riconosciuti tra i lignaggi più potenti non solo per il loro profondo legame con la Chiesa ma anche per i loro rapporti diplomatici con diverse corti d'Italia e d’Europa; detentori di vasti possedimenti in diverse zone d'Italia, occuparono buona parte dei territori appartenenti al Regno di Napoli. Da un'esposizione generale della loro storia, l' attenzione si pone su una delle dinastie su cui si è suddivisa nel tempo la casata, quella degli Orsini duchi di Gravina che avrà inizio nel XV secolo e perdurerà sino al XIX secolo, soffermandosi in particolare su due loro feudi, Vallata, acquisita in origine nel 1432 da Gabriele del Balzo Orsini, territorio con un’economia prevalentemente agricola ma non solo, i guadagni per casa Orsini provenivano oltre che dalla lunga tradizione economica, anche dalle attività manifatturiere, dagli affitti di terreni e immobili e dalla riscossione delle tasse; e Mirabella, acquistata da Filippo Bernualdo, XVI duca di Gravina, nel 1791 dalla regia corte borbonica del Regno di Napoli dando in cambio un vastissimo territorio presso Capua, denominato la Foresta Orsini. Fondamentale era la localizzazione geografica di Mirabella, situata in un punto strategico per le rotte commerciali, la sua economia era basata prevalentemente sul commercio del grano e dell’olio ma gli Orsini riuscivano a trarre guadagni anche dall'esazione del passo, dagli affitti e dai balzelli. Un feudo ricco dunque, ma dopo pochi anni dalla sua acquisizione iniziano i segnali di cedimento, la sua popolazione mal sopportando le imposizioni vessatorie applicategli parteciperà ai moti della Rivoluzione Partenopea del 1799. L'esame dei documenti ci mostra che gli Orsini non furono sempre indulgenti nei riguardi di coloro che dovevano sottostare ai loro ordini, i capi di accusa che gli Orsini dovettero affrontare con le università furono molti. Con l’eversione della feudalità e l’abolizione dei fedecommessi volgeva al termine anche per loro quella lunga parabola dei privilegi feudali che aveva garantito ricchezza e che con la loro scomparsa ne aveva portato il loro dissesto economico, l'espropriazione del patrimonio sarà l'ennesima conseguenza.
LanguageItaliano
PublisherEttore Barra
Release dateDec 15, 2017
ISBN9788827534939
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    Gli Orsini nel Regno di Napoli - Glorilena Biscotti

    Glorilena Biscotti

    Gli Orsini nel Regno di Napoli

    L'età moderna

    UUID: 72c7a55a-a1c2-11e7-9982-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

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    Indice dei contenuti

    INTRODUZIONE

    ​CAPITOLO I - Gli Orsini: la loro storia tra il rosso porpora e il bianco papale

    CAPITOLO II - IL FEUDO DI MIRABELLA

    CAPITOLO III - IL FEUDO DI VALLATA

    CAPITOLO IV - L’EVERSIONE DELLA FEUDALITÀ E IL PATRIMONIO DEGLI ORSINI NEI PRIMI ANNI DELL’800

    CONCLUSIONI

    BIBLIOGRAFIA

    APPENDICE

    Ringraziamenti

    STORIA MERIDIONALE

    1

    COMITATO SCIENTIFICO:

