Wanderlust: racconti di viaggio
By aa.vv
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About this ebook
WANDERLUST è un concetto non facilmente definibile.
Composto da due parole: wander (vagabondare) e lust (ossessione, desiderio), esprime il bisogno di viaggiare che fa parte della natura di alcune persone. Secondo alcuni, fin nel DNA.
Questo libro raccoglie dodici racconti di viaggio, scritti da chi incarna perfettamente questo impulso irresistibile verso la scoperta del mondo.
Emozioni ed incontri in luoghi reali, visitati personalmente grazie all’arte dell’esplorazione; esperienze ed avventure viste con gli occhi di chi sa stupirsi. Durante una vacanza, durante la vita. Lungo ogni tragitto.
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Book preview
Wanderlust - aa.vv
AA.VV.
Wanderlust
racconti di viaggio
©2017 Chance Edizioni di Rossana Orsi
Curatore dell'opera
Andrea Stella
Editing
Donna Pasini
In Copertina
©Fotolia
Proprietà letteraria riservata.
Ogni riproduzione parziale o intera dell’opera è vietata,
salvo espressa autorizzazione dell’editore.
ISBN: 9788894256642
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Ringraziamenti
questo libro è dedicato a chi non si stanca di esplorare
La strada sarebbe stata lunga. Sono lunghe tutte le strade che conducono a ciò che il cuore brama.
Ma questa strada l’occhio della mia mente la poteva vedere su una carta, tracciata professionalmente, con tutte le complicazioni e difficoltà, eppure a suo modo sufficientemente semplice.
O si è marinaio o non lo si è.
E io di esserlo non avevo dubbi.
(Joseph Conrad)
Indice
Ringraziamenti
Le 5 paure
I'll B right back
Attraverso il Perigord
Viaggiare con Laura
Il dubbio di una scelta
Viaggiare Lontano
Barcellona, anima mia
Una Penna in Viaggio
Appunti dal Sudamerica
Giovanna's Travels
Kaze no denwa
Un uomo
Alla Prossima Fermata
Solo nei miei ricordi
Federico Lepri
Oslove
Mo bhaile (la mia casa)
L'isola a forma di farfalla
Serendipitsite
Sans Souci
Se la vita è un viaggio, viaggiare è vivere 2 volte
retrocopertina
Note
Le 5 paure
di Agnese Sabatini
15 gennaio
Ciao.
Mi chiamo Francesca e sono una persona piena di paure. Questo è tutto quello che devi sapere di me; o almeno di quella che sono prima di questo viaggio - e che spero di non essere mai più.
Sono sempre stata una ragazza…normale, direi: l’università, il lavoro, gli amici (quelli fidati, che sono pochi), una modesta vita sociale, una famiglia solida, qualche vacanza, poche avventure. Ogni tanto mi guardo indietro e mi chiedo: che cosa hai fatto di memorabile, nella tua vita? La risposta è sempre una calma piatta e spaventosa e la colpa è tutta delle mie paure. Ho paura degli insetti, degli squali e dei piccioni; paura degli aghi e del dentista; paura di volare, dell’altezza, degli spazi chiusi, degli sconosciuti, di morire. Un sacco di paure; praticamente tutte quelle che esistono. Vorrei essere una di quelle donne di polso, determinate, sicure di sé: quelle che hanno paura solo di avere troppa paura. Invece no, io sono una brava persona ma sono spaventata dalla vita e questo mi ha precluso milioni di opportunità ed esperienze.
Tra 6 mesi compio 30 anni e qualche settimana fa, presa da un istante di pazzia che solitamente non mi appartiene, mi sono fatta un regalo anticipato: un biglietto andata e ritorno per la Nuova Zelanda. Vado in Nuova Zelanda perché è una terra lontana, lontanissima, agli antipodi del mio mondo e di quella me che voglio lasciarmi alle spalle. Una terra tutta da scoprire; così diversa, così sorprendente. Ci vado perché mi è sembrato il posto giusto per provarci. Per provare a sconfiggere le mie 5 più grandi paure, quelle che stanno in cima alla lista che ho stilato l’anno scorso:
-paura dell’altezza
-paura di stare da sola
-paura del buio
-paura di morire
-paura di innamorarmi
E…sì, sono in lista crescente, dalla meno alla più spaventosa.
