Guerra per immagini. Dal mito di Cadmo al terrore dell’ISIS: Leussein 1-2 2015
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Guerra per immagini. Dal mito di Cadmo al terrore dell’ISIS - Associazione di studi umanistici Leusso
La guerra delle immagini. Dal mito di Cadmo al grande Califfato
Avendo Leussein nel suo ‘codice genetico’ il compito di osservare i fenomeni luminescenti che sorprendono e incutono timore al tempo stesso, non potevamo non affrontare la questione dell’incredibile successo mediatico e militare che un ben organizzato gruppo di fondamentalisti salafiti sta riscuotendo nella zone a confine tra Siria e Iraq, lì dove sta nascendo un nuovo stato: l’IS. Ciò che più sorprende di questi miliziani è la loro abilità sia nel comunicare sia nel conquistare e mantenere terreno. Sono due aspetti che si tengono e si rafforzano insieme, lasciando intravedere una strategia ben delineata: non si conquista e difende uno spazio fisico se non si conquista e alimenta uno spazio immaginario.
Le immagini di guerra sono reali quanto le donne e gli uomini che la combattono. Lo sanno bene i combattenti dell’IS come le guerriere curde che si contendono Kobane. Il loro destino si gioca sul confine della città e dei suoi quartieri quanto sul confine dell’immaginario e delle notizie che lo alimentano. Una guerra ‘epica’ tutta moderna, in cui vince chi sa meglio narrare le proprie gesta sia all’interno della propria fazione sia all’esterno. Serve motivare ideali e fare proseliti, come convincere potenziali alleati e screditare quelli avversari, e per far questo è essenziale essere padroni della teoria della comunicazione, della tecnologia digitale dove l’immagine di un episodio secondario e periferico può essere assai più efficace della vittoria di una battaglia decisiva non opportunamente documentata. Questa abilità mediatica dei combattenti della guerra irakeno-siriana rievoca il mito di Cadmo, il re che dopo aver sconfitto il drago riesce a fondare Tebe istruendo dei soldati attraverso la più innovativa tecnologia dell’epoca: l’alfabeto fonetico fenicio. Secondo Mc Luhan, sarà proprio l’introduzione di questa tecnica comunicativa a fare la differenza socio-politica tra la nascente cultura Greca e il mondo egizio, tanto legato a caste di sacerdoti e scribi. L’uomo in arme che comunica attraverso l’alfabeto diventa il perno di un esercito più agile e più efficiente che può fare a meno dell’ingombrante e limitante comunicazione dei papiri. Se dunque l’introduzione di nuove tecnologie comunicative in contesti bellici, secondo il teorico dei media Mc Luhan, è stata così importante nella evoluzione della storia greca, dobbiamo aspettarci altrettanti epocali mutamenti dalla guerra per immagini che stanno combattendo donne e uomini nell’infuocata terra dell’antica Mesopotamia?
Ecco l’analogia su cui abbiamo voluto incardinare questo numero, e per istruirlo abbiamo pensato di fare una ricognizione storica a partire dal mito di Cadmo (Lo scontro necessario. Cadmo contro il drakon per la nascita di Tebe
di R. Viccei) per approfondire la forza evocativa che aveva nell’antica Grecia la retorica per ‘immagini’ (Filippo II di Macedonia e l’immagine della guerra contro la Persia
di A. Brambilla e Guerra e immagini nell’Antica Grecia
colloquio con H. van Wees) e confrontarla con la strategia mediatica adottata dall’IS oggi (La comunicazione al nero: terrorismi, spionaggi e strategie. Colloquio con Paolo Fabbri) e la forza seduttiva che ha sul nostro immaginario (
Europei e combattenti. I foreign fighter dello Stato Islamico di M. Gradoli). Abbiamo poi voluto perlustrare campi meno battuti dalla ricerca come il ruolo dell’immaginario sulle combattenti attraverso una breve rassegna storica (
Soggettività silenziate: femina sacra, stereotipi e violenza di genere in tempi di guerra di P. Di Cori e R. P. Mocerino) e delle difficoltà che incontrano le donne resistenti nelle aree del medio oriente fortemente ‘colonizzate’ (
Donne palestinesi: Femina sacra e decolonizzazione di genere di R. Lentin). Infine, abbiamo pensato di soffermarci sulla stretta analogia tra Cadmo e il Califfo mutuata da Mc Luhan sia dal punto di vista della teoria della comunicazione (
II Califfo, Cadmo e Mc Luhan: l’uomo in arme come metafora attiva" di G. Sacco) sia sul piano più strategico militare (Sulla guerra mediatica del Califfo partendo da Cadmo e Mc Luhan. Colloquio con il Generale Fabio Mini).
