1981: il divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia: Come nacque la dittatura dei mercati finanziari
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Book preview
1981 - Daniele Della Bona
info@mabed.it
Il libro
Ecco com’è nata la dittatura dei mercati finanziari. Il progetto che sta portando alla distruzione dell’economia italiana, attraverso la depressione della domanda interna e il conseguente azzeramento dell’apparato industriale parte da molto lontano. Il primo passo per l’espropriazione della sovranità monetaria realizzatasi compiutamente con l’adozione dell’euro risale al 1981, quando l’allora ministro delle finanze Beniamino Andreatta ed il futuro Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente di Bankitalia, operarono per sottrarre quest’ultima al controllo del Ministero del Tesoro.
Questo controllo era indispensabile per garantire allo Stato italiano la possibilità di gestire una propria politica monetaria, e attraverso questa politica far fronte ai momenti di crisi, finanziare il deficit e quindi investire nel buon funzionamento dell’economia reale.In questo libro sono descritti i retroscena, sono indicati gli attori, è portata alla luce la trama di una storia i cui risultati drammatici (per il popolo italiano, non certo per chi l’ha ideata) sono sotto gli occhi di tutti.
Lo scopo di studiare economia non è quello di acquisire un insieme di risposte prestabilite ai quesiti economici, ma di imparare come evitare di essere raggirati dagli economisti
.
Joan Robinson
L’Autore
Daniele Della Bona, toscano, è membro dell’Associazione Nazionale Mosler Economics - Modern Money Theory Italia.
Da circa due anni svolge attività di divulgazione della MMT, tenendo conferenze in giro per l’Italia.
Fra il 2009 e il 2011 giornalista collaboratore de Il Tirreno
, oggi scrive sul sito memmt.info.
Ha collaborato con un saggio-appendice su questo stesso argomento all’edizione del testo di Alain Parguez Unione Monetaria Europea, nascita di una tragedia
(Edizioni Sì-Andromeda, 2014, edito in eBook da Mabed).
Daniele Della Bona
1981: il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia
Come nacque la dittatura dei mercati finanziari
Prefazione di Antonio Maria Rinaldi
Prefazione
di Antonio Maria Rinaldi
Ho accettato molto volentieri l’invito di Daniele Della Bona a presentare questo suo lavoro, perché oltre ad essere una veritiera analisi a testimonianza di una delle pagine più controverse della nostra Storia economica che ha contribuito a segnare il declino del Paese, squarcia finalmente lo spesso velo di omertà sulle conseguenze che il cosiddetto divorzio
ha prodotto effettivamente nell’economia italiana. Dobbiamo essere grati all’autore per aver proposto un tema spesso ignorato, ma quanto mai determinante per i destini economici del nostro Paese, con il pregio di aver usato un linguaggio accessibile e per questo ancora più efficace, caratteristica sempre molto rara in tematiche economiche.
Per troppo tempo la classe dirigente politica italiana e la stessa letteratura economica, occorre dirlo, di regime hanno colpevolmente taciuto sull’importanza di quella decisione con cui il Tesoro, guidato allora da Beniamino Andreatta, sollevò
la Banca d’Italia di Carlo Azeglio Ciampi dall’obbligo d’intervento
nelle aste dei titoli pubblici finalizzato a calmierare i tassi d’interesse. Provvedimento che generò, con l’esplosione dei tassi d’interesse corrisposti sui titoli pubblici lasciati alla sola determinazione dei mercati, l’era dei cosiddetti Bot People
che sottrassero risorse vitali all’economia reale, a danno della ricchezza collettiva a favore di quella dei detentori dei titoli. Le stesse aziende trovavano più conveniente investire la liquidità in titoli di Stato che in investimenti produttivi e innovazione, e le finanze pubbliche assunsero lo scomodo ruolo di distribuire un dividendo che nessuna attività industriale avrebbe ragionevolmente mai potuto erogare.
A distanza di 27 anni da quella decisione, è possibile fare un’obiettiva analisi tirando le somme degli effetti che ebbe sull’incremento dello stock di debito pubblico, che raddoppiò nel giro di appena 14 anni principalmente per l’aumento vertiginoso dei tassi d’interesse, e che condannò i cittadini e il sistema delle imprese a un sempre maggior drenaggio fiscale per sopperire alla mancanza della funzione di prestatore dello Stato. Fu l’inizio di una lunga serie di cessioni di Sovranità del nostro Paese, che condizionò negativamente la nostra adesione a Maastricht. L’elevato debito, rispetto ai parametri imposti dal Trattato istitutivo della UE, non ci permise di avere il giusto potere contrattuale che invece un grandissimo Paese industriale come il nostro avrebbe potuto ottenere.
