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Apologia di Dragon Ball. Le ragioni di un successo planetario
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Apologia di Dragon Ball. Le ragioni di un successo planetario

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Dragon Ball è solo uno show pieno di combattimenti o è qualcosa di più? Cosa comunica allo spettatore? Perché ha lasciato una traccia indelebile nel cuore di generazioni di fan?

Il mondo creato da Akira Toriyama in quello che doveva essere solo un manga per ragazzi, è diventato la “Terra di Mezzo” del genere shōnen.

Il saggio mostra, anche a chi non è “esperto” dell’argomento, quanta ricchezza ci sia in Dragon Ball: c’è la quest, l’avventura, il racconto comico, il racconto drammatico, quello sentimentale, il racconto fantascientifico, l’epica, il rapporto genitori-figli ed altro ancora.

Questo manga/anime ha suggestionato oltre i limiti del genere cui appartiene, oltre i limiti del proprio target originale. Usando il linguaggio dei personaggi di Dragon Ball, si può affermare che ha superato il limite del super shōnen.

Tra un duello a colpi energetici e l’altro, tra un fiotto di sangue ed un kiai urlato con tutta la forza che si ha in corpo, si nascondono storie e personaggi d’insospettabile fascino e carisma.

LanguageItaliano
Release dateJun 16, 2016
ISBN9786050458688
Apologia di Dragon Ball. Le ragioni di un successo planetario

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    5/5
    complimenti per Chiara. una innovativa mannera di leggere Dragon ball
  • Rating: 4 out of 5 stars
    4/5
    Non mi stancherò mai di sentir parlare di Dragon Ball.
    Libro scritto in modo semplice e scorrevole, finito in un giorno.
    Tralasciando qualche piccola imprecisione, è un libro che offre spunti interessanti per i fan del manga/anime più conosciuto di sempre, soprattutto nei confronti con la letteratura e la mitologia occidentali, a dimostrazione del valore archetipico di alcuni personaggi e situazioni, che hanno fatto di un'opera senza pretese a riguardo un vero classico della cultura contemporanea.
    È stato anche piacevole poter leggere i testi in traduzione di alcune canzoni dell'anime e le possibili interpretazioni che esse ci offrono, testimonianza di un grande lavoro di ricerca dell'autrice.
    Devo ammettere che la mia percezione di alcuni degli eventi descritti è a volte leggermente diversa da quella fornita in questo libro, ma in fin dei conti leggiamo anche per questo, per arricchire le nostre conoscenze ed opinioni di punti di vista differenti.
    E Dragon Ball è veramente in grado di parlare a tutti.

Book preview

Apologia di Dragon Ball. Le ragioni di un successo planetario - Chiara Aviani Barbacci

classico

Introduzione

Dragon Ball nasce da ciò che doveva essere un semplice fumetto per ragazzi e diventa un’icona del manga giapponese con un prestigio che, a circa trent’anni dai suoi esordi, non sembra tramontare.

Durante questo periodo il manga Dragon Ball è diventato il ciclo di Dragon Ball. Questo perché la percezione, l’idea totale che un assiduo lettore/spettatore si è fatto nel corso del tempo sulla famosa serie non è derivata solo dalla storia originale, ma anche da tutte le variazioni, le aggiunte e gli altri racconti che l’hanno accompagnata e come incorniciatae che hanno lasciato in ogni fan una suggestione complessiva formata in realtà da diverse parti di un unico merchandising (film, episodi speciali, libri–guida, prequel, rappresentazioni teatrali, videogiochi, giochi di ruolo, canzoni tratte dall’anime o soltanto ispirate ad esso, e molto altro ancora), anche disconnesse tra di loro.

