Antologia di Giovanni Pascoli: a cura di Alberto Casadei
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Antologia di Giovanni Pascoli - Alberto Casadei
a cura di Alberto Casadei
Giovanni Pascoli. Antologia
Giovanni Pascoli
Antologia
a cura di Alberto Casadei
Edizione Maggio 2016
ISBN 9788899851002
Si ringraziano:
Museo Casa Pascoli di Barga
il Conservatore del Museo Casa Pascoli, Gianluigi Ruggio
il Comune di Barga
il Sindaco di Barga, Umberto Sereni
l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico
RAI International
L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani e delle immagini riprodotti nel presente volume.
Versione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
ISBN: 9788899851002
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un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice
Premessa
Introduzione
Biografia
SAN MAURO DI ROMAGNA 1855:
1855-1862. SAN MAURO DI ROMAGNA:
1862-1871. IN COLLEGIO AD URBINO:
DIECI AGOSTO 1867:
1867-1873. ANNI DI TRAGEDIE FAMILIARI:
1873 - 1884. BOLOGNA:
1873-1884. STUDENTE A BOLOGNA:
1885-1894. DA MASSA A LIVORNO:
1885-1894. PROFESSORE E POETA IN ITALIANO E LATINO:
1894 - 1896:
CASTELVECCHIO DI BARGA:
1898 - 1912. GLI ULTIMI ANNI:
Antologia
MYRICAE
IL GIORNO DEI MORTI
NOTE A IL GIORNO DEI MORTI
ROMAGNA
NOTE A ROMAGNA
ARANO
NOTE AD ARANO
LAVANDARE
NOTE A LAVANDARE
FESTA LONTANA
NOTE A FESTA LONTANA
DIALOGO
NOTE A DIALOGO
ALBA
NOTE AD ALBA
L’ASSIUOLO
NOTE A L’ASSIUOLO
TEMPORALE
NOTE A TEMPORALE
IL LAMPO
NOTE A IL LAMPO
ULTIMO SOGNO
NOTE A ULTIMO SOGNO
X AGOSTO
NOTE A X AGOSTO
CANTI DI CASTELVECCHIO
NEBBIA
NOTE A NEBBIA
L’ORA DI BARGA
NOTE A L’ORA DI BARGA
LA MIA SERA
NOTE A LA MIA SERA
IL GELSOMINO NOTTURNO
NOTE A IL GELSOMINO NOTTURNO
IL CIOCCO
NOTE A IL CIOCCO
LA VOCE
NOTE A LA VOCE
LA CAVALLA STORNA
NOTE A LA CAVALLA STORNA
IL BOLIDE
NOTE A IL BOLIDE
TRA SAN MAURO E SAVIGNANO
NOTE A TRA SAN MAURO E SAVIGNANO
PRIMI POEMETTI
L’AQUILONE
NOTE A L’AQUILONE
ITALY
NOTE A ITALY
POEMI CONVIVIALI
ALEXANDROS
NOTE AD ALEXANDROS
SOLON
NOTE A SOLON
ODI E INNI
INNO DEGLI EMIGRATI ITALIANI A DANTE
NOTE A INNO DEGLI EMIGRATI ITALIANI A DANTE
CANZONI DI RE ENZIO
DALLA CANZONE DEL CARROCCIO:
IX. I PRIGIONI
NOTE A I PRIGIONI
DALLA CANZONE DELL’OLIFANTE
I. LA VEDETTA
NOTE A LA VEDETTA VV. 1-28
VII. L’OLIFANTE
NOTE A L’OLIFANTE
VIII. IL SACRO IMPERO
NOTE A IL SACRO IMPERO
PASCOLI NON SOLO POETA INTIMISTA
LE LETTURE PASCOLIANE DELLA DANTE
Premessa
Piuttosto che aggiungere il mio d’incompetente al giudizio su Pascoli di quanti studiano a fondo la poesia moderna italiana e le sue radici, che individuano appunto in lui, vorrei far parte di un ricordo personale.