In verità non fu un divorzio, ma un vero e proprio matrimonio d’interesse celebrato sull’altare del neoliberismo, e la risposta consenziente, praticamente già concordata, di Ciampi del 6 marzo 1981 alla lettera di Andreatta del 12 febbraio precedente, ne è la conferma.
L’accordo ridefiniva anche i metodi tecnici con cui il Tesoro si sarebbe finanziato sui mercati, introducendo il nuovo meccanismo delle aste competitive. Questo sistema avrebbe consentito agli operatori, con marginali quantitativi sapientemente non acquistati, (e non sapremo mai se il duo Andreatta-Ciampi avesse ben chiaro il concetto!),di ottenere tassi altissimi su tutto l’ammontare dell’emissione!
La funzione di prestatrice d’ultima istanza della Banca Centrale era venuta meno e l’operatività fu relegata al solo mercato secondario, dove notoriamente è ben più difficile e arduo controllare la dinamica dei tassi d’interesse. Di fatto inizia nel luglio del 1981, data esecutiva dell’accordo, il trasferimento dal potere dello Stato di creare base monetaria per soddisfare il fabbisogno pubblico alla sola determinazione del mercato, diventandone di fatto ostaggio. Con quella nefasta decisione si preferì il giudizio dei mercati a quello dei cittadini!
Fu il primo tangibile passo verso l’abdicazione da uno dei basilari principi su cui si basa uno Stato Sovrano: il potere di monetizzare almeno parte del debito e determinare autonomamente, senza condizionamenti, le proprie politiche economiche e monetarie.
Come è possibile, ragionevolmente, gestire in modo ottimale il proprio debito pubblico se si è privati di uno degli strumenti indispensabili?
Tutte le Banche Centrali emittenti mondiali rivendicano questa prerogativa a pieno supporto delle proprie politiche economiche e nell’interesse della collettività.
Dalla corretta e condivisibile analisi dell’autore, traspare chiaramente quali furono le precise volontà di chi realizzò l’accordo: una vera e propria congiura fra il ministro e il governatore
, estraniando dalla condivisione e dal coinvolgimento i classici canali della dialettica democratica
.
La decisione del divorzio fu una scelta politica e non tecnica: biso gnava iniziare a dimostrare di appartenere alle regole
europee e il prezzo da pagare era il modello neoliberista di riferimento, dove tutto doveva essere lasciato alla determinazione dei mercati nella convinzione-presunzione che solo i mercati, senza la presenza attiva dello Stato, avrebbero autoregolato in modo ottimale il sistema finanziario.
Ma sappiamo benissimo che questo non è avvenuto e non poteva avvenire: anzi i mercati, enfatizzati sempre più dalla globalizzazione, deregolamentati, hanno provocato disastri inimmaginabili e difficilmente sanabili. Solo il ruolo degli Stati, per mezzo delle proprie piene Sovranità, avrebbero potuto concretamente sostituirsi a questo modello errato, mentre si è fatto di tutto, e la costruzione monetaria europea ne è il più tangibile esempio, per favorire interessi privati a scapito della collettività, con il paradosso che quando i primi hanno avuto problemi i secondi sono stati chiamati nel risolverli!
Quindi un plauso all’autore, non solo per aver denunciato chiaramente e con magnifico supporto scientifico ciò che i più hanno volutamente ignorato, ma anche perché ha saputo descrivere puntualmente il percorso storico della progressiva e costante cessione di Sovranità da parte del nostro Paese verso quello che poi i vincoli esterni dei Trattati ci hanno definitivamente imposto.
Ma Della Bona va oltre, richiamando come questo processo di cessione unilaterale di Sovranità sia avvenuto contro gli stessi dettami costituzionali e in contrasto con i principi di democrazia che regolano le garanzie di base di ogni Stato.
Grazie Daniele perché hai contribuito attivamente ed efficacemente a ricordarci che alcuni nostri diritti sono imprescindibili, inalienabili e soprattutto non negoziabili!
Antonio Maria Rinaldi*
*Docente di Finanza Aziendale presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara e di Corporate & Investment Banking e di Mercati Finanziari & Commercio Internazionale, presso la Link Campus University di Roma.
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno condiviso con me l’opera di divulgazione degli ultimi due anni all’interno dell’associazione Mosler Economics