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G.E.H.B.: Genetically Engineerized Human Being
G.E.H.B.: Genetically Engineerized Human Being
G.E.H.B.: Genetically Engineerized Human Being
Ebook757 pages11 hours

G.E.H.B.: Genetically Engineerized Human Being

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About this ebook

Il romanzo racconta le vicende di Adam Maghetti, un ragazzo con problemi emotivi e difficoltà nei rapporti sociali. Una sera Adam incontra Roy, uno strano personaggio che vuole riesumare un suo vecchio progetto universitario e tentare di farglielo realizzare. Subito dopo, fa la conoscenza di Pris, una ragazza bellissima che sembra non essere per niente infastidita dalle sue nevrosi e lo seduce diventando la sua amante.
Adam scoprirà presto che Pris e Roy non sono dei normali esseri umani e sono legati a doppio filo alla Beyond Genetics, la multinazionale per la quale il ragazzo lavora.
Scoprirà anche il legame tra i suoi nuovi amici e la Zicotripina, la nuova droga allucinogena apparsa recentemente sul mercato.
Ma ormai sarà troppo tardi per tirarsi indietro. Il progetto nel quale neanche Adam aveva mai creduto fino in fondo, il Trasferimento di Coscienza, dovrà diventare realtà.
Mentre il governo, la mafia e la Beyond Genetics lo inseguono per mezzo mondo, Adam scoprirà che, quando ogni certezza crolla, l'unica cosa che resta oltre alla paura è il desiderio di sopravvivere.
LanguageItaliano
Release dateDec 25, 2015
ISBN9781326515362
G.E.H.B.: Genetically Engineerized Human Being

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    G.E.H.B. - Andrea Astarita

    G.E.H.B

    Capitolo 1

    Coscienza. Flusso di coscienza. Flusso di pensieri, emozioni, ricordi, sensazioni. Tutto ciò che costruisce la nostra realtà. Nient’altro. A volte si ha l’impressione che il nostro corpo e tutto ciò che ci circonda siano privi di sostanza senza di essa, e i contorni del mondo fisico appaiano vaghi e sfocati se paragonati alla fluttuante e sfuggente immagine di un sogno.

    Adam aprì gli occhi. Guardò nel letto alla sua destra e fu sorpreso di trovare Pris ancora abbracciata a lui. Era ancora convinto che fosse stato tutto solamente un bel sogno. Le accarezzò il fianco e si rese conto invece di quanto Pris fosse vera. Sarebbe rimasto lì sdraiato, in eterno. Aveva tutto ciò che poteva desiderare proprio accanto a lui, in quel suo appartamentino da sfigato. Non aveva bisogno di niente altro a parte l’aria che respirava, acqua da bere e cibo da mangiare. Tutto il resto del mondo poteva andare distrutto in quello stesso momento e non gli sarebbe importato.

    Del resto Adam aveva sempre trovato un modo per fuggire dal mondo, ma non era mai riuscito a sfuggire alla sua mente. E anche in quel momento di felicità la sua mente non cessava di funzionare e lui non poteva fare ameno di porsi delle domande.

    Come era potuto accadere tutto ciò? Era davvero possibile che una ragazza così bella, quasi troppo bella per essere vera, si fosse concessa a lui per tutta la notte?

    Sembrava proprio che le cose stessero così. Pris strofinò il muso contro la sua spalla quasi come se volesse dargliene una prova tangibile. Adam la fissò per alcuni secondi poi alzò gli occhi verso il soffitto, dove una imponente ed elegante astronave solcava silenziosamente gli spazi siderali, vuoti e muti testimoni degli eventi.

    Perdendosi in quelle forme e in quei colori Adam strinse Pris contro il suo corpo quasi avesse paura che da un momento all’altro sarebbe svanita tra le sue braccia. Quando vide che non succedeva, ma che anzi, la ragazza ricambiava la sua stretta avvinghiandosi a lui anche con le gambe, Adam decise che per almeno un’altra ora avrebbe rinunciato alle sue domande.

    Trasse un profondo respiro e cercò di rilassarsi. La sua mente prese a vagare tra reami inimmaginabili e assurde realtà, ipnotizzata dalle immagini sopra di lui e dal profumo della ragazza al suo fianco.

    Coscienza. Difficile da controllare. In un attimo può abbandonarsi al dolce oblio, lasciando il posto all’inconscio, il quale non sempre decide di seguire le regole che razionalmente ci imponiamo.

    Come era arrivato a quella situazione? Cosa l’aveva provocata? Un colpo di fortuna o il preciso disegno di qualcun altro?

    L’inconscio non ha il senso del tempo. Passato, presente e ogni possibile futuro si mescolano insieme e vengono rielaborati per formulare risposte.

    Coscienza. Sfuggente come granelli di sabbia tra le dita. Ribelle, testarda, indomita!

    «Adam, mi stai ascoltando?» disse il dottor Alison.

    «Certo. Alla perfezione.» Fece Adam con sguardo vacuo.

    «Per favore concentrati. È la seconda volta che devo farti rifare questo schema. Hai capito cosa voglio che tu faccia?»

    «Certo, Dottor Alison. Ricostruisco subito lo schema e reinserisco le popolazioni di geni mancanti. Le chiedo scusa se le ho fatto perdere tempo.» Rispose Adam guardando sul monitor.

    «Non importa Adam. Va bene così, basta solo che ti sbrighi e che aggiorni il database entro la fine della settimana. E mi raccomando, deve essere visibile a tutti i membri della sezione R&D.» rispose il dottor Alison, salutando Adam con un cenno e uscendo in fretta dal suo ufficio.

    Adam salutò e ringraziò cordialmente, poi sospirò. Era solo il suo lavoro. Creare un programma che permettesse ai ricercatori di avere un comodo accesso multimediale alle proprie banche dati e di condividerle con i colleghi. Tutto qui, pensò Adam. Eppure lui non riusciva a farlo nel modo corretto. Forse era per questo che non era stato preso a lavorare nel settore Ricerca & Sviluppo come aveva richiesto più volte. In effetti era già fortunato ad essere lì. Non poteva biasimare il dottor Alison per i suoi rimproveri e neppure la commissione esaminatrice per averlo collocato nella sua posizione attuale, invece che in quella per cui aveva fatto richiesta. C’erano persona più qualificate, ed era giusto che la ricerca spettasse a loro. Chissà se in qualche modo la genetica c’entrava qualcosa nel predisporre le persone per determinate professioni piuttosto che per altre. Forse era stato solo sfortunato nell’aver ereditato un corredo genetico che non corrispondeva alle sue aspirazioni nella vita. Forse anche il Q.I dipendeva da quello, anche se non esistevano ancora studi che dimostrassero in modo inequivocabile una cosa del genere.

    Mentre rifletteva su questo, Adam riprese ad aggiornare il database con la nuova popolazione di geni appena sviluppati dal settore R&D della Beyond Genetics. In realtà l’archivio avrebbe dovuto essere aggiornato dagli stessi ricercatori non appena verificata la correttezza dei loro studi ma un errore nel programma di gestioni dei dati aveva impedito loro di farlo, e dal momento che il programma era stato sviluppato da Adam, adesso doveva correggere l’errore e aggiornare l’archivio personalmente.

    Un piccolo trillo proveniente dal suo computer distrasse Adam per un momento. Era un messaggio di Skype. Adam era terribilmente indietro con il suo lavoro, ma in definitiva sapeva che, se non avesse voluto essere distratto, non avrebbe lasciato aperto il collegamento. Il messaggio diceva: Ciao sfigato. Spero che tu non abbia troppo lavoro, perché sabato ti voglio al «Crazy Rabbit». Ti presento la tua nuova ragazza.

    Romo.

    Adam reagì come al solito di fronte a un messaggio di Romo: rimase incerto se ridere o preoccuparsi. Alla fine scosse la testa e rispose: Farò del mio meglio, basta che non mi costringi a ballare.

    Adam chiuse la finestra di dialogo di Skype e riprese l’inserimento dati. L’idea di conoscere una ragazza lo innervosiva molto, e in quel momento aveva bisogno di concentrazione. Si appoggiò le mani sulle tempie e tentò di focalizzare i suoi pensieri. Ma un altro trillo lo distrasse di nuovo.

    Ci sto. Ma non fare cazzate con la tipa, ok? Ricorda che avrà più paura lei di te di quanta tu ne avrai di lei. Non innervosirti, falla ubriacare più che puoi, e vedrai che andrà tutto bene. Ti contatto poi per dirti a che ora passo a prenderti.