Siamo nel 1942. La guerra, le incursioni aeree su stazioni, ferrovie, maggiori strade di comunicazione, rendono, anche in Italia, ormai difficili ed aleatori gli spostamenti.
Eppure Mariù, sorella di Pascoli, ottantenne, non intende rinunciare a venire a Roma in automobile per chiedere che degli importanti lavori già iniziati siano portati avanti presso le scuole di Barga, nell’alta Lucchesia, dove è rimasta a vivere dopo la morte del fratello.
Ricevuta dal Capo del Governo, che le dà le attese assicurazioni, passa a casa nostra per una breve pausa e un ristoro. Mia madre la invita a rimanere la notte e rinviare la partenza al giorno dopo. Con le mie sorelle insistiamo: saremmo felici ci raccontasse ancora qualcosa del grande fratello-poeta. Ma Mariù è fermissima. È stata già troppe ore lontana, Giovannino la attende nelle stanze vuote: non può farlo aspettare.
Ambasciatore Bruno Bottai
Presidente della Società Dante Alighieri
Introduzione
Un Pascoli per tutti
Per molti, Pascoli è ancora oggi il poeta della natura e del rimpianto, dei gravi lutti familiari e delle piccole gioie domestiche. Eppure, se si guarda l’opera pascoliana nella sua interezza, ci si accorge che la sua articolazione è molto più sfaccettata, e che sono tanti i suoi aspetti da scoprire. Pascoli, è vero, nasce come poeta impressionista e delicatamente romantico-simbolista. Ma già la sua prima raccolta, Myricae, costituisce un work in progress, un’opera che parte da un piccolo nucleo di ventidue componimenti (pubblicati nel 1891), per poi arrivare a centocinquanta nella quinta e definitiva edizione (1900). È ovvio allora che già in Myricae si colgano modi poetici e temi assai diversi, sia pure sulla base di una sensibilità comune. Ecco, per esempio, Temporale, un componimento che possiamo considerare tipico del filone più legato all’impressionismo:
Un bubbolìo lontano...
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.
Dove è chiaro che gli elementi sensoriali (il rumore del bubbolìo
, i forti contrasti cromatici creati menzionando il cielo rosso verso il mare, il nero di pece a monte e la chiarezza delle nubi) vengono resi poetici da due metafore fortemente concrete: quella delle nubi che sono ridotte a stracci
e quella del casolare
, piccolo rifugio immerso nel nero della tempesta, che diventa per analogia un’ala di gabbiano
. Sono procedimenti molto cari ai simbolisti francesi, che Pascoli conosce bene e che però fonde con la sua cultura classica e con la sua personale sensibilità, fortemente legata al ritmo biologico della natura.
Ecco allora che tali elementi, collocati nell’insieme della raccolta più marcatamente lirica di Pascoli, costituiscono in realtà un tentativo di rilettura del rapporto natura/individuo per coglierne nuovi caratteri, soprattutto in relazione all’avvenimento più consueto e insieme più inspiegabile, la morte, che aleggia in tanti componimenti, a cominciare da quelli dedicati all’evento che ha disgregato la tranquillità della vita infantile del poeta, l’assassinio del padre. Questo trauma, esibito e nello stesso tempo affrontato per vie indirette (e spesso esaminate dai critici con gli strumenti della psicanalisi) in tante poesie, costituisce in un certo senso la spinta più forte a tentare un’indagine all’interno della natura, per comprendere per esempio come, misteriosamente, i vivi e i morti rimangono legati.
L’impressionismo pascoliano è quindi in primo luogo un tentativo di scoprire aspetti della natura che riescano a spiegare meglio i dubbi laceranti della psiche: e già in questo si coglie un segno di modernità. Ma è poi interessante che la componente liricosimbolista si evolva anche da una raccolta all’altra, e diventi con la seconda, i Canti di Castelvecchio (1903), già molto più attenta a una dimensione non solo personale ma familiare o legata a una piccola comunità. L’impatto con il nuovo ambiente (dopo la nativa San Mauro in Romagna, la Garfagnana di Castelvecchio) è mediato dalla creazione di un proprio nido
, nel tentativo di ricostruire un’affinità profonda con le sorelle più vicine, che peraltro solo in parte può risarcire la distruzione traumatica del nido
infantile. Tuttavia, il dolore personale o familiare viene progressivamente paragonato a quello collettivo, alle perdite che ciascun individuo deve subire nella vita, e questa nuova vicinanza-solidarietà comincia a far interessare il poeta alle storie altrui, conferendo una dimensione più narrativa alla sua poesia.