E’ un materiale narrativo complesso e a volte contraddittorio. Per fare un esempio vicino alla cultura occidentale, possiamo dire che questa espansione di materiale è avvenuta, come per il ciclo bretone o carolingio, anche con manifestazioni più periferiche rispetto al corpo centrale delle storie originali come nel teatro dei pupi siciliani. Ciò era accaduto anche alla materia omerica, oggetto di numerose rielaborazioni successive che ne avevano ripreso situazioni e personaggi reinterpretandoli, come l’Eneide e alcune delle tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Ma non stiamo parlando della materia omerica, del ciclo bretone o di quello carolingio: stiamo parlando di Dragon Ball.

Come è stato veramente possibile tutto questo? Molti dei primi fan della serie oggi sono giovani adulti, eppure non sembrano avere intenzione di rinnegare questa loro passione infantile.

Che cos’è esattamente Dragon Ball per uno dei suoi fan, anche ad Occidente dove si è molto lontani dalla cultura nella quale è nato e dove non si ha conoscenza del contesto che lo ha prodotto?

Ogni fan della serie iniziata dal mangaka[1] Akira Toriyama potrebbe raccontare il suo personalissimo e diverso Dragon Ball. Dipende molto dalle differenti sfumature di cui la serie si è tinta, a volte in maniera del tutto imponderabile e casuale passando dal manga all’anime, attraverso le traduzioni nelle varie lingue o in virtù dell’abbondante materiale che nel tempo è andato a formarsi intorno al prodotto originale.

Non senza conseguenze è stato il passaggio da un pubblico orientale ad uno occidentale (portatore di interpretazioni differenti è soprattutto l’adattamento in lingua inglese) che ha sortito inevitabilmente i suoi effetti sul modo di guardare alla serie giapponese.

Spesso in queste trasposizioni si sono rivelate indispensabili delle vere e proprie censure che per il pubblico nipponico non erano state necessarie.

Dragon Ball è una storia semplice e divertente di avventure e combattimenti, eppure ha saputo trasmettere ai suoi fan qualcosa di più, soprattutto la parte della storia chiamata Dragon Ball Z e particolarmente il suo adattamento anime, il quale ha avuto più diffusione in tutto il mondo rispetto alla versione manga, nonostante la qualità dei disegni nell’anime sia decisamente inferiore rispetto al manga che Toriyama ha realizzato di suo pugno.

E’ difficile capire il successo di Dragon Ball se non si accetta di entrare nella storia, nei personaggi, nelle dinamiche del suo mondo fantastico; tuttavia non appena ci addentriamo nella storia, restiamo sorpresi da quanto di inaspettato si possa tirarne fuori, ed è per questo che la serie creata da Toriyama ha influenzato moltissimi manga, anime e, a seguire, altri prodotti narrativi del mondo occidentale.

Anche chi non è troppo al dentro della materia si sarà fatto almeno un’idea del carattere comico e surreale di Dragon Ball dove, nel corso di combattimenti all’ultimo sangue, può accadere che esplodano montagne, si prosciughino laghi e i boschi diventino deserti.

Quel che molti ancora si chiedono è come e perché Dragon Ball si sia rivelato con il tempo un’ inesauribile fonte di ispirazione, in termini di personaggi, trama, effetti speciali, tecniche di combattimento, e perché regali ancora profonde emozioni agli appassionati. E’ questo ciò che si cercherà di spiegare, dal punto di vista di una fan occidentale, nei capitoli che seguono.

Ciò che si racconterà non sarà, probabilmente, quello che il suo autore, Akira Toriyama, aveva inizialmente immaginato di comunicare, tuttavia è proprio ciò che è passato davanti agli occhi di quanti hanno seguito lo sviluppo della serie nel corso degli anni, ed è parte di ciò che ha reso la serie così universalmente popolare.

Del resto, quasi metà di ciò che è stato prodotto e firmato Dragon Ball, e che i fan adorano, non è farina del sacco di Toriyama eppure fa ormai parte dell’universo delle sette sfere magiche.

