cronache di un autore precario
By LELE CASH
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cronache di un autore precario - LELE CASH
attento.
PREFAZIONE
LA NASCITA
Be’, che dire? Da dove cominciare? Vediamo un attimo… mhm, sì! Direi che è proprio il caso di cominciare dall’inizio.
Siamo in piena notte e, conoscendomi, non potrebbe essere altrimenti. Mia madre me lo ha sempre detto in maniera scherzosa (almeno spero): «Tu, figlio mio, anche prima di nascere rompevi già le scatole!»
Forse il termine usato non era proprio scatole
; forse aveva usato un’altra parola un po’ più colorita, o forse no! Vabbe’, non ha molta importanza: il concetto non cambia. In effetti, devo ammetterlo, da piccolo ero proprio un rompiscatole, sempre a frignare e a combinarne una dietro l’altra, magari coadiuvato da quel disgraziato di mio fratello – di solito la mente criminale – ideatore di tutte le mie disavventure! Ma procediamo con ordine, anche perché avremo tutto il tempo per parlarne. Dunque, dov’ero rimasto? Ah, sì!
Notte fonda. Ospedale di Tricase.
Per chi non lo sapesse, Tricase è una ridente cittadina della provincia di Lecce, situata in quel magnifico territorio denominato Salento, a pochi km da Uggiano la Chiesa: un paesetto dove attualmente risiedo, pur non abitandovi. Ma questo è un altro discorso che spiegherò con l’avvicendarsi degli eventi che andrò a narrare. Dietro a un nome così strano – Tricase per l’appunto – c’è tutta una serie di congetture e ipotesi; si racconta, infatti, che tra il decimo e l’undicesimo secolo esistessero tre casali dalla cui unione sembrerebbe sorto il nucleo che ha dato vita al comune di Tricase. Molto probabilmente, però, la vera origine del nome sembra sia stata individuata in inter casas, ossia centro sorto tra altri nuclei abitati. È opinione ormai consolidata che tre casali si unirono perché, essendo piccoli, deboli e inermi, erano spesso attaccati, invasi e derubati dai barbari e dalle genti dei luoghi limitrofi. Tutto ciò accadde – corre voce – intorno all’anno 1030.
Starete pensando: «Questo qui ha ancora una volta divagato.»
Ebbene sì! Ma non potevo resistere alla tentazione di raccontare l’origine di un nome così strano e particolare.
Tornando a noi, siamo ancora nell’ospedale di Tricase e si sentono le urla di una donna che con forza e noncuranza del dolore sta dando i natali al sottoscritto. Si tratta di una bella donna: altezza media (un metro e sessantacinque), lunghi capelli biondi, seno abbondante ma non esagerato e naso appena appena adunco che – ovviamente, aggiungerei – ha pensato bene di trasferire a me in proporzioni smisurate, come smisurato, d’altronde, è l’amore che una madre prova per il suo bambino!
Accanto a lei c’è mio padre, un uomo alto, capelli scuri, forte, ma soprattutto intelligente. Perché dico questo? Semplice: per essere riuscito ad accaparrarsi una donna come mia madre, be’, bisogna per forza essere molto, molto in gamba, ma soprattutto intelligente!
Tornando a noi, siamo nel bel mezzo di un parto. Le urla della donna – di mia madre, scusate – raggiungono il loro apice. Mio padre le dà pieno supporto morale e verbale, stringendole la mano e incitandola a fare un ultimo sforzo; si sa: gli uomini in questi casi non possono fare molto di più. Certo, anche questo è importante, ma non è nulla in confronto alla fatica e alla sofferenza fisica che una donna deve sopportare per tutta la durata della gravidanza.
A un tratto le urla si trasformano in affanno e pochi secondi dopo l’affanno viene del tutto surclassato da un pianto tanto acuto quanto assordante. Proprio in quell’istante è iniziata la mia vita nel mondo che noi tutti conosciamo.
24 marzo 1974, una di notte. Segno zodiacale ariete, ascendente sagittario: una combinazione davvero esplosiva, o – per meglio esprimere il concetto – un vero e proprio rompicoglioni
, permettetemi il francesismo!
Con l’evolversi della storia, dimostrerò pienamente la non veridicità del preconcetto che i segni di fuoco sono cocciuti, o per lo meno cercherò di dimostrarvelo. Forse. O forse no, vedremo. A conti fatti tireremo le somme.
Come dite? Sto dimenticando qualcosa? Il mio nome? No, no, non ho dimenticato di dirvelo, tranquilli. È solo che non ho intenzione di farlo.
Via, non fate queste facce! Va bene, facciamo una cosa: non dirò né nome né cognome. Solo quattro lettere corrispondenti alla sigla della provincia di Lecce ripetuta due volte: Lele. Questo è il nomignolo con cui vengo chiamato dalla mia famiglia e dalla stragrande maggioranza dei miei amici. Ah, naturalmente spero anche da voi! A questo punto posso fare benissimo un ultimo sforzo e aggiungere altre quattro lettere per dare un’indicazione del mio cognome: Cash (come denaro contante). Il mio nome è Cash, Lele Cash. E il mio aperitivo preferito è Martini, agitato non shakerato!
. Spero Flaming possa perdonarmi: non potevo proprio resistere alla tentazione.
