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Il mistero dell'ultimo maestro gnostico
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Il mistero dell'ultimo maestro gnostico

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About this ebook

Nel settecentenario della morte dell'eretico Dolcino, a Trivero, paese del biellese in cui fu arso al rogo dall'Inquisizione, si svolgono dibattiti e mostre in suo ricordo. Durante le manifestazioni l’omicidio cruento e misterioso di un erudito professore dal torbido passato sconvolge il piccolo paese. Andrea, psicologa in crisi professionale interessata alla storia di Dolcino, si ritrova ad essere coinvolta come testimone. Unico indizio: un criptico schema in cui si menziona l'eretico e un elenco di chiese, personaggi, sette esoteriche e simboli difficilmente ricollegabili fra di loro. Il professor Ansaldi, storico recatosi a Trivero come conferenziere, e Andrea verranno arruolati dal maresciallo Polito nelle indagini, per decifrare il documento che potrebbe gettare luce sull'assassinio. Indagando nel passato del defunto affioreranno indizi che illumineranno i significati nascosti nella ostica “mappa” religiosa. Significati che affondano le radici in un tempo remoto, che ha influenzato pesantemente la cultura occidentale. Ma cosa c'entra Dolcino con tutto questo? E chi è l'autore del documento che potrebbe far tremare le fondamenta della religione che fece precipitare l'Europa nel medioevo?
Mentre si evidenzia un filo rosso che conduce fino all'anno zero, Andrea dovrà fronteggiare i suoi fantasmi interiori animati da un paziente piuttosto perturbante, per arrivare ad un epilogo imprevisto... proprio mentre un secondo omicidio ha luogo inaspettatamente.

Un thriller che è molto di più di una provocazione. Un romanzo che pone inquietanti interrogativi sul comune credo religioso. Un romanzo che propone un'alternativa storica non meno possibile di quella normalmente accettata per fede.
LanguageItaliano
Release dateSep 22, 2015
ISBN9788893152303
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    Il mistero dell'ultimo maestro gnostico - Valeria Bobbio

    Farm

    I

    Le due donne si trovavano davanti alla chiesa parrocchiale di Trivero.

    -Non mi dire che anche questa è chiusa!

    -C'era da aspettarselo, d'altronde.

    -Ma porca miseria, mica dovremo tornare un'altra volta in questo cavolo di paese?

    La piazza della chiesa era deserta, la chiesa sprangata. Il caldo cominciava a farsi sentire.

    -Ma io voglio vedere gli affreschi su Dolcino.

    -Ma sei sicura che si trovino in chiesa? A me pare particolare che le raffigurazioni di un famoso eretico locale si trovino proprio in un luogo sacro... - disse scettica la più alta e mascolina, con i capelli corti e spettinati.

    -Eppure è così, Carla, e non c'è niente di strano, visto che illustrano la sua cattura, - affermò convinta la più minuta. - D'altronde qui c'è scritto proprio così - disse agitando il plico di fogli con ostinazione.

    -Magari c'era, e ora l'avranno tolto. - insistette la spilungona.

    -Sì, forse il quadro che si trova in sacrestia potrebbe darsi, ma spostare l'affresco mi pare difficile. Potremmo suonare alla parrocchia, ci sarà un prete, no? - disse mentre, seguita dall'amica, si avvicinava alla porta della chiesa, interessata alla lettura degli avvisi appesi.

    -Guarda, c'è un rosario alle diciotto, ma sono appena le tre! Senti Andrea, lo so che non hai voglia di camminare, ma se andassimo prima all'oratorio di San Bernardo, trascorrerebbe un po' di tempo, e poi ritorneremmo qui. Tanto era compreso nel percorso prestabilito, no?

    -Dai, suona ora, così non dovremo più tornare su questo piazzale. Abbiamo girato un'ora per trovarlo...

    -Sì, perché siamo stordite. Sai che difficoltà trovare la chiesa parrocchiale di un paese... Abbiamo passato due ore alla parrocchiale di Croce Mosso pensando di essere in quella di Trivero. Che vergogna! E se non ce l'avesse detto la barista non ce ne saremmo accorte.

