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Gesù e l'Ordine degli Esseni
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Gesù e l'Ordine degli Esseni

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La verità sugli Esseni emerge da questo libro, tratto dalla monumentale opera LA NUOVA RIVELAZIONE, di 14.000 pagine - 36 volumi, dettata da Dio al Suo scrivano, il mistico austriaco Jakob Lorber (1800-1864).
Ci troviamo di fronte a rivelazioni che portano finalmente luce e chiarezza sui rapporti fra Gesù di Nazaret e il misterioso Ordine degli Esseni.
Questa nuova Verità ha il potere di far cessare le polemiche secondo cui Gesù di Nazaret era un “impostore e mago”istruito dalla setta degli Esseni, setta che veniva osteggiata dai farisei del Tempio di Gerusalemme.
Da quest’opera vengono portati alla luce soprattutto i veri e autentici rapporti fra Gesù di Nazaret e l’Ordine degli Esseni, e finalmente vengono fornite notizie indispensabili per fugare i numerosi dubbi e la confusione tuttora dilagante tra gli studiosi.
Questo libro vi fornirà delle inedite e sorprendenti conoscenze che vi permetteranno di andare alle radici dell’enigma di questo misterioso popolo.
È un libro che mancava nell’immensa bibliografia dedicata all’argomento, perché, come comprenderete voi stessi dopo la lettura, vi metterà di fronte ad una straordinaria Verità.
LanguageItaliano
Release dateApr 20, 2013
ISBN9788896682661
Gesù e l'Ordine degli Esseni

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    Gesù e l'Ordine degli Esseni - Jakob Lorber

    trovato.

    Prefazione

    Nella fase finale di quest’epoca, in cui le più importanti profezie annunciano lo scatenamento del male a livelli che nessuno ha mai concepito, Dio ha rivolto, tramite il profeta Jakob Lorber, il più grande messaggio di salvezza a tutti i popoli della Terra.

    A questo strumento della Provvidenza divina, Dio ha comunicato un’opera monumentale, LA NUOVA RIVELAZIONE, di 14.000 pagine, 36 volumi.

    Si tratta di una Comunicazione che spazia sulle tematiche esistenziali più profonde e significative, il cui fine è la comprensione del processo creativo dell’uomo, della sua trasformazione e del suo destino finale.

    Lorber scrisse per ben 24 anni, sentendo la Voce di Dio nel proprio cuore, e dedicò tutta la sua vita a mettere per iscritto questa Parola che è stata comunicata proprio per prepararsi ad affrontare questi ultimi tempi.

    Lo scrivano di Dio

    Jakob Lorber nacque il 22 luglio 1800 a Kanischa, nella Stiria inferiore (Austria) da una famiglia di contadini.

    Lorber passò i primi anni della sua infanzia partecipando ai lavori della campagna.

    Da ragazzino manifestò un grande desiderio di istruirsi e una particolare predilezione per la musica. Si applicò dunque negli studi e nella musica, diventando maestro elementare, insegnante di pedagogia e maestro di violino. Il suo impulso verso una cultura spirituale superiore lo portò alla lettura delle opere di Kerner, Stilling, Swedenborg, Böhme, Tennhardt e Kerning.

    Dopo aver vissuto molti anni guadagnandosi da vivere con lavori provvisori di supplente, di maestro privato in una famiglia benestante, suonando l’organo in una chiesa o dando lezioni private di violino, Lorber era comunque sempre alla ricerca di una posizione stabile. Non riuscendo però a trovare un posto di insegnante presso una scuola superiore, che avrebbe garantito la sicurezza del suo avvenire, Lorber decise di dedicarsi totalmente alla musica; divenne un ottimo violinista ed ebbe l’onore di conoscere il celebre Paganini, che gli diede anche alcune lezioni di perfezionamento.

    La sua fama crebbe: tenne un concerto alla Scala di Milano e a quarant’anni ottenne l’importante incarico di maestro di cappella al Teatro di Trieste. Lorber accettò con gioia e prese tutte le disposizioni per la partenza, ma la sua vita, all’improvviso, prese una direzione completamente diversa.

    Il 15 marzo 1840, alle ore 6 del mattino, sentì risuonare una Voce nel cuore che gli disse: «Alzati, prendi la penna e scrivi!».