Al lettore giudicare se la scelta di questo vertice prospettico sia stata lungimirante e quanto sia riuscita poi l’ispezione sul campo. Noi possiamo dire che è stato un lavoro complesso, avvincente e senza dubbio formativo perché frutto di un inedito lavoro di gruppo. Per la prima volta, infatti, dopo 7 anni, Leussein non solo ufficializza il proprio prestigioso comitato scientifico, ma si rinnova allargando la redazione grazie all’arrivo di giovani studiosi, di ricercatori e docenti di diverse discipline. Novità che ha stimolato tra l’altro anche la ristrutturazione del sito internet attraverso il quale si spera di arricchire e prolungare la discussione oltre l’ambito strettamente redazionale con il contributo diretto dei più appassionati lettori. In questa ottica, lanciamo un invito ufficiale a tutti gli studiosi a voler partecipare al primo numero del 2016 che avrà per oggetto il rapporto sempre più problematico e conflittuale tra i moderni processi di soggettivazione e i tradizionali legami sociali: singulus aut socius? La questione è quella di capire in quali modi stia cambiando e/o declinando la classica dimensione partecipativa e sociale della politica (partiti, sindacati…), di fronte alle forme inedite di azione e di aggregazione collettiva emergenti, complici i nuovi sistemi di comunicazione [sul sito trovate l’invito ufficiale con le consuete regole di partecipazione].
Prima di lasciarvi, vi anticipiamo l’argomento del prossimo numero (3/2015): Il teatro della democrazia
.
Buona lettura!
La redazione
Argomento del numero:
Guerra per immagini. Dal mito di Cadmo al terrore dell’ISIS
Raffaella Viccei
Lo scontro necessario. Cadmo contro il drakon per la nascita di Tebe.
Riassunto
Partendo dalle Fenicie di Euripide, attraverso l’iconografia vascolare di V e IV sec. a.C. e i rilievi delle urne etrusche (III-II sec. a.C.) si intende riflettere sulle modalità e sui significati dello scontro tra Cadmo e il drakon di Ares, premessa necessaria per la fondazione di Tebe. Essenziale alla comprensione di questa parte del mito è il ruolo di Atena e quello degli Spartoi. Dall’analisi delle fonti letterarie e archeologiche emerge l’uso politico e ideologico di questo mito di fondazione e civilizzazione da parte di Atene e del mondo greco d’Occidente e, più tardi, dell’Etruria settentrionale.
Parole chiave
Cadmo, drakon, Tebe, Atena, Spartoi, Iconografia greca ed etrusca
Abstract
Starting from the Phoenicians by Euripides and going through the vase iconography of the fifth and fourth century B.C. and the reliefs of Etruscan urns (third-second century B.C.) the study aims to consider the modes and the meanings of the clash between Kadmos and the drakon of Ares, as milestone for the foundation of Thebes. Essential items for understanding this part of the myth are the role of Athena and that of Spartoi. The analysis of literary and archaeological sources evidences the political and ideological use of this foundation and civilization myth by Athens, by the Greek western world and -later- by the northern Etruria.
Key words
Kadmos, drakon Thebes, Athena, Spartoi, Greek and Etruscan iconography
1. "Fonda sulla collina più alta una città … e manda agli Inferi il terribile custode del dio della guerra"¹.
