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Antologia del Concorso AmicoLibro 2014
Antologia del Concorso AmicoLibro 2014
Antologia del Concorso AmicoLibro 2014
Ebook190 pages2 hours

Antologia del Concorso AmicoLibro 2014

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Antologia del Concorso AmicoLibro 2014
LanguageItaliano
PublisherAmico Libro
Release dateSep 1, 2014
ISBN9788898738250
Antologia del Concorso AmicoLibro 2014

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    Antologia del Concorso AmicoLibro 2014 - AA.VV.

    AA.VV

    ANTOLOGIA DEL CONCORSO AMICOLIBRO 2014

    AmicoLibro

    AA.VV

    Antologia del concorso AmicoLibro 2014

    Proprietà letteraria riservata

    l'opera è frutto dell’ingegno dell'autore

    © 2014 AmicoLibro

    via Oberdan 2

    75024 Montescaglioso (MT)

    www.amicolibro.eu

    info@amicolibro.eu

    Prima Edizione Digitale

    settembre 2014

    Era il mese di giugno del 2011 quando, passeggiando nei corridoi dell'Abbazia in compagnia di Carmen e Roberto, e parlando della nostra comune passione per i libri e per la scrittura, nacque spontaneamente una domanda che ci condusse a una speranza.

    Ci chiedevamo in quanti scrivessero, in quanti condividessero la nostra stessa passione, e lì prese forma l'idea di fare qualcosa per avere la possibilità di conoscerne il maggior numero possibile. Nacque così l'idea del concorso, che grazie ai mezzi di comunicazione disponibili, sarebbe stato possibile diffondere in tutta Italia.

    Sono arrivate opere da ogni parte d'Italia, e alcune anche dall'estero. Non è stato facile il lavoro della giuria: dover giudicare e poi scegliere le opere da premiare è stato un lavoro immane, ma svolto con il cuore e professionalità.

    Sono felice per l'evoluzione che ha avuto la nostra idea, un'idea nata fra amici che hanno un sogno e una passione in comune: i libri, la lettura e la condivisione; e proprio da questo è nato AmicoLibro, un nome per il concorso e per la casa editrice.

    Quando mi fermo a pensare a questa bellissima avventura, ho sempre l'impressione d'avere di fianco a me un amico messicano che alla mia domanda su come avesse fatto a diventare quel grande imprenditore che era mi rispose guardandomi dritto negli occhi e appoggiandomi una mano sulla spalla: Il successo è la realizzazione progressiva di un sogno!

    Ed è quello che auguro ad ognuno di voi: di non smettere mai di sognare.

    Pippo Bellone

    Sezione poesia

    ALESSIO SCALZO - Rievocazioni

    1° CLASSIFICATO

    La silenziosa sabbia

    mi tiene compagnia,

    mentre antica armonia

    m’assale e poi m’ingabbia.

    Mare, rumori, rabbia,

    anche malinconia,

    tutto in questa foschia

    par che forma non abbia.

    Da nebbia di ricordi

    mi lascio sommergere,

    dolce antica marea.

    Pensieri si fan sordi

    e non voglio riemergere.

    Resto immerso in apnea.

    MARIA ANTONELLA D’AGOSTINO - Fiori di cappero

    2° CLASSIFICATO

    E stanno,

    lì,

    al vento e alle stelle,

    lì,

    in attesa,

    baluardo della storia.

    Tra gli spuntoni di roccia

    degli antichi rioni

    pendono

    i fiori di cappero selvatico,

    lì,

    sui luoghi più aspri.

    Intrappolati

    da mille primavere,

    adornano il bianco

    e lì rinascono,

    profumati di polvere,

    d’amaro e acre.

    Lì,

    dove la vita degli avi

    fu dura e breve,

    ma salda come la roccia

    ove sorse Matera,

    àncora del tempo.

    REBECCA LENA - I guanti

     3° CLASSIFICATO

    Tessi sulle mie mani

    tra tendini di cotone

    trame di geni arcani

    e fibra accidentale;

    hanno ossa di cartone

    - in questa maglia esistenziale -

    le vite degli umani.

    E poi poni

    due lune di bottone

    madreperla, da imbastire

    su quelle bocche vane

    in cui i polsi

    vanno a gridare.

    Tessi e ricama e poi

    incrocia, così

    figlia mia.

    Disse Madre essenza

    potenziale infinita

    alla figlia più cara,

    Entropia.

    Sezione narrativa

    VANESSA VALLASCAS - UN CALICE E MILLE LUNE

    1° Classificato

    La sera entrava in punta di piedi nella locanda di zio Peppino, quando l’ultima luce del tramonto abbandonava il borgo e i grilli intonavano un canto antico nei cortili di pietra.

    Carmela mescolava la polenta nel paiolo con la stessa perizia che le aveva insegnato sua madre, trent’anni prima, quando la locanda dello zio aveva aperto i battenti, divenendo in breve tempo il punto di ristoro favorito di passanti e viaggiatori.

