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Grog, storia di un troll
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Grog, storia di un troll

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About this ebook

Grog, piccolo e dalla mente acuta, è un troll molto diverso dai suoi simili, così intelligente da attirare l’attenzione del luogotenente Tuener, il generale dell’esercito al servizio del Signore Oscuro, una malvagia creatura che allunga la sua ombra di morte sul mondo conosciuto.

A un certo punto Tuener, tuttavia, decide di liberarsi del troll e lo invia nelle paludi dove viene catturato dai ribelli che resistono strenuamente alle forze del male. Il loro comandante Eber, notate le insolite qualità del troll, gli risparmia la vita e addirittura lo rende partecipe del loro piano. Gli uomini non possono più limitarsi a nascondersi dal Signore Oscuro ma devono provare ad attaccarlo. Soltanto riportando vittorie contro le sue armate, possono ridare ai popoli delle Terre abitate il coraggio necessario a ribellarsi al suo dominio.

Con il passare del tempo Grog capisce di essere molto più simile agli uomini di quanto potesse immaginare e finisce così per unirsi alla loro causa, aiutandoli nella loro lotta di liberazione e accompagnandoli in un viaggio che attraversa luoghi mortali, affronta terribili minacce e incontra creature fantastiche.  

Alla fine Grog si ritroverà nell’ultima battaglia faccia a faccia con Tuener ma, ormai vittorioso sul suo avversario, deciderà di lasciarlo in vita per insegnare agli uomini come il cuore non debba essere indurito dall’odio. Soltanto in questo modo il Signore Oscuro può essere veramente sconfitto.
LanguageItaliano
Release dateJun 2, 2017
ISBN9788826446196
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    Grog, storia di un troll - Luca Bollentini

    luce

    Un troll diverso dagli altri

    L’aria non prometteva nulla di buono. I lunghi anni di esperienza nei reparti speciali dell’esercito Oscuro avevano insegnato a Grog ad avvertire la presenza di un pericolo anche se si trovava a grande distanza. Come tutti i troll, non vedeva chiaramente da lontano ma poteva contare su un olfatto formidabile. Probabilmente il migliore di tutte le creature del pianeta. E sull’odore del rischio non poteva sbagliarsi.

    Soltanto in quel momento capì perché si fosse sentito così nervoso negli ultimi giorni.

    I suoi stessi compagni di ventura, che frequentava assai raramente, lo evitavano più del solito, essendosi accorti di quanto fosse irritabile in quel periodo.

    A Grog non dispiaceva essere messo da parte, ma non riusciva a togliersi di dosso quella sgradevole sensazione di insicurezza a cui nessun troll avrebbe mai potuto abituarsi. Le creature della sua specie, infatti, erano incredibilmente forti e resistenti e gli eserciti avevano sempre lottato per accaparrarsi i loro servigi. Non nutrivano mai alcuno scrupolo in battaglia perché non si erano evoluti a sufficienza da sviluppare la semplice capacità di distinguere tra bene e male, tra vita e morte.

    Le forze al servizio del Signore Oscuro erano riuscite ad arruolare i troll e a trascinarli dalla loro parte senza troppe difficoltà, allettandoli con la promessa di facili banchetti e abbondanti bevute. In fondo ai troll interessava ben poco sia morire che di uccidere: bastava un grosso bicchiere di un nauseante liquore chiamato Demon per convincerli a fare qualunque cosa.

    Grog, tuttavia, era diverso da tutti gli altri troll. Era sensibile, in un modo naturalmente diverso da come lo potrebbero essere gli uomini o gli elfi. Per questo non si trovava a suo agio in mezzo ai suoi simili che tracannavano senza sosta brodaglie di pessima qualità e si azzuffavano in continuazione per i più futili motivi.

    Per quel che poteva ricordare, Grog era sempre stato così. Fin da piccolo si era sempre tenuto lontano dalle baruffe e dalla brutalità di quelle creature da cui si sentiva così diverso. Sapeva di essere un troll ma avrebbe voluto capirne la ragione.

    Generalmente i troll, mano a mano che crescono, acquistano una forza spaventosa, inimmaginabile per un uomo. Grog, invece, rimase piuttosto debole e mingherlino, per quanto possa esserlo uno della sua razza. Nella sua solitudine aveva preferito coltivare un’abilità pressoché sconosciuta agli altri troll: l’intelligenza.

    Insieme alla mente aveva allenato anche le altre doti di cui la natura lo aveva fornito, tra le quali appunto l’olfatto. Ben presto i tempi in cui era malmenato e deriso dai suoi grossolani compagni lasciarono spazio a un’epoca che rispettava e premiava le sue insolite abilità.

    Grog cominciò ad ammantarsi di mistero e autorevolezza, imparando a comandare i suoi compagni con naturalezza.

    Non era infatti ancora arrivato all’età adulta che si ritrovò alla guida di un nutrito gruppo di troll, che mai avrebbero osato mettere in discussione la sua autorità.

    Dare la caccia ai lupi o distruggere villaggi, però, poteva appagare gli istinti violenti dei suoi sottoposti ma non garantiva a Grog la stessa soddisfazione. Spesso a fine giornata, prima di addormentarsi tra il russare insistente dei compagni, si chiedeva che cosa l’avesse spinto a organizzare il massacro, disinteressato come era al saccheggio e alle altre deprecabili attività dei troll.

