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Via dei Desideri, 20
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Ebook142 pages1 hour

Via dei Desideri, 20

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About this ebook

Il libro narra di una giovane donna alle prese con le varie problematiche della vita. Interessante è carpire lo spirito nello scansare o superare gli ostacoli. L'esistenza è da paragonare a una tavolozza di colori che la protagonista usa a suo piacimento per creare luci e ombre, necessarie a dare un impronta personale al quadro.
LanguageItaliano
Release dateMay 11, 2016
ISBN9786050436167
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    Via dei Desideri, 20 - Anna Fortunato

    BIOGRAFIA

    Anna Fortunato nata a Vittoria (RG) nel Febbraio del 1978, consegue il diploma di segretaria di amministrazione nel 1997. Incline da sempre al disegno e alla scrittura letteraria e creativa. Grazie alla capacità che dimostra di sintetizzare con efficacia, i suoi romanzi presentano una prosa agile e scorrevole, dai contenuti avvincenti e impegnati. 

    La giovane scrittrice narra una spudorata verità con trascinante sapienza e tratta argomenti con spontanea disinibizione.

    VIA DEI DESIDERI, 20

    Il cuore di Anna si trovava in stato d’assedio; il desiderio inaudito di poter scrivere uno spaccato di vita bramava. Il medesimo elemento di disturbo che ammantava anche il cuore di Maria. 

    <>.

    La storia era arrivata prima di quanto, Anna potesse immaginare… 

    <>. 

    Maria toccava il cielo con un dito, il suo sogno stava per essere stanato dal nascondiglio; non interrogò a lungo il suo cuore, la voce di quella scrittrice l’aveva rapita, doveva essere lei la penna magica che avrebbe redatto le pagine del libro più prezioso così ebbe inizio una lunga collaborazione telefonica……….

    CAPITOLO 1

    IL SOGNO E’ L’INFINITA OMBRA DEL VERO

    (cit. Pascoli)

    La via dei Desideri, meta ambita da parecchi, era privilegio solo per pochi eletti. Quel luogo eccelleva nel riuscire a trascinare misteriosamente in un’altra dimensione. Non era insito di fastose opere architettoniche né d’ingombranti lustri, tuttavia ricco di magia. L’unico elemento attrattivo era un lungo viale di alberi secolari, popolati da cicale stridenti. 

    Quegli alberi erano stati testimoni di numerosi avvenimenti, conoscevano bene il vissuto di molte persone. Non avevano voce in capitolo perché non avrebbero potuto parlare, ma per i più sensibili, parlavano e come… 

    La loro folta capigliatura ne era la prova tangibile; nei momenti bui, si gonfiava e si agitava da una parte all’altra guidata dal vento impetuoso, ma quando la destriera contentezza arrivava, la loro chioma era come se si agghindasse a festa per farsi carezzare e illuminare dai raggi violetti. Era in quei momenti che brillavano di luce nuova e il loro malumore faceva spazio al puro ottimismo. 

    Ad assistere a quel meraviglioso susseguirsi di emozioni, c'erano un piccolo balcone di una vecchia abitazione e l’amica, una giovane donna. Noncurante dell’imbarazzo della padrona di casa, ossia una ringhiera arrugginita, ogni dì vi poggiava le esili ed effeminate braccia mentre si concedeva il lusso di farsi trascinare dalla fantasia; sognava di maritarsi con un uomo affettuoso, romantico, premuroso, bello e aitante e perché no, magari anche ricco.

    Desiderava una sana famiglia unita pronta a soddisfare qualsiasi esigenza altrui e pronta a concedersi senza limiti, inoltre avrebbe tanto voluto una bella casa accogliente nonostante le maestose dimensioni.

    Chissà quanti sogni ancora l’avrebbero tenuto in vita (il suo animo), una cosa era certa, sognare non aveva fatto mai male a nessuno e quel luogo, di sogni fatti a occhi aperti, ne custodiva di ogni. Restava in quella posizione per delle ore con addosso solo un gran sorriso, proveniente chissà da dove.

    Com’era bella Maria, da tutti chiamata Mariuccia! Il suo nome faceva presagire quanta grazia ed eleganza poteva elargire. Spesso, a suo dire, una cara amica di famiglia le ripeteva a mò di cantilena: <>. 

    Eh sì, riusciva a incantare non solo con gli irresistibili lineamenti del volto né con le lunghe gambe perfettamente allineate né tanto meno con la statuaria altezza e neanche con il manto di capelli castani sapientemente lisciato che tanto ricordava la sfavillante criniera di un puro-sangue, l’arduo compito di stregare chiunque la incontrasse, era affidato al suo buon cuore e ai sentimenti che serbava. 

    Dolce? Come il miele ambrato. 

    Protettiva? Come una mamma chioccia. 

    Garbata? Come una regina durante un ricevimento di gala. 

    Timida? Come un panda rosso. 

    Ancora immobile, si destava dal suo stucchevole peregrinare, solo a causa del torpore alle braccia Ahi che fastidio, pare, esser il pizzico di un paio di chele

    A quel punto, si scuoteva un po’ il viso per cercare di recedere da quello stato di trance e tirava su i capelli per poi lasciarli scivolare sul collo slanciato. Dopo un gran respiro, si dirigeva verso casa pronta a farsi cullare dalle possenti braccia del Signor Dovere e della Signora Realtà che la attendevano per sbrigare le faccende domestiche. Nulla di particolarmente gravoso! 