    Francesco Barra, Giuseppe Cirillo, Giovanni Brancaccio, Alfonso Tortora

    © Copyright Il Terebinto Edizioni

    Sede legale: via degli Imbimbo, n. 8, Scala E

    83100 Avellino

    tel. 340/6862179

    e-mail: ilterebintoedizioni@libero.it

    INTRODUZIONE

    Un viaggio a ritroso nel tempo, questo è in estrema sintesi il significato di questo lavoro, intrapreso ricercando e sfogliando carte dimenticate, ingiallite, impolverate e corrose dal tempo, tuttavia ancora capaci di trasmettere una storia che non è appartenuta solamente ai protagonisti di questo studio, ma anche a coloro che silenziosamente o a gran voce hanno vissuto con loro. La ricerca di questo lavoro si è sviluppata attraverso lo spoglio di documenti presenti nell’Archivio Orsini, presso l’Archivio Storico Capitolino di Roma, ed è stato un privilegio e una grande emozione poter intraprendere il tirocinio formativo in questa struttura accedendo ai depositi dove sono conservate innumerevoli carte non ancora schedate e visibili al pubblico, del tutto inesplorate e poterle riaprire scoprendone il contenuto. Per la ricerca si è preso in esame la sezione denominata «IV serie Gravina» in cui sono confluite tutte quelle testimonianze appartenenti all’area meridionale della famiglia Orsini, si è analizzata altresì la «I serie» in cui sono conservate le pergamene, la corrispondenza e la genealogia, nonché l’archivio digitale dell’Università della California di Los Angeles (UCLA) e altre fonti presenti in particolar modo nella Biblioteca di Studi Meridionali «Giustino Fortunato», nella Biblioteca Nazionale di Roma e nella Biblioteca dello stesso Archivio Capitolino, nonché in altre biblioteche presenti nel Lazio e nella regione Campania.

    Un grande museo della storia è l’Archivio, ma i suoi cimeli non sono esposti agli occhi di tutti, gelosamente custoditi in faldoni in ognuno di loro vi è solo una piccola parte che è in grado di portare alla luce un evento dalla quale è possibile costruire, come in questo caso, il potere di una celebre casata romana che nei secoli si è radicata non solo nel luogo delle sue origini, ma anche in altri territori appartenenti al Regno di Napoli. Imprescindibilmente non si è potuto trascurare quel momento in cui gli Orsini hanno posto le basi per il loro futuro potere attraverso il nepotismo di papa Niccolò III, e quegli eventi che hanno visto gli Orsini dominatori di una parte di Roma. Stretti alleati della Chiesa, numerosi furono i suoi rappresentanti ecclesiastici, molti i suoi cardinali e ben tre i pontefici, ma non solo, intrecciarono relazioni, soprattutto attraverso contratti matrimoniali, con gli esponenti più prestigiosi del tempo, come la casa reale degli Aragona, i Borbone, la famiglia della Rovere, quella dei Medici, e quella dei Colonna, nonostante che con quest’ultima per secoli siano stati in lotta per il predominio su Roma. Nella prima parte di questo lavoro si è cercato di comprendere da dove provenisse il loro potere dando uno sguardo alle vicende più celebri che hanno accompagnato la famiglia Orsini. Si è poi posto in risalto l’origine della discendenza più duratura nel tempo, in cui gli appartenenti elevati al titolo di duchi presiederanno su alcuni territori del Regno di Napoli, stiamo parlando di uno dei sette rami in cui si è suddivisa la famiglia, quello denominato Gravina, il cui nome prende origine dalla prima contea concessa a Francesco Orsini nei primi decenni del XV secolo. Gli Orsini di Gravina si espanderanno notevolmente nel Regno di Napoli affiancandosi, ma senza unirsi, a un altro ramo che dominava già dal XIII secolo nel Regno, gli Orsini conti di Nola, discendenza questa che occuperà in particolar modo la Campania ma che terminerà la sua esistenza nella prima metà del XVI secolo. I Gravina invece perdureranno il loro dominio sino al XIX secolo, dominando territori in Basilicata, Campania e Puglia; tra questi si sono analizzati in particolar modo due loro feudi, quello di Mirabella e Vallata, dalla loro acquisizione al loro rendimento economico, così come al rapporto che gli Orsini avevano con le università e i cittadini di questi possedimenti. Si è preso poi in esame, in ultimo capitolo, il cambiamento avvenuto con l’eversione della feudalità e la conseguente perdita dei privilegi feudali, la quale come un vaso di Pandora ha rivelato quanto fosse legato il potere degli Orsini alla feudalità, e come questo potesse essere divenuto fragile davanti ai tanti creditori, tra questi in primis i familiari stessi, che pretesero da quel momento in poi le loro quote di averi dal duca Filippo Bernualdo Orsini.

