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Loreto nella Grande Guerra
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Loreto nella Grande Guerra

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Nel 2015 ricorre il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale (IV Guerra d’Indipendenza).
Oltre alle grandi battaglie terrestri e marittime, il libro racconta le vicende politiche, sociali e militari di Loreto, uno dei numerosi fronti interni al Regno d’Italia.
Fronte vinto grazie alla generosa comunità della Città Mariana: amministratori comunali e partiti politici locali alle prese con quotidiane lotte di civiltà in tempo di guerra, associazioni di volontariato e clero diocesano a donare parole di conforto e compiere atti di beneficenza per poveri e famiglie in difficoltà, medici e personale sanitario in soccorso di soldati feriti e sfollati di guerra con competenza e sacrificio.
LanguageItaliano
Release dateDec 21, 2015
ISBN9788892531789
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    Book preview

    Loreto nella Grande Guerra - Francesco Maria Clementi

    Note

    Dedica

    Al mio bisnonno Antonio Clementi, Cavaliere di Vittorio Veneto

    Presentazione

    In occasione della commemorazione del centenario della Prima Guerra Mondiale, la comunità lauretana arricchisce la sua memoria ripercorrendo le vicende politiche, militari, economiche e sociali che vanno dal 1914 al 1918, coincidenti col primo conflitto mondiale, che permise la liberazione delle terre irredente (Trento e Trieste), portando così a compimento il Risorgimento.

    Questo libro può considerarsi un unicum: non tratta solo gli avvenimenti bellici, ma anche le vicende dell’intera comunità lauretana, vicina al fronte marittimo adriatico.

    Il paese cercò di autogestirsi per risolvere problemi come la fame, il malessere che emergeva sempre più nelle campagne, l’accoglienza dei profughi italiani austro-ungarici e veneti, che scappavano dalle zone del conflitto; infine, illustra la presenza dell’LXXXIV Battaglione Bersaglieri, mal visto da alcuni partiti locali a causa della vicinanza della città alla frontiera militare marittima.

    L’amministrazione comunale da me presieduta ringrazia il Dott. Francesco Maria Clementi e la Pro Loco Loreto per il lavoro, condotto con diligenza e riccamente documentato, e tutti coloro che, attraverso testimonianze indirette e fornendo materiale, dati o notizie, hanno permesso di tenere viva la memoria storica della nostra comunità.

    La pubblicazione deve servire a non fare cadere nell’oblio quei nostri 68 concittadini morti al fronte e a ricordare come le tre amministrazioni municipali di allora, i partiti politici e le associazioni laiche e religiose si siano adoperati per combattere fame e povertà durante gli anni del primo conflitto mondiale.

    Dott. Paolo Niccoletti

    Sindaco di Loreto

    Prefazione

    Le premesse per la Grande Guerra sono tutte contenute nell’arco di tempo che va dalla sottoscrizione della Triplice Alleanza il 20 Maggio 1882 alla dichiarazione della neutralità italiana all’indomani dell’attentato di Sarajevo, il 3 Agosto 1914. Un arco di tempo che racchiude una politica estera italiana incentrata sull’alleanza con l’Austria-Ungheria e con la Germania; sono quarant’anni in cui l’Italia è antagonista di Francia, Russia e Gran Bretagna. Non vi è lo spazio per descrivere i lineamenti e le motivazioni di questa politica estera italiana, dallo schiaffo di Tunisi al 1914, col corollario della firma di tutte le convenzioni militari nell’ambito della Triplice Alleanza, che condizioneranno molto il primo anno di guerra.

    Con la proclamazione della neutralità l’Italia resta in balìa di sé stessa: il periodo che va dalla neutralità all’intervento per il nostro Paese rimane una specie di limbo in cui i vecchi alleati ci guardano con sospetto e inimicizia, e i futuri alleati ancora non credono in noi.