    Ciao sfigato, non fare casini al lavoro.

    Romo.

    Adam sorrise di nuovo, poi scrisse:

    Ciao fallito. Non farti arrestare prima del week-end.

    Adam.

    Il ragazzo chiuse la finestra di dialogo e, questa volta, chiuse anche il collegamento con Skype. Aveva avuto il suo momento di vita sociale, adesso doveva rimediare al casino che aveva fatto con il programma. Dopotutto, anche il suo lavoro avrebbe contribuito in qualche modo ad accelerare la ricerca, o almeno ad evitare di rallentarla.

    Del resto, Adam non era proprio completamente ignorante in merito ai dati che stava inserendo. Sapeva che ormai da un po’ di tempo la Beyond Genetics si occupava di OGM. Era promotrice della campagna mondiale sulla sicurezza dei cibi geneticamente modificati e si stava muovendo in quel senso. La maggior parte dei problemi derivanti dall’utilizzo di questi cibi stava nel fatto che a volte, alcuni geni che venivano utilizzati per sviluppare determinate caratteristiche in un cibo, avevano anche altre funzioni che spesso le industrie alimentari ignoravano, o peggio, consideravano innocue. La maggior parte di queste funzioni si sviluppavano in modo evidente nei cibi OGM, i quali, se ritenuti pericolosi non venivano immessi sul mercato. Ma una bassa percentuale di questi geni potevano portare alla formazione di proteine che non generavano anomalie nel frutto o nella verdura in questione, ma potevano interagire in modo dannoso con l’organismo di chi li mangiava.

    Per molti anni si era cercato di ignorare questa possibilità, anche laddove si presentavano evidenti campanelli d’allarme. Ma negli ultimi dieci anni un gruppo di scienziati del MIT aveva scoperto la relazione tra alcuni OGM e il diffondersi di malattie anche gravi a livello mondiale. Alcune di esse si sviluppavano negli animali nutriti con le sementi modificate e poi contagiavano l’uomo, altre si manifestavano direttamente negli esseri umani.

    Per salvare una grossa fetta del proprio mercato, la Beyond Genetics si era fatta carico di una iniziativa, in parte finanziata dall’OMS e da quasi tutti i governi dei paesi occidentali, con lo scopo di correggere tutti gli OGM ‘difettosi’. I laboratori di ricerca avevano controllato e testato tutti gli OGM presenti sul mercato per individuare ogni tipo di rischio dovuto ai nuovi codici genetici. In tutti gli OGM che presentavano dei rischi bisognava sostituire i geni incriminati con altri che potessero presentare gli stessi vantaggi ma nessun effetto collaterale.

    Il database che Adam stava aggiornando in quel momento era relativo ai nuovi geni sviluppati dal settore R&D per evitare la formazione di una proteina che si pensava potesse portare ad un malfunzionamento delle vie respiratorie.

    Naturalmente la Beyond Genetics non si occupava solo di questo. Era una delle maggiori sviluppatrici e produttrici a livello mondiale di protesi articolari, neuro-protesi, tessuti organici ingegnerizzati e ogni altro tipo di tecnologia utilizzabile in campo medico.

    Ma tutto questo ad Adam non poteva interessare in quel momento. Il suo compito era solo quello di far funzionare un programma e di inserire dei dati.

    Emozioni. Complicate da interpretare. Talvolta difficili persino da riconoscere, o da distinguere le une dalle altre. Indubbiamente una delle imprese più impegnative per un essere umano è sempre stata cercare di controllarle.

    Marla era nervosa. Lo era sempre prima di un incontro importante. Ma sapeva di non potersi permettere tentennamenti. Non poteva mai permettersene.

    Il suo aspetto era perfetto. Capelli neri a caschetto pettinati con cura, trucco leggero per apparire curata ma non eccessiva, minigonna, camicetta grigia e una piccola giacchetta. Scarpe con un po’ di tacco e persino una cravatta. Si guardò le mani ben curate per verificare che lo smalto fosse della tonalità giusta.

    Marla si sedette sulla sua poltrona, di fronte alla parete di vetro, dando le spalle alla sua scrivania. Guardò l’orologio d’argento che aveva al polso e trasse un respiro. Appoggiò la testa sullo schienale e osservò la città sotto di lei. La BG-Tower era uno dei grattaceli più alti del mondo e l’ufficio di Marla si trovava al penultimo piano.

    Osservare il mondo da quella posizione faceva un certo effetto. Sebbene la Beyond Genetics avesse sedi distribuite in tutto il mondo, esistevano solo due BG-Tower. Una costituiva la sede centrale a San Francisco, il primo stabilimento della multinazionale che era stato poi trasformato in grattacielo. L’altro, quello in cui Marla si trovava, si ergeva nella città di Dubai e poteva considerarsi il centro di produzione e distribuzione dei prodotti. Era stata Marla a farlo costruire, dapprima con l’aiuto del marito che aveva finanziato l’impresa, poi indipendentemente quando la società si era espansa.

    Normalmente si sentiva orgogliosa ripensando a tutto ciò che, dal nulla, lei aveva costruito. Ma in quel momento era nervosa, non poteva farci niente. Stava per guardare un’altra volta l’orologio quando sentì un beep provenire dalla sua scrivania. Ruotò la poltrona e con una mano sfiorò un pannello accanto ad un piccolo altoparlante. Una voce disse: «Il signor Hamal è arrivato.» Marla, con voce fredda rispose: «Fatelo accomodare, lo stavo aspettando.»

    Pochi secondi dopo le porte di vetro opaco scivolarono silenziosamente di lato e il signor Hamal entro nella stanza. Un uomo alto, in carne, vestito elegantemente con barba grigia corta e ben curata. Marla si alzò e gli strinse la mano. «Benvenuto Hamal. Si accomodi pure.» Disse indicando una delle due poltrone all’altro lato della sua scrivania.

    «Grazie signorina Barelli.» Disse il signor Hamal con un inchino.

    «Signora Fox, per favore.» Fece Marla seccamente.

    «Mi perdoni. Mi avevano detto che era…..»

    «Si, infatti. Ma ho mantenuto il mio nome da sposata, e in ambito professionale sono conosciuta con quello. Spero non sia un problema.» Disse Marla con un sorriso cordiale.

    Emozioni. A volte si tenta di sopprimerle, altre volte di razionalizzarle.

    «Naturalmente no. Ma passiamo subito alle questioni pratiche. Le hanno già spiegato la situazione?»

    «Si. Ho avuto un briefing con il ministro due giorni fa. Mi ha detto che siete in una posizione delicata.» Fece Marla avvicinandosi con il busto alla scrivania.

    «Estremamente delicata.» Rispose Hamal «Ho parlato anche io con il ministro e mi ha assicurato la massima collaborazione da parte vostra.»

    «Assolutamente. Siamo a sua disposizione. E, se mi permette di essere venale, non dovrà neppure preoccuparsi del pagamento. Se ne occuperà il dipartimento della difesa.» Disse Marla con un altro sorriso.

    «Mi è stato detto anche questo. Ma quello che mi interessa è verificare se i vostri prodotti sono davvero affidabili. So che avete ultimato i nuovi HGM.»

    «GEHB è la sigla corretta, signor Hamal. Comunque è vero. Abbiamo appena completato gli ultimi test sulla serie MC-3. Posso garantirle personalmente la qualità dei prodotti. Le ho preparato anche delle schede tecniche, se vuole dargli un’occhiata.» Un pannello al di sotto della scrivania scivolò lentamente verso Marla che ne estrasse un fascicolo rilegato e lo porse ad Hamal.

    L’uomo lo prese e lo sfogliò attentamente. Lesse alcune parti e lo sfogliò di nuovo. Dopo alcuni minuti lo richiuse e alzò la testa verso Marla. «La ringrazio signora Fox, ma come di sicuro saprà io non sono un esperto di ingegneria genetica e neppure di neuroscienze. Di conseguenza non sono in grado di analizzare correttamente i requisiti tecnici dei vostri prodotti. Voglio solo che funzionino. E lo vuole anche il suo governo, glielo assicuro.»

    «Funzioneranno, non si preoccupi.» Disse Marla con ostentata sicurezza.

    Hamal la guardò negli occhi intensamente, tentando di mettere alla prova la sicurezza di lei. Poi disse: «Non voglio mancarle di fiducia signora Fox. Ma lei deve capire che, per questa operazione, io devo essere assolutamente sicuro che non si ripeta quello che è successo in Sierra Leone.»

