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Vegan Revolution: Quello che non ti è mai stato detto sul Veganismo
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Vegan Revolution: Quello che non ti è mai stato detto sul Veganismo

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Essere Vegani non è essenzialmente un codice di comportamento alimentare, si tratta principalmente di un modo di porsi rispetto al mondo che ci circonda, una diversa visione delle strutture che regolano la nostra vita, un diverso parametro con il quale osservare le leggi che regolano l’universo ed esserne finalmente partecipi. Il Veganismo, per quanto tutti si sforzino di presentarlo come tale, NON E’ una dieta e neanche una moda, si tratta di un cammino verso la consapevolezza di se stessi, il primo passo verso il Cambiamento, quel sentimento che porta ognuno a riappropriarsi della propria identità e uscire fuori dagli schemi.
LanguageItaliano
Release dateJul 10, 2017
ISBN9788833000169
Vegan Revolution: Quello che non ti è mai stato detto sul Veganismo

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    Vegan Revolution - Roberto La Paglia

    Ringraziamenti

    Introduzione

    Essere Vegani non è essenzialmente un codice di comportamento alimentare, si tratta principalmente di un modo di porsi rispetto al mondo che ci circonda, una diversa visione delle strutture che regolano la nostra vita, un diverso parametro con il quale osservare le leggi che regolano l’universo ed esserne finalmente partecipi. Il Veganismo, per quanto tutti si sforzino di presentarlo come tale, NON E’ una dieta e neanche una moda, si tratta di un cammino verso la consapevolezza di se stessi, il primo passo verso il Cambiamento, quel sentimento che porta ognuno a riappropriarsi della propria identità e uscire fuori dagli schemi.

    (L’Autore)

    Premessa dell'Autore

    In una società ormai completamente votata alla massificazione, spinta verso il baratro della standardizzazione globale da un sistema che proprio da questo presupposto trae buona parte dei suoi profitti, rifiutare una succulenta bistecca durante il pranzo o la cena diventa quasi un affronto al comune sentire, un vero e proprio peccato che porrà lo sfortunato commensale in una posizione alquanto scomoda.

    Il vegano viene osservato con sospetto, scrutato, è oggetto di una infinità di domande che, a volte, rasentano la più crassa e stupida ignoranza; molto spesso si tratta di pura e semplice curiosità, ma altrettanto spesso le illazioni sfiorano l’offesa, quasi una tacita condanna verso chi ha scelto un modo diverso di approcciarsi alla questione alimentare.

    Il sistema non approva chi gli si mette contro, sia pur esso un singolo individuo, chi tenta di sfuggire al controllo deve essere isolato; quest’ultima azione avviene quasi sempre nel più semplice dei modi, ovvero attraverso coloro che, volontariamente o meno, sono asserviti al sistema, i cittadini.

    Assediati da un massiccio bombardamento mediatico volto ad esaltare l’importanza del cibo, di un certo tipo di cibo e di una ben precisa alimentazione, abbiamo ormai associato la fettina di carne, il salume e ancora di più il pericolosissimo hamburger ad un modello di vita normale; il fatto di consumare determinati cibi e, soprattutto, il sapere che quegli stessi alimenti vengono consumati da milioni di persone, diventa per noi motivo di tranquillità, ci fa sentire uguali agli altri, perfettamente integrati, in poche parole ci rende inconsapevoli vittime e allo stesso tempo benefattori del sistema.

    Questo sentimento di uguaglianza alimentare è alla base della reazione che si scatena alla vista di un vegano, ovvero di una minaccia alla nostra tranquillità, colui che potrebbe farci sorgere un ragionevole dubbio, un pensiero che ci porrebbe fuori dal sistema portandoci all’isolamento. Non si tratta quindi di cattiveria bensì di paura, del panico che sfocia nell’attacco, nel colpire per non essere colpiti.

    Ma perché il sistema teme i vegani?

    Arriveremo a rispondere a questo quesito seguendo alcune tappe fondamentali della filosofia vegan, tentando di chiarire alcuni punti non sempre opportunamente spiegati e di sfatare alcuni luoghi comuni.