    Zio Peppino, grembiule alla vita e camicia ben stirata, dopo aver tagliato il pane in grosse fette da abbrustolire alla brace, stappava una bottiglia del suo vino preferito, inebriandosi, come il primo giorno, di quel profumo ardente di vigneti antichi e amori mai dimenticati.

    Sedeva ogni sera all’uscio della locanda, in attesa che gli ospiti gremissero la piccola sala, mentre, rischiarato dalla tenue luce della lanterna, portava il calice alla bocca con la stessa delicata lentezza con cui, tante lune prima, aveva congiunto le sue labbra a quelle di lei.

    Era arrivata alla locanda una notte d’agosto, avvolta in una tunica leggera di raso, bianca come il suo incarnato.

    I capelli corvini, sciolti sulle spalle, e quel passo danzante d’una ninfa giunta dagli angoli più remoti del desiderio.

    Aveva sorriso e l’aveva guardato come mai nessuna prima d’allora.

    Peppino non era riuscito a staccarle gli occhi di dosso per tutta la cena. Le versava il vino ogni volta che le passava accanto, fingendo una noncurante cortesia, malcelata dietro il tremore della sua mano. Carmela rideva di sottecchi, vedendo suo zio, di solito così sicuro di sé, improvvisamente impacciato come un ragazzino.

    Dopo il dessert, fu la donna ad avvicinarsi per prima.

    È il vino più buono che abbia mai bevuto. Viene dalle vostre vigne?

    Peppino si voltò di scatto, sbattendo il gomito sul bancone di mogano accanto alla parete.

    Sono lusingato del vostro apprezzamento, Signora. Le nostre vigne sono generose come Giunone lo è per i suoi figli.

    La donna sorrise e si ravvivò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

    Volete pregiarmi della vostra compagnia ancora un poco? Ho una bottiglia che conservo per le occasioni speciali e mi piacerebbe lasciarvi un ricordo che possiate portare con voi, quando ripartirete.

    Lei annuì e Peppino scomparve per la scala a chiocciola che portava in cantina.

    Qualche minuto dopo riapparve con una bottiglia d’annata e invitò la donna a seguirlo nel cortile. Sedettero in un angolo solitario, sopra una panca di pietra nascosta dalla penombra della lanterna.

    Peppino stappò la bottiglia e riempì i calici.

    Lei portò il bicchiere alla bocca, senza mai staccare lo sguardo dagli occhi di lui, perduta in quella strana atmosfera di silenziosa complicità.

    Ha un gusto morbido. È come le vostre mani, sussurrò e gli si avvicinò fino a che le loro labbra si incontrarono lievi.

    Si amarono una notte soltanto, inebriati dal profumo del vino e della loro pelle e, quando lei partì, Peppino conservò la bottiglia vuota e le regalò i calici.

    Da allora, ogni sera, un uomo all’uscio di una locanda e una donna alla finestra della sua casa lontana brindano all’unisono a un incontro di anime che le mille lune del tempo non sono riuscite a separare.

    MICHELA MASSA - LA NEVE DELL’ANIMA

    2° CLASSIFICATO

    È bello che tu possa passare un po’ di tempo con me, prima di andare. Vieni, facciamo due passi in giardino. No, niente bastone per questo vecchio oggi, mi sento in forze come non ero da tempo. Forse è perché tu sei qui.

    Dalle foto non mi ero reso conto di quanto fossi cresciuto, i bambini di oggi devono mangiare tanto, eh?

    Ecco, prendi la mia sciarpa, non lo sento nemmeno, il vento. Anni e anni di abitudine. Scommetto che lo ricordavi, l’enorme albero laggiù, e quella siepe piantata da tua nonna, e quei...

    Guarda, nevica!

    È raro in questo periodo, ma a volte accade. La primavera è arrivata da un pezzo giù in città; ma qui, qui è come se ci fosse sempre una stagione sola.

    Quando avevo la tua età passavo gli inverni a costruire pupazzi e lanciare palle di neve con i miei amici. Ricordo intere giornate passate nei campi là dietro, a inzaccherarci i vestiti con i proiettili bianchi. Le risate poi, quando tornavamo a casa e di fronte al camino desideravamo essere di nuovo fuori. Pensavo che quella gioia non sarebbe mai finita, ma non tutti crescono allo stesso modo.

    A molti di loro adesso la neve non piace più, la vedono di fronte alla porta per così tanti giorni all’anno. Per una vita intera. La spalano dai vialetti, dai vetri delle auto, e sbuffano per la fatica e il fastidio. Hanno dimenticato la semplice felicità di avere un sorriso freddo stampato sul volto.

    Ma io, la neve, la amo ancora. Ti ricordi come giocavamo io e te e tuo fratello, molti anni fa? E lei ci guardava dalla porta a vetri, era troppo esile per resistere alle nostre battaglie. Ma preparava sempre la cioccolata calda per la sera, quando avevamo finito di lanciarci tutta la neve del giardino.