Si potrebbe dire allora che Dragon Ball non lo si dovrebbe prendere troppo sul serio se il suo stesso autore non aveva immaginato di comunicare ciò che poi è arrivato ai suoi fan; si può aggiungere inoltre che Dragon Ball rimane tuttora una materia fluida, in continua evoluzione a causa dell’uscita di nuovi film e ulteriori serie che continuano la storia principale, tuttavia non si può assimilare questo anime ad un qualsiasi show per bambini .

Man mano che si va avanti si possono scoprire in Dragon Ball cose che non ci aspetteremmo davvero di trovare in una storia dove si trovano personaggi i cui nomi sono ispirati dalla biancheria intima, da vegetali o prodotti caseari, da pietanze della cucina giapponese. Fatto sta che quello che per lo stesso Toriyama doveva essere un semplice manga per ragazzi, facile da seguire e piacevole da leggere, è diventata una sorgente da cui trarre ispirazione per storie di ogni genere.

Dunque, da Dragon Ball si può tirare fuori veramente di tutto, e non basta mai. E’ come una grande scatola piena di biglie colorate che cerchiamo di prendere tutte insieme, ma sono troppe, troppo piccole, tonde e sfuggenti, e ci rotolano giù dalle mani e dalle braccia, e non riusciamo a tenerle, non tutte nello stesso momento.

Allo stupore, risponderei citando le considerazioni di re Theoden nel romanzo fantastico Il Signore degli Anelli quando apprende stupefatto da Gandalf della presenza degli Ent nella foresta di Fangorn, esseri che lui riteneva soltanto personaggi di vecchie favole per bambini: Ci occupavamo poco di tutto ciò che si trovava oltre i confini del nostro paese. Vi sono canzoni che parlano delle cose alle quali alludi, ma le stiamo dimenticando, e si insegnano solo ai bambini, come una qualunque consuetudine. Ed ora le canzoni giungono fra noi da luoghi strani e camminano sotto al sole dinnanzi ai nostri occhi.

Anche Dragon Ball viene da un mondo lontano, da un’altra cultura e nasce con l’apparenza di una storia improbabile, buona (appunto) per ragazzi... eppure se ci immergiamo, scopriamo con una certa meraviglia che molte delle cose che consideriamo avvincenti e appassionanti in altre storie, storie alle quali tendiamo a dare maggior credito perché magari non sono fumetti o cartoni animati, le ritroviamo in Dragon Ball.

Non resta allora che addentrarsi in quella che io credo sia la Terra di Mezzo del genere shōnen.

Come nell’ambito della narrativa fantasy Il Signore degli Anelli ha influenzato tutta una serie di romanzi successivi e da esso sono nati figli di natura diversa tra di loro, così è stato anche per Dragon Ball all’interno del suo genere, inesauribile fonte di ispirazione con la sua storia e i suoi personaggi.

Potremmo giocosamente trovare sorprendenti parallelismi tra Dragon Ball e Il Signore degli Anelli: le somiglianze dipendono proprio dal fatto che Dragon Ball, diversamente da altre opere del medesimo genere, ha finito per trattate questioni radicate nel profondo dell’animo umano e vi sono riferimenti ad archetipi universali in grado di catturare fan di ogni parte del mondo, in grado di parlare alla reale dimensione umana di ognuno di noi.

In questo lavoro intendo offrire il mio personale sguardo sulla serie, mettendo in risalto i legami che si possono scorgere tra Dragon Ball ed alcuni temi e personaggi fondanti la cultura occidentale. Tenterò di mettere in luce le ragioni per le quali il ciclo delle sette sfere, soprattutto con riferimento alla parte identificata nell’anime come Dragon Ball Z, ha potuto fare presa anche presso un pubblico non orientale (al di là del ruolo giocato dai vari adattamenti) e per le quali potrebbe essere apprezzato anche da chi è disinteressato nei confronti del genere shōnen[2] in generale.

Dragon Ball non è solo una lunga, vorticosa serie di gag, combattimenti, sangue, uccisioni, esplosioni, trasformazioni, addestramenti e nemici sempre più forti e crudeli; soprattutto la parte di Dragon Ball Z finisce, oltre le intenzioni di chi ha lavorato al progetto originale, per raccontare molto di più. Questo libro vuole quindi essere una sorta di apologia.