    Grog provava molto più piacere nella definizione di ogni dettaglio del piano che nella sua attuazione, tanto più che spesso si limitava a seguire da lontano l’evolversi della battaglia, come un generale indifferente alle sorti del suo esercito.

    La fama della sua abilità di stratega non impiegò molto tempo a diffondersi per tutte le contee fino ad arrivare alle orecchie di Tuener, il luogotenente del Signore delle Ombre.

    Tuener stava preparando l’esercito Oscuro per vendicare la cacciata del suo signore nel buio della vergogna. Aveva bisogno di trovare un alleato incondizionatamente fedele a cui affidare compiti di vitale importanza.

    Non poteva rivolgersi agli uomini suoi simili, in quanto questi avrebbero potuto tradirlo così come avevano già voltato le spalle ai loro fratelli in moltissime occasioni della loro storia.

    Gli orchi, d’altra parte, incapaci come erano di recepire correttamente i più semplici ordini, erano inadeguati a svolgere incarichi delicati. Sulle altre variegate creature che andavano componendo la sua armata non poteva contare certamente, spinti come erano dalla sola sete di sangue o di favolose ricchezze.

    Un giorno, però, il luogotenente si imbatté nella più malfamata delle taverne frequentate dai suoi soldati, dove entravano soltanto troll e draghi neri.

    Mentre si sforzava di buttar già l’unica bevanda disponibile del locale, una brodaglia pastosa e maleodorante chiamata Demon, origliò la conversazione di due orrendi troll seduti, o meglio avvinghiati, al tavolo vicino.

    - Io ti dico che neppure Grog riuscirebbe a stanarlo - borbottava uno dei due tra un rutto e l’altro.

    - Quanto vuoi scommettere? - replicò il compagno sforzandosi di rimanere su entrambe le zampe.

    - Grog è capace di scovare una marmotta in un deserto, te lo dico io! Tu non hai mai partecipato a nessuna delle missioni guidate da lui, ma io sì, e ti dico che non c’è nessuno al mondo più abile di lui!

    - Sarà come dici tu, ma quel ladruncolo sembra un fantasma. Non capiamo da dove entri e soprattutto da dove esca con tutta quella roba. Tu non sai da quanto tempo gli diamo la caccia.

    Tuener intuì che il troll faceva riferimento a un pezzente che era riuscito più volte chissà come a eludere la sorveglianza del magazzino che andava raccogliendo i rifornimenti che sarebbero serviti una volta iniziata la guerra.

    Aveva ricevuto lui stesso una simile segnalazione quando aveva scoperto che era stato portato via un carico di frutta esotica destinata al suo consumo personale e finita da quelle parti per chissà quale errore di uno dei tanti incapaci alle sue dipendenze.

    Anche lui avrebbe voluto tanto mettere le mani su quel mascalzone che aveva rovinato il suo dopo cena.

    - Tu non conosci Grog. Se il luogotenente lo chiamasse risolverebbe questo problema in pochissimo tempo - continuava a blaterare il troll che aveva conosciuto Grog.

    - E allora perché non glielo dici? - lo provocò l’altro.

    - Glielo direi, glielo direi - boccheggiava il troll interrogato - Se non se ne stesse sempre rintanato nella sua stanza dorata glielo sbatterei in faccia - esplose battendo il boccale ormai vuoto.

    A quel punto il luogotenente, in realtà per niente toccato dalle parole del troll ma incuriosito dalle informazioni utili che avrebbe potuto dargli quell’essere abietto, decise di uscire allo scoperto.

    - Che cosa gli diresti? - si voltò abbassandosi il cappuccio grazie a cui era riuscito a nascondere la sua identità fino a quel momento. Nonostante il luogotenente avesse parlato a voce bassa, il tono di voce tagliente, gli occhi dardeggianti e la sua stessa postura così abituata al comando lo fecero apparire gigantesco in una stanza piena di mostri. Calò il silenzio e tutti si voltarono verso di lui.

    Il troll interpellato rimase a bocca aperta, lasciando scivolare della vomitevole bava verdastra dalla bocca piena di enormi denti marci.

    - Cosa gli diresti? - ripeté il luogotenente facendo risuonare le pareti della locanda.

    - Gli direi di chiamare Grog - si fece coraggio il Troll. Sebbene superasse Tuener di un metro in altezza e di circa duecento chili in stazza, era evidentemente paralizzato dal terrore

    - E dove lo troverei questo Grog? - domandò meno ruvidamente Tuener.

    - Non te lo so dire - rispose l’altro, certo che avrebbe subito una tremenda punizione per non

    essere stato maggiormente d’aiuto.

    Le sue paure, d’altra parte, non si rivelarono infondate.

    Il luogotenente lo strattonò per il brandello di cotta di maglia che copriva il su petto violaceo e lo alzò di peso tra lo stupore dei presenti. Soltanto l’oste rimase indifferente alla scena, preoccupato com’era di contare le monete accatastate vicino ai bicchieri vuoti o rotti.

    - Dovresti saperlo, invece. Ti aspetto domani sera alle otto. Dovrai dirmi dove poter trovare questo Grog.

    Incapace di reagire, la bestia fece solo un cenno con la testa. Soddisfatto, il luogotenente lasciò cadere il troll su un tavolaccio mandandolo in mille pezzi. Poi si allontanò non senza aver lanciato con disprezzo una moneta d’argento sul banco.