    Egli ubbidì subito a questa misteriosa chiamata, prese la penna in mano e trascrisse parola per parola quanto gli veniva dettato interiormente. Questo era l’inizio dell’opera Il Governo della Famiglia di Dio ovvero Storia della creazione primordiale del mondo spirituale e materiale, nonché dei primi patriarchi.

    E le prime frasi di questa Voce misteriosa dicevano:

    «Chi vuole parlare con Me, costui venga a Me, ed Io gli metterò la risposta nel cuore; tuttavia solo i puri, il cui cuore è pieno di umiltà, percepiranno il suono della Mia Voce.

    E chi preferisce Me al mondo intero, e Mi ama come una tenera sposa ama il suo sposo, con quello Io voglio camminare a braccetto. Egli Mi vedrà sempre come un fratello vede l’altro fratello, e come Io lo vedevo fin dall’eternità, prima ancora che egli fosse».

    Dopo questo avvenimento, Lorber declinò l’offerta fattagli e da quel momento, nel corso di ventiquattro anni, fino alla sua morte, egli servì da zelante scrivano a questa misteriosa Voce, definendosi umilmente un servitore del Signore.

    Lorber scriveva quasi ogni giorno già di buon mattino e faceva scorrere la penna con discreta velocità, senza fare una pausa per riflettere oppure per correggere un passo dello scritto.

    Egli, oltre a sentire la Voce interiormente, aveva anche la visione figurativa di quanto udiva.

    A questo riguardo Lorber scrisse ad un amico:

    «Quanto alla parola interiore, posso dire che io percepisco la santissima Parola del Signore sempre nella regione del cuore come un pensiero chiarissimo, luminoso e puro, come parole espresse. Nessuno, per quanto possa essermi vicino, può percepire un qualcosa di una qualche voce. Per me, però, questa Voce di Grazia risuona più limpida di qualsiasi altro suono materiale, per quanto forte esso sia».

    Dopo aver dedicato 24 anni della sua vita a mettere per iscritto la più importante Opera mai comunicata all’umanità, si avvicinò anche per Lorber la fine della sua peregrinazione terrena.

    Il 24 agosto 1864 il servitore di Dio si addormentò dolce-mente e il suo spirito fece ritorno a quel mondo superiore al quale già da lungo tempo apparteneva.

    La sua spoglia venne deposta nel cimitero di St. Leonhard presso Graz, dove una semplice lapide rammenta la missione dell’eletto servitore e scrivano di Dio.

    L’Opera La Nuova Rivelazione

    Questa imponente Opera è composta da una serie ragguardevole di volumi, che già sotto l’aspetto puramente esteriore del numero e della mole rendono una testimonianza della più sorprendente fertilità spirituale.

    Elenco dei volumi, ordinati cronologicamente:

    Il Governo della Famiglia di Dio - 3 vol. (1840/44);

    Le dodici ore (1841);

    Il grande Tempo dei tempi (1841);

    La Luna (1841);

    Saturno (1841/42);

    La Mosca (1842);

    Il Grossglockner (1842);

    Il Sole Naturale (1842);

    Il Sole Spirituale - 2 vol. (1842/43);

    Spiegazione di Testi biblici (1843);

    L’infanzia di Gesù (1843/44);

    Lettera di Paolo apostolo alla comunità di Laodicea (1844);

    Scambio di lettere fra Abgaro, re di Edessa, e Gesù (1845/46);

    La Terra (1846/47);

    Oltre la soglia (1847);

    Il vescovo Martino (1847/48);

    Dall’Inferno al Cielo - 2 vol. (1848/51);

    La forza salutare della luce solare (1851)

    I tre giorni nel Tempio (1859/60);

    Il Grande Vangelo di Giovanni - 10 vol. (1851/64).

    Doni del Cielo - 3 vol. (1840/1864)

    Per quanto riguarda il contenuto della NUOVA RIVELAZIONE, dopo alcuni capitoli d’introduzione la Voce interiore comunica a Lorber le fondamentali spiegazioni sull’Essenza di Dio, sulla creazione primordiale del mondo spirituale, sulla formazione dei mondi materiali e sulla creazione finale dell’uomo.

    Ci sono inoltre delle straordinarie conoscenze scientifiche – fisica atomica, antropologia, astronomia, astrofisica – che solo oggi la scienza moderna sta scoprendo e confermando.