Un’apologia di Dragon Ball, una luce puntata su alcuni personaggi e vicende interne alla serie estremamente coinvolgenti e suggestive.

Qui si farà soprattutto riferimento, come già accennato, alla seconda parte della serie, che nelle trasposizioni anime è Dragonball Z[3] e che è stata successivamente revisionata come Dragon Ball Kai[4]. E’ infatti da metà dell’intero ciclo in poi che i toni del racconto cambiano in modo più evidente (pur se in un crescendo graduale) e affiorano fili narrativi meno leggeri[5]. Ci si riferirà a fatti, personaggi e tematiche presenti nella prima parte soltanto laddove servirà a spiegare meglio qualche aspetto particolare. Ci si riferirà infine ai dialoghi della versione della storia presentata in Dragon Ball Kai (non censurato, sia Dragon Ball Kai che Dragon Ball Kai 2014) poiché è l’anime revisionato per aderire maggiormente al manga e tuttavia mantiene quelle lievi modifiche che hanno segnato in modo indelebile la percezione finale della storia. Non saranno trascurati i dialoghi tratti direttamente dal manga o da altri adattamenti quando si rivelerà interessante per un confronto.

"C’era una volta… una storia che iniziava con un incontro[6]… ora è giunta ai nostri giorni… d’ora in poi ognuno di noi racconterà la propria storia con i suoi occhi… credo che ci sarà da divertirsi… "

Così Akira Toriyama aveva aperto il capitolo conclusivo del manga Dragon Ball, ritendendo, allora, che quella sarebbe stata la conclusione della storia scritta di suo pugno. Sembra quasi dire ai suoi lettori che avrebbero potuto continuare la storia come volevano, o magari che, semplicemente, la storia di Goku finiva ma la loro continuava.

Decenni dopo possiamo ben dire che la storia, in un modo o nell’altro, è continuata. Ogni fan ha guardato Dragon Ball con i propri occhi, con il proprio personale sguardo, e l’ha apprezzata per i motivi più diversi arrivando a darne anche una propria interpretazione. Quanto è accaduto, tuttavia, non è dipeso solo dalla suggestione e dalla fantasia dei fan: si spiega anche con gli archetipi contenuti in questa storia, simboli che strizzano l’occhio a tutti noi e ci sorprendono, lasciandoci la sensazione che ci siano stati offerti spunti sui quali possiamo riflettere.

Ecco perché si indagheranno vicende e personaggi che più hanno fatto presa sul pubblico e che offrono suggestioni archetipiche reinterpretabili potenzialmente all’infinito, perché il ciclo di Dragon Ball possiede veramente questo potere.

Si deve dire che non poche volte gli adattamenti occidentali dell’anime hanno modificato, forse anche in misura esagerata, il senso stesso di certe situazioni o di parti della storia, finendo per confondere il pubblico.

Questa differenza, piuttosto sostanziosa tra i testi dell’anime in giapponese e quello in inglese, è dovuta probabilmente al tentativo di spiegare con più chiarezza situazioni e dialoghi ritenuti troppo orientali e quindi di difficile comprensione per un pubblico occidentale oppure non adatti ad un pubblico di minori.

Nella versione giapponese molte cose sono lasciate intendere in maniera allusiva ed indiretta, ci sono lunghi silenzi che vanno interpretati. Il doppiaggio inglese cerca di renderle più esplicite inserendo pensieri e dialoghi inediti, il doppiaggio italiano spesso riempie i vuoti con i commenti della voce narrante, ma a volte, per voler essere troppo espliciti, si finisce per dire cose che in effetti modificano il significato della storia.