    Marla sgranò gli occhi. Non immaginava che Hamal lo sapesse. Evidentemente il ministro della difesa lo aveva informato. Eppure non ce n’era alcun bisogno. Marla imprecò mentalmente, ma con un sorrise calmo e sicuro rispose:

    «Si è trattato solo di un piccolo incidente con un modello difettoso. Era un MC-0 se non sbaglio, di ben tre generazioni più vecchio rispetto agli MC-3 che vi forniremo. Abbiamo fatto passi da gigante in questo senso. L’affidabilità innanzitutto.»

    Hamal sorrise e disse: «Molto bene. Era quello che volevo sentire. Allora inviate trenta unità secondo le specifiche che le ho già fornito.»

    «Trenta unità? Non le sembra una stima esagerata? Io sono convinta che dieci GEHB siano più che sufficienti.»

    «Lo spero davvero, signora Fox.» Disse Hamal alzandosi dalla sedia. «Ci rivedremo il mese prossimo suppongo. E le saprò dire se sarò soddisfatto dei risultati.»

    «Sono certa che sarà così, signor Hamal. Si goda il suo ritorno a casa, e non si preoccupi di nulla.» Disse Marla stringendogli la mano.

    Tempo. Un concetto da alcuni ritenuto banale, ma per altri estremamente importante. Un concetto estremamente soggettivo. La sua percezione è influenzata dal valore che gli diamo e da come lo impieghiamo. Ergo, è lecito pensare che a volte il tempo sia trascorso inutilmente. Quel tempo diventa quindi privo di qualsiasi valore, come se non fosse mai trascorso.

    Adam aprì la porta del suo appartamento ed entrò, accendendo la luce. Posò a terra la borsa con il portatile e le sue carte e sbuffò stancamente. Finalmente a casa, pensò. Si trascinò stancamente verso il salotto, l’unica vera stanza del suo appartamento. Era un monolocale con un piccolo corridoio che dava sull’ingresso, lungo il quale era presente anche l’angolo cottura. Il bagno era sull’entrata subito sulla destra. Il salotto, che era anche camera da letto, era una stanza rettangolare con un piccola nicchia sul lato destro nella quale era incastrato il letto. Un tavolo quadrato occupava il centro, sul lato sinistro c’era un piccolo armadio e una scrivania era appoggiata contro la finestra, che occupava per il lungo quasi tutta la parete opposta all’ingresso.

    Infine una sdraio di legno imbottita di federe e di cuscini occupava l’ultimo angolo della stanza, esattamente di fronte al televisore, posizionato su di una mensola vicino al soffitto. Adam si lasciò cadere su di essa con un sospiro di soddisfazione. Ecco, in quel momento, sulla sua poltrona, nel suo piccolo appartamento, lui si sentiva un re. Niente e nessuno avrebbe potuto disturbarlo o infastidirlo se lui non avesse voluto. Non doveva neppure accendere la televisione. Non gliene fregava niente del telegiornale, di quello che era successo nel mondo, di niente. Forse avrebbe letto un libro o magari un fumetto.

    Alzò gli occhi e fece una panoramica della sua stanza. Sorrise. Quasi ogni rettangolo di spazio più grande di dieci centimetri quadrati era occupato da immagini fantastiche. Astronavi che solcavano lo spazio siderale, incredibili robot umanoidi che mostravano i segreti del cosmo ad umani increduli, galassie che collassavano su se stesse in uno spettacolo terrificante ma meraviglioso.

    Ciascuna di quelle immagini l’aveva stampata e incollata lui con la stampate del suo ufficio. Circondato da quelle immagini, si sentiva al sicuro, rilassato, con la mente che viaggiava oltre i reami dell’immaginazione.

    Forse, pensò, aveva ragione Romo: era proprio uno sfigato. Ma del resto perché avrebbe dovuto negarlo. Quella era la sua natura, quella era la sua vita. Non molto entusiasmante, di sicuro non così desiderabile per qualcuno, ma comunque la sola vita che avesse.

    Progetti, sogni, emozioni desiderate, esperienze di vita. Tutte cose che non tutti nella vita riescono ad ottenere. Quelli che non ci riescono si devono accontentare e cercare di ottenere qualcosa di buono con quello che gli rimane.

    Fantastico, pensò Adam. Grazie a quei meravigliosi pensieri, ora non si sentiva più così rilassato. Accese la tv e si alzò dalla poltrona.

    ……..sull’attentato di questa mattina ai danni dell’Imam, a capo della fazione estremista palestinese. Sembra che gli attentatori fossero persone molto vicine a lui. Le autorità israeliane smentiscono ogni tipo di coinvolgimento……

    Adam entrò in bagno e aprì il cassetto dei medicinali. Prese la confezione giusta a colpo sicuro, con un gesto abituale, fatto e rifatto decine di volte.

    ………..insieme all’Imam sono morti molti altri personaggi chiave della stessa fazione. La particolarità dell’attentato risiede nel fatto che non sembra siano stati usati esplosivi di alcun genere. Pare che tutto sia avvenuto in modo piuttosto discreto e silenzioso, tanto che le autorità si sono accorte dell’accaduto solo qualche ora dopo. Rimane un mistero anche la sparizione……

    Scartò una pastiglia, se la infilò in bocca, poi aprì il rubinetto e si riempì la bocca d’acqua per mandarla giù.

    ……..gran parte dell’arsenale che secondo i servizi segreti avrebbe dovuto appartenere a quella fazione non sono state ritrovate. Le autorità pensano che esse siano state trafugate da qualche altre fazione estremista formatasi in Palestina negli ultimi anni.

    E ora, tornando nel nostro paese, Una statistica ha dimostrato……

    Qualche secondo ancora. Adam appoggiò la fronte contro lo sportello a specchio dei medicinali. Avvertì un lieve pizzicore alle tempie che si diffuse lungo tutta la corteccia. Aprì gli occhi e guardò il suo riflesso. Quanto avrebbe voluto che l’effetto fosse immediato. O forse non gli bastava più una pastiglia sola.

    ……crescita esponenziale del consumo di Zicotripina, la nuova droga sintetica comparsa sul mercato americano circa cinque anni fa, che alcuni ritengono provenire dal sud-africa. Questo farmaco è stato soprannominato Lighting a causa delle allucinazioni incredibilmente realistiche che genera in chi ne fa uso. Stando a quanto dicono gli esperti di biochimica, che ne hanno analizzato gli effetti su pazienti assuefatti, questa particolare droga causa una fortissima dipendenza anche dopo una singola assunzione. Il sindaco di New York ha dichiarato che, per adesso, sono inutili gli allarmismi ma che verrà comunque adottata una linea dura contro gli spacciatori.

    La Zicotripina. Forse, pensò Adam, avrebbe dovuto prenderla in considerazione, come alternativa allo Xanax. Uscì dal bagno lentamente, e si avvicinò alla cucina. Imprecò sottovoce. Quella mattina si era dimenticato di estrarre la carne dal congelatore. Tornò in sala e con un gesto di stizza, afferrò il telecomando e spense il televisore. Non si era neppure ancora tolto la giacca e le scarpe. Meglio così, pensò, visto che avrebbe dovuto rimettersele.

    Prese le chiavi e uscì. Fortunatamente, la pizzeria italiana che si trovava a due isolati da casa sua era aperta praticamente ad ogni ora. Fare due passi lo avrebbe aiutato a metabolizzare lo Xanax.

    «Mr. Adam Maghetti. Come andiamo stasera? Stanco?» disse Giacomo gioviale, appena Adam varcò la soglia.

    «Abbastanza grazie.» Rispose Adam.

    «Dimenticato di cucinare, vero?» continuò il pizzaiolo girando attorno al banco e andando a stringergli la mano.

    Adam ricambiò la stretta vigorosa dell’uomo e rispose: «A dire la verità ho dimenticato gli ingredienti ma credo che non faccia differenza. È rimasto un tavolo per me?»

    «Certo. Guarda, là in fondo, vicino alla finestra.» Fece Giacomo indicando un tavolo libero.

    Adam si andò a sedere e aspettò con calma. Non aveva bisogno di ordinare. Giacomo sapeva che avrebbe preso la solita pizza margherita con mozzarella di bufala. Si appoggiò allo schienale e si rilassò. Lo Xanax cominciava a fare effetto. Non avvertiva più quel senso di oppressione e di angoscia che si era impossessato di lui pochi minuti prima, nel suo appartamento. Forse era anche dovuto all’effetto del tono amichevole di Giacomo, ma poco importava quale fosse il motivo.