    ​CAPITOLO I - Gli Orsini: la loro storia tra il rosso porpora e il bianco papale

    1.1 Gli albori della famiglia Orsini

    Gli Orsini, da sempre considerata una delle più celebri e potenti famiglie di Roma, vantarono al loro interno papi, cardinali, vescovi, senatori, prefetti, generali ed altri innumerevoli titoli, protettori indomiti della Chiesa e suoi alleati riuscirono sin dall’epoca medioevale, grazie alla loro potenza politica ed economica, a porre le basi del loro dominio, varcando la soglia del Lazio ed espandendosi anche altrove, lungo il Regno di Napoli, popolando da sempre, con le loro vicende, l’immaginario storico collettivo.

    Una rosa rossa protetta da un orso sormontata da una corona si distingueva nella rappresentazione iconografica del blasone cinquecentesco degli Orsini[1], rosa simbolo del loro coraggio prestato alla Chiesa, proveniente dal dono fatto dal pontefice Leone IX al barone Lodovico Orsini il Vecchio di Monte Giordano[2]. Nel 1052, infatti, si ordinò che una rosa benedetta plasmata in oro venisse consegnata a uno dei nobili di casa Orsini, nel giorno della Pentecoste, per i tanti favori e occupazioni che essi avevano condotto, proseguimento di una tradizione che ricordava quando al passaggio dei Romani, trionfatori di conquiste, le donne solevano gettare rose ai loro eroi[3].

    L’origine della famiglia Orsini, chiamata anche Ursini, o Orsina, presenta un’incerta provenienza, essendo di antichissima genesi, la sua discendenza è al quanto intricata. Verosimilmente proveniente dal generale Caio Orso Flavio che si contraddistinse per le sue valorose qualità nell’esercito imperiale di Costanzo, la loro stirpe proveniente dall’Umbria si propagò poi verso il Lazio[4]. Altri storici sostengono che discendano dai Goti[5], mentre altri parleranno dell’antica famiglia dei Boveschi, imparentata alla famiglia dei Bobone da cui discenderebbe la casata[6]. Il primo papa accertato nella storia appartenente agli Orsini, nel 1191, Celestino III, aveva, infatti, il nome di Giacinto Bobone Orsini[7].

    Per capire l’influenza e la grandezza degli Orsini basti ricordare che numerosi furono i loro possedimenti, avevano il dominio su buona parte del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio, due regni fondamentali nell’Italia dell’età medioevale e moderna, mantenendo solide alleanze con numerose monarchie europee, dalla dinastia aragonese alla corona del Portogallo, dal regno d’Inghilterra a quello della Germania, dalla monarchia di Ungheria a quella della Bosnia[8]. Per attestare la loro fama pensiamo che a Roma ebbero la supremazia su Castel Sant’Angelo fino al 1367, anno del rientro dei papi da Avignone a Roma, così come possedevano il palazzo a Monte Giordano, presso ponte Sant’Angelo, vera roccaforte contro gli attacchi dei ribelli, e l’Arpacata a Campo dei Fiori[9], torre e poi palazzo, sorto sulle macerie del teatro Pompeo, luogo donato nel 1187 a Orso Bobone, senatore di Roma[10]. Il teatro di Pompeo, un tempo, come ci tramanda il poeta latino Marziale, era contornato da oasi verdi, per proteggersi dalla calura estiva di Roma, e da numerosi capolavori d’arte raffiguranti animali, tra cui anche un orso in bronzo[11]. Dallo storico Colonna estrapoliamo la leggenda che racconta: nascosta nelle fauci dell’orsa vi era un serpente e un certo Hylos, dopo aver introdotto la sua mano per gioco nella cavità, rimase colpito dal morso, da questo incidente si ritiene che si debba trarre origine la biscia, o serpente, presente nel blasone di casa Orsini[12]. Altri ipotizzeranno che la biscia presente sullo stemma possa riferirsi al dominio degli Orsini su Anguillara, feudo che era posto presso il lago di Bracciano, nel Lazio[13]. Molti edifici hanno testimoniato la grandezza degli Orsini, come il palazzo in Parione, oggi Pasquino, che fu residenza dei duchi di Gravina, il palazzo del Clementino, a piazza Nicosia, dimora dei conti di Nola, il palazzo al Pantheon dei duchi di Pitigliano, e il palazzo sulle rovine del teatro Marcello, su Monte Savelli, residenza anch’essa dei duchi di Gravina[14].