    Sarà un viaggio intrigante, così come intrigante e illuminante è stata per me la scoperta di questo mondo, all’interno del quale ho scoperto e continuo a trovare innumerevoli universi e profondi spunti di riflessione.

    Non mi resta che augurarvi buona lettura e, rivolgendomi a tutti quei vegani che si trovassero in una delle situazioni descritte in precedenza, non posso che dire: NON ABBIATE TIMORE, NON RINCHIUTEVI IN VOI STESSI, NON ISOLATEVI, sono gli altri ad aver paura, voi state in realtà contribuendo a creare un mondo migliore, state espandendo la vostra coscienza, state percorrendo un sentiero che vi porterà oltre, al di là di quei percorsi che, in prospettiva, possono delimitare un confine oppure portare a nuove scoperte.

    VEGAN: TRA STORIA E LUOGHI COMUNI DA SFATARE

    Il mondo Vegan, per quanto da molti ritenuto una realtà relativamente giovane, ha una propria storia, un percorso antico all’interno del quale si perpetua l’eco di nomi quali Ippocrate, Pitagora, Socrate, Tolstoj, Voltaire, Da Vinci, Tesla; si tratta ovviamente di rimembranze che aleggiano a metà strada tra il Vegetarismo e il Veganismo, visto che proprio quest’ultimo avrebbe assunto forma e consistenza soltanto molto tempo dopo.

    Molti a questo punto vorranno ribattere adducendo il fatto che si trattava di vegetariani, non di vegani, ma non è questo il punto della questione, affrontare il problema in questo modo significa voler volontariamente tirarsi fuori dal dibattito in maniera comoda e continuando a non voler leggere dietro le righe.

    Quello che dovrebbe maggiormente risaltare agli occhi è la stretta sinergia che traspare tra cultura, conoscenza e abitudine alimentare, una sinergia che, come vedremo più avanti, costituisce parte della risposta al quesito posto in copertina: perché il sistema teme i Vegani?

    Anticamente uomo e natura conservavano ancora quel rapporto quasi idilliaco che li aveva resi complici fin dalla notte dei tempi, nel rispetto di quei cicli e delle leggi che regolano la vita in ogni sua forma; accadeva così che Ippocrate, da tutti riconosciuto come padre della medicina, si nutrisse esclusivamente di vegetali, che lo stesso accadesse per molti cittadini di Sparta e per molti di quei cittadini romani che, avendo preclusa l’opportunità di accedere alle scorte di carne e di consultare un medico (come testimonia il politico, generale e scrittore romano Marco Porcio Catone) sopravvissero comunque nutrendosi di vegetali.

    Per ritrovare il primo scenario dal quale, in seguito, nasceranno i primi germogli del mondo Vegan, dobbiamo spostare la nostra attenzione più avanti nel tempo, esattamente a giovedì 30 settembre 1847.

    Proprio in quel giorno, a Ramsgate, una piccola città nella contea del Kent (Inghilterra), viene fondata la Vegetarian Society, ricordata oggi come la più antica organizzazione vegetariana esistente al mondo.

    Con al suo attivo 478 membri, la Vegetarian Society tenne la sua prima assemblea a Manchester e attirò ben presto l’attenzione della collettività, così come nomi famosi come quello del Mahatma Gandhi che divenne in seguito uno dei suoi dirigenti.

    Da questa realtà, che già nel 1850 aveva quasi raddoppiato gli iscritti e creato una vera e propria rete di sezioni operanti in tutto il paese, emersero due nomi particolarmente importanti ai fini della nascita del Veganismo: Donald Watson e Elsie Shrigley.

    Tutto nacque dai dibattiti sorti agli inizi del Ventesimo secolo intorno all’abitudine di consumare prodotti lattiero caseari; i membri della Vegetarian Society si trovarono divisi e nell’agosto del 1944, Donald Watson e Elsie Shrigley si fecero promotori di una nuova proposta, costituire un coordinamento a parte nel quale confluissero tutti coloro che, pur vegetariani, si dichiaravano contrari all’uso di latticini.