In questo lavoro si farà riferimento prevalentemente alla versione giapponese e saranno esplicitamente citate altre versioni solo quando sarà necessario. Ciò anche per mostrare come alcune tematiche e personaggi hanno affascinato un pubblico occidentale non solo per effetto degli adattamenti occidentali, ma innanzitutto per un fascino comunque insito nella versione giapponese, intrinsecamente capace di trasmettere valori che sono di per sé valori universali.

[1] Mangaka: disegnatore di fumetti manga

[2] Shōnen: uno dei generi nei quali si suddividono i manga e gli anime. La traduzione letterale del termine giapponese sta per ragazzo, ed indica che è un genere indirizzato ad un pubblico maschile, generalmente dall’età scolare alla maggiore età. Il genere shōnen si focalizza principalmente sull’azione e la trama si snoda tipicamente in una serie di sfide (di varia natura, di solito combattimenti) in cui i protagonisti vengono continuamente messi alla prova e per prepararsi a sconfiggere il nemico principale e di solito ritenuto imbattibile devono prima affrontare dei nemici minori, scontri che lungo la strada per giungere alla battaglia finale servono a fortificare i personaggi principali. C’è poco spazio per il tema amoroso. 

[3] Nel titolo dell’anime Dragonball Z la Z voleva inizialmente essere un 2 in quanto la serie è la trasposizione animata della seconda parte del manga Dragon Ball, ma a causa di un errore al posto del 2, male interpretato, fu scritta una Z e così è rimasta. Toriyama ha concluso senza farsi troppi problemi che la lettera Z ci stava comunque bene perché poteva anche rappresentare il livello finale delle capacità combattive alle quali arrivano i personaggi della storia. Nel manga non c’è alcuna divisione in due parti, essa è nata a seguito della trasposizione in versione animata, dando origine alla partitura in due serie distinte. 

[4] Dragon Ball Kai significa: Dragon Ball revisionato, è la nuova versione di Dragon Ball Z tagliata e ridoppiata per aderire di più al manga. 

[5] Il cambiamento di tono è evidente, a tal punto che in alcuni siti internet di streaming la prima serie viene definita (nella sezione che descrive il genere dell’anime) comica, e la seconda parte viene invece definita drammatica. Questa distinzione lascia il tempo che trova: entrambe le parti hanno sia elementi comici che drammatici, ed in generale tutta la storia vorrebbe (ma non sempre ci riesce) essere prevalentemente comica. Tuttavia sta di fatto che l’elemento drammatico nella seconda parte aumenta esponenzialmente. 

[6] L’incontro tra i personaggi di Bulma e Goku. 

Le Sfere del Drago

Le Sfere del Drago, che danno il nome all’intera storia, non sono sempre così rilevanti nell’arco della narrazione, ma fungono più che altro da espediente narrativo per avviare la vicenda e mandarla poi avanti. Le sfere sono sette ed in ognuna di esse è contenuto un determinato numero di stelle (da uno a sette).

Le sfere sono create inizialmente da un cosiddetto Clan Ryu (Clan del Drago) sul pianeta Namek.

Successivamente ne vengono create altre da un bambino di quel pianeta finito sulla Terra. Le sfere sono generalmente sparse per il mondo, e così rimangono finché Bulma ne rende possibile il ritrovamento per mezzo di un apposito strumento: il dragon radar, radar cerca sfere. Riunite tutte e sette, è possibile evocare il drago Shenron per chiedergli di esprimere un desiderio. Non appena il desiderio viene espresso le sette sfere tornano di nuovo a disperdersi per il mondo, rimanendo inattive per la durata di un anno, tramutate in pietre.

Le sfere sono l’oggetto del desiderio tanto di personaggi buoni che di personaggi cattivi e da questa sfida prende forma tutta la storia. Goku si mette inizialmente in viaggio per accompagnare Bulma in questa sorta di quest, ma Goku non ha alcun desiderio da esprimere di fronte al drago: a lui basterebbe anche solo di poter tenere con sè la sfera a quattro stelle, perché è un ricordo di suo nonno.