    In questo clima d’incertezza politico-diplomatica si prepara la mobilitazione, senza avere certezza su chi sia il nemico, se si combatterà sulle Alpi o sull’Isonzo, a occidente oppure a oriente, pegno gravissimo per il futuro.

    Nel confronto tra interventisti e neutralisti (con l’esempio dei garibaldini che andarono a combattere in Francia nell’inverno 1914-1915), l’Italia, sottoscrivendo il Patto di Londra (aprile 1915), arriva alla decisione finale. Con la firma di questo patto, elaborato e gestito in totale segretezza e soprattutto senza la presenza dei militari, che rimasero all’oscuro di tutto fino a cose fatte, l’Italia s’impegnava a entrare in guerra entro il 26 Maggio 1915 a fianco dell’Intesa. Occorre tenere ben presente questi due fattori: mobilitazione incerta e quadro politico oscuro, per cui la condotta della guerra, almeno nei primi due anni, ebbe risultati deludenti.

    Nonostante gli sforzi di Austria-Ungheria e Germania per tenere l’Italia furori dal conflitto, sforzi giunti troppo tardi, e dopo una gravissima crisi di governo a metà maggio 1915 quando tutto sembrava crollare, il Re prese la decisione finale: si entrava in guerra accanto all’Intesa.

    Era il maggio radioso, in cui tutti erano convinti che la guerra sarebbe stata breve e vittoriosa. In realtà grossi errori tattici (radunata, mobilitazione lenta, tattiche obsolete) fecero subito capire a tutti che la guerra sarebbe stata lunga, difficile e tragica.

    Quattro battaglie nel 1915 dimostrarono che il Piano Cadorna, col quale si era convinti di conseguire la vittoria, era di difficile attuazione; nel 1916 e fino all’ottobre 1917 si combatterono altre sette battaglie che non conseguirono l’obiettivo strategico: la conquista di Trieste e di Lubiana. Era lo stallo tattico, ove sia la difesa che l’attacco si annullano a vicenda; era la guerra di logoramento che sì logorava l’avversario ma anche chi la praticava.

    Con Caporetto, che s’inquadra nella nuova concezione tattica tedesca già sperimentata a Riga (1 Settembre 1917) e che poi sarà applicata su larga scala ad Arras nel 1918, basata sui procedimenti tattici estrapolati dalla battaglia di Canne del 216 a.C., si supera lo stallo tattico. Gli Imperi Centrali erano convinti, applicando questa tattica, di conseguire la vittoria. In Italia ciò non accadde per vari motivi, ma soprattutto per le nuove idee del Gen. Diaz, che riuscì a motivare i soldati italiani che in due battaglie difensive arginarono l’attacco austro-ungarico (17 novembre, prima battaglia d’arresto, e giugno 1918, con la battaglia del Solstizio) e stremarono l’esercito della duplice monarchia.

    Riordinate le forze, quando ormai in tutta Europa si pensava che la guerra sarebbe finita nella primavera del 1919, con la battaglia di Vittorio Veneto l’Esercito Italiano riusciva a disarticolare le difese nemiche prima e poi ad agire in profondità determinando il crollo dell’Austria, costretta a chiedere un armistizio firmato il 4 Novembre 1918.

    In sintesi, facendo cenno ai caratteri salienti della Grande Guerra, si passa dalla guerra di movimento alla guerra di logoramento. Così come in Francia, anche in Italia ci s’impantana, come già indicato, nello stallo tattico. Sono le prime 11 battaglie dell’Isonzo che non permettono di arrivare alla vittoria.

    I tedeschi riescono a inventare una tattica che permette il superamento dello stallo tattico ed è Caporetto: una tragedia italiana ancora oggi viva. L’ultimo anno di guerra dimostra come in questa tragedia si forgia la Nazione Italiana e si compie il Risorgimento Nazionale; con le due battaglie difensive (d’arresto e del Solstizio) e con la battaglia di Vittorio Veneto si arriva alla vittoria finale e al raggiungimento dei confini naturali italiani.

