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Il Simbolo degli Elohim: ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ  ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA  DEGLI “ELOHIM”
Il Simbolo degli Elohim: ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ  ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA  DEGLI “ELOHIM”
Il Simbolo degli Elohim: ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ  ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA  DEGLI “ELOHIM”
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Il Simbolo degli Elohim: ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA DEGLI “ELOHIM”

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In questo scritto, attraverso la ricerca del significato di un semplice simbolo quale il Giglio, in francese il “Fleur de Lis”, inizieremo un “volo pindarico” e "apparentemente fantastico", che ci porterà alla conoscenza profonda della duale “Creazione” voluta dagli “Archetipi divini” che un tempo discesero e ad oggi discendono per adempire ai loro fini creativi. Premetto che nessun potere o governo ha interesse a dirci la realtà sullo stato delle cose del nostro passato, per il semplice fatto che “Sapere è Potere”, e l’uomo, invece, per la maggior parte dei “Poteri”, deve semplicemente, solo obbedire. Un tempo il “sapere” era quello “sciamanico”: seguire il flusso della natura per il bene di un popolo; poi si innescò "l’egoico bene dell’individuo oscuro", e da li nasce il noto detto: "Divide et impera" (locuzione in lingua latina «dividi e domina»); così la parte oscura coi suoi “protettori”, molte volte, ottenne il potere. Se "Noi siamo fatti ad immagine degli Dèi” e gli “dèi” hanno le nostre stesse sembianze e debolezze, come ci dicono i testi sacri, c’è da chiedersi se non sia questa la “Grande guerra” che appare sotto l’ombra delle religioni. Non a caso il termine “diavolo” deriva dal tardo latino "diabŏlus": traduzione, fin dalla prima versione della Vulgata, (intorno V secolo d.C.), del termine greco Διάβολος, diábolos, ("dividere", "colui che divide", "calunniatore", "accusatore”). Per gli ebrei abbiamo il termine biblico ha-satan (שָׂטָן) che invece significa "l'avversario", o "l'ostacolo", e, anche in questo caso, "l'accusatore in giudizio”. Ed ecco che anche gli Esseni, i puri, “gli istruttori da cui, a quanto pare, apprese anche Gesù”, con l’aiuto divino, si ritirarono solitari volendo capire la vera natura delle cose e del passato della nostra Terra. Essi scorsero il mondo come una Terra di lotta tra “i figli della luce e i figli delle tenebre”. Nel Libro dei Giubilei appaiono addirittura le schiere angeliche, con i nomi di questi angeli a cui è riservato un ruolo importante nella guerra contro i figli delle tenebre, capeggiati, per l’appunto, da Belial, colui che è detto il "malvagio" (o anche Devy, Barons,'Belhor, Baalial, Beliar, Beliall, Beliel; dall'ebraico בליעל bəliyyáʻal, "senza valore", "niente di buono", o anche beli ya'al = "per non rialzarsi mai", o ancora baal 'ia'l, "falso dio", "idolo" o "dio superbo"). A detta di alcuni questo nome, nella tradizione mitologica ebraica, non è esattamente un nome proprio, bensì un nome comune, il cui significato sarebbe “colui che è privo di valori”, per delineare ancora una volta il concetto che implica il “mantenere una certa situazione, uno status stabile che necessita”, “utile a pochi umani e ai demoni”, magari gli stessi “Los voladores”, “gli oscuri predatori” che di noi si cibano, come ci fa sapere Castaneda nei suoi scritti.......
LanguageItaliano
Release dateJul 30, 2017
ISBN9788822804655
Il Simbolo degli Elohim: ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ  ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA  DEGLI “ELOHIM”

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    Il Simbolo degli Elohim - Tarzariol Lucio

      IL SIMBOLO DEGLI ELOHIM

    ANGELI E DEMONI IN UNA SECOLARE DUALITÀ ATTRAVERSO IL SIMBOLO DELLA STIRPE ALIENA DEGLI ELOHIM

    A cura di Lucio Tarzariol

    Sopra reperto maya, una curiosa ciottola in terracotta precolombiana proveniente dalla Costa Rica (Misure 8 1/2 x 5 pollici), parte di una raccolta privata dell’ambasciatore statunitense in Nicaragua James Daniel Theberge (1975-1977). Notare la rappresentazione simbolica della divinità al centro della ciottola.

    Sopra reperto precolombiano, notare l'emblema stilizzato degli Elohim sulla fronte del volto che sembra avere le fatezze di un alieno grigio.

