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Un ottimo elemento
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Un ottimo elemento

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About this ebook

Un tecnico informatico ucciso in casa in un tranquillo borgo della Valle d’Aosta.

E un medico che dopo una carriera nella Polizia scientifica vorrebbe solo starsene tranquillo a curare i suoi pazienti.

Ma tra questi ce n’è una molto carina e insistente…

Tra pirateria tecnologica, donne fatali e poliziotti suscettibili, si dipana un’indagine dagli sviluppi non proprio scontati...

“Voi medici cercate sempre di conoscere la psiche, prima ancora di curare il corpo.”

“Già, appunto di questo le volevo parlare.”
LanguageItaliano
Release dateJan 14, 2016
ISBN9788891197559
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    Book preview

    Un ottimo elemento - Silvio Giono Calvetto

    Dostoevskij

    PRIMO

    Lunedì mattina

    La giovane donna era nel suo ambulatorio da circa 15' e continuava a stare seduta a disagio sul bordo della sedia.

    Francesco non l'aveva mai vista prima, ma questo non voleva dire molto.

    Aveva accettato quell'incarico di medico di base in Valle d'Aosta da meno di un anno e nonostante avesse pochissimi mutuati, certi non li conosceva ancora: avrebbero aspettato il primo problema, per venire a cercarlo.

    Da almeno un quarto d'ora, stava registrando sul computer la scheda sanitaria della nuova paziente, la storia della sua famiglia, le sue malattie passate e tutto quanto potesse servire a conoscerne lo stato di salute. Insomma, si stava annoiando.

    Uno strano gioco di riflessi portò la luce del sole a illuminare lo schermo del pc e la sua mente si lasciò riportare alla splendida giornata d'autunno che c'era fuori.

    Quel mattino si era alzato presto, come sempre, e si era arrampicato su un sentiero in mezzo ai boschi, approfittando del fatto che la prima neve della stagione non era ancora scesa a coprire le foglie appena cadute. L'inverno sembrava non voler arrivare e la montagna era ancora piena di luce e di colori.

    Qualcosa che a Roma non c’era, pur con tutte le bellezze che lui ancora rimpiangeva.

    Cosa gli era rimasto di quella parte di vita che aveva trascorso nella Capitale?

    Nulla, se non il desiderio di ricominciare in un posto nuovo, lontano dal rumore e dalla folla, cercando di apprezzare un po' di più il tempo che si trovava a vivere.

    Una piccola lepre si era fermata a guardarlo dai cespugli tra gli alberi, incerta e diffidente. La muta del suo pellame non era completa e manteneva ciuffi di colore bruno accanto al mantello bianco invernale che si andava formando. Era stato sorpreso di vederla così in basso e soprattutto così vicina, ben sapendo quanto fosse timida. Un boato improvviso proveniente dal fondo valle l'aveva spaventata ed era scomparsa velocissima.

    Il medico sorrise tra sé, finché lo sguardo incuriosito della paziente lo costrinse a ritornare al presente.

    «Bene, Elisa, veniamo al motivo per cui è qui stamattina.»

    «Sono alcuni giorni che non sto bene. Non dormo, non riesco a mangiare, sento dolori dappertutto, soprattutto un cerchio alla testa che non mi passa praticamente mai.»

    «Mmm... Ha qualche altro sintomo, febbre, nausea, diarrea?»

    La ragazza era carina e dimostrava meno dei suoi 35 anni: non gli sembrava la classica impiegata che veniva a lamentare malesseri imprecisati e vaghi per strappare un paio di giorni di malattia. E se lo fosse stata, con lui sarebbe capitata male.

    «Dottore, senta, lo so che sono stressata! Lei ha lavorato nella Polizia prima di venire qui, vero?»

    «Una vita fa, nella Scientifica. Ma cosa c'entra? Ora sono qui per occuparmi dei suoi malanni.»

    «È dalla scorsa settimana che non sto bene, da quando hanno ammazzato Giorgio, Giorgio Ferrero.»

    Un altro suo paziente, trovato morto ammazzato in casa, pochi giorni prima, probabilmente da uno o più balordi che lo avevano rapinato. Un evento, per il piccolo mondo di Saint-Germain-la-Doire, che avrebbe provocato un sacco di disturbi psicosomatici, almeno fino a quando gli investigatori avessero risolto il caso.

    «Lei lo conosceva?»