    La I Guerra Mondiale, in quest’ottica, completa quindi il processo unitario della nostra Nazione; per questo è stata anche definita, per l’Italia, la IV Guerra d’Indipendenza. Indipendenza e affermazione contro quel nemico ereditario, l’Austria-Ungheria, che considerava l’Italia una semplice espressione geografica.

    In quest’architettura della Grande Guerra vi è tutto il dramma dell’immenso sacrificio che gli Italiani sopportarono per divenire una Nazione: oltre 600.000 morti alla fronte, altri 100.000 morti in prigionia in Germania e in Austria; un milione di feriti, con lo strascico di mutilati, orfani, vedove, che segnò a fondo le generazioni a venire. È la Grande Guerra nel suo retaggio storico.

    Anche Loreto, come ogni città e comunità italiana, pagò il suo tributo di sacrificio, un sacrificio non lieve che lasciò profondamente il segno. Ricordare quei tempi, ricordare chi si sacrificò per quest’impresa epocale, serve, oltre a onorare la loro memoria, anche a sottolineare che la nostra Nazione è tale: libera, in pace, sicura e meta d’immigrazione di persone che fuggono da terre non libere, in guerra e non sicure.

    Occorre ricordare loro che cent’anni fa si completò quel ciclo risorgimentale che, oltre ad aver fatto l’Italia, fece gli Italiani e creò quella Nazione oggi meta dei loro sogni. E i sacrifici non furono lievi.

    Loreto fece e diede la sua parte, come questo volume testimonia e illustra.

    Prof. Gen. Massimo Coltrinari

    Introduzione

    Quest’opera cerca di riportare alla luce le vicende politiche e sociali che hanno interessato la città di Loreto dalle elezioni provinciali del giugno 1914 al dicembre del 1918, attraverso le fonti storiche dell’Archivio di Stato di Ancona, dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche, dell’Archivio del Comune di Loreto e dell’Archivio della Fondazione Opere Laiche Lauretane e Pia Casa Hermes, sempre tenendo presenti le vicissitudini belliche e politiche dell’Italia del tempo.

    La ricerca dei documenti di carattere storico non è stata sempre agevole a causa della dispersione degli stessi nel territorio provinciale e comunale (Ancona e Loreto).

    Indubbiamente sono state utili le opere storiche del Prof. Enzo Santarelli, esperto di storia locale, e del Prof. Piero Melograni, per le vicende di portata nazionale.

    Le altre fonti utilizzate sono state essenzialmente di due tipi: la stampa periodica provinciale e regionale ( Lucifero e L’Ordine-Corriere delle Marche e degli Abruzzi ); i documenti dell’Archivio di Stato di Ancona (ASA) e dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche; leggi e decreti amministrativi del Comune di Loreto e del Pio Istituto della Santa Casa, questi ultimi conservati presso l’Archivio della Fondazione Opere Laiche e Pia Casa Hermes.

    La ricerca è nata partendo dallo studio storiografico di documenti redatti dal Prof. Melograni e dal Prof. Santarelli, per poi passare all’analisi storica degli avvenimenti politici e sociali locali.

    Nonostante le numerosissime pubblicazioni sulla città di Loreto da parte di vari studiosi come Padre Floriano Grimaldi e Padre Giuseppe Santarelli, non risulta che siano stati compiuti studi approfonditi sulla Loreto contemporanea all’epoca della Grande Guerra.

    Da un punto di vista cronologico il lavoro si può dividere in tre parti.

    Dalle elezioni amministrative del giugno 1914 fino al 24 Maggio 1915, data in cui il Regno d’Italia entrò in guerra in un clima d’indifferenza generale verso i fatti bellici che scompaginavano l’Europa.