    Mariuccia era abituata a svolgere qualsiasi mansione, aveva preso le redini di casa già da parecchio, parecchio tempo. Rassettava meticolosamente ogni angolo, lavava i panni con spazzola, sapone e molto olio di gomito, pensate, pur di ottenere lenzuola candide come quelle degli agiati vicini, bolliva e ribolliva quel che restava dello sventurato bucato, fin quando non la spuntava. Con l’ausilio di entrambe le braccia, reggeva il pesante ferro da stiro dall’impugnatura di legno con l’intento di eliminare tutte le pieghe da camicie e gonnelle, peccato però che volesse eliminare anche le penze… 

    Davvero spiccato in lei, il senso del dovere; durante una rigida notte invernale, infatti, non le fu per nulla semplice cadere in un lungo sonno; non fece altro che girarsi e rigirarsi sul letto, aggrovigliandosi alle lenzuola di lino consumate dal tempo. La causa di quel suo malessere furono il tempo incerto e il vento minaccioso. Il pomeriggio dello stesso giorno, la piccola cenerentola si era apprestata a stendere il bucato, che non era per niente impreziosito dal punto chiacchierino presente, invece, nei panni dei soliti vicini agiati; ciò nonostante, il pensiero che tutto il suo lavoro potesse andare in fumo, o meglio, mettere le ali, la riconsegnava alla veglia. 

    Stufa di aspettare chissà quale sgradevole sorpresa, si alzò di botto e come una gazza ladra, si diresse verso quel fantomatico balcone, gravando il peso del corpo, solo sulle punte dei piedi Devo fare molta attenzione a non svegliare nessuno, è notte fonda

    Brrr, non appena socchiusa la porta, rabbrividì per il freddo svigorente, ma l’idea di farsi sfuggire dalle mani la situazione e non ripristinare tempestivamente l’ordine, le gelò ancor più il sangue. Annodò bene alla vita, la cinta della vestaglia di lana, alzò molto sapientemente il bavero e uscì. Nonostante l’accortezza nel cercare di non provocare rumori, il fruscio dei panni svegliò la mamma, che sgomenta dalla paura, destò il marito pregandolo di andare a controllare chi ci fosse sul davanzale.

    <>. 

    Appena percepita la sagoma di un essere umano, vi lascio immaginare le urla replicate a tono da Mariuccia. In quella stramba veste di tuttofare, una gran fortuna la assisteva: una casa piccola, molto piccola, piccolissima. In toto l’appartamento misurava non più di quarantacinque metri quadrati. Quella buffa dimora, era situata su un palazzo a due piani. Salendo lungo le scale, un pianerottolo di circa due metri e cinquanta dava il benvenuto a tre porte d’ingresso di cui due, appartenenti alla stessa casa, quella di Mariuccia. 

    L’intero appartamento era rivestito con dei pavimenti di graniglia grigio fumo arricchiti da motivi floreali verdi e bordeaux; la prima stanza ospitava la camera da letto in cui riposava l’intera famiglia e, un minuto spazio con un luminosissimo lucernario da dove, durante le notti insonni, Mariuccia guardava ammirata ciò che scorgeva del satellite terrestre oltre che l’intera costellazione, (cinque, dieci stelle al massimo). Per dirigersi verso la cucina e il bagno, bisognava oltrepassare nuovamente il pianerottolo di benvenuto ed entrare nell’altro appartamento. 

    Beh, quanto a disagi logistici, la famiglia di Mariuccia, ne era al completo; per un’adolescente della sua età, poi, era veramente imbarazzante; invitare delle amiche piuttosto che organizzare una festa, era solo un miraggio. Così come un miraggio era quel giovane… 

    Mariuccia vantava un rapporto d’amicizia davvero speciale con Calinda, una delle sue poche compagne, si conoscevano da sempre, poiché i rispettivi genitori erano amici fidati. Le mamme si erano conosciute proprio in ospedale in occasione delle loro nascite. Le neonate, strano ma vero, sin da subito avevano avvertito una particolare sintonia e un singolare feeling. 

    Nei monotoni lettucci dell’ospedale, infatti, il loro passatempo preferito, era guardarsi. Stavano sempre rivolte l’una verso l’altra e quando erano prese dalla cullina per essere allattate, o ripulite dai loro maleodoranti bisognini o semplicemente cullate, si notava chiaramente un loro malessere. Chissà cosa mai si siano dette con lo sguardo! 

    Il momento dell’addio fu angosciante… 

    Quando le mamme furono dimesse per ritornare nelle loro case a riprendere le redini delle loro vite, le bimbe furono parecchio sofferenti e inspiegabilmente nervose. 

    Un giorno, la mamma di Mariuccia, uscendo da casa intorno alle ore 11:00, adocchia in lontananza lo sguardo affaticato e frettoloso di un’altra neo-mamma, indaffarata a fare delle compere. La mamma avvistata non era altro che la signora conosciuta in ospedale, la stessa con cui aveva condiviso le paure del parto. Fermarsi a scambiare due chiacchiere fu inevitabile quanto piacevolissimo, non solo per le dirette interessate. 

    Le piccole cominciarono a sorridere divertite, come se un mascalzoncello cherubino stesse proprio in quel momento, solleticando i loro piedini magari con l’ausilio di alcune soffici piume, estirpate dalle immense ali dorate. Erano raggianti e sopratutto tanto felici. Davanti all’evidenza le mamme non poterono che afferrare il messaggio e da allora, i loro incontri non furono più casuali e fuggevoli ma ritmati come una salsa cubana. 

    Il tempo passò inesorabile; le vite si complicarono, si arricchirono, si condirono di sapori differenti ma le due neonate oramai signorinelle, restarono sempre insieme, nel bene e nel male. 

    Calinda, oltre a quest’amica-sorella, aveva un fratello più grande di tre anni, Gerardo. E fu proprio Gerardo il rompicapo di Mariuccia. Era bello, molto

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