Un’ultima informazione prima di entrare nel vivo della storia: ogni capitolo, compresa la prefazione, si concluderà con una canzone che farà da colonna sonora al periodo della vita narrato (la mia vita, ma non solo).
In questo caso, la scelta è caduta su un cantautore scozzese il cui brano – a mio parere molto bello – è diventato famoso in Italia con un paio d’anni di ritardo:
Breathe
di Midge Ure
WITH EVERY WAKING BREATH I BREATHE
I SEE WHAT LIFE HAS DEALT TO ME
WITH EVERY SADNESS I DENY
I FEEL A CHANCE INSIDE ME DIE
GIVE ME A TASTE OF SOMETHING NEW
TO TOUCH TO HOLD TO PULL ME THROUGH
SEND ME A GUIDING LIGHT THAT SHINES
ACROSS THIS DARKENED LIFE OF MINE
BREATHE SOME SOUL IN ME
BREATHE YOUR GIFT OF LOVE TO ME
BREATHE LIFE TO LAY ¹FORE ME
BREATHE TO MAKE ME BREATHE
FOR EVERY MAN WHO BUILT A HOME
A PAPER PROMISE FOR HIS OWN
HE FIGHTS AGAINST AN OPEN FLOW
OF LIES AND FAILURES, WE ALL KNOW
TO THOSE WHO HAVE AND WHO HAVE NOT
HOW CAN YOU LIVE WITH WHAT YOU¹VE GOT?
GIVE ME A TOUCH OF SOMETHING SURE
I COULD BE HAPPY EVERMORE
BREATHE SOME SOUL IN ME
BREATHE YOUR GIFT OF LOVE TO ME
BREATHE LIFE TO LAY ¹FORE ME
TO SEE TO MAKE ME BREATHE
BREATHE YOUR HONESTY
BREATHE YOUR INNOCENCE TO ME
BREATHE YOUR WORD AND SET ME FREE
BREATHE TO MAKE ME BREATHE
THIS LIFE PREPARES THE STRANGEST THINGS
THE DREAMS WE DREAM OF WHAT LIFE BRINGS
THE HIGHEST HIGHS CAN TURN AROUND
TO SOW LOVE’S SEEDS ON STONY GROUND
BREATHE, BREATHE
BREATHE SOME SOUL IN ME
BREATHE YOUR GIFT OF LOVE TO ME
BREATHE LIFE TO LAY ¹FORE ME
TO SEE TO MAKE ME BREATHE
BREATHE YOUR HONESTY
BREATHE YOUR INNOCENCE TO ME
BREATHE YOUR WORD AND SET ME FREE
BREATHE TO MAKE ME BREATHE
(BREATHE)
Ogni volta che lo ascolto mi torna in mente lo spot pubblicitario della Swatch
che rese famosa la canzone e lo stesso Midge Ure. Le immagini mostravano la vita di tutti i giorni di persone comuni: una madre che dà alla luce il proprio figlio, un canestro fatto all’ultimo secondo, i passi del primo uomo sulla luna e infine il primo piano di Michael Duane Johnson, che con le braccia allargate e gli occhi spiritati si rende conto di aver stracciato il record del mondo dei 400 m con un perentorio 19.32… semplicemente grandioso!
CAPITOLO 1
CROCE E DELIZIA
Prima di raccontarvi le peripezie che saranno oggetto di questo capitolo devo fare una premessa.
Quando ero piccolo, fino all’età di 5 anni circa, vivevo a Gallarate, una città lombarda in provincia di Varese e, solo d’estate, passavo le vacanze a casa dei miei nonni a Specchia Gallone, un ridente paesino in provincia di Lecce di ben mille anime, in attesa che i miei genitori finissero di costruire quella che poi sarebbe diventata la casa della nostra famiglia.
Detto questo, una mattina…
«Lele! Lele! Lele!»
Silenzio assoluto, quasi innaturale.
«Lele!»
Nessuna risposta.
Era mia nonna, la madre di mia madre, che per un attimo, distraendosi, mi aveva perso di vista. Io avevo sentito benissimo, ma non potevo assolutamente permettermi di essere scoperto. Mi trovavo sotto il bancone del negozio di alimentari dei miei nonni, in procinto di saccheggiare la nuova fornitura di ovetti Kinder. Perché, vi starete chiedendo? La risposta è semplicissima: sono goloso. Se a questa mia peculiarità aggiungiamo anche il fatto che mio fratello aveva trovato la sorpresa più bella, allora la situazione era davvero grave. Il mio orgoglio ferito richiedeva una pronta e adeguata risposta.
Mi accingevo a scartare il terzo ovetto di fila; al momento, infatti, le due precedenti sorprese non avevano catturato il mio interesse. D’un tratto la mia concentrazione nell’assaporare il cioccolato fu interrotta dall’irrompere nella stanza del gattone di famiglia.
«Meeeow, meeeow.»
Si trattava di Micio
, tipico esemplare di gatto europeo, noto anche come celtic. Per entrare meglio nei particolari, quella europea è una razza di gatto la cui varietà più nota è quella con il mantello tigrato, la cui forma più comune presenta striature nere su fondo beige. Secondo alcuni studi, si tratterebbe della razza che più direttamente discende dall’antico gatto