Gli Zingari dello Studio
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Enzo Lauretta ci accompagna nel delirante mondo degli Zingari dello Studio con uno stile diretto che restituisce le imperfezioni e la ricchezza della lingua parlata, con dialoghi ad elevato tasso alcolico che mischiano insieme lingue diverse, un po' Kerouac e un po' "Fiesta" di Hemingway.
Enzo Lauretta - Scrittore sconosciuto ora pubblicato desideroso di buttare giù dal piedistallo le grandi divinità ufficiali ed innalzare se stesso.
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Gli Zingari dello Studio - Enzo Lauretta
Enzo Lauretta
Gli Zingari
dello Studio
I edizione digitale: marzo 2015
© tutti i diritti riservati
Nativi Digitali Edizioni snc
Via Broccaindosso n.16, Bologna
ISBN: 978-88-98754-27-4
Collana: GTI - Giovani Talenti Italiani
www.natividigitaliedizioni.it
info@natividigitaliedizioni.it
Copertina ideata da Enzo Lauretta e realizzata da LAB 21
Dedicato a D. v. V. e S. R. Z.
Nessun personaggio del libro
è il ritratto di una persona
realmente esistita.
Uno
Che cosa ci faccio io qui. Che cosa ho a che fare io con tutto questo. Ho la sensazione che tutto andasse bene, prima. Ora entro in un bar senza sentirmi più a mio agio. Mi guardo intorno e non riesco a pensare ad altro che ad Edward Norton ne La 25ª ora. Fanculo a questa merda di città e a chi ci abita. Che un terremoto la faccia crollare. Che gli incendi la distruggano. Che bruci fino a diventare cenere e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi.
No. Fanculo a te Lorenzo che sei ancora qui. Odio la mia vita - oggi non la amo. Il mio desiderio in questo preciso istante è quello di morire. Visione di me stesso che preparo le mie cose prima di andarmene per sempre. Giacca - camicia - cravatta. Il mio epitaffio: Ho reso onore alla vita
. Club 27: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Jean-Michel Basquiat e infine io, Lorenzo Brigante, zingaro dello studio, cinemaniaco, gambler, libertino, seduttore seriale, agitatore di idee, cantastorie del XXI secolo, hipster, viaggiatore solitario, sognatore di incubi, grande masturbatore, santo bevitore, aspirante suicida, uomo della folla, genio imbecille. Io, ho bisogno di consigli da Dio e non li riceverò, probabilmente no, né presto, né mai perché non c’è nessun Dio che salvi la mia maledetta-inutile-vita-senza-qualcuno-da-amare-e-da-scopare. O Kerouac! La tua anima mi sostiene più di tutti i Buddha di questo mondo. Jackerouac è il mio pastore. Se anche dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male perché i tuoi versi illuminano la mia strada.La vita è grande e tremenda e bellissima. Qui a 27 anni mi sento vecchio e malato. Ma è giunta l’ora di tirarmi su. E ci riuscirò. E sono felice per la prima volta da chissà quanto tempo. Me ne andrò VIA-DI-QUI. Un viaggio da cui ritornerò grande e risorto.
Due
Non posso dire che sia successo nulla di veramente importante fino a questo viaggio in Spagna. Passai una notte a Madrid prima di proseguire per la mia strada. Una specie di preambolo. A casa di Simone Razzo
Rizzo Zaza, anche lui come me uno zingaro dello studio. Simone Rizzo è un tipo smilzo che parla concitatamente, gesticola, agita continuamente il polso risistemandosi il bracciale che non si può togliere perché rotto e che suona sempre quando passa i metal detector di tutti gli aeroporti del mondo, che porta delle converse scassate e che anche se fuori ci sono due gradi mette sempre delle calze di cotone che gli arrivano alle caviglie, che veste un paio di jeans stretti, come chi si ritrova in ristrettezze economiche, e una t-shirt.
La sera in cui arrivai a Madrid Simone era già lì all’aeroporto che mi aspettava. Arrivammo a casa sua dopo aver attraversato la città in metropolitana e cominciammo a bere. Dopodicchè uscimmo per farci un giro. Non facevamo altro che parlare quand’eravamo ubbriachi. Parlare e parlare. Facevamo a gara a parlarci come due buoni amici che hanno una gran voglia di dirsi tutto quello che hanno in mente. Io parlavo di continuo. Incessantemente. Senza mai fermarmi. Non ricordo più nemmeno le cose che dicevo. Grandi ragionamenti filosofici. Cinema sopraognicosa. Simone Rizzo e io siamo dei cinemaniaci ma pur stando così le cose, non andiamo mai al cinema. Ammenocchè non ne valga veramente la pena. E ce ne sono di film che meriterebbero di essere visti al cinema, il che ci porterebbe inevitabilmente a spendere un patrimonio stimato intorno ai non-ci-voglio-nemmeno-pensare. Per noi tutti la soluzione portava il nome di streaming, dove uno può decidere cosa vedere, come, dove e quando vuole.