    Dalla dualità alla ricerca della verità 

     In questo scritto, attraverso la ricerca del significato di un semplice simbolo quale il Giglio, in francese il Fleur de Lis, inizieremo un volo pindarico e apparentemente fantastico, che ci porterà alla conoscenza profonda della duale Creazione voluta dagli Archetipi divini che un tempo discesero e ad oggi discendono per adempire ai loro fini creativi. Premetto che nessun potere o governo ha interesse a dirci la realtà sullo stato delle cose del nostro passato, per il semplice fatto che Sapere è Potere, e l’uomo, invece, per la maggior parte dei Poteri, deve semplicemente, solo obbedire. Un tempo il sapere era quello sciamanico: seguire il flusso della natura per il bene di un popolo; poi si innescò l’egoico bene dell’individuo oscuro, e da li nasce il noto detto: Divide et impera (locuzione in lingua latina «dividi e domina»); così la parte oscura coi suoi protettori, molte volte, ottenne il potere. Se Noi siamo fatti ad immagine degli Dèi e gli dèi hanno le nostre stesse sembianze e debolezze, come ci dicono i testi sacri, c’è da chiedersi se non sia questa la Grande guerra che appare sotto l’ombra delle religioni. Non a caso il termine diavolo deriva dal tardo latino diabŏlus: traduzione, fin dalla prima versione della Vulgata, (intorno V secolo d.C.), del termine greco Διάβολος, diábolos, (dividere, colui che divide, calunniatore, accusatore). Per gli ebrei abbiamo il termine biblico ha-satan (שָׂטָן) che invece significa l'avversario, o l'ostacolo, e, anche in questo caso, l'accusatore in giudizio. Ed ecco che anche gli Esseni, i puri, gli istruttori da cui, a quanto pare, apprese anche Gesù, con l’aiuto divino, si ritirarono solitari volendo capire la vera natura delle cose e del passato della nostra Terra. Essi scorsero il mondo come una Terra di lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre. Nel Libro dei Giubilei appaiono addirittura le schiere angeliche, con i nomi di questi angeli a cui è riservato un ruolo importante nella guerra contro i figli delle tenebre, capeggiati, per l’appunto, da Belial, colui che è detto il malvagio (o anche Devy, Barons,'Belhor, Baalial, Beliar, Beliall, Beliel; dall'ebraico בליעל bəliyyáʻal, senza valore, niente di buono, o anche beli ya'al = per non rialzarsi mai, o ancora baal 'ia'l, falso dio, idolo o dio superbo). A detta di alcuni questo nome, nella tradizione mitologica ebraica, non è esattamente un nome proprio, bensì  un nome comune, il cui significato sarebbe colui che è privo di valori, per delineare ancora una volta il concetto che implica il mantenere una certa situazione, uno status stabile che necessita, utile a pochi umani e ai demoni, magari gli stessi Los voladores, gli oscuri predatori che di noi si cibano, come ci fa sapere Castaneda nei suoi scritti. Ora, prima di iniziare a proporvi le mie ricerche sul simbolo degli Elohin, vorrei farvi presente di essere cosciente e di ammettere che le mie interpretazioni non possono essere certe, del resto non si può avere certezza dai testi antichi e nemmeno di ciò che affermano i contattisti. Inoltre non si può nemmeno sapere se una interpretazione è veramente giusta o sbagliata, per questo bisogna tenere conto delle molteplici possibilità, mettere i dati a confronto e poi scegliere quella che risulta essere la più ovvia, credibile e coerente con i testi da cui si parte e con la realtà del presente che ad ognuno di Noi appare, alla luce della propria logica. Le Religioni guidate da grandi personaggi hanno sempre, bene o male, svolto il loro ruolo guida, altrimenti l’uomo probabilmente si sarebbe già estinto. Ma chiediamoci: a chi necessita questo Ordine? Lo scorsero, per l’appunto, anche gli esseni, al tempo di Gesù, i quali costituivano la rimanenza di quelle confraternite di profeti organizzate dalla Scuola dei Profeti, istituita primariamente da Elia e Samuele sul Monte Carmelo in Israele. Fu successivamente che divennero un gruppo il quale cercava l’avverarsi delle profezie sulla venuta del Messia. La loro attesa nacque da una sincera ricerca di un contatto diretto con il Divino. Infatti, gli esseni sembrano coesistere in vari periodi, con gli gnostici, terapeutici, i nazareni e con molte altre sette ed in vari luoghi, anche oltre Israele, ad esempio in Egitto, in India ed in Persia. Il nome esseni, che avevano preso, veniva dalla parola siriaca asaya, medici, in greco terapeutici, poiché il loro ministero, per quella parte che era conosciuta dal pubblico, consisteva nel guarire le malattie fisiche e morali, come ci fa sapere Edoardo Shuré. Lo stesso ci dice che taluno possedeva il dono della profezia e che gli esseni professavano il dogma essenziale della dottrina di Orfeo e di Pitagora, quello della preesistenza dell'anima, conseguenza e ragione della sua immortalità. Infatti appaiono indizi che mi portano a pensare anche ad un'origine più antica che trae sapere dalla tradizione misterica eleusina che ci riporta all'antica stirpe divina dei Phykkhe’sh Tau, da dove poi ha tratto sapere il giudaismo e il giudaismo cristiano con i convertiti al cristianesimo di nazionalità giudaica. Infatti, gli Eleusini credevano nell'immortalità dell'anima e come gli Egiziani; raggiungevano l’Epopteia quella conoscenza ottenuta durante i Misteri che non erano di tipo dottrinale, ma giungevano da un tipo di sapere che nasceva da una esperienza sacrale autentica, vissuta in prima persona come momento mistico attraverso il quale si veniva rassicurati sul senso della vita terrena e sulla continuità della vita dopo la morte. Lo storico Giuseppe ci fa sapere che gli esseni studiavano con grande cura certi scritti di medicina che trattavano delle verità occulte di piante e minerali. Lo stesso ci dice che essi credevano che l’anima discendesse dall'etere più sottile e fosse attirata nel corpo da una determinata attrattiva naturale e poi vi dimorasse come in una prigione; liberata dai legami del corpo, come dopo una lunga schiavitù, dopo la morte, ella s'invola con gioia. Mentre Filone ci fa sapere che essi servivano Dio con grande pietà non offrendogli vittime, ma santificando il loro spirito: Essi fuggono le città e si applicano alle arti della pace, non hanno un solo schiavo presso di loro, sono tutti liberi e lavorano gli uni per gli altri.