    Nonostante la forte opposizione di alcuni membri influenti dell’associazione, venne convocata nel novembre dello stesso anno una riunione alla quale presero parte sei vegetariani contrari ai latticini; proprio durante questa riunione, tenutasi a Londra, nacque la Vegan Society e, allo stesso tempo, il termine Vegan, coniato da Donald Watson (presidente della nuova associazione) usando le prime tre lettere e le ultime due di vegetarian, quasi a voler simbolizzare una continuazione del pensiero filosofico che aveva animato i suoi predecessori.

    La nuova associazione si dotò ben presto di una rivista attraverso la quale divulgare le proprie idee; nacque in tal modo, nel novembre del 1944, Vegan News, distribuito con diffusione trimestrale, che accolse tra i suoi abbonati anche molti personaggi noti come George Bernard Shaw, il quale, proprio in seguito a quelle letture decise di rinunciare a uova e latticini.

    Da quel giorno l’idea che animò i fondatori della Vegan Society ha conquistato sempre più spazi nel tessuto sociale, e poteva certo vantarsi di aver avuto illustri predecessori quali Percy Bysshe Shelley, poeta e filosofo inglese considerato tra i più grandi lirici romantici, tra i primi ad opporsi per questioni etiche a uova e latticini, anche se purtroppo molto più spesso conosciuto per essere stato il marito di Mary Wollstonecraft Shelley, l'autrice del romanzo Frankenstein.

    La rivista, dopo un anno esatto di attività cambiò il proprio nome in The Vegan, raggiungendo il traguardo di 500 abbonati nel 1945; al suo interno venivano ospitate ricette, notizie, e una particolare sezione dedicata agli annunci commerciali di prodotti vegani, tra questi un dentifricio creato appositamente dalla Colgate e un lucido da scarpe prodotto usando i kiwi.

    A questa attività editoriale si affiancò la stampa dei primi libri dedicati ai vegani ed i primi tentativi di commercializzazione di prodotti alternativi; vennero così dati alle stampe Vegan Recipes di Fay K. Henderson e Aids to a vegan diet for children di Kathleen V. Mayo, mentre Leslie Cross, vice presidente della società, iniziava a studiare la possibilità di una commercializzazione su larga scala del latte di soia.

    Nacque così la Plamil Foods Ltd che, nel 1965, inaugurò la distribuzione commerciale in occidente del primo latte di soia.

    La vera e propria rivoluzione proveniente dalla filosofia vegan contribuì a diffondere una nuova consapevolezza rispetto al problema dell’alimentazione, ravvivando il dibattito già aperto nel 1960 negli Stati Uniti e inserendosi pienamente in quel movimento contro culturale profondamente preoccupato e diffidente nei confronti dei produttori impegnati nel campo dell’alimentazione.

    Si ravvivò così l’interesse verso il giardinaggio di tipo biologico ma, in particolar modo, si riuscì a destare una certa attenzione da parte della medicina ufficiale, che culminò nel 1970 con una ricerca condotta da vari scienziati americani, tra questi i medici Dean Ornish, Caldwell Esselstyn, Neal D. Barnard, John A. McDougall, Michael Greger e il biochimico Colin Campbell; i risultati furono che le diete a base di grassi e proteine animali (vedi la dieta modello di tipo occidentale) vennero indicate come dannose per la salute.

    In seguito, nel 1987, presero il via i primi studi che associavano il consumo di carne con i danni ambientali, mentre nel 2003 venne approvata ufficialmente per la prima volta l’alimentazione vegana come sicura per tutte le fasi della vita; l’articolo in questione apparve nel settembre 2003 su The American Journal of Clinical Nutrition a firma di Joan Sabatè, medico e docente universitario.

    Anche il cinema rimase coinvolto in questa nuova esperienza, proponendo nel 2005 il documentario Earthlings, prodotto e diretto da Shaun Monson, che si avvaleva della voce narrante dell’attore Joaquin Phoenix, e nel 2011 con Forks Over Knives, diretto da Lee Fulkerson.