Tra le fonti letterarie greche che raccontano il complesso mito di Cadmo, dalle diverse varianti e stratificazioni, il primo stasimo delle Fenicie di Euripide² restituisce lo scontro tra l’ecista di Tebe e il drago con grande forza evocatrice e ricchezza di elementi.
Cadmo di Tiro venne a questa terra, / l’uomo per il quale la giovenca / quadrupede spontaneamente / si stese a terra compiendo l’oracolo, / là dove la parola divina aveva ordinato / ch’egli colonizzasse (katoikisai) la fertile pianura, / riempiendola di case, / dove la liquida linfa di un bel fiume / attraversa le erbose convalli di Dirce, / seminate nel profondo; / dove la madre, unitasi con Zeus, / generò il Bromio /… Là c’era un drago sanguinario (phonios…drakon) / di Ares, suo crudele guardiano, / che vegliava sulle fonti/e sulle erbose correnti / con le sempre mobili pupille degli occhi (koraisi polyplanois episkopon). / Cadmo, venuto per un rito lustrale, / lo uccise con un masso (marmaro), / a sangue colpendogli il capo / con un colpo del braccio uccisore di fiere, / e per consiglio della divina Pallade, / la dea che non ha madre, / gettò i denti caduti a terra / nei solchi profondi che accolgono i semi. / La Terra ne fece scaturire / sull’estremo limite del suolo / uno spettacolo di guerrieri armati (panoplon opsin); / ma una strage / di nuovo li unì all’abbraccio della Terra, / e intrise di sangue il suolo / che li aveva mostrati / alle luminose brezze dell’etere.
La versione euripidea, affidata al Coro delle donne fenicie, mette anzitutto in relazione la fondazione di Tebe con il responso dell’oracolo di Delfi. Tappa prioritaria e obbligata per il pieno compimento del mandato delfico è l’uccisione del drago di Ares che, in quanto guardiano della sorgente e abitante del luogo, deve essere eliminato dalla mano di un eroe, nella fattispecie Cadmo, affinché terre selvatiche e antitetiche agli spazi in cui vivono gli uomini possano essere colonizzate.
Le prime creature dalle sembianze umane presenti sulla futura Tebe prendono corpo dai denti del drago, seminati da Cadmo.
La nascita degli Sparti/Spartoi (i ‘Seminati’)³ è descritta da Euripide come una opsis, uno spettacolo che, molti secoli dopo Euripide, verrà tratteggiato come vera e propria visione mirabolante da Nonno di Panopoli⁴.
La natura di uomini in armi non organizzati, giustificata dal legame con il dio guerriero Ares attraverso il drakon e da quello con la terra non civilizzata, percorsa da forze caotiche, fu subito foriera di morte reciproca. Da questa si salvarono però cinque Spartoi: Chthonios, Oudaios, Pelor, Hyperenor, Echion, progenitori delle più nobili famiglie tebane.
Prima di analizzare alcuni reperti archeologici, vorremmo soffermarci ulteriormente sui citati versi delle Fenicie perché in essi si ravvisano aspetti del mito cadmeo che sono più costanti e persistenti di altri e che appartengono anche a un altro fondamentale e pervasivo codice di comunicazione della mitologia antica, l’iconografia ceramica.
In particolare ci riferiamo alla stretta relazione tra la fonte e il drakon; allo sguardo della mortifera creatura dalle sempre mobili pupille degli occhi
, che si attagliano perfettamente a chi ha il compito di sorvegliare senza tregua e, per questo, è dotato dell’inumana capacità della veglia perenne⁵. Inoltre, al rito lustrale, alla pietra (marmaros), alla dea Atena, consigliera di Cadmo nella semina dei denti e colei che il sangue del drago
fece scorrere a colpi di pietre, / spingendo all’azione il teso sforzo
⁶ dell’eroe.