22 gennaio
Per superare la paura dell’altezza ho speso 165 dollari ad occhi chiusi, senza pensare. Adesso che li ho spesi, so che non posso più tornare indietro e quindi mi vedo costretta a provarci: come sono astuta, eh?
Sono a Kaikoura, un paesino sulle rive di un promontorio sulla costa est dell’Isola Sud. Ci sono alcuni animali di cui, per fortuna, non ho paura e ho scelto Kaikoura perché qui vivono alcune specie di questi animali, attratti da una grande e inusuale quantità di cibo intorno alle coste del promontorio. A pochi metri dalla costa, infatti, esiste un canyon gigantesco, che sprofonda nel mare per oltre 1500 metri, le cui correnti provocano la presenza di plancton, preda di piccoli pesci, a loro volta preda di grandi pesci, a loro volta preda di delfini, foche e balene, animali per me bellissimi e immensamente interessanti. E proprio 165 dollari è quello che vale un giro di 30 minuti a bordo di un aeroplano leggero sopra le acque di Kaikoura, alla ricerca delle balene (la specie più popolosa da queste parti è quella dei capodogli) e dei delfini.
Ok, sto parlando di animali per non parlare dell’altezza, per far finta di non doverci pensare. La verità è che salire su un aereo normale
, per spostarsi da un posto all’altro, non ti aiuta a sconfiggere la paura delle altezze; ma stare incollata al sottile finestrino di un aeroplano che pesa quanto una piuma, a 150 metri di altezza da un mare agitato e sconfinato...sì!
Dopo che il pilota ci ha spiegato qualcosa su questi incredibili animali che sono i capodogli (vivono oltre i 70 anni, mangiano fino a 1500 chili di cibo al giorno, riescono a vedere e cacciare nelle profondità marine grazie al loro potentissimo sonar), ci prepariamo al volo. Sono terrorizzata al pensiero di quello che mi aspetta, mentre allaccio le cinture e indosso le cuffie per limitare il rumore assordante di questo aereo, minuscolo e troppo, davvero troppo, leggero!
Dieci minuti dopo, comunque, siamo in volo. Il pilota annuncia la presenza di una balena proprio sotto di noi e, mio malgrado, apro gli occhi e smetto di trattenere il respiro. Guardo giù, come calamitata da quella presenza festosa sotto di noi: un grande capodoglio sta giocando con le onde e, dopo alcuni secondi, si rituffa in acqua mostrandoci la sua pinna di 5 metri di larghezza: che magia! E, dopo poco, ecco un’altra magica apparizione: un banco di 50… no 100... no 200 delfini! Da questa altezza sono minuscoli puntini grigi in mezzo alla spuma bianca delle onde, ma solo il pensiero di ritrovarmi sopra a questi incredibili esseri mi regala un bellissimo calore allo stomaco. Tra poco il volo sarà terminato… e dov’è finita tutta la mia paura? Ho tenuto la fronte incollata al finestrino per tutto il tempo con lo sguardo che guizzava da una parte all’altra del mare per scorgere altre ombre in movimento. Mi sono divertita quando il pilota virava improvvisamente e il mio corpo si trovava quasi parallelo alla superficie dell’acqua. Questa esperienza e la voglia di conoscere un po’ più da vicino questi animali - stupende ed emozionanti creature libere e gioiose - hanno cancellato la mia paura per l’altezza come un colpo di spugna.