E’ caratteristico di Goku esprimere sempre e solo desideri che nulla hanno a che vedere con un qualche vantaggio personale ed uno dei primi è, non a caso, quello di riportare alla vita un uomo che aveva conosciuto e che era stato ucciso da uno spietato assassino.

Man mano che la storia procede accade che taluni antagonisti riescano a conseguire un qualche loro obiettivo di potere personale, mentre i buoni rinunciano col tempo a quelle aspirazioni che potremmo definire egoistiche o superficiali ed iniziano, piuttosto, ad utilizzare le sfere per fini nobili ed altruistici, quali il riportare alla vita un qualche amico caduto o ricostruire un pianeta distrutto. Il ritorno in vita dei guerrieri caduti, situazione che grazie alle Sfere del Drago è ricorrente nella storia, perde sempre più l’aspetto solenne di un ritorno in vita dalla morte per diventare un reingresso nel mondo dei mortali da parte dei protagonisti della serie. Si ritorna da ciò che potrebbe essere interpretato come una sorta di Avalon dal quale gli eroi caduti sono richiamati nel momento in cui c’è più bisogno di loro. Il loro stato di morte appare dunque come un sonno o come un temporaneo viaggio dal quale potranno essere richiamati qualora gli amici rimasti avessero bisogno del loro aiuto.

Ad un certo punto della storia questo suggestivo richiamo da una terra mitica rende superfluo anche il ricorso alle Sfere del Drago come espediente narrativo: nella saga di Majin Buu[1] vediamo che Gohan, colpito a morte, viene portato in salvo da Kaioshin e Kibith sul pianeta dei Kaioshin per essere curato ed addestrato mentre tutti lo credono morto.

Per diventare più forte Gohan ha qui la possibilità di estrarre da una roccia una spada e di allenarsi fino ad accrescere a dismisura i propri poteri.

Grazie al soggiorno sul pianeta dei Kaioshin potrà competere efficacemente, tornato al momento opportuno sulla Terra, con il crudele Majin Buu. E’ evidente la somiglianza con la vicenda di re Artù nel ciclo Bretone. Artù estrae da una roccia la sua famosa spada e quando appare ferito a morte, anziché morire, viene portato in salvo da esseri soprannaturali (come sono i Kaioshin) sull’isola di Avalon. Da quest’isola (si dice) tornerà per salvare la Britannia quando sarà ancora in pericolo.

Questo morire ed essere resuscitati compiuto da non pochi protagonisti, sottintende in alcuni casi anche un concetto di redenzione metaforica, come è suggestivo vedere nel caso di Vegeta: egli parte da una posizione di antagonista fino a diventare uno degli eroi principali della serie, e questo lento passaggio inizia su Namek, dove egli muore e viene seppellito da Goku, lo stesso personaggio che è il principale artefice della sua redenzione. Tornerà in vita, poco dopo, grazie alle Sfere del Drago. Alla fine della prima parte della storia i vari personaggi principali metteranno in discussione l’importanza delle Sfere del Drago constatando quanti pericoli hanno dovuto affrontare a causa di esse, ma alla fine tutti concorderanno che, nonostante tutto, le sfere hanno permesso loro di incontrarsi e di questo sono grati e felici.

Le Sfere del Drago finiscono un po’ quasi per rappresentare in generale le speranze ed i sogni dell’umanità: lo stesso drago originario, il drago Polunga, ha un nome che significa dio dei sogni. Il Capo Anziano di Namek, creatore delle sfere del pianeta verde, parlando dei terribili conflitti che stanno sterminando gli ultimi namecciani rimasti fa riferimento a questo valore simbolico che hanno le Sfere del Drago.

Capo Anziano: A causa di questi esseri malvagi… tutti i miei figli stanno morendo… che tristezza… cercano le Sfere del Drago, vero? Non avrei mai immaginato che sarebbe successo questo. Loro rappresentano la saggezza e la forza dei Namecciani. Le sfere della speranza.