    Il ristorante era quasi completamente vuoto. C’era solo un altro cliente. Un tipo alto, vestito elegantemente, con una ventiquattrore appoggiata contro il tavolo. Adam gli diede uno sguardo di sfuggita e si accorse che non stava mangiando. Beveva solo un tè alle erbe. Fuori dal locale il cielo, non ancora completamente scuro, era sereno e senza nuvole.

    «Per lei Mr. Maghetti.» Disse il cameriere porgendogli la pizza. Adam ringraziò e cominciò a mangiare. Era quasi a metà della pizza quando il ragazzo con la ventiquattrore si alzò dal suo tavolo e venne a sedersi di fronte a lui. Adam alzò lo sguardo, continuando a masticare e guardò l’uomo con aria interrogativa. Era piuttosto alto, magro e di corporatura atletica. Capelli cortissimi, quasi tagliati a zero, probabilmente castani da quel che Adam riuscì a vedere, occhi grigi e un’espressione statuaria sul viso. «Tu sei Adam Maghetti?» chiese senza presentarsi. Adam annui.

    «Io mi chiamo Roy, e vorrei offrirti un lavoro.» Disse l’uomo con la stessa immutabile espressione sul viso.

    «Un lavoro?» fece Adam mentre ancora stava finendo di masticare. «Di che tipo?»

    «Io mi occupo di ricerca. Ricerca molto avanzata. E sto reclutando persone con idee brillanti che possano aiutarmi nei miei studi.»

    «Che genere di studi?» chiese Adam bevendo un sorso d’acqua. L’uomo parve quasi imbarazzato a quella domanda. Si guardò in giro per assicurarsi che non ci fosse nessuno in ascolto, poi si avvicinò ad Adam e disse sottovoce: «Io sono in cerca di idee brillanti, rivoluzionarie. Per realizzare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima. Tu hai per caso qualcuna di queste idee?»

    Adam lo guardò stupito, incredulo e molto, molto sospettoso. «Chi sei tu? Per che società lavori?» chiese subito. L’uomo indietreggiò con la testa e tornò ad appoggiarsi completamente sullo schienale della sua sedia. Poi disse: «Noi siamo…..un gruppo di ricerca indipendente. Ci autofinanziamo, possiamo dire. Ma quello che ci manca sono le idee. Per questo ci rivolgiamo a te.»

    «Avete già il mio CV?» chiese Adam.

    «Abbiamo già le informazioni che ci servono. Sei interessato?» insistette l’uomo.

    «Veramente non lo so.» fece Adam confuso. «Non ho ancora capito bene cosa dovrei fare, che tipo di società siete e quale tipo di contratto mi offrite.»

    «Un contratto a progetto, naturalmente. E sarà un progetto molto lungo e complesso, ma non possiamo rinunciarvi. Per quanto riguarda il compenso, possiamo offrirti diecimila dollari al mese. Al netto si intende. Più tutte le tecnologie di cui avrai bisogno.»

    Adam strabuzzò gli occhi incredulo, e per poco non si strozzò con il pezzo di pizza. «Diecimila dollari netti? Mi sembra poco credibile.»

    «Perché? Non bastano? Possiamo arrivare a quindicimila ma per averne di più dovrò parlare con alcuni…….colleghi.» disse l’uomo senza scomporsi.

    Adam lo guardò sempre più sospettoso. «Puoi darmi almeno un biglietto da visita, un indirizzo, o una mail tramite la quale posso contattarti?»

    «Posso dati un numero di telefono, ma non è il mio. Quando risponderanno tu dovrai chiedere di Roy.» Disse l’uomo incerto.

    «Non puoi darmi un indirizzo e-mail, o il nome del vostro gruppo di ricerca?» chiese ancora Adam, perseverante.

    «Purtroppo noi non abbiamo un sito internet, e la nostra organizzazione è ancora senza nome. Abbiamo cominciato da poco.»

    Adam lo osservò meglio e in modo più analitico. Un ragazzo alto, dai lineamenti decisi, con un corpo atletico e muscoloso, vestito con un completo grigio e una cravatta bianca, elegante e dall’aria brillante. Indubbiamente una persona che si presentava in quel modo era uno specchietto per le allodole. Un uomo con lo scopo di trasmettere un’immagine di superiorità e perfezione di un’azienda o di un prodotto. Un uomo con lo scopo di vendere.

    Certo, Roy non sembrava particolarmente esperto nell’arte della dialettica, e sentendolo parlare non trasmetteva certo una grande fiducia. Se quell’offerta di lavoro era una truffa, e Adam ne era quasi certo, di sicuro non era stata concepita in modo molto ingegnoso.

    Adam mise in bocca l’ultimo pezzo di pizza e disse: «D’accordo. Dammi questo numero di telefono. Nei prossimi giorni ti chiamo e ci incontriamo per discutere i dettagli. Può andarti bene?»

    Roy alzò un sopracciglio dubbioso, poi disse: «Si, d’accordo. Ma questo lavoro ti interessa oppure no?»

    «Certo. Ma ho bisogno di almeno un giorno per vedere se posso abbandonare il mio lavoro attuale. Insomma, capirai che mi hai preso un po’ alla sprovvista. Non mi era mai capitato un primo colloquio in pizzeria.»

    «Si, certo hai ragione.» Fece Roy molto più rilassato. «Una modalità un po’ insolita, mi rendo conto. Pensaci pure e poi richiamami.» Disse alzandosi dalla sedia. «Nel frattempo, ti lascio un anticipo nel caso volessi prendere in considerazione la nostra proposta. Diciamo che è per il tuo disturbo.» Mise una mano nella giacca e ne estrasse delle banconote. Le appoggiò sul tavolo insieme ad un pezzo di carta con un numero di telefono e, con un cenno, salutò Adam e se ne andò.

    Adam, sconcertato da quella conversazione, allungò la mano e prese le banconote. Erano sei pezzi da cento dollari. Giacomo gli si avvicinò e disse: «Era un suo amico Mr. Maghetti?»

    «No.» Rispose Adam senza alzare gli occhi dalle banconote. «Perché hai pensato che lo fosse?»

    «Beh, vi ha lasciato dei soldi sul tavolo e in più ha pagato la vostra pizza insieme al suo tè. O è un vostro amico oppure vi deve un sacco di soldi.» Disse pacato il pizzaiolo.

    «Giacomo, secondo te sono veri?» chiese Adam porgendogli una banconota. Il pizzaiolo la prese e la esaminò. «A occhio direi di sì. Ma non sono un esperto. Se è contraffatta, chi l’ha fatto non deve essere un dilettante.»

    «Grazie Giacomo. Anche per la pizza. Ci vediamo, buonanotte.» Disse Adam alzandosi.

    «Arrivederci Mr. Maghetti. Si rilassi.» Disse Giacomo.

    «Lo farò. Ciao.» Rispose Adam uscendo frettolosamente dal locale.

    Si diresse verso casa con passo deciso e, una volta nel suo appartamento, si mise al computer. Mandò una mail a Romo con il numero di telefono scritto sul pezzo di carta.

    Ciao fallito, ho un favore da chiederti. Una fonte sospetta mi ha dato questo numero di telefono. Sei in grado di dirmi a chi appartiene senza darmi il disturbo di chiamarlo? Sono sicuro che per te sarà facile ma io non saprei da che parte cominciare.

    Grazie mille, ci vediamo sabato.

    Adam

    Seguiva il numero di telefono.

    Poi Adam si distese nuovamente sulla sdraio e cominciò ad osservare il mazzo di banconote che Roy gli aveva dato. Lui non era certo un esperto di falsari e poteva solo valutare a occhio il tipo di carta e il modo in cui la luce la attraversava per scorgere eventuali riflessi che non avrebbero dovuto esserci.

    A prima vista, e ad un occhio inesperto sembravano essere veri. Ma li avrebbe portati alla sua banca il giorno seguente per esserne sicuro. Mentre le osservava attentamente sentì il suono di una chiamata su Skype. Si alzò subito dalla sdraio e si mise alla scrivania. Romo poteva aver già la soluzione al suo problema.

    Ma quando Adam guardò lo schermo chinò la testa sconsolato e sbuffò. Poi si mise l’auricolare e rispose alla chiamata: «Ciao papà, come stai?»

    «Molto bene. E tu?» rispose una voce all’auricolare. «Sono un po’ stanco. Sono appena rientrato.» Face Adam accasciandosi sulla sedia.

    «Lo vedo dal video. Hai ancora il giaccone addosso. Che succede? Hai l’ennesima crisi esistenziale?»