    «Sì lavoriamo.. cioè lavoravamo nella stessa Ditta. Eravamo... amici. È stato lui a parlarmi di lei e della circostanza che avesse lavorato nella Polizia di Stato.»

    «Eravate solo... amici?»

    «Sì, a parte che lui era molto più grande di me, aveva una storia con una donna sposata. Ma è sempre stato gentile con me. Mi ha accolto quando sono arrivata alla D.É.F.I., e quando ce n’è stata occasione, mi ha dato buoni consigli. Gli volevo bene.»

    La D.É.F.I. - Development Élaboration Financement Informatique¹, a dispetto del nome francese era un colosso dei servizi informatici regionali e il curioso mix tra nome francese e substrato italiano era la prova del suo radicamento sul territorio.

    Una Regione caratterizzata da uno strano bilinguismo a cui lui non si era ancora abituato. Tanti nomi e i testi ufficiali in francese, ma nessuno, a parte qualche immigrato del Maghreb, che lo parlasse tutti i giorni. Gli autoctoni, si esprimevano nel dialetto patois di derivazione occitana.

    Quel nome in particolare, poi, si prestava a facili giochi di parole, che le ultime vicende parevano confermare. L'incidente stradale da cui l'Amministratore Delegato della ditta era uscito malconcio ma vivo, meno di due mesi prima, e ora l'omicidio di un dipendente sembravano dar ragione a chi, cambiando una sola lettera, lo associava alla sfortuna².

    «Quindi?"»

    «Non credo sia stato ucciso per caso, per rapinarlo. Da un po' di tempo non era tranquillo, c'era qualcosa che lo preoccupava molto. Non aveva voluto parlarmene, ma mi aveva accennato che si trovava in una situazione da cui non sapeva come uscire. Mi ha persino detto che voleva parlarne con lei, sapendo che era stato nella Polizia.»

    «Con me ha parlato solo dei suoi problemi di pressione e del mondo Apple di cui era pazzamente innamorato. Ma lei ha parlato dei suoi dubbi con gli investigatori? Chi si occupa delle indagini?»

    «La Questura di Aosta. Due giorni dopo l'omicidio il vicequestore Catania mi ha interrogata, ma non è sembrato dare molto peso alle mie parole. Ha detto che loro sospettano una banda di extracomunitari, entrati per rubare e che lo hanno massacrato di botte e ucciso con un coltello quando lui si è ribellato. Hanno messo la casa sottosopra e portato via tutto quello che poteva avere un valore.»

    «E della donna sposata che mi dice? Un marito tradito è un grosso problema, anche se non lo si incontra per caso...»

    «Non mi ha mai detto chi fosse. So solo che era molto più giovane di lui e che il marito la trascurava. Ne ho accennato a Catania, ma avevo poche cose utili da dire.»

    Il suono improvviso del cellulare sorprese entrambi.

    Francesco guardò il display, provando la tentazione di rispondere, più per abitudine che per convinzione, ma prevalse la volontà di non interrompere il dialogo che si stava sviluppando con la ragazza.

    «Richiameranno». Rifiutò la chiamata e riprese.

    «Torniamo a noi.

    Se eravate amici, le avrà pure detto qualcosa. Quando si vedevano, se facevano dei viaggi insieme, cosa aveva pensato di regalarle.»

    «Non so, credo decidessero all'ultimo momento se e dove vedersi. Probabilmente quando lei era libera. Non mi ha mai parlato di regali fatti. Forse una volta sono andati via insieme, due giorni a Portofino, lui era molto contento, non so lei come avesse potuto fare. Non ne parlava volentieri, aveva paura che io potessi scoprire chi era, e in qualche modo comprometterla.»

    «Un vero galantuomo.»

    «Può dirlo forte. Un signore corretto e onesto. Come collega e come uomo. Gli pesava comunque quella storia segreta. Se non avesse amato molto quella donna, avrebbe troncato da tempo. Non era una situazione che lo facesse stare bene. Era troppo onesto.»

    «Perciò pensa che se avesse incontrato qualcosa di meno che corretto, lo avrebbe messo a disagio?»

    «Sì. Era molto bravo nel suo lavoro. Se avesse voluto, con la sua esperienza e le sue capacità avrebbe avuto una carriera migliore. Ma non voleva passare davanti a nessuno e neppure ricorrere alla raccomandazione di qualche politico.»

    «Ne conosceva?»

    «Chi non ne conosce?»

