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I Cannibali di Candyland
I Cannibali di Candyland
I Cannibali di Candyland
Ebook178 pages2 hours

I Cannibali di Candyland

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About this ebook

Franklin ha pochi soldi, una moglie che lo tradisce e viene tiranneggiato dai bambini del vicinato che gli estorcono soldi. Nulla di questo però gli importa davvero: per lui contano solo gli uomini caramella, mostri che divorano i bambini e che la maggior parte delle persone non crede nemmeno esistano.

Da quando una donna caramella gli ha ucciso e divorato le sorelline davanti agli occhi, Franklin vive per dimostrare al mondo che gli uomini caramella sono reali e che vanno sterminati. Il giorno in cui Franklin sorprende un uomo caramella che sta divorando un bambino, trova la forza per agire: decide di pedinarlo, ucciderlo e mostrarne al mondo il cadavere.

Quello che lo aspetta nel mondo sotterraneo degli uomini caramella supera i suoi incubi e Franklin cadrà prigioniero di Giuggy, la donna caramella che molti anni prima aveva ucciso le sue sorelline. Una storia di amore perverso, caramelle e cannibalismo.

[Romanzo breve di Bizarro Fiction, collana Vaporteppa, 32.000 parole, circa 107 pagine, con in aggiunta un saggio di "Introduzione alla Bizarro Fiction" di 3800 parole a cura di Chiara Gamberetta]
LanguageItaliano
Release dateOct 21, 2015
ISBN9788898924677
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    I Cannibali di Candyland - Carlton Mellick III

    16:32

    CAPITOLO UNO

    Franklin odia i bambini, ama gli animali e lo spaventano a morte gli uomini caramella.

    Odia anche: andare in autobus, parlare al telefono, parlare di persona, ballare, tagliarsi i capelli, la politica moderna, il rumore degli aspirapolvere, la moda maschile, essere osservato, ricevere regali, avere un capo, la cucina cinese e le sue due mogli.

    Ama anche: girare in centro, giocare con i cuccioli nei negozi di animali, leggere libri di storia, ascoltare Mozart e death metal, contemplare il suono delle foglie autunnali che frusciano nel vento, preparare panini, parlare di libri, gonfiare palloncini, la politica storica, invecchiare, fare regali, lavorare per conto proprio, gli scacchi, la cucina coreana e indossare cose rosse.

    Lo spaventa anche: praticamente tutto.

    Il rosso è il suo colore preferito. Tutti i suoi vestiti sono rossi. Gli piace una sfumatura particolare di rosso che chiama rosso-mela. È un rosso acceso con un accenno di arancione.

    Le sue mogli dicono sempre: «I tuoi vestiti sono troppo sull’arancione per dire che sono rosso-mela.»

    Lui risponde sempre: «Da piccolo i miei genitori avevano nel giardino davanti a casa un albero su cui crescevano delle mele di questo colore.»

    Le sue mogli scuotono sempre la testa.

    ***

    Franklin cammina sul marciapiede col suo vestito rosso-mela, indossando guanti rossi, un berretto da baseball rosso e tenendo un ombrello rosso sopra la testa. Illumina distintamente chiunque lo superi. Le persone nel vicinato si sono abituate al suo abbigliamento sgargiante, ma ogni volta che entra in una nuova zona della città può sentirsi addosso lo sguardo di tutti. Questa è una brutta zona di Chinatown e non il genere di posto in cui si vorrebbe dare nell’occhio. Una piccola banda che secondo Franklin appartiene alla Triade lo scruta dall’altro lato della strada vicino all’ingresso di uno strip club asiatico. Se non stesse piovendo probabilmente l’avrebbero affrontato. Franklin è stato picchiato già due volte solo perché indossava il suo vestito rosso. Una volta sono stati degli skinhead perché credevano fosse gay. Una volta una coppia di spacciatori cinesi perché i suoi vestiti li facevano incazzare e perché camminava sul loro marciapiede senza nessuna intenzione di comprare la loro droga.

    Chiude l’ombrello ed entra in un banco dei pegni. Jake, il ciccione col labbro storto proprietario del negozio, strizza gli occhi gonfi nella sua direzione mentre si avvicina al bancone. Si fanno un cenno.

    «Sul retro,» dice Jake.

    Franklin si toglie l’acqua dal pizzetto e va dietro il bancone, nel retrobottega. È ricolmo di scatole di cartone, apparecchi rotti, una teca di vetro piena di spade e una bambola gonfiabile usata fin troppo con i capelli alla Judy Jetson.

    «Adam non raccontava stronzate quando mi ha detto che ti avrei riconosciuto,» dice Jake, agitando le braccia per far prendere aria alle ascelle macchiate di giallo. «Quel vestito è unico nel suo cazzo di genere.»

    Non è proprio un complimento, ma Franklin sorride comunque. «Mi faccio confezionare tutti i vestiti su misura in Argentina.»