    Il potere e il prestigio degli Orsini confermarono in età medioevale quanto abbia influito il loro nepotismo, quella spregiudicata sopraffazione del potere che ha reso alienabile l’egemonia di San Pietro[15]. Il 25 novembre del 1277, dopo un lungo conclave durato circa sei mesi a causa degli impedimenti di Carlo d’Angiò, re di Sicilia, che avrebbe voluto un papa francese, viene eletto al soglio pontificio il cardinale Giovanni Gaetano Orsini, con il nome di Niccolò III, la richiesta del re non fu ascoltata, prevedibile sarebbe stata la loro reciproca avversione[16]. Appena eletto, il papa assicurò, con il suo dominio e la sua ambizione, il potere ai suoi familiari, e senza scrupoli mosse guerra per impadronirsi di numerosi territori[17].

    Dante Alighieri lo collocherà nel suo diciannovesimo canto dell’Inferno della Divina Commedia, nella terza bolgia dell’ottavo girone infernale riservato ai simoniaci, duramente condannato essendosi macchiato di clientelismo; i dannati del girone erano puniti a stare a testa in giù con le sole gambe sporgenti e infuocate, proprio come fu preservato nell'opera a Niccolò III, anch’egli un «figlio dell’orsa», così definito da Dante[18]. La simonia, come è ben noto, è stata una delle più gravi colpe di cui la Chiesa si sia macchiata, attraverso il commercio delle cariche ecclesiastiche e dei beni ad essa appartenenti. Il risultato che ne derivò fu un enorme ricchezza che condusse la Chiesa a diventare uno Stato, non dedita alla povertà e alla carità, ma ad un’avida ed immorale supremazia. Corruzione, dunque, che segnerà l’idiosincrasia tra potere temporale e potere spirituale, tra Impero e Chiesa[19].

    Per comprendere le rendite della curia romana, già nel XII secolo fu stilato un elenco ufficiale di tutti i censi di S. Pietro, tra cui figurano i guadagni ricavati dalla grande ricchezza dei possedimenti nel Lazio, le rendite provenienti dai monasteri e altri uffici ecclesiastici sparsi in tutta Europa, le entrate degli Stati vassalli della Chiesa, e le donazioni di quei regni che avevano ricevuto dal pontefice l’investitura della corona imperiale[20]. In nome della fede e dell’evangelizzazione dei popoli, la Santa Sede riuscì a centralizzare a se numerosi poteri, divenendo sovrana indiscussa, dominando la vita politica di diversi Stati, ciò che gli storici hanno in seguito chiamato «ierocrazia»[21]. Esisteva, infatti, il famoso Patrimonium Petri, ossia tutti quei fondi, un tempo di proprietà dell’antica Bisanzio, che nel VIII secolo furono dati alla Chiesa dai sovrani franchi[22].

    Niccolò III, con l’aiuto del re di Germania, Rodolfo d’Asburgo, riuscì ad ottenere una distinzione degli Stati della Chiesa da quelli dell’impero. Il re di Germania, bramoso di farsi incoronare imperatore dal papa, acconsentì alle sue richieste, riconoscendo l’appartenenza del dominio della Chiesa Romana su tutti quei luoghi designati[23]. Fatto ciò, il papa Niccolò III, indipendentemente dal volere imperiale, non solo si nominò senatore di Roma, eleggendo uno dei suoi nipoti come vicario, ed elargendo cariche diverse ad altri suoi famigliari, ma proibì che re, principe o qualsivoglia carica nobiliare potesse essere eletto senatore senza l’approvazione della Santa Sede, attraverso i Fundamenta militantis Ecclesiae[24]. Il pontefice tolse al re Carlo ogni potere senatoriale e si ricoprì di cariche, l’odio reciproco tra i due oppositori si acutizzò, un'avversione che era già scaturita in passato dopo che il re Carlo si rifiutò di far sposare una delle sue nipoti con uno dei nipoti di papa Orsini[25].