    «Non ho nessuna crisi esistenziale. E se anche ce l’avessi, tu sei l’ultimo con cui ne parlerei.»

    «Preferisci parlarne con tua madre? Forse lei ti capisce meglio di me.»

    «Grazie, ma non ho assolutamente nessun problema di cui parlare con voi. Sto benissimo. Sono solo stanco. Voi avete novità?»

    «Niente di particolare. Il solito caos di Manhattan. Immagino che tu sarai più tranquillo, lì a San Francisco.»

    «In effetti sì. Qui la vita è meno frenetica.»

    «Cosa mi dici del tuo progetto? Quello che avevi presentato al Dottor Alison?»

    «Ha detto che lo avrebbe fatto esaminare. Ma ormai sono tre mesi che glielo ho presentato e non mi ha fatto sapere nulla. Probabilmente si è accorto che l’idea non si basava su niente di concreto.» Adam sbuffò di nuovo, conoscendo già la risposta in arrivo. «Ti avevo detto che era un po’ campata per aria. Come idea era interessante ma non potevi sperare che ti finanziassero un progetto sulla base di una tua fantasia. Perché alla fine era solo questo: una tua fantasia. Non avevi neppure una base teorica da cui partire.»

    «Si, lo so.» Disse Adam. «Pazienza. Le fantasie sono belle ma devono restare tali.»

    «Bene. Mi fa piacere che tu l’abbia capito. Adesso devi solo cercare di concentrarti e di fare bene il tuo lavoro. Magari se fai vedere che ti impegni e che lavori bene, il dottor Alison potrà spostarti in un posto più interessante. Devi solo evitare di fare stupidaggini.»

    «Certo. Naturalmente.» Rispose Adam con tono piatto.

    «Ora vai a dormire, visto che sei stanco. Se vuoi ne riparleremo domani.»

    Adam salutò e chiuse la conversazione. Si alzò e tornò a distendersi sulla poltrona. Non aveva neppure parlato a suo padre dei soldi. Chissà se era stata distrazione oppure una svista voluta. Mentre ci rifletteva, Adam continuò a giocherellare con la banconota che aveva in mano finché non gli si chiusero gli occhi e si addormentò.

    Desiderio. Una trappola cui nessuno può sfuggire. Chiunque ne subisce l’influenza.

    Alcuni si domandano il perché. Cosa ci spinge a sentirci attratti da qualcosa o qualcuno? Una necessità biologica o un processo mentale? Forse entrambi. La maggior parte delle volte i nostri desideri sono intrinsecamente condizionati dall’ambiente che ci circonda. Spesso questo condizionamento è talmente radicato nelle profondità della nostra mente che diventa difficile capire se ciò che desideriamo è qualcosa che potrebbe davvero renderci felici o un surrogato di qualche stereotipato messaggio pubblicitario.

    Crazy Rabbit. Un pub, discoteca, karaoke, persino ristorante in alcune ore del giorno. Un posto adatto ad ogni genere di persona, senza selezione all’ingresso, senza discriminazioni di alcun tipo. L’insegna era interessante. Un coniglio che ruggiva gonfiando il pezzo, con gli occhi iniettati di sangue, e faceva fuggire un leone. Adam la guardò per circa un minuto. Gli andava a genio.

    Romo doveva essere già dentro. Conoscendolo, e osservando il posto, doveva essere un cliente abituale. Adam entrò lentamente per dare il tempo ai suoi occhi di adattarsi al cambio di luce. Si guardò intorno.

    Il bancone del bar era molto ampio e si trovava sulla sinistra della sala. Un palco e una pista da ballo erano in fondo dalla parte opposta dell’entrata e lo spazio rimanente era pieno di tavoli o divani per far sedere i clienti. Adam tentò di individuare l’amico ma invano. Come accadeva quasi sempre, fu Romo a trovarlo. Lo afferrò per la spalla urlando: «Ehi sfigato, mi sto sbracciando da quando sei entrato per farmi notare. Ma ci vedi o no?»

    «Ciao.» Rispose Adam.

    «Vieni, siamo nel tavolo lì in fondo.» Fece Romo indicando dei divanetti in fondo a destra della sala.

    Al tavolo c’erano quattro persone: una coppia e altre due ragazze.

    «Ragazzi, vi presento il mio amico Adam.» Esordi Romo. Poi rivolto a Adam: «Adam, questi sono Cristian e Emma, Kimberly e Sara.»

    Adam salutò e strinse la mano a tutti sorridendo cordialmente, mentre si stava già dimenticando i loro nomi. Romo continuò a parlare: «Cristian e Emma sono entrambi avvocati. In effetti sono stati anche i miei avvocati. Kimberly studia telecomunicazioni e Sara si occupa di macroeconomia.» Mentre parlava Romo invitò Adam a sedersi e lo direzionò a fianco a Sara.

    Lei attaccò subito bottone. «Tu cosa fai nella vita, Adam? Romo mi ha detto che ti piace la genetica, ma che ne capisci anche di informatica.»

    «Si, veramente io preferirei la genetica, ma purtroppo nel posto dove lavoro non c’erano più posti di ricercatore, così mi hanno messo a compilare database.» Rispose Adam, guardando il tavolo e giocherellando con il polsino della sua camicia.

    «Sono dei fessi.» intervenne Romo. «Non hanno capito che lui è una mente su cui bisogna puntare. Ha delle idee fantastiche. Potrebbe rivoluzionare tutto.»

    «Davvero? Ad esempio?» fece Sara sorseggiando il suo martini.

    Adam guardò Romo scuotendo la testa. Poi sospirando disse: «Avevo proposto alla Beyond Genetics uno studio riguardante l’origine della coscienza umana ma..……..non gli interessava.»

    «Cavoli.» Fece Sara. «Sembra una cosa più filosofica che scientifica.»

    «Probabilmente è quello che hanno pensato anche loro.» Disse Adam sorridendo.

    In quel momento arrivò il cameriere. Adam aprì la lista delle bevande ma Romo gliela richiuse subito sulle mani. Guardando il cameriere disse: «Due giri di Tequila per lui e le due ragazze. Offro io.»

    Prima che Adam potesse dire qualcosa il cameriere se ne andò. «Tranquille ragazze. Lui l’alcool lo regge bene.» Fece poi Romo, rivolto a Sara e Kimberly. Quest’ultima lo guardò sorridendo. Le due amiche erano molto diverse tra loro. Kimberly era alta, piuttosto magra e con i capelli lunghi e rasta, il piercing al naso e i jeans strappati. Sara era leggermente più bassa, capelli neri a caschetto, occhi azzurri, camicetta, tacchi a spillo e minigonna. Strano che fossero amiche, pensò Adam.

    «Beh, non ci racconti niente altro di te?» fece Sara rivolta ad Adam.

    «Non lo so …… io ….. beh ….. forse …. adesso tocca a voi raccontarmi qualcosa.» Fece Adam continuando a giocare con il polso della camicia.

    «Bene. Cosa vuoi sapere?» fece Sara accavallando le gambe e appoggiando la schiena contro la spalla di Kimberly.

    «Non lo so.» Disse Adam incerto. «Cosa succede di bello nel grande mondo dell’economia mondiale?» Non appena finito di pronunciare quella frase, Adam si rese conto che non era brillante come inizialmente aveva creduto.

    «Vuoi davvero che ti parli del mio lavoro?» fece Sara sgranando gli occhi in un gesto forzatamente esagerato. Adam non sapeva cosa rispondere. Guardò Romo che però adesso stava parlando con Cristian e non aveva seguito le sue ultime battute.

    Alla fine cercando di rimanere sul vago disse: «Parlami di qualcosa che trovi interessante. Se ti interessa il tuo lavoro parlami di quello altrimenti parlami di qualcos’altro.»

    Kimberly rise ma Adam non capì se stava ridendo per ciò che aveva detto lui. Sara assunse un’espressione strana e rispose: «Vuoi sapere dei miei hobby?»

    «Certo.» Fece Adam ostentando sicurezza. «Cosa fai per divertirti?»

    «Di solito, vado in palestra, faccio shopping con le mie amiche, e faccio l’amore con i ragazzi che trovo interessanti.» Rispose Sara con gli occhi al cielo come se stesse riflettendo sulla propria risposta.

    «Capisco.» Disse Adam Annuendo. Si aspettava che quella domanda gli avrebbe consentito di sviluppare una conversazione, invece Sara aveva dato una risposta secca e lui di nuovo non sapeva cosa dire.