    «Come ti pare.» Jake tira fuori una birra da un minifrigo e si siede su una sedia di gomma. Non dice a Franklin di accomodarsi. «Certi buttano tutti i loro soldi con le spogliarelliste. Altri li buttano con i completi da frocetto.»

    Franklin si schiarisce la gola. Tiene le mani nascoste nelle tasche.

    «Okay, vediamo cosa ho per te,» dice Jake. Apre il coperchio di un videoregistratore rotto e tira fuori una pistola avvolta in un panno bianco. Toglie il panno e porge l’arma a Franklin.

    Franklin stringe con la mano sinistra la fredda canna di metallo e la solleva come un’accetta. Poi se la mette nella mano destra.

    «Com’è?» dice Jake.

    Franklin annuisce guardando la pistola e ci sfrega le dita contro.

    «Quella lì è una Walther PPK,» dice Jake.

    Franklin dice: «La pistola di Adolf Hitler non era una Walther PPK?»

    «Dove l’hai letto?» dice Jake.

    «Sono un po’ un appassionato di storia.» Franklin sorride e restituisce la pistola.

    «Quindi non la vuoi?»

    «No, grazie,» dice Franklin. «Non mi interessano le pistole dei nazisti.»

    «È un’arma comune,» dice Jake. «Non la usavano solo i nazisti. Anche James Bond usava una Walther PPK. Non ti piace James Bond?»

    «Mia nonna era una sopravvissuta dell’Olocausto.»

    «Anche la famiglia di mia moglie. Che problema c’è?»

    Franklin scuote la testa.

    «Adolf Hitler non si è suicidato con la sua Walther PPK? Pensala come la pistola che ha ucciso Hitler.»

    «Non hai nulla che non sia così antico? Qualcosa di più recente?»

    «Vendo solo classici,» dice Jake. «Adam ha detto che eri un collezionista. Non le vendo per nessun altro motivo. Neanche per il cazzo.»

    «Sono un collezionista.»

    «Faccio solo un servizio alla comunità,» dice Jake. «Da quando quelle teste di cazzo del governo liberale ci hanno tolto il secondo emendamento, noi collezionisti siamo stati costretti a muoverci clandestinamente. Non è il mio mestiere vendere armi a teppisti di strada o a mariti vendicativi che vogliono uccidere le mogli infedeli.»

    «Però vendi proiettili, giusto?» dice Franklin.

    «Certo che sì,» dice Jake.

    «Okay, a quanto?» dice Franklin.

    «Senti, mi sa che neanche voglio venderti più nulla adesso. Hai l’aria di un coglione ammazza mogli.»

    «Che ho di un ammazza mogli?»

    «Sembri il genere di uomo che viene tradito di continuo.»

    «Non voglio uccidere mia moglie,» dice Franklin. «È per protezione. Forse non sono un collezionista, ma mi serve.»

    Jake lo fissa intensamente.

    «Guardami negli occhi,» dice.

    Franklin lo guarda negli occhi.

    «Riesco a dire se un coglione mi sta mentendo solo guardandolo negli occhi.» Jake si soffia il muco tra le dita mentre si avvicina. «Ora dimmi, a che ti serve la pistola?»

    «Per protezione.»

    «Stronzate,» dice Jake. «Chi vuoi uccidere con questa? Tua moglie?»

    «Non mia moglie.»

    Jake china indietro la testa e si gratta dietro il collo, scoprendo i peli grigi incrostati sotto le ascelle. «Okay. Diciamo che ti credo. Se non è tua moglie, allora chi? Il tipo che se la scopa? Il tuo capo? Qualcuno che ti deve dei soldi?»

    «No,» dice Franklin. «Non ucciderei mai un essere umano.»

    «Ma ti interessa uccidere,» dice Jake. «Te lo leggo negli occhi.»

    «Non ucciderei mai un essere umano.»

    «Non sarai…» dice Jake. «Non sarai mica uno di quei cacciatori di uomini caramella, vero?»

    Franklin distoglie lo sguardo dal ciccione. Solo per una frazione di secondo, ma il ciccione se ne accorge.

    «È così, non è vero?»

    Franklin accarezza qualcosa di peloso in tasca. «Già, e quindi?»

    «Credi negli uomini caramella, anche tu?»

    «Sì… e tu?»

    «Ne ho vista di roba strana,» dice Jake. «Ma non ho mai visto quei cazzo di uomini caramella. C’è una gran parte di me che pensa che è tutto un mucchio di stronzate, ma c’è una piccola parte di me che non ne è così sicura.» Si apre un’altra birra. «In molti vengono da me perché vogliono comprare delle pistole per proteggere i figli dagli uomini caramella. Mi dicono che hanno davvero visto quei cosi da vicino. Li ho guardati dritti negli occhi e nessuno di loro mi ha mai mentito. Se esistono o meno, non so che cazzo credere. Ma ho incontrato molte persone che credono davvero che esistono.»