    Contiene anche insegnamenti su fondamentali aspetti della vita: la salute e la malattia, il matrimonio, il rapporto di coppia, l’educazione dei bambini, la convivenza con il prossimo, l’accettazione serena della morte grazie alla consapevolezza che si continuerà a vivere per sempre nel Mondo divino.

    Da questa vasta esposizione emergono profondi insegnamenti sull’aldiqua e sull’Aldilà sotto forma di descrizioni di vita avvincenti e vive, e allo stesso tempo viene mostrata la Via sulla quale si può giungere dall’iniziale imperfezione umana alla futura perfezione divina.

    L’opera principale Il Grande Vangelo di Giovanni è il gioiello più imponente che rappresenta il compendio e il coronamento della NUOVA RIVELAZIONE. In esso ci sono le descrizioni dettagliate e profonde di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto nei tre anni del Suo insegnamento terreno.

    In queste ampie Comunicazioni, il Signore rivela che i Vangeli della Bibbia sono certamente la Sua Parola, ma aggiunge che Dio Stesso, incarnatosi in Gesù, ha insegnato e operato molto di più di quanto è stato tramandato ai posteri attraverso gli attuali Vangeli.

    Dopo ben due millenni, Dio ritiene opportuno comunicare nuovamente e riconsegnare integralmente all’umanità tutto ciò che era stato rivelato da Gesù alla cerchia più ristretta dei Suoi discepoli.

    Nel Grande Vangelo di Giovanni tutte le domande principali della vita vengono finalmente svelate e chiarite.

    Solo in quest’epoca, infatti, l’umanità è preparata e matura per accogliere e comprendere la profonda verità sui più importanti misteri divini, sulla continuità della vita dopo la morte del corpo terreno e sul destino finale dell’uomo.

    INTRODUZIONE

    La lettura di quest’Opera non risulterà, per forza di cose, scorrevole ed il lettore si troverà, ad ogni capitolo, in situazioni apparentemente slegate dai capitoli che lo precedono e da quelli che lo seguono.

    Siamo stati costretti ad operare in questo modo per isolare l’argomento ESSENI il quale si trova sparso in molti episodi attraverso un’Opera che si sviluppa in 6000 pagine; l’Opera in questione è chiamata: Il Grande Vangelo di Giovanni (abbreviato GVG) ed è composta da ben 11 volumi; il suo contenuto è Parola Rivelata.

    Nonostante questa discontinuità dovuta al racconto delle storie più disparate, l’argomento ESSENI conserva una sua rigorosa continuità sia come eventi descritti sia come cronologia; inoltre il ricercatore può sempre colmare le inevitabili lacune relative ad eventi e personaggi estranei al nostro argomento consultando l’intera Opera LA NUOVA RIVELAZIONE.

    Tuttavia, nonostante queste difficoltà, ci conforta il pensiero che la persona assetata di Verità non si fermerà di fronte a tali inconvenienti pur di far luce su di un pregiudizio che si trascina da quasi duemila anni.

    Infatti la convinzione tuttora assai diffusa che Gesù fosse un Esseno è uno dei pregiudizi più tenaci della storia il quale ha ripreso vigore dopo i ritrovamenti dei rotoli di Qumran e questo è il motivo che ci ha spinti alla pubblicazione del presente estratto.

    Dalla lettura dell’intera Opera e dal presente estratto si evince che i primi a far circolare la voce di Gesù Esseno furono i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, i Farisei, i quali avevano un notevole interesse nel gettar discredito su Gesù, spacciando per magia e illusionismo tutta la Sua Opera, cioè i Suoi miracoli e la Sua Dottrina.

    Il popolino, bigotto e credulone, fece da cassa di risonanza per la diffusione di questa falsità, la quale accompagnò come un’ombra la fama di Gesù fino ai nostri giorni.

    Ora però il Signore stesso attraverso un Suo strumento, il mistico Jakob Lorber, definito lo scrivano di Dio, ci spiega nei minimi dettagli qual era la situazione politico-religiosa ai tempi di Gesù nonché le relazioni che intercorrevano tra i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme comprese le province, coi Sadducei, i Samaritani, gli Esseni, le truppe di occupazione romane e la soldataglia erodiana, anche se per avere un quadro completo bisognerebbe leggere l’intera Opera.