    Ora che voi non passate più le vacanze qui, ho smesso di giocare con la neve. Ma questo non cambia niente. Non ci riesco proprio a stare in casa, da solo. Hai idea di quanto sia difficile stare chiusi dentro una scatola di mattoni quando fuori la neve scende dal cielo?

    Mi metto qui, proprio qui dove sei tu ora, e la guardo cadere, fiocco dopo fiocco, ascoltando il silenzio.

    Tendi la mano. Ecco, lo vedi? È bellissimo, no?

    Guardi un fiocco, lo tieni sul palmo e quello, puf! sparisce. Non fai nemmeno in tempo a guardarlo che sparisce. Vorresti tenerlo ancora, ma è questa la felicità.

    Che cosa c’entra forse lo capirai più avanti.

    Guarda su, li vedi? Tutti insieme, quei piccoli puntini bianchi che si avvicinano avvolgendoti in un abbraccio silenzioso. Che ti piovono sul viso come piccole lacrime del cielo.

    Non li avevo mai guardati davvero, ma ora che sono giunto alla fine della mia vita non posso fare a meno di restare col naso all’insù. E voglio lasciarti un pensiero come dono per quando sarai grande. Che tu possa avere una testimonianza di come ho vissuto, anche se dovesse restare per te solo un mucchio di parole incomprensibili.

    Ti sembra stano, vero? Un istante fa parlavo di quanto mi piacesse fare palle di neve, e ora dico parole che fanno riflettere. Ma non è una contraddizione, sai. Non ho mai smesso di avere con me il sorriso di quand’ero ragazzo. L’ho tenuto sempre appena sotto la superficie, mi riscaldava dall’interno e non andava mai via. Mi sentivo fortunato, avevo una forza nascosta che nessuno conosceva. Tranne tua nonna, ovviamente.

    Quando quel fuoco si è spento ho avuto paura. E sono riuscito a ritrovarlo dopo molto e molto tempo.

    La prima volta che sono uscito a guardare la neve, guardarla davvero, è stato qualche tempo fa. Era già passato un anno intero, e lei non avrebbe voluto che io perdessi la mia forza. Solo che mi ero reso conto alla fine che la mia vera forza era lei.

    Mi mancava moltissimo. So che puoi capirmi, manca molto anche a te.

    Quando sono uscito in giardino, dopo tutto quel tempo, ero triste come non mai; ma vedi, a ogni fiocco che scendeva associavo un piccolo ricordo, un frammento della nostra vita insieme. E sorridevo.

    Bè, piangevo anche. Ma sorridevo. Perché i fiocchi non avrebbero mai smesso di scendere, come i ricordi di avvicendarsi. Era come se lei fosse lì, con ogni sorriso che mi aveva rivolto, a scaldarmi nel gelo.

    Guardavo in alto e ripercorrevo i giorni felici, a ritroso. Finché mi sono ritrovato circondato dagli amici, in una meravigliosa battaglia di palle di neve.

    A un tratto ho avvertito un senso di pace. Ero solo, nel silenzio. Ma mi sentivo abbracciato da tutte le persone che avevo amato.

    Il fiocco era caduto, il ricordo sbiadito. Ma sorridevo ancora, e la forza che mi aveva abbandonato era tornata da me. Pensare di aver vissuto così tanti bei momenti mi fa sentire l’uomo più fortunato del mondo.

    È per questo che è così bella, la neve. La ammiri per un istante e poi svanisce, ma ti lascia un’emozione dentro. Puoi tornare a casa al caldo e non vederla più, ma poi se ci ripensi sorridi.

    A volte, mentre la guardo, mi sembra di sentire nel vento la sua voce. E mi dice che è sempre più fiera dell’uomo che ha avuto accanto.

    Forse non serve nemmeno sorridere, per essere felici. Non serve qualcosa di enorme o complesso o duraturo. Basta l’istante di vita di un fiocco.

    La felicità è la neve dell’anima, non puoi cercarla e tenerla stretta. Si scioglierà tra le tue mani. Se cerchi di costruirla si sgretolerà per il calore. Puoi solo ammirarla mentre ti vive dentro, per un istante. E quell’istante resterà nei tuoi ricordi per sempre.

    Non potrai mai sentirti solo, in mezzo alla neve. Perché, se saprai guardare con attenzione, vedrai accanto le persone e i momenti che non ti lasceranno mai. Verranno da te uno dopo l’altro, come la nonna ha fatto con me.

    Non fare come chi trascorre tutta la vita a inseguire i soldi o la carriera o il potere. Quelli possono solo sbuffare davanti alla macchina sul vialetto, ogni mattina di ogni giorno d’inverno. Non pensano che le cose rare ed effimere come la neve in primavera siano preziose. Vogliono solamente l’assicurazione di qualcosa che poi risulterà essere ancora più

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