    La serata per l’oste si era rivelata molto fruttuosa. Una moneta d’argento bastava ampiamente a riparare il tavolo andato in frantumi.

    Dopo quell’inaspettato incontro il malcapitato troll non impiegò molto tempo a smaltire gli effetti del liquore e quando uscì dalla taverna era lucido come mai era stato in vita sua. Probabilmente quella notte era chiamato a svolgere il compito più difficile della sua vita. La paura, invece di paralizzare i suoi pensieri, li aveva per la prima volta ordinati logicamente: soltanto per quelle poche ore sarebbe stato capace di elaborare un piano coerente ed efficace.

    Il troll decise che la cosa migliore da fare fosse cercare qualche suo vecchio compagno di avventure che potesse magari fornirgli importanti aggiornamenti. Nessuno dei troll che interrogò con le minacce e le lusinghe più impensate, però, riuscì a dargli uno straccio di aiuto.

    Era ormai quasi mattino e aveva passato al setaccio tutte le sue conoscenze senza ricavare la minima informazione utile. Nessuno sembrava sapere dove si trovasse Grog. Non voleva però rassegnarsi al suo destino scritto da quello sfortunato incontro nella taverna e si decise a provare a interrogare alcuni degli uomini che erano stati fatti prigionieri più recentemente.

    Corrompendo una delle guardie con qualche bottiglia di Demon, il troll riuscì ad entrare in contatto con i prigionieri, molti dei quali erano più morti che vivi. I pochi che erano sopravvissuti, d’altra parte, erano impazziti dalla paura. Essere incatenati e sorvegliati da orribili giganti non era preferibile alla morte.

    Per fortuna uno di quei pochi ad aver conservato un briciolo di umanità sembrava aver sentito parlare di Grog.

    - E’ un troll diverso dagli altri. Voi bestie immonde siete tutte uguali: più avide di una volpe e più stupide di una gallina. Quello, però, se ne stava in disparte, sembrava essere estraneo a quanto stava succedendo anche se era stato lui a organizzare nei minimi dettagli la distruzione del nostro villaggio. Me lo ricordo, era più piccolo di te, con un’espressione attenta ma pensierosa.

    - Dove l’hai visto per l’ultima volta uomo? - gli sputò in faccia il troll poco interessato alla descrizione minuziosa del vecchio. Gli erano bastati pochi particolari per capire che si trattava del troll che andava cercando: il solo fatto che quell’uomo riuscisse a distinguere Grog dagli altri non lasciava spazio a dubbi.

    - Lo vidi l’ultima volta quando il mio villaggio fu bruciato. E’ successo tre giorni fa; io riuscii a scappare ma, come vedi, non sono riuscito ad andare lontano.

    Il troll, raggiante, tornò subito al palazzo del luogotenente chiedendo di essere ricevuto. Le guardie risero alla sua richiesta; a nessuno era dato di accedere al grande condottiero senza un’esplicita autorizzazione. E Tuener non avrebbe mai dato la possibilità a un troll di sporcare la sua elegante dimora con le sue fetide zampe..

    A nulla valsero le spiegazioni del troll: le guardie non vollero credere a una sola parola di quello che diceva e lo minacciarono con le lance.

    Il troll fu costretto ad andarsene, ma quando stava per attraversare l’arcata che conduceva all’uscita, fu richiamato da una voce proveniente dall’alto.

    - Hai delle novità per me, troll? - tuonò il luogotenente Tuener affacciato a una finestra.

    - Sì, mio signore - quasi si inchinò il troll - Uno degli uomini che abbiamo fatto prigioniero ha detto di aver visto Grog tre giorni fa nel suo villaggio.

    Il luogotenente non reagì in alcun modo, aumentando l’angoscia del povero troll.

    Poi parlò: - Bene, manderò una squadra a fare una ricognizione - e chiuse la finestra.

    Il troll rimase per qualche minuto a fissare il palazzo con la bocca aperta. Certamente non si aspettava ringraziamenti ma nemmeno sperava che l’avrebbero lasciato andare libero. Pur essendo un troll, non era così stupido da ignorare che quell’informazione riservata era molto importante e che chi ne entrava in possesso non poteva considerarsi al sicuro.

    Ebbe così la buona idea di abbandonare la milizia dove era stato reclutato da qualche mese per andare a nascondersi sulle montagne più lontane. La paga del soldato in fondo non era così buona e tornarsene alla sua vecchia vita sembrava un’idea accettabile.

    Il troll aveva inspiegabilmente agito con saggezza. Non era, tuttavia, bastato per salvarsi. Era stato ritrovato in una bettola sulle rive di una palude dell’Ovest con la faccia riversa in un boccale di Demon gentilmente offerto da uno straniero che mai si era visto da quelle parti e mai si sarebbe fatto più rivedere.

    Il luogotenente, intanto, dopo aver ricevuto la soffiata dal troll lanciò una squadra alla ricerca di Grog.

    Quando lo trovarono, il troll era chino su una mappa appoggiata a un ceppo d’albero su cui andava tracciando dei segni.

    Gli uomini incaricati di prelevarlo si stupirono alquanto che un troll potesse dedicarsi a un’attività simile, abituati come erano a vedere quelle creature malefiche intente a tagliare teste come se fossero fette di mela.

    Il comandante della spedizione non ebbe quindi dubbi sull’esito della loro missione e si avvicinò.