    «Esistono di sicuro,» dice Franklin, avvicinandosi agli occhi di Jake. «Te lo garantisco. Esistono. E ucciderò fino all’ultimo di quei bastardi.»

    Jake lo fissa per qualche minuto e sbuffa. Poi tira fuori tre scatole di proiettili dal videoregistratore.

    «In tal caso,» dice Jake. «Fatti dare un consiglio. Sparagli a distanza ravvicinata. Hanno un rivestimento di caramella troppo duro, non potrai penetrarlo a meno che non gli spari a distanza ravvicinata o non ti procuri un’arma più potente.»

    Franklin annuisce e gli dà una busta. Mentre Jake conta i soldi, Franklin esamina le spade nella vetrina e qualcosa attira il suo interesse. È rosso acceso, quasi rosso-mela.

    Si volta verso il ciccione e chiede: «Quanto costa il bastone animato rosso?»

    CAPITOLO DUE

    A Franklin hanno dato il nome di Franklin Pierce, il quattordicesimo presidente degli Stati Uniti. Franklin Pierce è noto come uno dei presidenti peggiori nella storia del paese, perché non fece nulla per fermare le tensioni crescenti tra il Nord e il Sud nei giorni che precedettero la Guerra Civile. Semplicemente, non era un leader forte. Era la persona sbagliata a essere a capo del paese in quel momento storico.

    Da piccolo Franklin si chiedeva sempre perché i suoi genitori gli avessero dato il nome del peggior presidente della storia, ma loro non gli vollero mai spiegare il perché. Studiò il presidente, cercò i suoi aspetti positivi, un motivo per cui gli avevano dato il nome di quell’uomo in particolare. Franklin Pierce era bello, giovane, educato, benvoluto, e vinse la presidenza con una maggioranza schiacciante. Portò inoltre a termine un bel po’ di cose nel campo della politica estera. Purtroppo, non fu semplicemente all’altezza della carica di presidente.

    Dopo essersi informato meglio sulla sua vita, Franklin cominciò a sentirsi dispiaciuto per lui. Non solo è noto come il peggiore presidente della storia, ebbe anche una vita molto tragica. Due dei suoi figli morirono di malattie quando erano molto piccoli. Poi, due mesi prima che Pierce assumesse la carica, il terzo e ultimo figlio morì in un incidente ferroviario. Jane Pierce, la moglie del presidente, incolpò le ambizioni politiche del marito per la morte del figlio. Durante il suo soggiorno alla Casa Bianca, la moglie si lasciò sopraffare dall’angoscia mentale. Passò la maggior parte del tempo chiusa in una camera, tutta sola, scrivendo lettere al figlio morto. Mentre Franklin Pierce era in carica, la moglie se la prese con lui, il partito politico se la prese con lui, e persino il vicepresidente morì a quarantacinque giorni dall’inizio del mandato e non fu mai sostituito. Alla fine si diede all’alcolismo. Si ritiene che una notte investì una donna anziana mentre guidava una carrozza da ubriaco. Si ritiene anche che fu l’alcol a ucciderlo dopo che la moglie morì di tubercolosi.

    Franklin si chiede ancora perché i suoi genitori gli abbiano dato il nome di quell’uomo. Si chiede se l’abbiano fatto perché Pierce è stato un personaggio storico così commovente e tragico. Si chiede se i suoi genitori abbiano visto la sua nascita come un evento tragico nelle loro vite. Forse non lo volevano, e ha rovinato tutte le loro speranze e i loro sogni. O forse volevano solo dargli il nome di un presidente e hanno scelto il più bello che riuscissero a trovare, senza preoccuparsi di fare ricerche sul suo conto.

    ***

    Con l’ombrello infilato sotto il braccio, il bastone rosso (contenente una spada nascosta) che ticchetta a ogni passo e una mano che accarezza qualcosa che ha in tasca, cammina lungo le strade bagnate di Old Town diretto verso casa. Durante il tragitto, incontra quattro bambini che giocano per strada a hockey con lattina. L’hockey con lattina è in un certo senso simile all’hockey normale, ma al posto di un disco si usa una lattina di birra schiacciata, al posto di una mazza da hockey si usano le gambe, e al posto di una porta si tracciano sulla strada delle linee con il gesso. Non si usano pattini o caschi. È un gioco che Franklin faceva sempre da bambino con i suoi fratelli, prima che venissero brutalmente uccisi.

    Questi bambini sono i vicini di Franklin. Li vede giocare per strada di continuo, a tutte le ore del giorno, persino alle tre del mattino. Passando cerca di ignorarli, ma appena lo vedono nel suo vestito rosso brillante smettono di giocare e lo inseguono. Sembrano avere le gambe troppo corte rispetto al corpo, persino per dei bambini. Non è la

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