    «Parlare di sesso ti imbarazza?» chiese Sara. «Sei davvero così timido?»

    Adam tentò di rispondere ma in quel momento arrivò il cameriere con le tequila. Sara ne prese una in mano e disse: «Forse dopo una di queste sarai più sciolto.» E bevve la sua tutta d’un fiato.

    Kimberly e Adam la imitarono. Adam avvertì un forte bruciore alla gola ma non tale da non portelo sopportare.

    Sara sbatté il bicchiere sul tavolo e disse: «Allora: quando è l’ultima volta che hai fatto sesso?»

    Adam riprese subito a giocare con il polsino della camicia e disse: «Per una domanda del genere, forse è meglio bere subito la seconda tequila.» Prese il secondo bicchiere e lo avvicinò alla bocca attendendo che Sara facesse lo stesso. Ma lei disse: «Avanti bevi pure. Se ti fa sentire più sicuro.»

    Adam bevve anche il secondo bicchiere tutto d’un fiato. Sentì un lieve pizzicore alle tempie e nel frattempo cercò di elaborare una risposta plausibile. Ma non gliene venne in mente nessuna. Guardò Sara che aspettava una risposta, senza dire una parola. Si sentì angosciato, rabbioso. Desiderò di uccidersi e di uccidere lei. Desiderò una dose massiccia di Xanax.

    «Vedi Sara, purtroppo c’è un problema.» Disse infine con molta serietà. «Devo andare in bagno.»

    Si alzò dal divanetto e si voltò, ma ebbe un improvviso giramento di testa e per un attimo perse l’equilibrio. Barcollò all’indietro ma riuscì a rimanere in piedi. Romo si alzò per sostenerlo. «Tutto bene amico?» chiese.

    «Si.» Fece Adam. «Dove si trova il bagno?»

    «In fondo a destra, come sempre. Proprio dietro al palcoscenico. Vuoi che ti accompagni?» chiese Romo.

    «No grazie, ce la faccio.» Disse Adam con lo sguardo a terra.

    «Allora io ti aspetto.» Disse Sara tentando di sovrastare il rumore della musica. «Mi rispondi quando torni.»

    Adam le fece un cenno che poteva voler dire tutto o niente e si avviò verso il palcoscenico. Mentre camminava si guardava intorno, cercando tutte le possibili uscite dal locale che non fossero visibili dal loro tavolo. Mentre si allontanava si frugò nelle tasche per cercare lo Xanax ma sapeva di non averlo portato. Si diresse veloce verso il bagno con lo sguardo fisso a terra. I bagni erano occupati ma di fronte ai lavandini non c’era nessuno. Adam appoggiò pesantemente la mano sinistra sullo specchio e si accasciò leggermente, ansimando. Non avrebbe mai trovato il coraggio di ritornare al suo tavolo. Aveva bisogno dello Xanax.

    Poi qualcuno uscì dall’orinatoio. Era un ragazzo con i capelli castani che sembravano appiccicati sulla sua fronte con lo sputo. Adam non gli prestò molta attenzione e lui lo guardò come se fosse un alieno. Quando fu uscito Adam entrò nell’orinatoio. Non doveva fare pipì, ma ne sentiva comunque lo stimolo. Gli succedeva sempre, soprattutto in inverno, quando era nervoso. Abbassò la leva dello scarico e lasciò scorrere l’acqua senza accennare a riaprire la porta. Non voleva uscire. Ma non poteva rimanere lì perché Romo sarebbe venuto a cercarlo.

    Poteva inventarsi che stava male, il che da un certo punto di vista era vero, ma il suo amico lo conosceva e avrebbe capito la bugia. Eppure se davvero lo conosceva avrebbe dovuto anche capire che una ragazza come Sara lo avrebbe mandato nel pallone.

    Adam diede un pugno contro lo scarico e poi lo richiuse. Uscì in fretta dal bagno prima di avere il tempo di ripensarci, deciso a tornare al tavolo. Ma una volta di nuovo in mezzo alla gente, con musica e suoni che lo circondavano, si bloccò pietrificato. Tentò di respirare guardando sempre per terra, ma la sensazione di panico non accennava a diminuire.

    «Ehi bello, che succede?» fece Romo all’improvviso avvolgendogli le spalle con un braccio. «Va tutto bene?»

    «Certo. Dovevo solo fare pipì.» Rispose Adam con una voce meno convincente di quanto avrebbe voluto. Romo si avviò verso il tavolo e tentò di trascinarlo con il braccio ma lui non si mosse. Romo si voltò verso di lui e disse: «Va bene, ho capito. Dico a Sara che questa sera non ti senti molto bene perché hai mangiato gamberetti avariati a cena e vuoi uscire a prendere un po’ d’aria.»

    Adam alzò gli occhi su di lui e con poca sicurezza rispose: «No dai. Forse è meglio che torno al tavolo e….»

    «Pessima idea. Con la faccia che hai, la serata può solo peggiorare. Aspetta qui un minuto.» Romo si allontanò mentre Adam cominciava già a sentirsi meglio. Trasse un respiro profondo e cercò di raggiungere l’uscita senza passare vicino al loro tavolo. Cominciò persino a camminare con lo sguardo ad altezza uomo. Il locale era pieno, c’era moltissima gente, molte ragazze carine. A un tratto ne vide una che sembrava fissarlo. Si guardò intorno cercando qualcuno che lei stesse guardando lungo la sua stessa traiettoria, ma non gli sembrò che ci fosse nessuno. Cercando di non farsi notare, guardò meglio nella direzione della ragazza ma non riuscì bene a vederla in faccia perché le luci colorate le si riflettevano sul viso muovendosi in continuazione. Sembrava bionda e aveva degli stivaletti di pelle, ma Adam non riuscì a vedere altro.

    Nel frattempo Romo era tornato e gli fece cenno di andare verso l’uscita.

    «Mi dispiace.» Disse Adam quando furono fuori, mentre Romo si accedeva una sigaretta. «Non volevo rovinarti la…….»

    «E piantala!» rispose Romo. «Non hai rovinato niente. E anche se fosse, non sarebbe certo la prima volta. Ormai ci sono abituato.» Aspirò una lunga boccata e poi continuò: «E poi forse ho sbagliato anche io nello scegliere la ragazza da presentarti.» Adam fece uno strano mugolio di assenso mentre continuava a passeggiare in cerchio a testa bassa.

    «In ogni caso…» continuò Romo «…devi fare qualcosa per la tua timidezza. Non puoi continuare a….»

    «Non è timidezza. È solo che quando…..»

    «Si, sì certo. Non è timidezza. Qualsiasi cosa sia, ti impedisce di coltivare alcune relazioni. Devi fare qualcosa al riguardo.» Fece indicandolo con la sigaretta.

    «Si, infatti. Dovevo portarmi lo Xanax.» Disse Adam.

    «È un’idea. Oppure puoi passare ad un altro farmaco. Il tuo strizzacervelli che dice?»

    «Che sto passando un periodo stressante anche per colpa del lavoro che non mi piace, che sono stato molto sfigato nella vita, che capisce il mio stato d’animo, eccetera, eccetera. Niente di rilevante al momento.»

    «Capisco. Forse dovresti risparmiare i soldi che dai a lui e usarli per una puttana. In fondo è solo un differente genere di terapia.» Disse Romo.

    Adam sorrise amaramente. «È vero.» Rispose «Qualche volta ci ho pensato.»

    «Sai, qualche volta penso che dovrebbero darti il Nobel per il pensiero. Non ho mai conosciuto nessuno che pensa quanto te.»

    «Non conosci neppure nessuno che abbia il cervello più incasinato del mio.» Fece Adam sorridendo.

    Romo aspirò un’ultima volta dalla sua sigaretta e poi, mentre la spegneva contro il muro come al solito, disse: «Hai ragione. Dai torniamo dentro che ti offro qualcosa al bar.»

    «Questa volta offro io.» Disse Adam rientrando con poca convinzione. Si sedettero al bancone e ordinarono due birre.

    «A proposito.» Disse Romo. «Ho scoperto a chi apparteneva il numero che mi hai dato.»

    «Davvero? Dimmelo.» Disse Adam.

    «Non so chi ti abbia fornito quel numero ma devi starci attento.» Rispose Romo afferrando la pinta di birra. «Tu sai chi è Silvio Marrasco?»

    «No.» Fece Adam. «Dovrei saperlo?»