«Guarda che figa questa!» gli feci io indicando con la testa una di quel genere di ragazze che piacevano ad entrambi.
«Tu lo sai che io… ma ma all’inde-decenza c’è un limite.»
«Lo sai vero che prima o poi ci finirà come le vittime di Kevin Spacey in Se7en vero? Da qualche parte là fuori c’è un nuovo serial killer di Se7en che in questo momento sta riconsiderando la sua e la nostra posizione… maa e Dario Nervo invece?! Che fine ha fatto?!»
«Lo sai com’è lui, ogni tanto appare e scompare. È venuto con due amici suoi qualche settimana fa…»
«Eddove si sono coricati?»
«Per terra. Lui per terra. Uno sul divano e l’altro seduto con la testa sul tavolo.»
«Macheddici?!»
«Ad un certo punto quello con la testa sul tavolo non ce l'ha fatta più e si è buttato per terra. Questo amico suo… Lucrezio, tutto pigliato di droghe strane, que-questo-un pazzo-di quelli che se lo vuoi fermare gli devi sparare in testa. Mi voleva fare arrestare. "Stasera facciamo The Italian Job. Che vuoi dire?!
Allora… ci compriamo un pacco di Efferalgan e ce le vendiamo come ecstasy in discoteca" mi ha detto.»
«L’Efferalgan?!»
«Ssh… un pacco costa 5 euro… una ce la vendiamo a 20 euro, ci facciamo i soldi
… boh dico io, vabbè. Ti pare, al massimo… non c’ho pensato che ci potevano arrestare. Poi Dario… praticamente è stata l’unica volta in cui ho dato retta a Dario Nervo… ma ne vale la pena Simò
mi diceva ne vale la pena?
ee… che poi voleva coinvolgere Andrè… te lo immagini… quello è la persona più tranquilla di questo mondo. Gli parlava in italiano e lui gli rispondeva - quello è un genio, parla sette lingue. Gli dicevo ma vedi che che non parla - e niente gli ho detto ad Andrè assecondalo che ci vuoi fare non lo vedi - lo vedi com’è.»
«E poi com’è finita?»
«Nooo alla fine non l’abbiamo fatto. So che poi l’ha fatto a Barcellona e gli è riuscito. Ma no-non…»
«Pazzo! Vabbè solo - solo un pazzo… mah.»
Tornammo a casa verso le cinque. L’indomani proseguii per la mia strada.
Tre
Mi serviva un divano fino a che non trovavo un appartamento. Per noi tutti la soluzione portava il nome di Couchsurfing. Una tradizione ancestrale, quella dell’intercambio di ospitalità, che alcuni visionari hanno convertito in una comunità online. In giro per il mondo da un divano all’altro. È così che ho trovato alloggio a casa di Pablo, uno spagnolo di 24 anni. Pablo lavorava tutto il giorno come cameriere in un ristorante italiano, Quei bravi ragazzi, e per questo non mi poteva accompagnare nella ricerca dell’appartamento e così me ne andavo in giro da solo. Lavorava per pagarsi il master che si sarebbe fatto una volta terminato e la sera quando ritornava era così stanco che non aveva nemmeno voglia di esistere. Si buttava sul divano a fumare erba e il suo unico sollievo era un piccolo complesso metal che aveva messo su. Insieme a Pablo c’erano anche due italiani con i quali condivideva l’appartamento. Una ragazza, Angelica, e un ragazzo, Leonard "Lawrence'' Ferri, a cui però piaceva farsi chiamare Leon. Bla-bla-blammo un po’, una chiacchierata sui rispettivi modi di intendere la vita. Ci trovai anche la sua ragazza in quei giorni che passai con loro, Lucyinthesky, che studiava in Germania e che si trovava qui in occasione del compleanno di Leon.
Avevano una predilezione per la musica d’ambiente.
«Che musica è questa?!» io gli dissi, «con questa secondo me non lo so… mi sa di… "press play-start to create" e cominci a dipingere coll’estintore, è anche perfetta prima di cominciare a fare una rapina.»
«Naah. Non credo proprio. Io ci farei l’amore.»
Leon mi raccontò che il primo quadrimestre aveva abitato al Barrio e per questo era stato poche volte all’università dato che il campus si trovava esattamente dalla parte opposta. Anche loro due come Pablo fumavano erba ed io con loro. Era da tanto che non fumavo. Ricordo che una volta, – non che io fumassi abitualmente, anzi nemmeno fumavo – ma c’era stato un tempo in cui quand’ero a Barceloca c’eravamo decisi col mio coinquilino di allora, Miguel, a mantenere costante il livello di sballo indotto dall’assunzione di marijuana. Un pasado perfecto quello di Barcelona. Nel duplice riferimento che sottintende. Passato remoto e allo stesso tempo perfetto. Intraducibile in italiano. Attualmente la marijuana non è legale ma può essere che