Giulia
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Book preview
Giulia - Maria Gabriella Zampini
(http://write.streetlib.com).
1
- Accidenti! -
La porta proprio non voleva aprirsi. Giulia girò e rigirò la chiave nella toppa, poggiò la spalla al battente e provò a spingere con tutte le forze ma...niente, quella maledetta porta proprio non si apriva.
Chiusa in casa propria alle dieci di un torrido mattino d’agosto! Era il colmo! La sera prima era arrivata esausta, a mezzanotte, dopo l’ultimo, faticosissimo, giorno di lavoro, nella sua deliziosa casetta in riva al mare.
Non aveva trovato nessuno ad aspettarla, ma era ovvio! Non si aspettava certo che i suoi figli rinunciassero alla discoteca per darle un misero bacio di benvenuto!
Quindi si era semplicemente buttata sul letto, senza disfare nemmeno la valigia, grata di avere davanti a se’ un lungo, tranquillo mese di dolce far niente, ed era scivolata in un sonno profondo... ma ora, questo! Provò a dare un’altra spallata alla porta con il solo risultato di procurarsi un bel livido:
- E va bene - disse ad alta voce, - hai vinto tu! Sono in vacanza e non voglio incazzarmi con nessuno, oggi, neanche con te! -
Si diresse verso la cucina e cominciò, canticchiando, a prepararsi un caffè.
Canticchiare le era sempre servito a superare i momenti di rabbia: c’era chi contava fino a dieci, chi voltava le spalle e chi, come lei, canticchiava. Con il risultato di far imbestialire la persona, o le persone, con cui si trovava a discutere in quel momento. Ma alla porta non sarebbe importato niente, quindi...
A suo marito, suo ex-marito in effetti, aveva fatto venire la voglia di strozzarla; glielo confidò in un gelido mattino di gennaio di dieci anni prima e questo decretò la fine del loro matrimonio. Strana cosa questa: a lei, in quel momento, era sembrato che il mondo le franasse addosso per colpa di un sassolino. Ma ora quel giorno era lontano, la sua vita scorreva più o meno serena; lavoro, figli, qualche affascinante accompagnatore qua e là, la sua casetta sul mare...
Rivolse uno sguardo d’odio alla porta che le impediva di fare la cosa che più amava: scendere sugli scogli a guardare l’incessante movimento delle onde, riempirsi i polmoni di profumata aria salmastra e, soprattutto, tuffarsi in quel mare di topazio che l’aveva pazientemente aspettata per un anno intero...
Un movimento all’esterno richiamò la sua attenzione: qualcosa che sembrava essere pesante venne trascinato lontano e la porta si aprì di botto.
- Bongiorno! -
Una cascata di lucidi riccioli neri con sotto due ridenti occhi altrettanto neri si affacciarono in un’affilata lama di luce estiva.
- Te devi essere la mamma di Ale, eh? Io son Leonardo, piacere. -
Vent’anni o poco più, spalle larghe, abbronzato da far paura, con un pareo arrotolato intorno ai fianchi stretti e l’accento fiorentino...
- Iersera s’è un po’ bevuto, sai, e quando Ale mi ha invitato a dormire qui non mi sono accorto di aver lasciato la mi’ sacca davanti alla porta... -
Dormito? Ma dormito dove? Giulia aggrottò la fronte poi decise che un sorriso era d’obbligo ed allungò la mano
- Ciao, mi chiamo Giulia. Eh...sì, sono la mamma di Ale -
- I ragazzi m’han detto che sei speciale, ma mica che sembri la su’ sorella! - esclamò quello sfrontato sorridendo.
Giulia fece un sospiro: si sentiva sempre un po’ imbarazzata quando le veniva rivolto un complimento
- Non esagerare per favore; lo sai che, se mi si fanno troppi complimenti, poi finisco col crederci? -
Era la sua risposta standard: aveva scoperto che dicendo così la gente si metteva a ridere ed il momento veniva superato. Cosa che avvenne puntualmente.
- Vuoi un po’ di caffè? L’ho appena fatto -
Quindi si arrischiò a mettere la testa fuori dalla porta. Lo spettacolo che le si presentò davanti era quantomeno grottesco: un groviglio di corpi stesi a terra su degli asciugamani riempiva l’impiancito fino alle scalette che portavano al mare. Giulia calcolò che fossero almeno venti persone.
Si volse con aria interrogativa al ragazzo che, sghignazzando, le disse
- Ah già, non te l’avevo detto! Iersera s’è incontrato il tu’ figliolo in spiaggia mentre noi si stava provando per il concerto di stasera. A proposito, ci vieni a sentirci, eh? S’è messo a suonare con noi e poi c’ha detto che potevamo dormire a casa sua, tanto te saresti stata d’accordo... Noi si è solo in cinque, vedi, ma c’era altra gente...e alla fine son venuti tutti! -
Semplice no? Era tipico di suo figlio incontrare emeriti sconosciuti in giro per il mondo ed invitarli a casa. All’inizio lei era stata titubante (ma chi ci metti in casa? E se fossero dei malintenzionati?)
; poi aveva capito che Ale sapeva il fatto suo, che i suoi amici erano tutti dei ragazzi simpatici, e si era tranquillizzata. Anzi, ne era diventata amica lei stessa, o forse, li aveva adottati tutti quanti...ma venti in un sol colpo non le era ancora mai capitato!
E va bene, la situazione richiedeva tutta la sua presenza di spirito; aprì la credenza, tirò fuori la caffettiera da diciotto e la mise sul fuoco.
Leonardo, nel frattempo, si era impadronito dello stereo portatile che lei teneva in cucina e, portatolo fuori sotto la tettoia, ci stava armeggiando intorno. Nel giro di trenta secondi, una tempesta di suoni invase la casa.
- Ah, noi si fa musica afro-cubana, te l’avevo detto? -
No, pensò Giulia, ma non ce n’era bisogno: suo figlio suonava solo quel tipo di musica da un paio d’anni a quella parte. Si sentì sollevata nell’udire quelle note familiari calde e scroscianti e cominciò a muoversi al loro ritmo mentre travasava il caffè nelle tazzine di tutte le forme e colori che aveva preparato sul vassoio.
Quindi uscì nel caldo sole estivo, si diresse verso il tavolo di marmo che troneggiava al centro della tettoia stando bene attenta a non calpestare nessuno dei ragazzi addormentati, e depositò il tutto con estrema attenzione. Si sedette sulla panca, accese una sigaretta, ed aspettò.
Leonardo la raggiunse e si sedette di fronte a lei, accese a sua volta una sigaretta ed alzò il volume dello stereo. Qualche vago accenno di risveglio serpeggiò tra i dormienti, qualche grugnito, qualche sospiro, più d’uno - Ehi, ma che cazzo fai? - , poi qualche testa arruffata cominciò ad emergere dal mucchio.
- A Leonà, ma che te sei impazzito? -
Ah, ma allora non sono tutti fiorentini!
pensò Giulia osservando meravigliata la folta cresta a spazzola che ornava la testa del ragazzo che aveva appena parlato. Il quale posò uno sguardo assonnato su di