    -Beh, comunque quella chiesa è un posto interessante, se non ci fossimo sbagliate neanche l'avrei presa in considerazione. Quanto mi è piaciuta!

    -Mah, all'interno c'era un'accozzaglia di elementi eterogenei. E invece questa ti parrebbe degna di interesse storico?

    Andrea si mise a scartabellare nel suo plico e recitò: -Dedicato ai SS. Quirico e Giuditta, l’edificio originario andò distrutto in epoca dolciniana; venne ricostruito nel secolo XV, modificato e ampliato nel corso del seicento e del settecento. Le pregevoli sculture sono di scuola valsesiana. Come al solito si afferma che l'abbiano distrutta i dolciniani. Una bella palla, a parer mio. Vorrei vedere gli affreschi, almeno. Ma il prete sarà disponibile? E che scusa troviamo?

    -Sì, appunto, penserà che siamo delle ammiratrici di Dolcino, ma noi diremo che siamo interessate alla chiesa perché è antica. Dai, suoniamo alla parrocchia, dovrebbe essere quella porta.

    Si avviarono all'edificio posto quasi di fronte alla chiesa.

    -Io ci provo. Carla suonò il campanello. Attesero due minuti ma nessuno si fece vivo, quindi ripresero a vagare nel piazzale come due anime in pena.

    -Forse non c'è - disse Andrea - o magari sta dormendo o non ha voglia di aprire.

    Mentre girellavano chiacchierando davanti alla facciata della chiesa, videro un prete entrare dalla porta alla quale avevano appena suonato, ma non fecero in tempo ad attirare la sua attenzione.

    -Guardalo là, non era in casa, adesso se riproviamo magari ci apre.

    Infatti tornarono a suonare, ma nulla. Si erano quasi risolte ad andarsene quando l'uomo ricomparve sul piazzale, venendo verso di loro.

    -Rieccolo!

    -Mi hanno riferito che avete suonato, ero dietro la casa a parlare con i muratori. Eh, queste ristrutturazioni... Vorreste vedere la chiesa? Ho qui le chiavi, non c'è nessun problema, se volete anche fare le foto, oramai con queste digitali...

    Il prete si avvicinò con fare amichevole. Era sui sessant'anni, con un ventre prominente e occhiali a fondo di bottiglia, un alito pericolosamente alcolico.

    -Sì, sì, grazie... - dissero a mezza voce, quasi bloccate dall'inaspettato tipo umano che si apprestava ad accompagnarle verso l'entrata dell’edificio.

    -Siete interessate a Fra Dolcino? O siete in cerca di antichi reperti? Eh, queste giovani.

    Si rivolgeva a loro come se fossero ragazzette, continuando a cianciare di questo e di quello, senza neanche attendere le risposte, intanto si apprestava ad aprire il portone, faticando ad infilare la chiave nel pertugio.

    -Eh, è un po' difettosa, ma dovrei riuscire... ecco qui.

    Finalmente la chiave girò nella toppa e la porta si aprì.

    Le due amiche si lanciavano sguardi interrogativi ed ironici alle spalle del prete, che ciarlava tutto soddisfatto con l'occhio a mezz'asta.

    Entrarono tutti e tre: la chiesa si rivelò piuttosto anonima, come del resto la facciata esterna.

    -Ecco una pregevole statua della Madonna alla vostra sinistra e qui c'è anche l'affresco su fra Dolcino che sicuramente vi interesserà.

    Si posizionarono tutti e tre sotto l'affresco novecentesco del defunto Ido Novello.

    -Bello vero?

    L'affresco rappresentava la cattura di fra Dolcino, indossante un improbabile vestaglione e un cappello alla bersagliera, placcato da degli armigeri. Ai suoi piedi la famosa Margherita appesa alle di lui vesti. Il tutto sullo sfondo di un'altura che doveva essere il monte Rubello, dove si erano accampati i superstiti Dolciniani per l'ultima strenua resistenza.

    Nel complesso una raffigurazione di nullo valore artistico, oltre che ridicola, con santi che affioravano dal cielo.

    -Eh, questo frate fidanzato addirittura con la suora Margherita, che era suora come sono io prete!