    - Tu sei Grog? - chiese cercando di darsi un tono autoritoario

    Il troll si voltò e si erse in tutta la sua mole: per quanto fosse di dimensioni ridotte rispetto ai simili era pur sempre un bestione enorme.

    - Chi mi cerca? - domandò a sua volta.

    - Veniamo per incarico del luogotenente Tuener che ci ha chiesto di portarti da lui.

    - E chi sarebbe questo luogotenente Tuener e che cosa vorrebbe da me? - replicò Grog infastidito.

    - Non sono autorizzato a fornirti queste informazioni. Sappi però che il luogotenente ha intenzione di affidarti un incarico speciale.

    Grog naturalmente sapeva benissimo chi fosse il luogotenente Tuener ma gli uomini gli avevano insegnato ad essere diffidente e non voleva dare a vedere di sapere troppe cose. La chiamata del luogotenente da una parte lo incuriosiva ma dall’altra lo spaventava: temeva si potesse trattare di una qualche trappola.

    - E perché non è venuto lui da me? Sembra che il luogotenente mi conosca così bene mentre io non so niente di lui. Come posso fidarmi a venire con voi?

    Il capo spedizione cominciava a innervosirsi: - Come osi, sciocco troll, parlare così del luogotenente? Perché mai dovrebbe abbassarsi a venire personalmente a parlare con te? E’ un onore che ti abbia convocato! - arrossì di rabbia.

    Grog, però, non si lasciò intimorire da qualcuno la cui testa neppure arrivava alle sue spalle.

    - Ascoltami bene. Ti renderai conto che non posso lasciare tutto per seguirvi in un posto dove non sono mai stato per parlare con un luogotenente che non conosco di argomenti che non riesco nemmeno a immaginare.

    Per essere un troll Grog se la cavava bene con le parole.

    L’uomo, infatti, non seppe che cosa replicare. Era chiaro che non si aspettava assolutamente di dover fronteggiare una situazione del genere. Sapeva bene, però, che il luogotenente avrebbe mal sopportato un fallimento, perciò si decise a giocare tutte le carte a sua disposizione.

    - Il luogotenente sarebbe interessato a nominarti capo del reparto Esplorazioni dell’esercito oscuro. Ha bisogno di una guida che possa addestrare troll e orchetti nelle operazioni di ricognizione - confessò nella speranza di convincerlo.

    Grog soppesò attentamente quelle parole. Doveva ammettere che, per quanto suonasse strana, quella proposta lo lusingava. Perché, tuttavia, il luogotenente aveva scelto proprio lui per quel compito? Non aveva nessun segugio a cui affidarlo? Oppure era soltanto curioso di incontrare un bizzarro troll che aveva affinato la propria mente?

    Era molto più probabile che il luogotenente non si potesse ormai fidare più di nessuno e che per questo si fosse deciso a rivolgersi a un troll del tutto estraneo ai giochi di potere dell’esercito. Un troll che non fosse troppo malvagio per poterlo tradire ma nemmeno troppo stolto da mandare a monte i suoi piani.

    La logica aveva fatto cadere la scelta su di lui.

    Grog capì che la grande occasione per mostrare il suo valore al mondo intero stava bussando alla porta. L’unica opportunità che forse gli sarebbe capitata nell’arco di tutta la sua squallida esistenza per realizzare la sua vera natura, e probabilmente anche per comprenderla a fondo.

    Voleva, però, fare il prezioso con quegli sciocchi uomini che si rivolgevano a lui con un tono altezzoso.

    Senza pronunciare una parola, piegò lentamente e con minuzia la sua carta geografica e seguì i suoi ambasciatori. Era arrivata l’ora di mostrare a tutti che i troll non sono poi così stupidi.

    Grog e il luogotenente si intesero subito. Tuener, pur così tronfio e arrogante, quasi ridicolo nei suoi vestiti ricercarti e nei modi affettati, era un eccellente conoscitore di anime, in qualunque corpo fossero rinchiuse. Gli era sufficiente una semplice occhiata per capire chi fosse veramente la creatura che gli stava di fronte e quali vantaggi avrebbe potuto trarre da lei.

    I rari monosillabi di Grog in risposta alle sue domande confermarono al luogotenente che poteva fidarsi di quella creatura. Il troll avrebbe gestito tutte le operazioni di esplorazione dell’esercito oscuro e la sua squadra avrebbe dovuto segnalare al resto delle truppe la presenza di eventuali pericoli e indicare la strada più sicura da percorrere.

    Queste informazioni, per un esercito così numeroso e mal assortito quale era quello alle dipendenze del luogotenente, erano preziosissime e avrebbero garantito un notevole risparmio di tempo. Senza considerare che i nemici difficilmente avrebbero potuto contare su un reparto di avanscoperta di altrettanta qualità.

    Gli unici che combattevano dall’altra parte del fronte e che avrebbero potuto competere con i troll da questo punto di vista erano i nani. Il loro carattere irascibile e la loro ingordigia, d’altra parte, li rendeva totalmente inaffidabili e perciò rimanevano un’innocua minaccia agli occhi di Tuener.

    Il luogotenente tentò di allettare Grog con lauti compensi ma, con sua grande sorpresa, il troll sembrò poco interessato a questi particolari. Mettersi alla prova sarebbe stata una ricompensa più che onesat.