    Col bombardamento di Ancona e in modo particolare di Porto Recanati (25 Maggio 1915) la guerra irrompe all’improvviso nella quotidianità locale: una parte dei giovani loretani, spinti da orgoglio patriottico, si arruolerà volontariamente per completare definitivamente la questione risorgimentale.

    Dal 25 Maggio 1915 alla disfatta di Caporetto del 24 Ottobre-12 Novembre 1917: in città, dopo l’inserimento nella Marca di Frontiera Marittima , il furore patriottico iniziale di una piccola parte della popolazione viene lentamente assopito da un atteggiamento di diffusa rassegnazione dei giovani, costretti a partire per il fronte, e per le difficili condizioni sociali ed economiche comportate dallo stato di guerra.

    La situazione locale peggiorerà nel momento in cui dal fronte si verranno a stabilire sul territorio comunale i primi profughi italiani o di lingua italiana in seguito alla spedizione punitiva del 15 Maggio-27 Giugno 1916; aumentavano così le bocche da sfamare.

    Durante la prima parte dell’anno 1918, lo stato d’animo della popolazione loretana, come riportato dalle indagini della Regia Pretura, fu caratterizzato da diffusa sfiducia verso le autorità civili locali e nazionali e da sentimenti pacifisti, questi ultimi assai diffusi nelle campagne, anche a causa del diffondersi delle idee socialiste, come risulta dai verbali della Regia Pretura.

    Il lungo effetto di Caporetto ebbe termine a seguito della rinascita patriottica iniziata con le feste nazionali del Regno (17 Marzo e Festa dello Statuto), e in modo particolare con la II Battaglia del Piave (15-22 Giugno 1918), in cui il Regio Esercito riuscì a fermare l’offensiva austro-ungarica lungo il fiume.

    Nel periodo storico preso in considerazione, vi furono due crisi politiche municipali.

    Nel corso di questi anni si distinsero loretani illustri, come l’ingegnere repubblicano Domenico Valeri, consigliere comunale e presidente del Mandamento di Loreto fino al 1916 (anno della sua scomparsa improvvisa) e onorevole nella XXIII Legislatura (1909-1913) per il seggio di Osimo-Loreto, e alcuni membri del Partito Socialista locale, tra i quali il segretario del circolo Luigi Barabani, che, tramite l’utilizzo del banchetto, lottò contro le ingiustizie sociali che il periodo bellico aveva portato anche a Loreto.

    Non mancarono inoltre atteggiamenti di solidarietà e di beneficenza da parte del Pio Istituto della Santa Casa, all’epoca amministrato dal Regio Commissario Straordinario Eugenio Deidda e da parte dell’Ospedale Santa Casa che, sotto la direzione del Prof. Ferdinando Fabrini, fu attivo sia al fronte, con un distaccamento ospedaliero di primo soccorso, sia in loco per assistere i loretani e, in particolare, i soldati che giungevano dal fronte.

    È importante ricordare figure ecclesiastiche che si distinsero durante questo difficile periodo.

    Padre Filippo Colajacono, attivo sul piano sociale e assistenziale, a partire dal 1916 incominciò ad accudire presso l’Istituto San Giuseppe i giovani orfani provenienti dalle terre di combattimento.

    Anche a Loreto vi era un sacerdote non in linea con le direttive pacifiste della Chiesa Cattolica: Don Orlando Borromei, sacerdote diocesano e cappellano dell’Ospedale Santa Casa, il quale, oltre a supportare religiosamente i numerosi fanti feriti accuditi nel nosocomio loretano, con sermoni patriottici infondeva in loro sentimenti risorgimentali.

    La complessità dei contenuti e della ricerca delle fonti necessiterebbe di un lungo discorso metodologico, che il lettore interessato, l’amante di storia locale e il critico attento potranno affrontare autonomamente facendo riferimento all’apparato bibliografico.