    Sopra artefatto azteco in diaspro, risalente al periodo pre-classico e rappresentante il calendario azteco con gli archetipi di sole e la luna. Dimensioni - 25 mm. Collezione privata.

    Il Giglio simbolo degli Elohim e simbolo di Creazione

    Volendo ora parlarvi del simbolo degli Elohim, il giglio, vi ricordo che questo può identificarsi con il cuore della Menorah (ebraico: מנורה) che era una lampada ad olio a sette bracci che nell'antichità veniva accesa all'interno del Tempio di Gerusalemme attraverso combustione di olio consacrato. Secondo alcune tradizioni, la Menorah simboleggia il rovo ardente in cui si manifestò a Mosè la voce stessa di Dio sul monte Horeb, sito legato anche alla dea egizia Athor, per alcuni l’Iside madre, moglie e casa di Horus, divinità affine per molti aspetti ancora alla divinità precolombiana Quetzalcoatl e a Gesù. Ricordo che anche la Stella di David è un simbolo ebraico antichissimo; esso è la rappresentazione del simbolo biblico di Israel del giglio candido (Cantico dei Cantici 2:2), che viene rappresentato sia visto dall’alto che di lato. Esso non è solo impresso, come ho detto prima, nella menoràh, il candelabro ebraico del tempio di Dio (Esodo 25:31 targum Unkelos), ma appare anche nella trinità induista Trimurti, nel tridente della divinità induista Shiva, che è al tempo stesso creatore, distruttore e restauratore. Il tridente, chiamato in sanscrito Trishula (tre punte), è il simbolo che lo rappresenta e le tre punte rappresentano presente, passato e futuro, ed insieme simboleggiano il tempo. Detto ciò, appare ovvia una realtà che vede l’esistenza di una stirpe regale a cui è delegato il compito di condurre e reggere i popoli della terra. Una concezione simile a quella induista, dove il nostro giglio o il fleur de lis, diventa il fiore di loto, sempre simbolo di purezza e vita da dove nascono le divinità indù. Ad esempio il Bardo Todol, il libro tibetano dei Morti, è attribuito a Padmasambhava, un taumaturgo dell'VIII° sec. d.C., che significa: colui che è nato dal fiore di loto, uno dei 48 mitici asceti dotati di facoltà straordinarie, maestro di Tantra, considerato secondo la leggenda anche uno dei fondatori storici del Buddhismo tibetano e venerato come secondo Buddha. Si diceva che egli avesse delle dottrine segrete (gter-ma, Terma=tesori) e che le nascose sotto terra, in caverne, rocce o dentro i pilastri dei templi, per difenderle da razzie o distruzioni. Queste dottrine sarebbero state via via ritrovate quando i tempi fossero stati maturi per la loro comprensione. Ci sono perciò i gter-ston (scopritori di tesori) che riescono a trovarle grazie a sogni o visioni di grande esattezza; questa credenza esiste solo in Tibet. I testi ritrovati sono scritti in tibetano o in una lingua sacra e misteriosa, detta lingua delle Dakini una sorta di Angeli femminili, affini alle odierne aliene pleiadiane, o se volete, a volte associabili alle visioni mariane. Infatti il termine tibetano མཁའ་འགྲོ་མ་ khandroma, Wylie: mkha' 'gro, ma sta a significare colei che attraversa il cielo, colei che si muove nello spazio, la camminatrice del cielo o la danzatrice del cielo; e a volte assume connotazioni demoniache come la dea Kālī o Lilith la madre dei gigli, o i Gallu, in sumero Alu, che identifica, per l’appunto, esseri per

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