    Le due donne si guardavano con raccapriccio misto a divertimento, fingendo ammirazione.

    -Mah... briganti che andavano in giro a molestare le ragazze, - disse il prete, stringendo il braccio di Carla. - Ora ti faccio vedere, - ammiccò rivolgendosi a Andrea, - visto che v'interessa l'argomento, un altro bel quadro in sacrestia, sempre con fra Dolcino come protagonista.

    Il prete seguitava a trattarle come adolescenti, cosa piuttosto ridicola dato che avevano quarant'anni suonati.

    -Visto che c'era? - disse Andrea rivolta a Carla con trionfo. E si avviò verso la sacrestia, mentre l'amica continuava a fotografare ogni angolo della chiesa.

    Costeggiando la navata destra passarono vicino ad un affresco effigiante una Madonna nera ed entrarono finalmente in sacrestia.

    -Ecco qui. - disse il prete, indicando un quadro appeso alla sinistra della porta, ancor più brutto dell'affresco, se possibile. Qui Dolcino indossava improbabili bermudoni gialli con un drappo bianco stile Giulio Cesare avvoltolato al petto; gli armigeri invece erano abbigliati chi in stile rivoluzione francese e chi alla Russel Crowe in The Gladiator.

    -Ah sì, molto interessante. E quello sullo sfondo sarebbe il Monte Rubello, no? Dove ora c'è l'oratorio di San Bernardo, costruito giustappunto dopo la sconfitta di Dolcino. - chiese Andrea.

    -Eh? Ma no, è un posto così.

    Il prete pareva ignorare totalmente le implicazioni paesaggistiche del quadro, che erano le uniche ad essere realistiche, invece.

    Dopo avere parlato a vanvera dei meriti della chiesa, secondo la sua personale interpretazione e di altri futili argomenti, si congedò amichevolmente.

    -Vi lascio tranquille a far le foto, poi mi portate le chiavi, fate pure care. Io devo andare, perché forse i muratori hanno bisogno di me.

    Se ne andò ciabattando, con l'occhio sempre più a fessura e il sorriso beato.

    Le due si misero a ridacchiare scambiandosi occhiate incredule.

    -Che ne pensi?

    -Che avremmo potuto avere a che fare con una persona equilibrata o un pazzo furioso.

    - ...E...

    -E' un pazzo furioso, evidentemente. - disse Carla.

    -In ogni caso siamo riuscite a vedere la chiesa. E ci ha chiamate giovani! Questi dipinti su Dolcino, che orrore!

    -Io comunque ho fatto il mio dovere, ho fotografato tutto, anche quell'orribile martirio di sant'Agata, con quei torturatori che sembrano dei trans che stanno facendo un balletto. E poi che stava blaterando di frati e suore? Proprio un lapsus, ha detto Dolcino era un frate e Margherita una suora proprio come lo sono io... Un lapsus da ubriaco, con quell'alito, l'occhio piatto... una macchietta. Certo, per lui la fidanzata di un frate non può essere che una suora, invece neppure Dolcino era un frate, frate starà per fratello. Che ci abbia scambiate per delle ragazze, poi, mi sembra normale, essendo palesemente alticcio.

    -Eh, cara mia, in vino veritas - disse Andrea, scuotendo i lunghi capelli neri con vezzo. - Neanche sapeva che quello che si vede sullo sfondo dei dipinti è il Monte Rubello. A proposito, ora possiamo anche andare, riportiamogli queste chiavi e torniamo sulla strada di stamattina, dovrebbe essere a due o tre chilometri.

    -Ma come, neanche sapeva del Rubello? Ma insomma, è storia locale, in fondo.

    II

    Nella sala regnava una certa irrequietudine. Nervosi brusii carichi di aspettativa erano sospesi e tagliavano come coltelli l'aria umida della sala. Un luglio soffocante... argomenti che si profilavano scottanti anche se sconosciuti a molti, ma non certo a chi era intervenuto al convegno e ancor meno al paese che lo ospitava.