Di qui la storia di Cadmo prosegue: egli costruì a Tebe dimore per gli dei, per gli uomini e le famose sette porte⁷, fu artefice del passaggio dal caos al cosmos, dando vita all’armonia civica che trovò simbolica, piena e cosmica realizzazione nelle nozze con la divina Armonia, figlia di Ares e di Afrodite⁸.
L’eroe civilizzatore fu anche protos euretes di arti e fu soprattutto grazie a lui e ai Fenici al suo seguito che i Greci avrebbero appreso l’alfabeto⁹.
Nonostante Cadmo e Armonia, nella storia di Tebe, ogni evento positivo porta in sé il germe di una potenziale rovina
¹⁰: la prosperità ricordata dal Coro delle Fenicie nella strofe è attraversata da momenti di lacerante e sanguinosa brutalità -antistrofe-, segnati dal drakon di Ares e dalla cruenta autodistruzione
degli Sparti, archetipo mitico della morte dei figli di Edipo
.
2. L’immagine della lotta: Kadmos e il drakon.
Lo scontro tra il drakon e Cadmo presso la fonte Areia è, tra i temi che compongono il mito dell’eroe, quello maggiormente trattato nella ceramica attica e italiota (metà V – terzo quarto del IV sec. a.C.)¹¹.
La prima e più compiuta immagine è conservata in un cratere attico del 450-440 a.C. rinvenuto ad Agrigento (fig. 1)¹² dove appaiono Cadmo con i suoi oggetti distintivi, la pietra¹³ e un vaso per il rito -qui una oinochoe, di solito una hydria, il temibile drakon serpentiforme¹⁴ tra canne palustri e, vicino, Ares o uno Spartos¹⁵, mentre la dea Atena, dietro all’eroe, si manifesta nel ruolo di ispiratrice e nume tutelare dell’impresa¹⁶.
Il focus dell’immagine è nel fermo e persistente sguardo che Cadmo rivolge al grande, circolare e mobile occhio¹⁷ del serpente, come a voler dire che l’attacco imminente da parte dell’eroe e la sua auspicabile buona riuscita partono dalla sfida impavida che passa anzitutto dallo sguardo.
Accanto al drago siede una figura femminile, variamente identificata come Armonia, come personificazione della fonte oppure di Tebe, ipotesi, quest’ultima, da ritenersi più verosimile come ha ben dimostrato Angela Pontrandolfo¹⁸.
Persiste invece l’incertezza sull’identità da ascrivere al personaggio in armi, aspetto che richiederebbe un’indagine che non è possibile affrontare in questa sede. Rileviamo per il momento che le rappresentazioni di Ares sono infrequenti e che il dio è difficilmente riconoscibile, a meno che non vi siano iscrizioni nominali, poiché è spesso molto simile a un generico guerriero.
Nel V sec. a.C., e in special modo dalla seconda metà, perdura da un lato l’iconografia arcaica di Ares, armato di scudo, lancia, corazza, schinieri, elmo, dall’altro invece si afferma l’immagine del dio nudo, con il volto imberbe, dotato solo di lancia ed elmo attico.
Nello stesso periodo Ares è emblema dell’ardore combattivo ma è anche invocato come potenza cosmica e planetaria¹⁹: a tale proposito colpisce che l’uomo in armi del cratere di Agrigento abbia sulla corazza la figura stilizzata di una stella e che ricordi da vicino la facies più arcaica e marcatamente guerresca del dio.
Figura 1
Cadmo attacca il drago con una pietra alla presenza di Atena, Tebe, Ares o uno Spartos. Cratere a calice attico a figure rosse. Da Agrigento. Pittore di Spreckels. 450-440 a.C. N e w York, Metropolitan Museum of Art, 1907.286.66 -Rogers Fund 1907- (E. Paribeni, s.v. Harmonia I, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, IV. 2, Verlag, Zürich-München 1988, p. 238, I).