È una dimensione che si sviluppa soprattutto nei Poemetti, nati in parte contemporaneamente ai Canti, e poi divisi in due raccolte, i Primi (1904) e i Nuovi (1909): in essi, la civiltà contadina nel suo insieme è oggetto del racconto, proprio quando si cominciano a cogliere i primi segni della sua precarietà, accentuata per esempio dall’emigrazione, assai forte anche dall’alta Toscana. Il contrasto fra chi è rimasto e gli emigrati che tornano al loro paese natale, magari con figli nati negli Stati Uniti che sanno ben poco delle loro origini, è evidente per esempio nel lungo poemetto Italy, di cui proponiamo una strofa esemplare:
Un campettino da vangare, un nido
da riposare: riposare, e ancora
gettare in sogno quel lontano grido:
Will you buy... per Chicago e Baltimora,
buy images... per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:
cheap!... nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! tra un urlerìo che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta...
Tu non sai come, intorno a te le cime
sono dell’Alpi, in cui si arrossa il cielo:
chi canta, è il gallo sopra il tuo concime.
«La mi’ Mèrica! Quando entra quel gelo,
ch’uno ritrova quella stufa roggia
per il gran coke, e si rià, poor fellow!
O va per via, battuto dalla pioggia.
Trova un farm. You want buy? Mostra il baschetto.
Un uomo compra tutto. Anche, l’alloggia!»
Diceva alcuno; ed assentiano al detto
gli altri seduti entro la casa nera,
più nera sotto il bianco orlo del tetto.
Uno guardò la piccola straniera,
prima non vista, muta, che tossì.
«You like this country...» Ella negò severa:
«Oh no! Bad Italy! Bad Italy!»
Mentre qualcuno sogna l’America e gli acquisti a buon mercato (cheap
, economici, ma Pascoli gioca con l’omofonia del verso di un uccellino, cip
), e qualcuno ricorda le tante cose che vi si possono trovare, dalla stufa rossa per il tanto carbone (coke
) alla fattoria
(farm
), dove si possono vendere le immagini
estratte da un paniere (baschetto
), la piccola Maria-Molly, nata là, non può fare confronti, e trova soltanto che Italy
sia cattiva
(bad
). Ma nel corso del componimento si evidenzierà un ben più forte legame, biologico appunto e culturale, fra la nipote e la nonna, e si capirà che deve esistere una solidarietà autentica fra tutti gli italiani, rimasti nella madrepatria o emigrati. La forza narrativa del componimento sta però, più ancora che nel tema, nella capacità di inserire nel tessuto del testo molti termini inglesi o anglismi o tipiche italianizzazioni popolari di vocaboli anglosassoni (come qui baschetto
da basket
). Si tratta di un plurilinguismo non banale, che, mentre rappresenta realisticamente il linguaggio degli emigranti, rende più mosso il dettato, e che certo risente a suo modo della lezione di uno degli autori più cari a Pascoli, il Dante della Commedia, campione di plurilinguismo e pluristilismo.