    L’anno 2010 segna la commercializzazione dell’idea vegana, un evento che molti potrebbero osservare in maniera positiva (maggiore possibilità di reperire prodotti, fine dell’isolamento, la possibilità di frequentare ristoranti che abbiano un menu diversificato) ma che, in realtà, apre la strada ad uno svilimento della filosofia legata a questo regime alimentare.

    Ciò che accadrà in seguito porterà ad identificare il termine Vegan come una moda; il Veganismo pian piano scivolerà tra i tanti fenomeni di tendenza, anche se bisogna registrare un incremento nella produzione di alimenti alternativi (nel Regno Unito si registra un aumento del 155% nella produzione di latte vegetale), così come la legge del Parlamento Europeo riguardante le etichette di prodotti alimentari vegani.

    L’esplosione del fenomeno innesca anche una violenta reazione da parte dei non vegani (forse sarebbe meglio dire delle industrie e dei mercati alimentari), un fenomeno fino ad oggi ancora non del tutto sopito.

    In ogni caso la filosofia vegan riesce nel suo intento di prospettare un nuovo approccio al problema alimentare, e più in generale, a quelle che sono le vere dinamiche che spingono il mercato e le sue varie connessioni con il problema ambientale, le case farmaceutiche, il controllo delle popolazioni in stato di povertà e la questione animalista.

    Il desiderio e il bisogno di una nuova consapevolezza contagia il mondo, registrando risultati significativi, di certo allarmanti per chi giornalmente decide quali debbono essere le nostre prerogative alimentari; si potrebbe obiettare sul fatto che alcune percentuali siano abbastanza esigue, ma rappresentano comunque un punto di partenza, il primo passo senza il quale è impossibile iniziare ad intraprendere il cammino.

    Questa la situazione demografica della filosofia vegan a partire dal 2013:

    Austria:

    lo 0,5% degli austriaci pratica il Veganismo, con un picco dello 0,7% registrato nella città di Vienna. Una successiva indagine condotta nei biomercati ha rivelato la presenza di circa 40.000 vegani in tutto il territorio, di questi 15.000 erano viennesi.

    Belgio:

    uno studio recente (2016) della Ivox online study ha rivelato che su 1.000 cittadini delle Fiandre e di Bruxelles, selezionati dai 18 anni in poi, lo 0,3% erano vegan, mentre l’1,5% vegetariano.

    Germania:

    a partire dal 2013 si registrano circa 800.000 vegani.

    Israele:

    l’Ufficio centrale di Statistica israeliano rende noto che nel 2010 il 2,6% della popolazione è vegana o vegetariana. Un successivo sondaggio effettuato nel 2014 per conto di Master Chef Israele ha portato la percentuale dei vegani al 5%.

    Italia:

    un rapporto divulgato dall’Eurispes nel 2016 registra un forte incremento di vegani e vegetariani nel nostro paese. Una prima stima divulgata nel 2015, che riuniva insieme vegetariani e vegani, riferiva di un 8% della popolazione, di questi il 7,1% erano vegetariani.

    La percentuale vegan è salita all’1% nel 2016.

    Paesi Bassi:

    nel 1996 il numero dei vegani era di circa 16.000, salito a 45.000 nel 2014 e a 50.000 nel 2016. Secondo il ricercatore Hans Dagevos la stima sarebbe in realtà di 70.000.

    Spagna:

    in Spagna non esistono statistiche ufficiali, tuttavia uno studio condotto nel 2006 cita uno 0,08% della popolazione.

    Svezia:

    un sondaggio della Demoskop effettuato nel 2014 registra un 4% di presenza vegan.

    Svizzera:

    la Vegane Gesellschaft Schweiz attesta che circa l’1% della popolazione è vegana.

    Regno Unito:

    nel 2006 il quotidiano inglese The Independent riferisce uno 0,99% di popolazione vegana, riportando come picco massimo l’1,66%. L’anno successivo questa stima è salita all’1,05%.

    Stati Uniti:

    la Gallup Company di Washington stima che, a partire dal 2012, il 2% della popolazione americana segue la filosofia vegan.

    Cosa è dunque il Veganismo?

    Si tratta principalmente di un sistema filosofico, di un principio etico e di una regola di vita, tre presupposti basati sul rispetto per la vita animale e su una visione non violenta della vita stessa.