25 gennaio
Lascio Kaikoura e comincio a guidare verso sud, direzione Christchurch. Il periodo a cavallo tra gennaio e febbraio pare essere il mese perfetto per la Nuova Zelanda: fa caldo ma non troppo, il vento non sembra mai soffiare troppo forte, il cielo è di un azzurro molto… neozelandese, direi. Ho imparato a guidare il mio van tenendomi sulla corsia sbagliata
della strada e, dopo i primi momenti di smarrimento, ora mi sembra tutto molto automatico. In questi giorni faccio una vita che mai avrei creduto di riuscire a fare: mi sveglio in questo letto mobile
, circondata dalle tendine che mi separano dalla tranquillità di un campeggio immerso nella natura; mi preparo i pasti usando stoviglie di plastica colorata e un lavandino grande quanto una ciotola per cani. È tutto così compatto, all’inizio quasi soffocante, ma poi inizi a farci l’abitudine e a godere di avere tutto il necessario (che è sempre molto meno di quello che avresti pensato) a portata di mano.
Trascorro intere giornate senza parlare con nessuno o, al massimo, con i signori gentili alle stazioni di benzina o nelle caffetterie. Guido senza pensieri, cantando canzoni a squarciagola; poi mi fermo in tranquille e silenziose aree picnic lungo la strada, tiro fuori la mia sedia da campeggio, un po’ di cibo e un libro, e mi sento immediatamente in pace con il mondo intero. Mi ritrovo a visitare i giardini e le strade di Christchurch da sola; e sempre da sola seduta a un tavolino di un bar pieno di carattere, mi fermo a mangiare gustosissime uova alla benedict.
Oggi posso dirlo: la paura di stare da sola è scomparsa. Anzi: la paura di stare da sola non ha proprio ragione di esistere! Perché stare da soli, a volte, è estremamente salutare. Ci aiuta a dare alla vita un ritmo che segue solo e soltanto i nostri tempi, i nostri desideri e ci permette di parlare con noi stessi - a volte, lo ammetto, anche ad alta voce - arrivando a comprendere cose che mai sarebbero emerse sotto il rumore assordante delle voci degli altri.
E sono grata alla Nuova Zelanda, perché è lei che mi ha dato la possibilità di capirlo; perché questo è un posto pacifico, dove le persone ti sorridono sempre e, se tu ricambi, un saluto cordiale non manca mai. Un posto dove dormire in un van, con un sottile finestrino come unica protezione dal mondo esterno, è sicuro; quasi incoraggiato. Un posto dove tanta gente viaggia da sola e tu, quasi paradossalmente, ma anche in modo molto logico, non ti senti mai davvero da sola. I tuoi gesti, i tuoi movimenti e le tue scelte non sono quelli di una persona diversa
: la Nuova Zelanda ti accoglie e ti accetta senza riserve, senza fare domande. Anche, o forse soprattutto, quando sei sola.
30 gennaio
In quella solitudine che adesso considero benedetta, continuo a guidare verso sud. I paesaggi neozelandesi lasciano senza fiato ad ogni curva: colline di un verde brillante così tonde che sembrano disegnate col compasso dalla mano di un gigante; campi immensi di cespugli bassi e gialli, quasi dorati, che brillano al sole caldo; prati sconfinati, vigneti i cui filari ordinati si inerpicano su per le colline, boschetti di alberi rigogliosi e fattorie solitarie. Poi arrivano i laghi: appaiono improvvisamente, dopo una curva più tortuosa delle altre, e sono di un azzurro che fa male agli occhi, in gara solo con l’azzurro del cielo.
Le ombre lunghe della sera si avvicinano, per cui mi fermo a Lake Tekapo, probabilmente uno degli scenari lacustri più belli che io abbia mai visto: l’acqua del lago emette centinaia di bagliori alla luce dell’ultimo sole, le colline si rispecchiano vanitose, dei magnifici fiori dalla forma particolare, bianchi viola e lilla, creano un contrasto cromatico impareggiabile. Questo posto mi sembra un quadro. Mi siedo su una panchina di legno e sto lì, ferma, per un sacco di tempo, a osservare la Bellezza. Non mi rendo neanche conto che si sta facendo buio quando torno al mio van, e solo lì mi accorgo di alcune cosette da niente: ho accidentalmente scaricato la