    «Se usassi internet per cercare informazioni invece dei porno, forse lo sapresti. È il capo della più importante famiglia mafiosa di Chicago, con molte diramazioni anche a New York, qui a San Francisco e in generale in tutti gli Stati Uniti. Alla tua.» Fece Romo sollevando il boccale di birra.

    «Alla tua.» Rispose Adam imitando il suo gesto. «E allora?»

    «Il numero che mi hai dato corrisponde ad uno dei cellulari dell’amministratore di una piccola casa farmaceutica, la DirectPharm, fondata cinque anni fa e da allora in costante espansione in tutto il paese.»

    «Fantastico!» Esclamò Adam appoggiando la birra sul bancone. «Vogliono offrirmi un lavoro.»

    «Può darsi.» Rispose Romo bevendo un altro sorso dal suo boccale. «Ma non so quanto sia fantastico. La DirectPharm è stata fondata Frederich Gredin, uno dei più stretti collaboratori di Marrasco, nonché suo consulente giudiziario. Sembra che il vero scopo di questa casa farmaceutica sia fare da copertura e da ponte al traffico di droga in tutti gli Stati Uniti.»

    «Ti riferisci alla nuova droga sintetica, la Zicotripina?» chiese Adam afferrando il suo boccale e bevendone un sorso.

    «Non solo. Anche altri tipi di droghe, prevalentemente quelle sintetiche, vengono smerciate in questo modo. Ma l’FBI non sa ancora quante e quali siano. Oppure lo sa, ma non ha ancora inserito queste informazioni nella sua banca dati, in formato elettronico.» Romo ammiccò e finì la sua birra tutto d’un fiato.

    Adam sorrise all’amico e rispose: «Prima o poi ti verranno a prendere gli agenti federali. Fai attenzione.»

    «Impossibile.» Ribatté Romo. «Al massimo andranno a prendere il professor Barchley.»

    «Chi sarebbe? Uno pseudonimo che usi quando fai delle scorrerie informatiche?» chiese Adam con leggerezza finendo l’ultimo sorso di birra.

    «Ti sbagli.» Disse Romo sventolandogli il dito di fronte in segno di negazione. «Il professor Barchley è una persona reale. Era il mio professore di informatica al liceo. Mi dava sempre il voto più basso perché gli ero antipatico. Così adesso uso il suo indirizzo IP per collegarmi a internet. Se anche riuscissero a beccarmi rintraccerebbero il suo computer, e non il mio.»

    Adam sorrise divertito. «Sei diabolico. Povero professore. Comunque mi pare di aver capito che non mi conviene accettare proposte dalla DirectPharm, dico bene?»

    Romo non gli rispose e sgranò gli occhi. Adam lo guardò confuso e ripeté: «Ho detto: dico bene?»

    Romo annuì molto velocemente e alzò le sopracciglia facendo cenno ad Adam di voltarsi. Il ragazzo si girò lentamente e rimase di sasso. Una ragazza meravigliosa era di fronte a lui e lo stava fissando. Adam la guardò in silenzio incapace di fare o di pensare qualsiasi cosa. Non aveva mai saputo come comportarsi con le ragazze ma in quell’attimo le sue insicurezze e le sue paure erano moltiplicate per un numero indefinitamente alto.

    La ragazza era di qualche centimetro più alta di lui, con capelli biondi che le cadevano sulle spalle senza un taglio ne un’acconciatura particolare. Aveva un lungo vestito azzurro con tantissimi fiorellini disegnati sopra, e stivaletti di cuoio da pellerossa. Il suo fisico era semplicemente perfetto. Armonioso, elegante, proporzionato: perfetto. Sembrava quasi irreale, uscita dal disegno di un fumettista o dal sogno erotico di qualcuno.

    Lo fissava con i suoi occhi di un marroncino chiarissimo, quasi arancioni. E Adam non riusciva a muoversi o a dire niente. Romo si alzò dal suo sgabello e si avvicinò dando un colpo all’amico per incitarlo a dire almeno ‘ciao’. Adam aprì la bocca per parlare ma la ragazza parlò per prima.

    La sua voce aveva un tono sicuro. «Ti stavo guardando prima.» Disse. «Ho visto che l’hai notato.»

    Adam fece uno strano verso che avrebbe dovuto essere un ‘si’.

    «Tu sei Adam Maghetti, vero?» chiese la ragazza come se già conoscesse la risposta.

    «Si.» Rispose Adam questa volta con un tono più chiaro. «Come fai a saperlo?»

    «Mi hanno parlato di te.» Disse la ragazza senza smettere di fissarlo. «Ti posso offrire una birra? Ho visto che hai appena finito la tua.»

    Adam cercò di rispondere ma la sua mente cominciò a porsi un’infinità di domande. Romo vide la tipica espressione riflessiva di Adam (sguardo a terra, occhi che si socchiudevano, una mano alla tempia per sottolineare la concentrazione) e decise di correre ai ripari. Gli diede una forte pacca sulla schiena e rispose per lui: «Certo che puoi. E al prossimo giro te la offre lui, ve bene?»

    Adam alzò la testa e tentò di dire qualcosa ma Romo gli tappò la bocca e continuò rivolto alla ragazza: «Io sono Romo, un suo grande amico. Piacere di conoscerti.» Porse la mano alla ragazza in segno di presentazione ma lei rimase immobile, incerta sul significato di quel gesto. Poi, quasi si fosse all’improvviso ricordata quello che doveva fare, strinse la mano di Romo e rispose: «Ciao, io mi chiamo Pris.»

    «Bel nome.» Fece Romo.

    «È vero.» Disse Adam alzando gli occhi. «Mi ricorda qualcosa, ma non ricordo cosa.»

    «Sicuramente un’attrice hollywoodiana o una modella di Victoria Secret.» Proseguì Romo sorridendo. Poi guardò distrattamente in fondo alla sala e disse: «Ora scusatemi, ma devo tornare dai miei amici al tavolo. Ci vediamo Pris.»

    Prima di avere il tempo di rendersene conto Adam si ritrovò da solo, di fronte a Pris. Di nuovo non sapeva cosa dire. La guardò imbarazzato abbozzando un forzato sorriso, ma lei non sembrò per niente turbata dalla sua timidezza. Fece un cenno al barista e ordinò due birre dello stesso tipo di quella che Adam aveva appena finito. Si sedette su una sedia accanto alla sua e continuò a guardarlo.

    «Sei carino.» Gli disse. «Non pensavo.»

    «Grazie.» Rispose Adam. «Anche tu lo sei. Ma mi rendo conto che è abbastanza scontato da dire a una ragazza come te.»

    «Hai ragione.» Rispose lei. «È la prima cosa che salta agli occhi in me. Me ne accorgo da come mi guardano le persone. La maggior parte di loro mi vogliono.»

    «Immagino.» Fece Adam, abbassando gli occhi e rialzandoli subito dopo. L’espressione di Pris era seria e tranquilla. Non c’era un briciolo di malizia nel suo viso, come Adam si sarebbe aspettato. La sua non era una provocazione ma solo una constatazione. Stranamente questo tranquillizzò Adam che facendo un respiro profondo, sorrise.

    Il barista gli portò le birre. Pris sollevò il suo boccale dicendo rivolta ad Adam: «Al nostro incontro.»

    Adam sollevò il boccale e lo appoggiò contro quello di lei ripetendo la stessa frase. Poi bevve un lungo sorso. Pris fece lo stesso e vuotò più di metà del boccale. «Buona.» Disse. «Non l’avevo mai assaggiata.»

    «Che cosa bevi di solito?» chiese Adam.

    «La maggior parte delle volte bevo acqua ma a volte anche whisky o tequila. In genere mi adatto a quello che bevono i miei uomini.» Rispose Pris disinvolta. «Questa sera berrò quello che vuoi tu.»

    Adam la guardò interdetto mentre un fastidiosissimo pensiero cominciava ad insinuarsi nella sua mente. Scosse la testa come per scacciarlo, ma volle comunque fugare ogni dubbio. «Ascoltami.» le disse «Non offenderti ma ho l’impressione che…..voglio dire…..da come ti comporti sembra che tu sia…..magari mi sbaglio ma…..non vorrei che…»

    Pris lo guardò con un’espressione confusa. Adam sospirò e le chiese, senza più esitazioni: «Sei una prostituta?»

    «Cioè una donna che viene pagata per fare sesso con qualcuno?» chiese lei con naturalezza. Adam annuì tristemente.

    «No.» Rispose lei seccamente. «Nessuno mi ha mai pagata per avere un rapporto sessuale con lui.»