    Dato lo scopo divulgativo e celebrativo dell’opera, è sufficiente sapere che saranno analizzate le vicende e i personaggi locali che hanno caratterizzato la vita politica, militare, sociale e, per certi versi, religiosa di Loreto, con particolare attenzione alle varie e diverse classi sociali vissute negli anni compresi tra il 1914 e il 1918, senza tralasciare il contesto storico generale dell’epoca.

    Ringrazio quanti mi hanno confortato e condiviso la passione per la riscoperta di questo importante periodo della vita politica e sociale della nostra città di Loreto: la Dott.ssa Giovanna Giubbini, direttrice dell’Archivio di Stato di Ancona; la Dott.ssa Carla Marcellini, responsabile dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche; il Dott. Alessandro Finucci, responsabile della Biblioteca Attilio Brugiamolini di Loreto; l’Ins. Maria Adelaide Sorgoni, segretaria della Fondazione Opere Laiche Lauretane e Pia Casa Hermes; il Prof. Lino Palanca; l’Ing. Delio Droghetti, presidente della Pro Loco Loreto e il segretario Maurizio Pangrazi; i cittadini loretani che si sono resi disponibili a fornire materiale fotografico: Raffaele Ciondolini, Omar Storti, custode del cimitero comunale, e il Dott. Lamberto Borromei.

    1914: L’attentato di Sarajevo e la non belligeranza italiana

    Il 28 giugno ricorreva il quattordicesimo anniversario del giuramento morganatico con cui Francesco Ferdinando [1] (1863-1914) ottenne dall’Imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916) il permesso di sposare la sua amata, Sofia Chotek (slava di nascita e di rango molto inferiore all’arciduca), in cambio del giuramento che i figli nati da quest’unione non sarebbero mai saliti al trono. Sofia Chotek (1868-1914) era lieta di accompagnare il marito in Bosnia e di celebrare l’anniversario lontano dalla corte di Vienna, dove veniva trattata con sufficienza.

    I sette giovani cospiratori erano inesperti con le armi e fu solo grazie a una straordinaria sequenza di eventi che ebbero successo. Intorno alle ore 10:00, Francesco Ferdinando, insieme a sua moglie e ai loro accompagnatori, partirono dal campo militare di Filipovic, dove avevano effettuato una rapida rivista delle truppe; la scorta reale era composta da sette automobili.

    Alle ore 10:15 il corteo passò davanti al primo membro del gruppo, Mehmed Bašić, che si era piazzato a una finestra di un piano alto, ma in seguito sostenne che non riuscì ad avere il bersaglio libero e decise di non sparare per non mandare all’aria la missione allertando le autorità [2]. Il secondo membro,  Nedeljko Čabrinović, lanciò una bomba contro l’auto di Francesco Ferdinando, ma la mancò distruggendo però l’auto che stava immediatamente dietro. Čabrinović inghiottì la sua pillola di  cianuro e si gettò nelle basse acque del fiume  Miljacka.

    Il corteo accelerò in direzione del municipio e sulla scena scoppiò il caos. Gli altri complici fuggirono perché credevano che Francesco Ferdinando fosse stato ucciso o perché avevano perso il controllo della situazione. Arrivando al municipio per un ricevimento programmato, Francesco Ferdinando mostrò comprensibili segni di nervosismo, mentre la polizia e i membri del seguito dell’arciduca discussero su come guardarsi da un altro eventuale tentativo di uccisione.

    Nel frattempo, Gavril Princip (1894-1918) si era recato nei pressi di un negozio di alimentari perché aveva rinunciato o perché riteneva che l’attentato non avesse avuto successo. Uscendo, però, vide l’auto aperta di Francesco Ferdinando tornare indietro nei pressi del  Ponte Latino.

    Dopo aver sbagliato direzione, l’autista della macchina reale non era stato avvisato del cambio di programma e aveva proseguito lungo il percorso che avrebbe portato l’arciduca e il suo seguito direttamente fuori dalla città.

    Avanzando verso il lato destro della vettura, Princip

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