Nei suoi ultimi anni di vita, il poeta di San Mauro rafforza l’impegno civile e politico, basato su un socialismo sui generis che diventa poi sostegno per l’opera di unificazione nazionale. Ora che siamo in grado di storicizzare gli aspetti più scomodi, e in particolare quelli più ingenuamente nazionalistici, di quest’ultima fase pascoliana, possiamo anche tornare a cogliere gli aspetti epici di molti quadri offerti nelle raccolte edite o almeno organizzate dal 1906 (anno di Odi e inni) agli incompiuti Poemi del Risorgimento (editi postumi nel 1913), senza dimenticare i quadri classici, ma percorsi da una psicologia inquieta e moderna, dei Poemi conviviali (1904). Sull’esempio di Carducci, Pascoli ricostruisce un passato che deve condurre a ritrovare radici comuni, persino in episodi a volte drammatici, come la prigionia di re Enzio, figlio di Federico II, a Bologna. Proprio nelle Canzoni di re Enzio, composte tra il 1908 e il 1909, si trovano elementi epici, a cominciare dall’uso di lasse di endecasillabi sciolti (ovvero non rimati), di un lessico e di una sintassi sostenuti: ma anche in questo caso, non mancano gli elementi che contraddistinguono l’intera opera pascoliana. Prendiamo per esempio un passo dalla Canzone dell’Olifante (corno da caccia, usato anche da grandi eroi come Orlando):
Fu il venerdì, ch’era dolore e sangue
e la battaglia al Prato delle rose.
Bello era il tempo e tralucente il giorno.
Enzio era volto a dove nasce il sole.
Di là! l’altr’anno, sorgere una stella
soleva, lunga, che parea selvaggia
del cupo cielo, e lo fendeva in fuga,
lasciando il segno come una ferita.
Tutte le notti dall’agosto al verno
sorgea, come una fiaccola di guerra
sur una torre, e sotto quella luce
nere apparian le torri di Bologna,
immobili, erte, le dugento scolte
veglianti intorno al re prigione.
In questo passo, come nell’intera Canzone, si fondono storie e tempi diversi: quello di Enzio prigioniero, quello relativo a suo fratello Manfredi, che il venerdì 26 febbraio 1266 viene sconfitto a Benevento presso il Prato delle rose, e quello del paladino Orlando, impegnato a Roncisvalle (della Chanson de Roland Pascoli stesso dice di aver rielaborato varie lasse, adattandole nelle sue). Questa sovrapposizione di piani temporali è complessa e moderna, dato che una banale imitazione dell’epica antica avrebbe dovuto collocare le vicende in una sorta di presente assoluto, senza mescolarle tra loro. Per di più, gli elementi impressionistici, che abbiamo già notato in Temporale e che erano in parte presenti pure in Italy (la casa nera, / più nera sotto il bianco orlo del tetto
), tornano anche in questa Canzone, a connotare le descrizioni di una venatura psicologica (le torri di Bologna
appaiono nere
sotto la luce della stella selvaggia
nel cupo cielo
: ma gli elementi naturalistici riflettono evidentemente anche lo stato d’animo del re prigioniero, come dimostra implicitamente il paragone di tipo antropomorfico lasciando il segno come una ferita
). Insomma, anche nel Pascoli meno noto si potranno trovare elementi di notevole interesse formale e tematico: un’epica legata all’Italia che nasce da un progressivo allargamento del campo poetico dal dolore del singolo e della natura alla storia di un popolo.
La nuova antologia pascoliana, nata sotto gli auspici della Società Dante Alighieri, accoglie i presupposti sin qui indicati e si propone innanzitutto di accompagnare il lettore alla scoperta dei tanti significati nascosti sotto l’apparente semplicità dei versi, e delle tante sfumature stilistiche e metriche che il poeta di San Mauro ha saputo offrire alla lirica italiana. Non a caso, Pascoli è, nel corso del Novecento, uno dei poeti italiani più imitati, magari in modi indiretti o trasgressivi, come nel caso di Pier Paolo Pasolini, dalle prime poesie fino alle Ceneri di Gramsci.
Da parecchio tempo la critica ha sottolineato la carica innovativa prima di tutto del linguaggio pascoliano: un linguaggio, a detta del grande studioso Gianfranco Contini, che sfrutta non solo le componenti normali, grammaticali, ma anche quelle puramente foniche, le risonanze pre- o post-grammaticali, quasi indipendentemente dal significato normale delle parole. In questa prospettiva, come si è già accennato, Pascoli s’inserisce senza dubbio nel grande filone del simbolismo europeo, sempre alla ricerca di armoniche nascoste nella natura, per disvelare significati misteriosi della realtà. L’antologia evidenzia tale aspetto, assai presente in tanti testi di Myricae e dei Canti di Castelvecchio, sino alle aperture cosmiche de Il ciocco.