    «Mi dispiace se ti ho offesa ma sembrava che……» cominciò a dire Adam.

    «Non mi sono offesa per niente.» Lo interruppe lei. «Ho fatto sesso con tantissimi uomini ma non sono mai stata pagata per questo.» Finita la frase Pris alzò il sopracciglio destro, poi aggiunse: «In effetti, non è stato per niente giusto. Avrebbero dovuto.»

    Adam si mise a ridere. Fantastica. Semplicemente fantastica. Bellissima, spiritosa e non sembrava neppure lontanamente ostentare il suo fascino o pretendere riverenza. Adam rise di gusto e anche lei gli sorrise. Era splendida.

    «Dico sul serio.» Continuò Pris. «Avrebbero dovuto pagarmi per…..Aaaahhhhh!» All’improvviso la ragazza si afferrò la testa tra le mani urlando in preda al dolore. Adam, che ancora stava ridendo, non riuscì a reagire immediatamente ma appoggiò il boccale sul tavolo e le si avvicinò toccandole una spalla. Stava per chiederle cosa succedeva quando il barista si avvicinò e disse a Pris: «Tutto bene ragazza? Questo scemo ti sta molestando?»

    Adam tentò di dire qualcosa ma Pris prese subito le sue difese: «Adam non mi ha fatto niente, signor barista. Soffro di una forma molto grave di emicrania, e stasera non ho preso le mie pillole.»

    Quando rialzò la testa era molto pallida, aveva gli occhi arrossati e perdeva sangue dal naso e dalla bocca. Adam la guardò con attenzione e le chiese subito: «Sei davvero sicura che si tratti solo di emicrania, Pris?»

    «Certo.» Rispose lei, per la prima volta senza guardarlo negli occhi. «Hai un fazzoletto per favore?» Adam cominciò a cercare nelle sue tasche ma il barista le aveva già portato dei tovagliolini di carta. Adam rimase fermo a guardarla. «Sei sicura di non avere un po’ di febbre?» le chiese dopo qualche secondo. «Sei molto pallida e forse non hai un attacco di emicrania ma un’infezione dovuta a qualche…»

    «No.» Rispose seccamente lei. «Sarebbe praticamente impossibile, credimi.»

    «Perché?» chiese di nuovo Adam.

    «Non importa.» Disse Pris tornando a guardarlo, mentre buttava via il fazzoletto sporco di sangue. «Ti prego Adam, portami a casa tua. Ho bisogno di stare in un posto più tranquillo.»

    «A casa mia? Sei sicura?» chiese Adam incredulo.

    «Si, assolutamente.» Rispose lei.

    «Va bene. Aspetta solo un attimo che avviso il mio amico che me ne vado.» Disse Adam dirigendosi verso il suo tavolo. Romo si alzò e gli andò incontro. «Che succede?» gli chiese «Pris si sente male?»

    «Dice di avere un attacco di emicrania ma secondo me non è vero. Sembrava quasi un Ictus.» Fece Adam pensieroso.

    «Non dire idiozie. Se fosse stato un Ictus sarebbe già stramazzata al suolo. Adesso sta bene?» disse Romo guardando nella sua direzione.

    «Sembra di sì. Comunque mi ha chiesto di invitarla a casa mia quindi…» disse Adam guardando per terra.

    «Davvero? Fantastico! Per una volta hai un po’ di fortuna.» Disse Romo dandogli una pacca sulla spalla. «Vai pure. Ci sentiamo in rete domani.»

    Adam sorrise e tornò da Pris. C’erano tre ragazzi vicino a lei che le chiedevano come stava e se aveva bisogno di qualcosa. La ragazza si alzò salutandoli frettolosamente e disse rivolta ad Adam: «Andiamo.»

    «Non hai la macchina?» chiese Pris quando furono usciti dal locale.

    «No. Qui a palo alto posso spostarmi comodamente con i mezzi pubblici. E poi non guadagno poi molto e non credo che potrei permettermela.» Rispose Adam.

    «Fa niente. Camminare fa bene alla circolazione.» Rispose lei sorridendo. Non si dissero quasi nient’altro per tutto il percorso fino a casa. I pensieri di Adam scorrevano molto velocemente ma decise di non esprimerli. A Pris non sembrava pesare il silenzio. Camminava sicura e spedita, quasi conoscesse già perfettamente la strada.

    Arrivato di fronte alla porta di casa, ad Adam venne in mente di domandarle la cosa più ovvia. «Che cosa fai nella vita Pris? Mi ero dimenticato di chiedertelo.» Le chiese mentre infilava le chiavi nella serratura.

    «Aiuto mio fratello. Lui si occupa della distribuzione di medicinali. Io, a volte, gli do una mano con gli ordini e le consegne. E tu?» chiese lei.

    «Io mi occupo della gestione dei database per la Beyond Genetics. Forse la conosci, è abbastanza famosa.» Rispose Adam aprendole la porta e invitandola a entrare.

    «Si Adam, la conosco. La conosco molto bene. Mio fratello me ne parla spesso» fece lei, entrando in casa con un sorriso.

    «Se si occupa di distribuzione di farmaci, forse ha avuto dei contatti con loro a livello professionale.» Disse Adam entrando e chiudendosi la porta alle spalle. Pris era già arrivata in salotto e si guardava in giro incuriosita. «Abbiamo avuto tutti contatti con la Beyond Genetics, in un modo o nell’altro.» Rispose distrattamente mentre osservava i poster che ricoprivano le pareti.

    «Queste immagini sono fantastiche.» Disse con aria estasiata quando Adam la raggiunse. «Le hai disegnate tu?»

    «No.» Fece Adam sorridendo. «Le ho cercate in rete e le ho stampate dal mio ufficio.»

    «E perché l’hai fatto?» chiese Pris voltandosi a guardarlo all’improvviso.

    Adam rimase leggermente disorientato. Non sapeva in che modo interpretare la domanda. «Perché mi piacciono e guardarle mi rilassa.» Rispose semplicemente.

    «Anche a me.» Disse Pris sorridendogli. «Non so neppure cosa rappresentino ma sono meravigliose.» Si avvicinò a lui lentamente fino ad arrivargli a pochi centimetri dal viso. «Non credevo che la mente umana potesse immaginare cose del genere.» Mentre Adam la fissava ipnotizzato, vide una goccia di sangue scenderle nuovamente dal naso. Alzò il dito per indicarla e disse: «Temo che tu stia di nuovo…..»

    «Voglio condividere le tue fantasie.» Lo interruppe lei. «Voglio fare l’amore con te.»

    Adam si azzittì all’istante e cercò di formulare un pensiero da poter esprimere a parole. Ma mentre lo stava elaborando, Pris lo bacio. Il pensiero che era in bilico nella sua mente svanì all’istante, insieme a tutti gli altri pensieri che erano lì ammassati. Si perse in quel bacio, ma prima che potesse immergervisi completamente, Pris staccò le labbra dalle sue. Lo guardò senza dire una parola e si abbassò le spalline del vestito lasciandolo cadere a terra. Prese dolcemente le mani di Adam nelle sue e le guidò a sfilarle il reggiseno. Mentre lo faceva, gli ultimi barlumi di logica e razionalità svanivano dalla mente di Adam. Pris lo baciò di nuovo, questa volta più intensamente, spingendolo contro la parete. Affondò lentamente le mani sotto i vestiti di Adam e lo aiutò a sfilarseli di dosso.

    Adam aveva paura. Paura di non essere all’altezza di quella ragazza stupenda, di non sapere come fare, di non riuscire a farle provare quello che avrebbe voluto. Ma gradualmente la sua paura svanì tra le braccia e le labbra di Pris.

    Lei non pretendeva niente, non si aspettava niente. Voleva solo fare l’amore con lui, come aveva detto. Senza doppi sensi, senza trucchi o stupidi giochetti. Senza cercare di capire niente di più di quello che era essenziale.

    Adam continuò a baciarla dappertutto e fece l’amore con lei, come lei gli aveva chiesto. Si sentì amato come non gli era mai accaduto, e per tutto il tempo dimenticò ogni pensiero o ragione.

    Affari. Commercio. Profitto. Per alcuni rappresentano una necessità, per altri un semplice interesse, per molti una scelta di vita. Questi ultimi spesso arrivano a pensare che chi non sgomita e non si ingegna al massimo per ottenere il successo, non sia altro che un povero stolto. In questo caso l’avidità non centra. Diventa una questione di orgoglio, e di sopravvivenza. Come nella lotta per la vita, solo il più forte sopravvive. E in

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