    Fu allora che Tuener si rese conto di aver sottovalutato il suo nuovo Capitano del reparto Esplorazioni. E quasi si pentì di aver trascurato per una volta le misure di precauzione e diffidenza che aveva sempre adottato nei confronti di qualsiasi altro essere.

    Sentiva, però, che quel troll era sincero e che al momento non era pericoloso. All’apparenza, infatti, non avrebbe avuto nessun motivo per tradirlo. Nel caso in cui avesse dato segnali di poter diventare una minaccia, non avrebbe esitato a liberarsi di lui.

    Grog, peraltro, si comportò egregiamente nelle sue prime spedizioni. Rivelò una predisposizione innata al comando: non solo i troll, ma anche gli orchi e gli uomini trovavano naturale obbedire ai suoi richiami e non mettevano mai in discussione le sue decisioni.

    In poco tempo la fiducia che il suo reparto nutriva in lui fece diffondere in tutto l’esercito la sua fama, e se Grog avesse mostrato il minimo segno di ambizione il luogotenente non avrebbe esitato a sbarazzarsene per non veder minacciata la sua posizione.

    Il troll, tuttavia, era una creatura alquanto strana, in quanto non avanzava mai alcuna richiesta o accennava mai a sogni di grandezza. Si limitava a eseguire puntualmente gli ordini che gli venivano impartiti.

    Le prime spedizioni delusero le aspettative di Grog, a cui non sarebbe dispiaciuto intraprendere azioni più rischiose.

    All’inizio, infatti, i suoi uomini si limitavano a scavare sottoterra come talpe per sbucare non visti in punti molto lontani dal loro campo base. Procedevano poi a girovagare per i dintorni del tunnel e riportavano a Grog tutti gli elementi degni di nota, che fossero un ruscello o un rudere di un vecchio castello, affinché potesse stilare un dettagliato rapporto.

    Tutte le sue relazioni incontravano l’approvazione di Tuener, sia per le minuziose descrizioni che per la velocità con cui venivano redatte. Se c’era un reparto dell’esercito che funzionava efficientemente era quello guidato da Grog.

    Il pericolo, però, non si sarebbe fatto attendere. Da lì a poco il troll avrebbe conosciuto il brivido dell’azione che tanto cercava.

    Il silenzio della radura disturbava Grog. Era abituato ai luoghi più lontani e più isolati del pianeta ma quella pace così gelida gli faceva ghiacciare quel poco sangue denso che gli scorreva nelle vene.

    I suoi soldati lo conoscevano così bene che non dovettero attendere l’ordine per fermarsi a pochi passi da lui. Sapevano che qualcosa stava preoccupando la loro guida e se c’era qualcosa che poteva spaventare Grog non volevano neppure sapere di cosa si trattasse.

    L’olfatto mirabile di Grog e la sua naturale diffidenza sembravano essere di poco aiuto in quel contesto. Il troll percepiva una situazione di pericolo reale ma non riusciva a individuarne il minimo indizio.

    A malincuore decise che era il caso di procedere: un semplice sospetto non poteva rallentare una spedizione così importante. Eppure disse a se stesso e ai suoi compagni di reparto di tenere all’erta tutti i loro sensi e anche qualcuno in più.

    Erano avanzati di neanche poche decine di metri che l’orecchio di Grog fu investito da un rumore debole ma chiaramente distinguibile per un troll. Lontano, in fondo alla distesa piatta davanti a loro, probabilmente scorreva un corso d’acqua, forse un fiume o un ruscello, e il troll non ebbe dubbi che là si trovava il pericolo.

    Non poteva fare però altrimenti che andare ancora avanti. L’ordine era di perlustrare una vasta area semi desertica alla ricerca di gruppi di sbandati così disillusi dalla vita da essere entusiasti di entrare a far parte delle Forze Oscure.

    A parte qualche lucertola Grog non aveva incontrato un essere vivente, tanto meno uomini che non nutrivano più alcuna speranza per il futuro.

    Sapeva, però, quanto fosse astuta quella razza: gli uomini erano in grado di aspettare a lungo per trovare il momento giusto in cui colpire alle spalle.

    Si spinsero ancora dentro alla brulla pianura, mentre il vento soffiava con aumentata intensità. Il paesaggio spettrale e la stanchezza per le marce forzate cui erano stati sottoposti negli ultimi giorni mettevano fortemente a disagio i soldati di quello speciale distaccamento.

    Il fiume ormai non era lontano, tanto che cominciava a intravedersi il riflesso dell’acqua argentata.

    Grog era visibilmente agitato e aspettava soltanto che da un momento all’altro si accendesse la scintilla della battaglia. Gli uomini avvertivano la preoccupazione della loro guida e si avvicinarono gli uni agli altri in un fronte compatto per far fronte ad ogni possibile minaccia.

    Sul fiume, però, non c’era nessuno. L’acqua vista da vicino era più nera che azzurra, ed appariva oleosa e putrida. Nessun uomo si sarebbe mai potuto nascondere in quello stagno.

    Per precauzione Grog ordinò a un paio di soldati di effettuare un giro di ricognizione che, tuttavia, si rivelò infruttuoso.

    L’area sembrava disabitata, eppure abbassare la guardia in quel momento avrebbe significato dare un vantaggio al nemico. Che non tardò a farsi vivo.

    Grog si era sbagliata.