Anche alla fine del manga c’è un’allusione alle Sfere del Drago che ci fa pensare alla speranza. Infatti, siamo ormai alle ultime vignette della storia e la voce narrante ci dice: mi fermo qui a raccontare le avventure di Goku e dei suoi amici… le loro avventure continueranno con tanti problemi, ma li potranno superare come li hanno superati finora… sì, certamente, finché ci sono le Sfere del Drago!

In tutto questo, Goku finisce per diventare una sorta di protettore di quelli che sono i veri sogni dell’umanità. Riguardo a questo c’è anche da fare riferimento ad una delle sue tecniche più potenti: la sfera Genkidama.

La sfera Genkidama è in grado di distruggere le entità malvagie e si forma se un essere dal cuore puro raccoglie un po’ dell’energia vitale di tutti gli esseri viventi ed anche l’energia dei corpi celesti. Inizialmente Goku raccoglierà poca energia, soprattutto dalle piante e dai corpi celesti, ma alla fine della storia sarà costretto a chiedere agli abitanti della Terra, esseri umani dunque, di donargli spontaneamente l’energia necessaria a creare una sfera Genkidama abbastanza grande da distruggere Majin Buu, e sarà veramente difficile poiché inizialmente i Terrestri non gli crederanno e non vorranno dargli ascolto. L’energia donata dai Terrestri, guardando l’anime, non ci appare solo come mera energia: quando qualcuno decide di donare un po’ di energia a Goku si vede che lo fa riponendo in quel gesto tutte le proprie speranze.

Uno sguardo alla trama (per chi non conosce la storia)

C’era una volta, in un paese di montagna a migliaia di chilometri dalla civiltà… è così che iniziano le storie fantastiche, non è vero?

Con queste righe inizia il manga Dragon Ball, che subito presenta il personaggio di Goku descrivendolo come un ragazzino che vive da solo in una piccola casa nel bosco su di una montagna. Fino ad un certo punto della serie, il racconto delle avventure del giovane Son Goku è caratterizzato da una grande quantità di gag divertenti, anche i combattimenti iniziali sono comici, ed il lettore/spettatore viene via via stupito dall’ingenuità del protagonista, che scopre il mondo dopo aver vissuto per dodici anni praticamente isolato, con la sola compagnia degli animali e del nonno, che all’inizio della storia è già morto da qualche tempo. Man mano che si va avanti i nemici e le sfide da affrontare si faranno sempre più ardue, ed anche decisamente cruente.

Dragon Ball nasce inizialmente come una parodia priva di particolari pretese. Da una parte parodizzava i film d’azione e d’arti marziali dell’epoca, dall’altra parodizzava i personaggi ed il contesto fantastico di un classico della letteratura cinese, il romanzo: A Journey to the West ("Il viaggio in Occidente"). Quando ad Akira Toriyama viene proposto di cimentarsi in una serie shōnen, egli decide di ispirarsi ai personaggi e al tema della quest, della ricerca, presente in A Journey to the West, per avere una base solida con cui cominciare ad elaborare la sua storia e non dover ideare la serie partendo completamente da zero. Andando avanti, pubblicazione dopo pubblicazione e a seconda della risposta del pubblico, Toriyama cambierà toni e tematiche, cambierà ambientazioni e tipologia di avventure per cercare di riscuotere sempre maggiore attenzione da parte dei lettori. Contro la stessa originale e dichiarata volontà del suo divertito autore[1], finisce tuttavia per cimentarsi con tematiche sulle quali c’è poco da ridere.

L’autore intendeva tenersi lontano dall’affrontare argomenti particolarmente seri, eppure sembra quasi che la sua storia gli sia come sfuggita di mano[2] trasformandosi in un serbatoio incredibilmente vasto di metafore suggestive e personaggi irripetibili. Toriyama non ha mai preso sul serio Dragon Ball, ma i suoi fan si sono sentiti spinti a farlo: il perché, l’autore del manga non sa spiegarlo.