    Un uomo si accostò al microfono, con un atteggiamento talmente composto che impose un silenzio quasi irreale, e cominciò a parlare:

    -Or dí a fra Dolcin dunque che s'armi, tu che forse vedra' il sole in breve, s'ello non vuole qui tosto seguitarmi, sí di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch'altrimenti acquistar non saria leve. Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, XXVIII, versi 54-60. La citazione è d'obbligo, anche se non ci restituisce certamente lo spessore del personaggio, di cui ripercorrerò brevemente la vicenda storica.

    Le notizie storicamente accertate sulla figura e l'opera di Dolcino sono poche ed incerte e le fonti provengono da parte avversa ai Dolciniani. Alcune narrano che il suo vero nome era Davide Tornielli; non vengono menzionati il suo luogo di nascita e la data, ma si suppone fosse nell'alto novarese. Altre fonti, per screditare il personaggio dell'eretico Dolcino, sostengono fosse il frutto dell'unione di una donna del posto con un ecclesiastico.

    Nel 1291 Dolcino entrò a far parte del movimento degli Apostolici, guidato da Gherardo Segarelli; la definizione di frate, con cui spesso Dolcino viene appellato, non deve essere fraintesa, perché è improbabile che egli abbia pronunciato voti religiosi; possiamo pensare che si autodefinisse fratello nell'ambito del movimento. Gli Apostolici, in sospetto di eresia e già condannati da papa Onorio IV nel 1286, furono repressi dalla Chiesa Cattolica e il Segarelli fu arso sul rogo il 18 luglio 1300. Come per altri movimenti giudicati ereticali, tra cui Valdesi e Patarini, il modello degli Apostolici è la chiesa di Cristo e dei primi apostoli, accuratamente praticato: un diverso stile di vita e società, una scelta etico-esistenziale autonoma, la cui coerenza gli fece guadagnare una crescente credibilità popolare. Si fecero chiamare Apostolici, Poveri di Cristo e Minimi, proprio per sottolineare la loro posizione al livello sociale più basso, anche rispetto ai Francescani conventuali, per lo stile di vita integralmente povero che si esprime anche nel rito della expoliatio per i nuovi fedeli apostolici: vengono riuniti in cerchio e devono gettare i propri abiti, poi redistribuiti a caso, in attesa che ciascuno possa avere un saio di rozza tela di sacco. Anche il surplus delle elemosine ricevute viene lasciato sul posto o restituito.

    La predicazione di fra Dolcino continuò quella del Segarelli e si svolse anzitutto nella zona del lago di Garda, con un soggiorno accertato presso Arco di Trento. Nel 1303, predicando in questi territori, Dolcino conobbe la giovane Margherita Boninsegna, che divenne la sua compagna e lo affiancò nella predicazione.

    Dolcino fu uomo dotato di magnetismo tant’è che il numero dei fedeli crebbe. La sua dottrina era ostile a Roma e a papa Bonifacio VIII, di cui profetizzava la precoce scomparsa. Dolcino e i suoi furono ospitati tra il Vercellese e la Valsesia, sua terra d’origine. Qui, a causa delle dure condizioni di vita dei valligiani, le promesse di riscatto dei dolciniani conobbero un incredibile successo. Il 10 marzo 1306, tutti i seguaci si rifugiarono sul Monte Rubello sopra Trivero, nel Biellese, nella vana attesa che le profezie millenaristiche proclamate da Dolcino si realizzassero. Contro di loro fu schierato l'esercito di una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli che coinvolse anche truppe del Novarese. I Dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati dall'assedio e dalla mancanza di viveri, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307. Quasi tutti i prigionieri furono uccisi; fra' Dolcino, processato e condannato a morte, fu giustiziato pubblicamente il 1° giugno, dopo avere assistito al rogo di Margherita e del suo luogotenente e subito torture barbare, come il taglio del naso e dei genitali. Oggi, che corre il 700esimo anno dalla morte di Dolcino, siamo qui non solo per ricordare questo enigmatico e affascinante personaggio che fu catturato proprio nel nostro paese, Trivero, ma per ascoltare gli interventi di storici e studiosi del movimento dolciniano, che ripercorreranno con noi alcuni aspetti ancora dibattuti della storia che ho appena accennato. La provincia di Biella, in collaborazione con vari comuni del territorio, vuol ricordare così questi uomini, che sono stati protagonisti di vicende e di battaglie che hanno coinvolto una larga parte della popolazione biellese. Partiamo subito con l'intervento del Professor Ansaldi, docente di Storia delle religioni alla facoltà di Storia di Torino.