    Gli uomini avevano trovato rifugio in quel fiume putrefatto ed ora emergevano uno dopo l’altro per scoccare i loro dardi infallibili.

    Bastarono pochi secondi per vedere decimata la compagnia di Grog. Molti caddero senza fiatare, altri gravemente feriti rotolarono nel fiume per poi essere finiti a colpi di daga.

    Grog riuscì ad allontanarsi maledicendosi per non aver dato retta al suo istinto. Non aveva evitato la trappola e non aveva evitato la morte dei compagni. Una freccia gli sfiorò il volto ma non arrestò la sua fuga.

    Ripiegò dove era venuto, seguito da quelli che erano riusciti a mettersi in salvo. Il manipolo di esploratori guadagnò in fretta il campo base e si guardò alle spalle. Gli assalitori, però, non li avevano inseguiti.

    Grog conosceva bene le pratiche di guerra di cui erano appena stati vittime perché tante volte le aveva adottate lui stesso quando non si presentavano possibili alternative.

    La guerriglia è la guerra dei disperati, condotta da chi sa di essere più debole ma non vuole arrendersi. E quegli uomini sembravano conoscerne molto bene tutti i segreti.

    Grog ebbe giusto il tempo di tornare dal luogotenente per riferirgli il triste epilogo della sua esplorazione. Se dal punto di vista numerico avevano subito perdite importanti, dal punto di vista strategico in fondo la spedizione non era andata male. Era stato infatti scoperto un fiume traboccante di nemici, a conferma che la zona era ancora sotto il controllo dei ribelli.

    - Sono molto deluso da te Grog - disse amareggiato il luogotenente quando si trovò davanti il troll. Forse si aspettava che il troll accampasse qualche scusa piagnucolosa.

    Naturalmente Grog non aprì bocca. Sapeva perfettamente di aver preso tutte le possibili misure di precauzione. Se qualcuno era riuscito ad anticipare le sue mosse, bisognava rendergli merito e temere le sue capacità.

    Anche il luogotenente capiva perfettamente che Grog non poteva in nessun modo essere accusato della disfatta. La sua arroganza, tuttavia, gli impediva di assumersi alcuna responsabilità: la colpa doveva inevitabilmente essere scaricata su qualcun altro.

    - Come è potuto succedere? E’ la prima volta che ti fai sorprendere dal nemico - domandò infine con un tono per lui stranamente perplesso.

    - Credo che gli uomini si stiano organizzando e che le loro forze non debbano essere sottovalutate - rispose Grog.

    Soltanto un’ora prima il luogotenente avrebbe risposto con una risata fragorosa a quell’esclamazione: mai avrebbe messo in discussione la forza del suo esercito e l’abilità della sua guida. Quello che era accaduto alla truppa di Grog, però, non andava considerato soltanto come un episodio spiacevole bensì come un campanello d’allarme che annunciava soltanto guai.

    - Intendi che ancora non si sono rassegnati alla loro distruzione? - ritornò alla carica il luogotenente.

    - Ritengo che ci tengano sott’occhio così come noi li spiamo costantemente. E che si siano resi conto che, dato che non potranno mai batterci in campo aperto, l’unica loro speranza consista nell’attaccarci di sorpresa - spiegò Grog.

    - Hanno approfittato del fatto che il nostro gruppo era isolato e scarsamente addestrato per il combattimento come primo tentativo. La loro abilità mi fa supporre che siano più preparati di quanto possiamo immaginare. Altrimenti non avrebbero mai rischiato di venire allo scoperto, sapendo che il loro attacco non sarebbe passato inosservato e che voi ne sareste stato sicuramente informato.

    - Sperano di combatterci con la guerriglia - osservò Tuener.

    - Esattamente. Le nostre truppe sono molto più numerose ma in terreni difficili e da noi poco conosciuti i nostri nemici avrebbero sicuramente la meglio. Non credo riescano a fermarci ma potrebbero renderci tutto più difficile.

    Il luogotenente camminava a larghi passi nella stanza riscaldata da un camino enorme dove bruciavano interi tronchi.

    - Hai ragione - si fermò infine con grande sorpresa di Grog. Difficilmente il luogotenente ammetteva la bontà di un’osservazione di un altro che non fosse se stesso.

    - L’unica cosa che possiamo fare è continuare a rinforzare il nostro esercito tenendo conto che dovremmo addestrare nuove unità per questo tipo di guerra. Ti metterò a capo di questi reparti che avranno il compito di provocare gli uomini per tastarne la forza e preferibilmente annientarli. Il tuo obiettivo non sarà più quello di esplorare ma di fiaccare le loro speranze di resistenza. Io sono un uomo e so che senza speranza non c’è per noi motivo di combattere.

    - Va bene - Grog fece un cenno col capo. Quell’incarico voleva dire che non sarebbe stato più un esploratore ma un comandante, con responsabilità di guerra. Anche se il luogotenente non l’avrebbe mai ammesso, Grog era diventato una pedina troppo importante per i suoi piani di grandezza.

    Nelle settimane successive Grog vide ampliare enormemente le unità a sua disposizione. Per la prima volta, inoltre, il sistema di reclutamento dell’esercito oscuro selezionò accuratamente i soldati da inserire in quelle truppe speciali. Il troll, infatti, non comandava più cenciosi mostri delle paludi privi di qualsiasi forma di ingegno ma esseri astuti e misteriosi.