Il pianeta Terra sul quale la storia ha inizio non è il pianeta Terra realmente esistente e sul quale noi viviamo, ma una trasposizione fantastica di esso: le terre emerse ed i paesi che lo compongono sono completamente diversi (esiste una mappa ben precisa delle terre emerse del pianeta Terra di Dragon Ball: c’è un unico grande continente circondato da isole più o meno grandi ed arcipelaghi) e vi convivono umani terrestri (giocosamente rappresentati come animali parlanti, gente occidentale, cinese, giapponese, indiana, africana, nativa d’America), macchine volanti, capsule tascabili grandi pochi centimetri in cui puoi rinchiudere anche una casa o un elicottero, animali preistorici, draghi, maghi, demoni isolati in una dimensione parallela e nascosta, ed esseri investiti di incarichi divini.

Gli anni del calendario che scandiscono la vita dei personaggi della storia non hanno alcun riferimento con quelli esistenti nel mondo reale (nella storia gli anni delle epoche in cui vivono i nostri personaggi hanno numeri a tre cifre, per fare un esempio: Vegeta nasce nell’anno 732), ma i mesi sono quelli del nostro calendario: Aprile, Maggio, e così via. L’intera storia si svolge nell’arco di circa ventiquattro anni, circa trentasei se si conta come inizio la distruzione del pianeta Vegeta. La seconda parte della serie, quella che in questo lavoro ci interessa di più, si divide principalmente in quattro saghe, che possiamo chiamare, per comprendere nella loro massima estensione gli eventi narrati al loro interno: la saga dei Saiyan, la saga di Freezer, la "saga degli umani artificiali[3], ed infine la saga di Majin Buu". Anche dando alla trama uno sguardo rapidissimo e poco approfondito, ci rendiamo conto che per quanto possiamo trovare Dragon Ball divertente, spesso esso si tinge di colori struggenti.

La saga dei Saiyan fa quasi da introduzione al cambiamento di tono che caratterizzerà il resto di Dragon Ball Z da quel momento in avanti: Goku scopre le sue origini ed è costretto ad affrontare gli ultimi superstiti della sua stessa razza aliena, ovvero dei barbari assetati di sangue ed intrisi di ardore guerriero fino al midollo. Il primo di loro ad entrare in scena, rapisce addirittura Gohan, il figlio di Goku.

Goku, il protagonista, muore all’inizio della saga ed affronta un lungo viaggio nell’aldilà per diventare più forte grazie all’addestramento ricevuto da parte di un essere investito di incarichi divini e tornare in vita in tempo per salvare la sua famiglia ed i suoi amici, nonché l’intero pianeta Terra. (Bisogna guardare con attenzione alla saga dei Saiyan, che pure è una delle più brevi, poiché introduce delle novità nel genere shōnen: la prima è che il protagonista ha una famiglia sua, la seconda è che muore quasi subito, la terza è che vengono introdotti i viaggi nello spazio).

Al suo ritorno nel mondo dei vivi Goku scopre di non avere ancora la forza sufficiente per affrontare il più pericoloso dei Saiyan, lo spietato Vegeta, che mostra ad uno sgomentato Goku un nuovo sorprendente livello di potenza. Per Goku lo scontro con i Saiyan costituisce un punto di rottura: non sarà più esattamente lo stesso d’ora in poi, prenderà sempre più coscienza della sua identità saiyan e dovrà fare i conti con essa. Vegeta è forte, ma anche lui può diventare più forte. Con le ossa in frantumi ed incapace di muoversi, Goku riesce ad incitare i suoi ultimi amici sopravvissuti ed il figlio Gohan a continuare a combattere nonostante il Saiyan sembri immortale, dopotutto il lungo combattimento lo ha molto indebolito. Alla fine Vegeta è costretto a battere in ritirata e Goku implora gli altri di lasciarlo fuggire: lo spirito guerriero dei Saiyan arde anche in Goku, ed egli vuole

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