    Certo, in una comunità di meno di centocinquantamila persone, come un grosso quartiere di Milano o Roma, tutti si conoscevano e il politico era facilmente la persona della porta accanto, se non addirittura un parente o un amico.

    «E lei?»

    «Io cosa?»

    «Ha qualcuno?»

    «Vuol dire un amante, un fidanzato o un marito?»

    «Voglio dire qualcuno che non la faccia sentire sola.»

    «No, nessuno. I miei genitori abitano in Toscana, vicino a Firenze. Un paio di amiche e nessun altro. Forse sono una persona troppo difficile.» E sorrise amaramente.

    Ma nonostante la tristezza che le si leggeva negli occhi, quel sorriso la rendeva bella, incredibilmente bella.

    «Senta, facciamo così. Io le do un paio di giorni di malattia, giusto per riprendersi. Poi le prescrivo un blando sedativo. Dieci gocce per volta, non di più. Al massimo tre volte al giorno. Non procura assuefazione, ma lei non ne ha bisogno, piuttosto ha bisogno di rielaborare quello che ha dentro.»

    Mentre parlava, le dita correvano veloci sulla tastiera e la stampante sputò rapidamente un foglietto che consegnò alla ragazza, dopo averlo firmato.

    «Se poi ha bisogno di parlarmi ancora, io sono qua. Il mio numero di cellulare lo sa. Per abitudine lo tengo sempre acceso, persino oltre l'orario previsto dal nostro contratto. Ma i miei pazienti non se ne approfittano mai.»

    «Grazie, dottore. E se mi venisse in mente qualche altro particolare su Giorgio, che magari può aiutare le indagini?»

    «Non vorrei giocare all'investigatore. È un lavoro serio, che non si improvvisa. Ma se dovesse venirle in mente qualcosa, le prometto che ne parlerò col vicequestore.

    Adesso però vada a casa e non ci pensi. Provi a riposare, se riesce.»

    1 Sviluppo Elaborazione Finanza Informatica

    2 In francese défi significa sfida, che poteva finire sarcasticamente in sfiga

    SECONDO

    Lunedì pomeriggio

    Gelindo Bionaz era il suo paziente più complicato. Enfisema polmonare, scompenso cardiaco, stenosi a entrambe le arterie iliache. Dopo una vita da lavoratore e soprattutto da fumatore, era oggi obbligato in un letto, con la bombola di ossigeno e una signora che assisteva i suoi 86 anni. La moglie ne aveva solo 82 ed era in quasi perfetta salute, ma certo non poteva seguire il marito giorno e notte, così la signora ucraina viveva con loro, donna di servizio, cameriera, infermiera, dama di compagnia e quant'altro fosse necessario. Parte della famiglia, molto più dei due figli, sposati e lontani.

    Francesco andava a vederlo regolarmente una volta alla settimana: polso, pressione, un veloce esame clinico e quattro chiacchiere con la moglie. Forse non era indispensabile, ma si rendeva conto che in questo modo poteva osservare qualsiasi variazione appena avveniva. E un'altra volta alla settimana passava l'infermiera, a volte per fare un prelievo, altre solo per vedere che andasse tutto bene. Restare a letto quasi tutto il tempo è una di quelle situazioni che più facilmente crea complicazioni e Gelindo non ne aveva bisogno.

    Il pomeriggio di lunedì, non facendo ambulatorio, era quello che solitamente dedicava alle visite domiciliari programmate, per avere, dopo il fine settimana, un controllo dei pazienti più fragili.

    Era una curiosa coincidenza, che poche ore dopo aver sentito il racconto di Elisa, si recasse in quella stessa frazione di Champvillair dessous dove aveva abitato e avevano ucciso Giorgio Ferrero. Anzi, che le due abitazioni fossero praticamente confinanti, in quel piccolo gruppo di case arrampicate sulla collina.

    «Allora Gelindo, come andiamo oggi?»

    «Mé sento comme lo bédjo cllaque³. Normale. Quando sono a letto mé sento bièn portèn⁴ ma quando arrivo al divano, si i fon de la pertchà⁵. E ‘sto catarro non mi lascia dormire né di giorno né di notte.»

    «E non lascia dormire neanche me.» La signora Gemma, non perdeva occasione per ricordare la sua presenza.

    Francesco sorrise.

    «Le prende tutte le medicine che le dò?»

    «Cosa ne so? Me le da quella là, mattino, pomeriggio, pranzo, cena, è un continuo darmi pastiglie e ordini.»

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