    Intorno a lui non boccheggiavano più facce appese e sorrisi ebeti ma brillavano occhi da demone incastrati in musi da faina. I nuovi soldati erano creature pronte ad accoltellare alle spalle i proprie genitori in cambio di una lurida moneta di stagno.

    In loro c’era qualcosa che andava oltre la mera brutalità che Grog era abituato a riconoscere nei suoi precedente compagni di reparto. Erano furbi e spietati.

    - Dove li avete trovati? - domandò Grog al luogotenente una volta che questi era passato a constatare come procedesse l’addestramento.

    - Nell’unico posto degno di questa gentaglia. La prigione di sale - rispose Tuener, compiaciuto della sua furbizia.

    -. I peggiori reati che potrebbero essere commessi non possono essere neanche lontanamente accostati alla più insignificante malefatta compiuta dal migliore di loro - continuò.

    - Abbiamo fatto assaggiare loro le più schifose celle del mondo conosciuto e se sgarrano sanno perfettamente che torneranno laggiù per marcirci per sempre.

    - Non sarà facile tenerli a bada - ammise Grog.

    - Lo so. Per te, però, non sarà un’impresa così insuperabile. In fondo sono della tua stessa pasta - replicò il luogotenente e il troll non riuscì a comprendere se quell’affermazione potesse essere scambiata per un complimento indiretto o per un insulto.

    - Io ho fatto quello che dovevo: reclutare i peggiori elementi del creato. Tocca a te farne un reparto disciplinato e infallibile - disse il luogotenente mentre se ne tornava ai suoi caldi appartamenti.

    - E lo farò - pensò tra sé il troll.

    Gli ci vollero circa cinque settimane per dare un volto a quell’insolita formazione militare. Alla fine ai suoi comandi obbedivano oltre duecento tra esploratori e combattenti.

    Grog non faticò più del previsto per imporre la sua autorità. Quei pochi che non accettavano il suo carisma o semplicemente non intuivano l’influenza che Grog riusciva ad esercitare sul resto del gruppo venivano ben presto convinti a suon di frustate.

    Il troll sapeva essere inflessibile con coloro che lo meritavano: e gli altri apprezzavano il suo modo di guidarli.

    Nominò come suo vice un tale Scar, un uomo di mezza età che aveva combattuto come mercenario in tutti i diversi eserciti per quasi tutte le parti in gioco. Sul suo volto si leggeva soltanto un disprezzo totale della vita.

    Pur non essendo una persona raccomandabile, Grog comprese come fosse fondamentale ottenere il suo appoggio. Scar era uno che sembrava essere nato per sobillare rivolte contro l’autorità, sapeva farsi rispettare altrettanto bene di Grog ed esitava ancora meno a infliggere punizioni esemplari a chi non stava nei ranghi. Se il gruppo si presentò compatto al momento della prima spedizione, parte del merito dovette essere data anche al mercenario dalle cento cicatrici.

    Mentre Grog e Scar strutturavano la loro piccola armata, nei diversi angoli del mondo si erano verificati altri episodi simili a quelli di cui il troll e i suoi esploratori erano stati sfortunati protagonisti qualche mese prima.

    Ovunque, infatti, i distaccamenti dell’esercito oscuro venivano colti di sorpresa nelle modalità più impensate, e riportavano perdite sempre più ingenti.

    Naturalmente la potente armata del male non poteva essere nemmeno scalfita da quelle sortite, tuttavia il luogotenente aveva deciso di seguire il consiglio di Grog e non voleva sottovalutare questi attacchi frequenti. E aveva esercitato quante più pressioni possibili sul troll perché la sua squadra fosse pronta per contrastare l’avanzata delle forze benefiche.

    In particolare nella regione dei Quattro Laghi nell’ultimo mese si erano verificati addirittura tre scontri tra le avanguardie dell’esercito oscuro e le squadre dei ribelli.

    Forti della loro supremazia sull’acqua, gli uomini, infatti, avevano sferrato iniziative continue che sembravano tuttavia più finalizzate a valutare la propria forza d’urto che a fiaccare la resistenza nemica. In quei frangenti in cui le truppe oscure sembravano destinate ad essere sopraffatte con facilità, gli assalitori preferivano ritirarsi lasciando ai nemici la possibilità di riprendersi.

    Questi particolari erano stati riferiti a Grog dal comandante del distaccamento di confine e avevano rafforzato ancora di più la sua convinzione originaria.

    Gli uomini avevano raccolto forze a sufficienza ed erano pronti a confrontarsi con l’Esercito Oscuro. Quelle scaramucce rappresentavano soltanto un ultimo banco di prova, un’occasione di confronto con gli avversari.

    L’unica cosa che rimaneva da fare era di uccidere sul nascere le loro speranze di riscatto. Per questo dovevano agire il prima possibile.

    Appena arrivati al campo base della regione, Grog diede disposizione ai suoi uomini affinché si facessero trovare pronti due ore prima dell’alba.

    Il comandante del confino avvertì Grog di fare molta attenzione: gli uomini si erano rivelati molto più accorti del previsto e non era da escludere che avessero previsto un’incursione diretta contro di loro. A voce più bassa confessò poi i suoi timori che nell’esercito del male si nascondessero delle spie pronte a rivelare particolari segreti alle forze avverse.