Altro elemento a favore dell’identificazione di questa figura maschile con Ares è la simmetrica corrispondenza con Atena: si potrebbe dire che la dea protegge Cadmo come Ares il drakon.
Tuttavia se -come riteniamo- la donna accanto al drakon è la personificazione di Tebe, l’immagine vascolare contiene anche il fondamentale elemento narrativo del post mortem del serpente di Ares, cioè la fondazione della città beotica. L’uomo in armi, la cui posizione è inoltre vicina alla città, potrebbe essere allora uno degli Spartoi e mostrare un’altra tappa essenziale della nascita di Tebe.
Il nesso tra questo evento e la morte del serpente è reso in modo sempre più esplicito e stringente nei vasi attici più tardi (430-420/410 a.C.). In questi la città assume l’aspetto di una figura femminile, contigua al drago, seduta, talvolta su una grande roccia simile a un trono, e identificabile in modo incontrovertibile -è il caso dell’hydria del Pittore di Kadmos²⁰- grazie all’iscrizione nominale THEBA. Su questa hydria appare anche Demetra che ha un particolare diadema a cinque punte, forse simbolo dei cinque Spartoi, nati appunto dalla terra e partecipi alla fondazione della città.
Sempre agli anni finali del V sec. a.C. si data uno skyphos dal Kabirion di Tebe²¹, che conserva l’unica immagine di Cadmo documentata nella ceramica beotica. Anche in questo caso l’eroe affronta il drago ma con modalità che distinguono fortemente l’immagine dall’iconografia attica.
Il corpo del maestoso serpente viene fuori dalla terra, tra alte e fitte canne palustri (fig. 2), presenti pure nel citato cratere di Agrigento. Lo sguardo terrorizzato con cui Cadmo fissa l’essere mostruoso, la postura, la situla e il bagaglio rovesciati segnalano il carattere inatteso dell’apparizione mentre l’inedita arma – non una pietra ma un flessuoso bastone o, meglio, una frusta –²², la natura itifallica e i lineamenti negroidi di Cadmo, i tralci di vite con grappoli d’uva e, non ultimo, il luogo di rinvenimento dello skyphos, collegano l’intera scena alla dimensione misterica del santuario del dio Kabeiros, alle licenziose panegyreis in suo onore e alla messa in scena di ardite imprese, tra cui quella di Cadmo, durante i dromena.
La lotta dai toni comici-parodistici tra Cadmo e il drago documentata a Tebe dallo skyphos ha contribuito ad avvalorare l’ipotesi che fu probabilmente il Kabirion di Tebe a favorire la "costruzione di un’identità civica tebana, a partire proprio dall’exploit di Cadmo: la prova iniziatica in un primo tempo circoscritta nell’ambito della religiosità del Kabirion fu tradotta nel linguaggio mitico civico al fine di affermare la conquista, da parte di Cadmo, del territorio selvaggio di Tebe, dominata da un terribile serpente, probabilmente in occasione di una riforma costituzionale che si potrebbe datare all’epoca dell’intervento del bacchiade Filolao, verso la fine dell’VIII sec. a.C. Il matrimonio con Armonia (lo hieros gamos degli iniziati) divenne l’espressione della creazione dell’ordine civico. Quindi, di fatto, Cadmo sarebbe da identificare in primis come eroe cabirico. E il ruolo civico di Cadmo sarebbe un prestito dal Kabirion, dove il nostro eroe rivestiva la funzione di eroe errante e di passeur, simbolizzando il fedele iniziato ai misteri del Kabirion"²³.
Figura 2
Cadmo itifallico e il drago tra canne palustri. Skyphos a figure nere. Da Tebe, Kabirion. 420-400 a.C. Berlin, Staataliche Museen, 3284 (M. A. Tiverios, s.v. Kadmos I, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, V. 2, Verlag, Zürich-München 1990, p. 559, I.20).