    L'uomo cedette il posto all'oratore che aveva appena presentato, indietreggiando con fare cerimonioso.

    -Innanzitutto buongiorno a tutti e grazie di essere qui oggi. La storia di Dolcino è stata efficacemente riassunta. Il tema che vorrei approfondire riguarda il ruolo militare di Dolcino, passato alla storia come guerrigliero e partigiano, eroe precursore di un socialismo utopico per il mondo laico e come brigante, libertino e guerrafondaio per il mondo cattolico. Si tratta di una precisazione importante, con delle basi documentali storiche ormai comprovate. - esponeva il Dottor Ansaldi, studioso alto, asciutto e apparentemente flemmatico, ma che faceva intravedere la passione dei suoi studi.

    -Si asseriva che contro Dolcino si fossero costituite delle Leghe Valsesiane, ma gli statuti relativi sono oggi ritenuti dei falsi grossolani. E' invece presumibile che i Valsesiani, già ribelli per conto proprio ed abituati all'uso delle armi per cacciare, abbiano condotto una guerriglia contro il potere feudale dei comuni di Vercelli e di Novara, essendosi dimostrati insofferenti verso di esso durante tutto il XIII secolo. Nel 1291 il vescovo di Vercelli scomunica l'intero Biellese. Quindi è naturale che proprio nel Biellese attecchisse pochi anni più tardi il moto acattolico di fra Dolcino.

    Nella sala tutti erano attenti. In prima fila, tre uomini parlottavano tra loro. Uno di essi, vestito casual ma con il collare da prete, stava alzando la mano.

    -Prego. - disse il dottor Ansaldi.

    -Forse gli statuti sono falsi, - disse il prete, un uomo un po' robusto sulla cinquantina, con folti capelli grigi. - Ma non si può negare che gli abitanti delle vallate, esasperati dalle razzie dei Dolciniani e dalle profanazioni delle chiese, avvenute sia in Valsesia che in Val Sessera e Mosso, auspicassero la soppressione del movimento dolciniano, tanto che fecero voto di costruire il santuario di San Bernardo proprio sul monte Rubello.

    Un vociare irrequieto si animò dal fondo della sala. Lo sguardo di Ansaldi si posò naturalmente su quel punto. Nell'ultima fila di sedie vide alcuni giovani che si agitavano. Uno di loro, con una maglietta nera sulla quale spiccava la scritta NO TAV, gridò: -E tu sei solo un prete fascista! Sempre le stesse bugie! Tutti quelli che osano contestare la Chiesa Cattolica sono delinquenti, vero?

    Ci fu un tramestio nella sala, il moderatore seduto alle spalle di Ansaldi, che rimase fermo al microfono, si alzò in piedi e disse: -Siamo qui per un dibattito civile. Chi vuole intervenire può alzare la mano, come ha fatto padre Luigi.

    L'uomo che aveva dato la parola ad Ansaldi cercava di chetare le acque. Seduti accanto a lui c'erano altre tre persone, che presumibilmente avrebbero dovuto fare altri interventi sull'argomento.

    Ansaldi decise di ignorare la situazione e proseguì: -Le tesi dello scontro tra eretici e locali sono ormai saltate, fanno parte della serie di notizie false propagandate dalla letteratura clericale per demonizzare la figura di Dolcino, come la fuga da Vercelli per furto. Del resto - aggiunse pulendo le lenti degli occhiali, - Dolcino non aveva bisogno di convincere gli abitanti di queste montagne a sposare le sue visioni del mondo: anche loro erano contro la Chiesa, che ostentava ricchezze e sfruttava la povera gente in barba agli insegnamenti del vangelo.

    Un applauso scaturì dal fondo della sala.

    -Ma le chiese distrutte? Le razzie fatte ai danni dei poveri valligiani? - insistette il prete.