    Grog non diede troppo conto a quelle chiacchiere. Non era suo compito occuparsi di questioni politiche: lui era pronto a tutto e la sua squadra doveva essere in grado di confrontarsi anche con eventuali tradimenti.

    Al momento della partenza la truppa si divise in piccoli gruppi, ognuno dei quali guidati da un uomo di fiducia di Grog.

    Il troll prese con sé trenta esploratori armati di una daga e di una piccola balestra: sarebbero andati avanti per poi indicare agli altri eventuali pericoli e lanciare il segnale d’attacco.

    Il gruppo di Grog avanzò costeggiando la base di una collina dirimpetto alle acque gelate del più piccolo dei quattro laghi da cui prendeva il nome la regione. Tutto sembrava immobile, fatta eccezione per il vento che non risparmiava le facce butterate dei soldati.

    La natura li accoglieva nel suo ventre che avrebbe potuto rivelarsi fatale. Ancora più vigile del solito, Grog avvertiva un senso di disagio che cercò di scacciare via: si persuase che stava soltanto associando quell’esperienza a quanto già vissuto mesi prima nell’agguato in cui molti dei suoi uomini avevano perso la vita.

    In quella zona inospitale nemmeno i lupi sembravano osare addentrarsi, tanto il bosco era silenzioso.

    Grog per la prima volta in vita sua avvertiva di non avere pieno controllo della situazione. Quella spedizione era così diversa da tutte le altre che aveva condotto: non dovevano scoprire niente o avventurarsi in un punto ben preciso, ma semplicemente esporsi agli attacchi di un possibile nemico.

    Era possibile che gli uomini non si facessero neppure vedere o che magari li avessero già individuati e preferissero starsene a guardarli per poi magari colpirli al momento più opportuno. Avrebbero potuto vagare per giorni interi senza venire a capo di quella missione.

    Dopo che il gruppo aveva ormai costeggiato tutti e quattro i laghi e la notte si avvicinava, buona parte del reparto cominciò a mugugnare.

    - Stiamo girando in tondo - si lamentò uno dei meno validi della compagnia.

    - Potremmo tornare indietro al caldo, tanto non c’è traccia dei ribelli - fece eco un altro.

    Grog, però, non faceva caso a queste lamentele: nell’aria percepiva una leggera vibrazione che non lasciava presagire niente di buono. Un brusio inizialmente lontano si faceva sempre più vicino: qualcuno si stava avvicinando.

    - Ci siamo - disse.

    Gli altri alzarono le loro facce rigate e misero in tensione le orecchie.

    - E’ vero, arrivano - confermò uno di quelli che aveva brontolato pochi secondi prima.

    Il ronzio però cessò subito dopo. Passarono diversi minuti e tutto rimase immobile come prima. Grog e i compagni non fiatavano, con le armi in pugno e in attesa di un cambiamento, anche minimo.

    - Qui non succede niente - commentò infine uno dei soliti due, meritandosi una vigorosa manata di rimprovero da parte di Scar.

    Il mercenario si avvicinò infine a Grog sussurrandogli: - Torniamo indietro prima che gli altri si innervosiscano.

    Grog non ascoltò le parole del suo sottoposto. Quel rumore era ancora nitido nella sua testa e non poteva essere scacciato così facilmente.

    Probabilmente gli uomini avevano volontariamente destato la loro attenzione per attirarli in una trappola. Volevano portarli vicino a loro per farne ciò che volevano, nelle oscurità della foresta dove le loro grida di dolore sarebbero state soffocate dalle fronde della selva.

    Poi, improvvisamente, un sibilo tagliò l’aria.

    - Ci attaccano! - gridò Scar, brandendo immediatamente la daga.

    Grog si abbassò d’istinto e cominciò a strisciare nella direzione di un gruppo di grosse pietre che avrebbero potuto offrire un riparo. Gli altri lo seguirono correndo accucciati, fino a quando tutto il manipolo non si fu messo in salvo.

    Eppure nessuna altra freccia era stata scagliata.

    - Forse ci hanno voluto soltanto dare un avvertimento - osservò uno dei giovani.

    - Torniamo indietro e chiamiamo i rinforzi. Poi li faremo a pezzi - suggerì un altro.

    - No - rispose Grog parlando tra i denti. - Staremo qui ad aspettare. Non possiamo abbandonare queste regioni se prima non abbiamo capito quale sia la vera entità delle forze dei nostri nemici.

    I compagni accolsero in silenzio la decisione del loro capitano, anche se avrebbero preferito volentieri lasciare quelle lande desolate.

    Non si sentivano sicuri in quel posto. Quelle terre sembravano così indifferenti al potere del Signore Oscuro.

    Là avvertivano di non essere più i padroni del mondo.

    Passavano i minuti ma degli uomini non c’era ancora traccia. Grog sapeva che non avrebbero potuto rimanere lì a lungo.

    Se fossero stati attaccati avrebbero avuto ben poche possibilità di salvarsi. Pochi lastroni rappresentavano un riparo troppo scarso.

    - Cosa facciamo Grog? - chiese infine Scar, spinto dagli altri uomini.

    Il troll intuì che i suoi compagni erano pronti a scagliarsi contro di lui se solo avesse dato la risposta che non si aspettavano.

    Il fatto è che Grog non aveva idea su che cosa avessero in mente.

    Il suo aiutante lo guardava con un ghigno preoccupante. Scar per mesi

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