    Dopo la morte di Niccolò III, nel 1280, grandi furono i rivolgimenti a Roma per l’elezione del successivo papa, gli Orsini furono cacciati da molte cariche importanti, e molti degli Annibaldi, altra influente famiglia romana che aveva legami con il re francese, presero il loro posto[26]. Intanto la sede papale rimase scoperta per più di cinque mesi, alla fine venne eletto pontefice un candidato di origine francese, Simon de Brion, difensore di Carlo d’Angiò, con il nome di Martino IV[27]. Ma sarà con il pontificato di Bonifacio VIII, nel 1295, che la situazione precipiterà, facendo provocare l'acerrima lotta tra gli Orsini e i Colonna, altra influente famiglia patrizia romana. La rivalità tra le due casate si protrarrà per molto tempo, con gli Orsini appartenenti alla fazione Guelfa, seguace della Chiesa, e i Colonna, appartenenti alla fazione dei Ghibellini amica dell’impero e nonostante che quest'ultima al suo interno avesse numerosi cardinali[28]. Scrive il Petrarca: «era la casa degli Orsini, da parte Guelfa, assai temuta in Roma a que’ tempi e la sola che far potesse contrasto alla grande potenza de’ Colonnesi»[29]. Fu proprio a causa dell’elezione di Bonifacio VIII, famoso papa passato alla storia per l’episodio noto come lo «schiaffo di Anagni», conseguente alla diatriba avuta con il re di Francia Filippo il Bello, che tra le due famiglie i rapporti si incrinarono maggiormente[30]. Il papa sospettava che i Colonna intrattenessero rapporti segreti con il re di Sicilia Federico III, mentre, i Colonna dalla loro parte sostenevano l’illegittimità al soglio pontificio di Bonifacio VIII, per questo pubblicarono il Manifesto di Lunghezza, firmato dal francescano Jacopone da Todi[31], chiedendo un immediato concilio, soprattutto dopo le accuse di omicidio fatte nei confronti di Bonifacio nei riguardi del precedente papa Celestino V, il quale, quest'ultimo, dopo essere stato deposto venne imprigionato e ucciso[32]. Bonifacio VIII scomunicò i cardinali Colonna che lo avevano oltraggiato, aggredendo e distruggendo le loro proprietà, compreso il loro palazzo a Roma[33]. Questo papa fu fortemente protetto dagli Orsini, egli apparteneva alla famiglia dei Gaetani, la stessa da parte di madre del pontefice Orsini, Niccolò III[34]. Morto papa Bonifacio, nel 1309, fu proclamato per volere di Carlo II d’Angiò, re di Sicilia e conte di Provenza, un papa francese, Bertrad de Got, nominato Clemente V, e con esso il trasferimento della Sede Pontificia da Roma ad Avignone, «l’empia Babilonia», la definiva il Petrarca nel suo Canzoniere[35]. L’inimicizia tra gli Orsini e i Colonna si esacerbò per la lotta al potere, e nonostante vi si scegliessero ogni anno due senatori appartenenti ad ambedue la famiglie, le discordie fra le due case rivali continuavano ininterrottamente, così come tra le altre famiglie patrizie romane[36]. Tumulti scoppiarono a Roma in cui il caos e l’anarchia facevano da padroni, a nulla valse la proposta del famoso Tribuno Cola di Rienzo, che suggerì di porre fine alle discordie attraverso la restaurazione di una Repubblica[37]. Durante il periodo avignonese, 1305-1376, gli Orsini e la famiglia Colonna avevano a Roma il comando della vita politica e ognuno di loro dominava su una determinata zona, mentre gli Orsini avevano il predominio di Borgo Sant’Angelo, Vaticano, Campidoglio e Trastevere, i Colonna invece si erano impossessati del Colosseo, Pantheon, Aventino e Torre Milizia, questo stato di cose durò almeno sino al 1347, anno dell’arrivo in Roma del tribuno Cola di Rienzo che cercò di prendere il potere della situazione, attraverso la nomina di suoi magistrati, deponendo e arrestando i precedenti senatori, ponendo nuove leggi, e cercando di ripristinare l’ordine[38]. Il suo fu un vano tentativo, credeva di poter governare Roma portandone la pace attraverso la grazia ricevuta da Dio, ma il suo dominio provocò diversi scontri, fra i primi a farne le spese vi furono i Colonna, e chiunque ostacolasse il tentativo di Cola di Rienzo di condurre il popolo romano verso il rispetto delle regole, la pena di morte rappresentava una facile condanna per chi era restio all’obbedienza[39]. Tragica e cruenta fu la morte di Cola di Rienzo, nel 1354, brutalmente ucciso dal popolo romano[40], quest'ultimo esasperato da tante agonie, afflitto da carestie e da epidemie, terribile fu quella di peste del 1348, trucidarono il corpo del tribuno che dilaniato fu esposto per due giorni presso la chiesa di San Marcello, rione abitato dai Colonna, e poi bruciato sul rogo[41].