    -Balle, prete. Le uniche razzie sono state quelle fatte dai tuoi colleghi sanguisughe e stupratori, inventori di quella che fu modello di tutti i sistemi totalitari: l'Inquisizione.

    Il giovane con la maglietta e i capelli neri si era alzato in piedi. Gli occhi mandavano lampi. Era molto magro, quasi scavato, con barba incolta e capelli lunghi.

    Il comitato organizzativo stava per intervenire di nuovo, forse con l'intenzione di cacciare il giovane, ma Ansaldi fece un cenno con la mano e disse: - Un momento, ora ci riprendiamo. Il prete rimase del tutto senza reazioni, come se non avesse udito gli insulti.

    -Come dicevo, non si trattava di azioni condotte contro il popolo; gli Apostolici consideravano il clero corrotto e ritenevano le chiese prolungamenti di esso, ostentazioni inutili di una ricchezza che non aveva senso, poiché gli eretici pensavano, come i Celti, che Dio si potesse pregare meglio in mezzo alla natura.

    Sfogliando il plico che reggeva fra le mani, sbirciò in fondo alla sala il gruppo di giovani.

    -Cito dalle lettere di Dolcino: La chiesa consacrata non vale di più, per pregare Dio, di una stalla di cavalli o di porci - Il prete ebbe un sussulto. - Si può adorare Cristo nei boschi come nelle chiese. Inoltre, - aggiunse sempre buttando l'occhio in fondo alla sala, - la storiografia contemporanea ha preteso di spiegare un episodio bellico sui monti valsesiani e biellesi durato circa due anni, il 1306 e il 1307, unicamente per via eresiologica, trascurando completamente l'aspetto della resistenza montanara, il contesto fondamentale per capire Dolcino.

    III

    -Ho visto abbastanza, ce ne andiamo? - chiese Andrea.

    -Credo che dovremmo riportargli le chiavi e anche ringraziarlo.

    Carla sbirciò fuori dalla chiesa: - Guarda, è lì che parla con due donne arabe.

    -Forse ha attaccato un bottone anche a loro. Poveracce. Andiamo al santuario del San Bernardo o alla conferenza? Io preferirei andare prima al santuario.

    -Credo che sia meglio. Tanto la conferenza dura quattro ore, non credo che avremmo voglia di sorbircele tutte.

    Andrea, corroborata dall'opinione dell'amica, si avviò decisa verso l'uscita. 

    -Qui hai fatto un intero servizio fotografico.

    Consegnarono le chiavi al prete, che intanto si era congedato dalle due donne arabe. Cercarono di evitare altre conversazioni tediose, tornarono in macchina e puntarono verso il santuario. Le indicazioni spingevano a salire, essendo la chiesa molto più alta rispetto al centro del paese.

    Arrivate ad un certo punto, un cartello di legno indicava uno sterrato che deviava dalla strada principale, salendo per la montagna. Preso il sentiero, dovettero parcheggiare la macchina in uno spiazzo erboso per l'impossibilità di proseguire.

    -C'è l'indicazione.

    -Ma bisogna farsela a piedi? Non ho le scarpe adatte, con questi sandaletti mi storcerò una caviglia. 

    Andrea si osservava i piedi con perplessità. L'altra aveva degli scarponcini da montagna.

    -E' solo un pezzetto, non sembra ripido. - disse Carla.

    Si incamminarono per il sentiero. La vista su Trivero e la zona sottostante era incantevole, c'era il sole offuscato appena da qualche nuvola.

    Dopo circa un chilometro, un po' ansimanti, intravidero l'oratorio appena più in su.

    -Ti avviso che deve essere orribile dal punto di vista architettonico, l'hanno rifatto tutto nell'ottocento e di originale non sarà rimasto nulla. - disse Andrea.

    -Sì, vedo che è agghiacciante. Beh, almeno ci godremo un po' il panorama del monte Rosa.

    -E questo sarebbe il famoso monte Rubello! Proprio qui costruirono delle fortificazioni e resistettero per un anno, senza che nessuno potesse scendere a valle. I viveri già scarsi finirono ed è molto probabile che mangiassero pezzi di cadavere per

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