Ma nella presente antologia si dà pure conto delle componenti più intime e sofferte dell’indagine pascoliana dentro e oltre la natura e il linguaggio. Le immagini più forti e più tipiche dell’impressionismo pascoliano, numerose soprattutto in Myricae, sarebbero assai meno significative se non facessero parte di una raccolta che sottolinea l’inevitabile presenza della morte nel ciclo vitale: una presenza che può essere benevola ma può anche diventare ossessiva, come si riscontra nei tanti testi dedicati al lutto personale, a quell’assassinio del padre rievocato in X Agosto o, con accenti epici, in La cavalla storna.
La forza di Pascoli oggi si deve tuttavia cogliere anche su altri piani, e in particolare su quello dei temi. Dopo le prime raccolte, giustamente tuttora le più note a livello scolastico, il poeta seppe rinnovarsi, aprendo decisamente la sua lirica alla storia. Legandosi sempre a luoghi precisi, dalla nativa Romagna alla Garfagnana, Pascoli seppe entrare nei microcosmi in cui viveva, per esempio mettendo in luce i cambiamenti introdotti dalla modernità attraverso personaggi indimenticabili, come la piccola Molly di Italy. L’ultima produzione pascoliana appare poi ricca di valori epici, tali da far riconoscere una continuità storica alla giovane nazione italiana, ancora in parte divisa agli inizi del Novecento. La forza che già il Carducci maestro di Pascoli aveva saputo riconoscere nel movimento risorgimentale viene in queste raccolte individuata soprattutto in alcuni grandi personaggi antichi e moderni, artisti e poeti, eroi e condottieri, ma anche sovrani dalla vita infelice, come re Enzio.
La nuova antologia vuole insomma rappresentare l’intero percorso pascoliano, dando conto dei cambiamenti e delle innovazioni del poeta, e nello stesso tempo ricostruendo una componente importante della storia letteraria e civile d’Italia. Resta escluso solo il Pascoli latino, che peraltro, con nuove traduzioni e adeguati commenti, tornerebbe ad essere apprezzato tanto per la sua raffinata sensibilità linguistica, quanto per l’interpretazione che egli sa proporre delle radici più antiche della civiltà italiana. L’antologia della Dante
si propone quindi di collocare Pascoli in una nuova prospettiva, tornando ad illuminare aspetti poco noti della sua opera; di fornire spiegazioni adatte alla lettura ed anche ad un uso didattico dei testi; di segnalare le abilissime tessiture stilistiche e metriche delle poesie pascoliane. Saranno così ancor più apprezzate le letture che di alcune di esse propongono gli allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico
, che si possono ascoltare attraverso il sito della Dante
(www.ladante.it).
Alberto Casadei
Biografia
SAN MAURO DI ROMAGNA 1855:
IL LUOGO DI NASCITA E LA FAMIGLIA
Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna (dal 1933 San Mauro Pascoli, in provincia di Forlì-Cesena), un borgo nella pianura tra Cesena e Rimini, a pochi chilometri dal mare. È il quarto di dieci figli (ma due sorelle moriranno l’una a dieci mesi nel 1862, l’altra a cinque anni nel 1865).
I genitori sono entrambi romagnoli; la madre, Caterina Vincenzi Alloccatelli (nata nel 1828), è di San Mauro; il padre, Ruggero (nato nel 1815), di Ravenna, abita e lavora lì come amministratore della tenuta La Torre, vicino San Mauro, di proprietà del nobile romano Alessandro Torlonia. Pochi anni dopo, proprio nella tenuta La Torre, nasceranno le due sorelle che avranno più importanza nella vita adulta di Pascoli: Ida (22 ottobre 1863) e soprattutto Maria (1 novembre 1865), che gli sarà accanto sul letto di morte.
La casa di San Mauro sarà protagonista di una poesia di circa quarant’anni dopo, Casa mia (1897, edizione definitiva 1903).
La casa materna a San Mauro
"M’era la casa avanti, / tacita