    Tutto questo, nella pratica quotidiana, si traduce nel netto rifiuto di usare, acquistare e consumare, per quanto ciò sia possibile e ovviamente praticabile, qualsiasi prodotto derivante dallo sfruttamento e dall’uccisione di animali, praticando contestualmente atti e partecipazioni tese a sostenere qualsiasi attività contrasti la crudeltà verso gli animali.

    Da questo primo chiarimento nasce anche il primo luogo comune da sfatare: i vegani non sono una associazione di persone che opera al fine di evitare l’uccisione degli animali, si tratta in realtà di singoli individui che hanno deciso consapevolmente di non partecipare allo sfruttamento e all’uccisione intenzionale e non necessaria degli animali.

    Pensare e diffondere l’idea del Vegano che lotta strenuamente perché nessun animale venga ucciso è uno dei tanti modi per evitare di approcciarsi seriamente alla discussione; la morte degli animali è spesso un fatto inevitabile, basti pensare alle migliaia di insetti e volatili che si schiantano contro i parabrezza delle auto, agli incidenti stradali nei quali perdono la vita cani e gatti; quello che in realtà il pensiero vegan rifiuta è l’idea predominante che attribuisce all’uomo la facoltà di disporre come meglio crede della vita degli animali. Comprenderà quindi il lettore che esiste una differenza sostanziale tra il luogo comune appena espresso e l’etica Vegan.

    Il mondo Vegan stimola spesso curiosità ma genera anche diffidenza e timore, sentimenti che nascono da uno stereotipo alimentare che ci è stato imposto nel tempo e nel quale ci ritroviamo ormai completamente immersi.

    Questo lo scenario che si offre come sfondo agli innumerevoli luoghi comuni, alle leggende metropolitane e alle false informazioni tese a relegare questa filosofia di vita ad una semplice moda che, nel tempo, verrà dimenticata; quest’ultimo stereotipo è stato anche, volontariamente o meno, incrementato dal fatto che molte celebrità hanno man mano abbracciato il Veganismo, ma questo non significa che si tratti di una moderna invenzione, esiste già una storia, come abbiamo già detto in precedenza, e non pochi sono stati fino ad oggi coloro che, pur non rientrando nel luccicante mondo dei VIP, hanno fatto questa scelta di vita.

    Dobbiamo chiederci a questo punto quali siano i luoghi comuni che spesso vengono portati contro chi decide di diventare vegano generando un vero e proprio alone di diffidenza, e quanto ci sia di vero su tutto ciò che si racconta in merito a questo particolare approccio filosofico con l’alimentazione.

    I primi due luoghi comuni, spesso riportati insieme nel tentativo di rafforzare il discorso, possono essere così riassunti: il Veganismo è un culto e coloro che vi aderiscono sono tutti degli hippie.

    Questi due stereotipi, nell’immaginario collettivo, sono spesso in netta simbiosi tra loro e si esprimono in sequenza: sei Vegan, quindi appartieni ad un culto, quindi sei un hippie.

    Difficile comprendere per quale motivo gli appartenenti ad un gruppo debbano essere di conseguenza degli hippie, ma questa considerazione implicherebbe delle osservazioni che vanno oltre la finalità di questo libro, precisiamo quindi subito che il Veganismo non è affatto un culto, sono persone che hanno operato una scelta in piena consapevolezza e che si sentono appagati dal loro stile di vita.

    Allo stesso modo non è vero che i Vegan siano degli hippie, appartengono in realtà a qualsiasi ceto sociale e svolgono le professioni più disparate, dall’artista all’affermato dirigente aziendale.

    Altra immagine falsata del mondo Vegan è quella che lo raffigura come un insieme di persone che praticano la rinuncia agli alimenti di origine animale nello strenuo tentativo di salvare gli animali stessi, quasi il Veganismo fosse una filiazione delle associazioni animaliste.

    Anche in questo caso si tratta di una informazione errata, e in parte ne abbiamo discusso proprio a metà di questo capitolo; salvare gli animali è certo

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