    Con la brutale morte di Cola di Rienzo, il papa decise che non si dovessero eleggere a Roma due senatori, ma solamente uno, eletto da lui stesso, e che quest'ultimo non dovesse provenire da una delle famiglie nobili di Roma[42]. Successivamente al periodo avignonese seguirà il famoso scisma d’Occidente, uno dei momenti storici in cui vennero eletti al soglio di San Pietro due legittimi papi, un pontefice voluto dagli italiani chiamato Urbano VI, e uno voluto dal clero francese chiamato Clemente VII che continuava a risiedere ad Avignone[43].

    Nel 1409, dopo il Concilio di Pisa, di papi ne avremmo ben tre, in quanto venne nominato un nuovo papa, Alessandro V, designando come eretici i due pontefici precedentemente eletti: Benedetto XIII e Gregorio XII[44]. Possiamo immaginare quale potesse essere la confusione di quegli anni, i cardinali erano i veri burattinai, tra questi anche gli Orsini i Colonna, che sceglievano i candidati. La fine dello scisma d’Occidente, e la conseguente stabilità della sede papale a Roma, si ebbe tra il 1414 e il 1418 con il Concilio di Costanza, e l’elezione del cardinale Colonna che assunse il nome di Martino V[45]. Susseguente alla candidatura di un esponente della famiglia Colonna, si riaccesero le liti tra le due famiglie rivali che si protrarranno sino al 1511[46]. Infatti, a Martino V successe Eugenio IV grazie all’appoggio degli Orsini, designazione che condurrà la famiglia Colonna ad essere nuovamente perseguitata, con la condanna alla pena capitale per molti sostenitori del precedente papa[47].

    Gli Orsini, però, non avevano come unici rivali i Colonna, alle loro spalle tramava un insidioso nemico che avrebbe dominato la scena politica della fine del Quattrocento: i Borgia. Nel 1492, a salire al trono di San Pietro fu proprio un suo rappresentante, il cardinale Rodrigo Borgia, col nome di Alessandro VI, che riuscì ad intessere legami diplomatici con il re di Francia, Luigi XII[48]. Per mano del figlio, Cesare Borgia, famoso duca Valentino, Paolo e Francesco Orsini, il 18 gennaio 1503[49], e prima di loro nel dicembre del 1502, Vitellozzo Vitelli e Oliverotto da Fermo, furono uccisi in Senigallia, a Castel della Pieve[50]. A precederli nella trappola della morte era stato anche il cardinale Giovanni Battista Orsini, arrestato

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