Nello skyphos beotico Cadmo indossa un pilos, copricapo legato al culto cabirico, indumento iniziatico, infine simbolo cosmico²⁴. Il pilos compare tra gli elementi distintivi dell’eroe raffigurato su vasi italioti del IV sec. a.C., uno skyphos apulo²⁵, due crateri e una lekane pestani²⁶.
In questi ultimi Cadmo è di nuovo l’artefice dell’eliminazione del serpente ma nel cratere che Assteas egraphe – come si legge sul vaso – (fig. 3) e nel coperchio di lekane è Atena che, con gesto inequivocabile, incoraggia l’eroe a scagliare la pietra contro l’essere mostruoso.
Figura 3
Kadmos contro il drago serpentiforme alla presenza di Athene, Thebe, Imenos [sic!], Krenaie. Cratere a campana pestano a figure rosse. Da S. Agata dei Goti. Assteas. 360-350 a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 82258 -H3226- (M. A. Tiverios, s.v. Kadmos I, in op. cit., p. 559, I.23).
Nel cratere di Assteas il drakon, sempre in attacco, appare tuttavia segnato dal destino di morte per la collocazione senza via di fuga nell’angolo della scena e soprattutto perché quasi soverchiato dalla ieratica personificazione di Thebe, assisa e appoggiata a un lembo di roccia, probabile allusione alla rocca Cadmeia.
Anche nella documentazione ceramografica italiota l’atto di Kadmos è manifestamente connesso con la fondazione di Tebe, città di cui nel cratere pestano vengono ricordati anche il fiume principale, l’Ismenos, e la fonte Krenaie²⁷.
Gli eventi successivi all’uccisione del drago sono suggeriti anche da un altro vaso italiota, una hydria campana (350-330 a.C.)²⁸, in cui l’immagine di Cadmo con corazza, segno della metamorfosi dell’eroe in guerriero, e il giovane armato che gli è dinanzi fanno ritenere la scena preludio dello scontro tra Cadmo e gli Spartoi²⁹.
Questo tema doveva svilupparsi in modo più articolato in un cratere siceliota rinvenuto a Lipari (340-325 a.C.)³⁰, di cui restano solo dei frammenti che restituiscono, anche attraverso la lacunosa onomastica, Cadmo con alcuni Spartoi alla presenza di Atena e forse di altri dei. L’eroe e i nudi guerrieri sono dotati di elmo, lance e scudi ma non è possibile, per il cattivo stato di conservazione del cratere, ricostruire la dinamica dell’azione.
Dunque, nella ceramografia italiota lo scontro tra Cadmo e il drakon è proposto con sempre maggiore attenzione alla sua più immediata e diretta conseguenza, la fondazione di Tebe, per la quale fu necessario superare anche un altro sanguinoso scontro, quello tra i ‘Seminati’.
Varie raffigurazioni vascolari, in consonanza con le fonti letterarie, confermano l’importanza del ruolo di Atena nel rito di fondazione di Tebe.
Vale la pena segnalare che la dea, nell’immagine della citata lekane pestana di Assteas (o di Python), non è sola ma si trova insieme ad Ananke.
Posta tra Cadmo e Atena, con le sembianze di una giovane che sorge dalla terra Ananke, la personificazione della Necessità, della fatalità cosmogonica qui diventa la manifesta forza motrice della legge che determina le azioni di Cadmo e di tutti gli oikouroi opheis. Non è casuale che tale esplicita concretizzazione della volontà divina trovi l’humus più fecondo in ambito tirrenico dove i miti della saga tebana vengono adottati e scientificamente rimodellati e usati per legittimare lo statuto politico delle comunità italiche"³¹.
La saga tebana conosce una grandissima diffusione soprattutto in Etruria, fin dall’età arcaica per opere ufficiali di alto impegno e profondo valore politico e commemorativo e, in particolare, dal IV secolo in poi, in virtù della sua esemplarità nella condanna delle discordie interne e della disunione politica
³².
Al suddetto ciclo mitologico si collega l’immagine di Cadmo, documentata da un esiguo numero di urne,