    Dalle rivelazioni di Giovanni evangelista(1) l’Istituto essenico aveva due Centri: uno nei pressi di Gerusalemme e uno situato tra la Terra Promessa e l’Egitto. Quest’ultimo(2) infatti era più grande di quello situato nei pressi di Gerusalemme ed è molto probabile che fosse situato nei pressi di Essea, ai confini con l’Egitto, quasi sicuramente sulla strada che da Gerico costeggia il Mar Morto, il confine con la Giordania, e arriva al Golfo di Aqabah. (Vedi carta geografica)

    Essea fu sicuramente una città affollata da ammalati, da gente proveniente da ogni luogo con i propri morti e da curiosi di ogni specie i quali affollavano strade, piazze, taverne e locande anche di lusso; era città protetta da una cinta di mura ma sicuramente non da forze armate; prima dell’arrivo di Gesù ad Essea i viandanti che vi giungevano venivano taglieggiati da predoni col tacito beneplacito - sicuramente prezzolato - del Tempio, con i secondi fini di danneggiare l’Istituto essenico e il relativo indotto. Comunque sia, di Essea non esisteva più traccia alcuna già nell’anno 662 d.C.(3).

    Gli Esseni non professavano nessuna fede all’infuori della filosofia di Aristotele ed Epicuro e del cinismo di Diogene; conoscevano la cultura Egizia (ormai al tramonto) il che permetteva loro di praticare la magia su vasta scala a scopo di lucro; le precise conoscenze astronomiche le usavano per prevedere le eclissi, fenomeni questi che suscitavano sempre un grande sgomento nel popolo. Erano malvisti dal Tempio perché gli sottraevano le entrate che il popolo offriva in cambio di falsi miracoli.

    Stando così le cose, fu gioco facile ridicolizzare i miracoli veri di Gesù spacciandoLo per Esseno altamente qualificato. L’apostolo Bartolomeo fu un Esseno(4) prima di diventare discepolo di Gesù e ne descrive dettagliatamente le tecniche illusionistiche messe in opera a caro prezzo.

    Il priore degli Esseni, il capo Roklus, ci descrive minuziosamente come veniva architettato il trucco delle finte resurrezioni. Alla fine, però, con la conversione di Roklus alla Dottrina di Gesù, l’Istituto essenico verrà trasformato in un’opera pia di assistenza agli ammalati e ai derelitti, secondo la Volontà di nostro Signore.

    Speriamo dunque, con questo libro-estratto, di aver centrato l’intendimento di far luce sulla natura degli Esseni, in modo da non sentire mai più parlare di Gesù quale Esseno altamente qualificato.

    Di ben altro parere è Giuseppe Flavio quando descrive le Sette presenti in Giudea ai tempi della sua maturità. Infatti egli nasce a Gerusalemme il 13 settembre del 37 d.C., quindi egli giunge alla maturità intorno al 57 d.C. e a quei tempi l’Istituto essenico era già notevolmente trasformato fin dal 32 d.C.

    Per capire i suoi rapporti col Tempio di Gerusalemme, bisogna tenere presente che egli stesso era Giudeo, Fariseo e officiava nel Tempio, ma ciò non vuol dire che fosse al corrente delle macchinazioni del Tempio nei riguardi di Gesù e dei Samaritani perpetrate fino all’anno 33 d.C. e sicuramente i Farisei non tenevano un diario di bordo delle loro malefatte.

    Inoltre c’è da dire che Giuseppe Flavio non accenna minimamente all’evento del Cristo, e ciò non impedisce di pensare che l’argomento Gesù fosse stato messo sotto silenzio rigoroso soprattutto negli ambienti religiosi o comunque in una classe dove l’integralismo Giudaico era un costume rigidissimo e indiscutibile, e non si dimentichi neanche il metodo singolare che circolava in quegli ambienti che consisteva nel lapidare e nel far bere l’acqua maledetta a chi non era in linea rigorosa col Tempio.

    Ora tale Verità viene alla luce attraverso una Fonte Divina comunicata da Dio Stesso ad un Suo strumento, il mistico austriaco Jakob Lorber (1800-1864), autore di un’opera divina monumentale LA NUOVA RIVELAZIONE di 14.000 pagine (36 volumi).

    Da quest’opera sono state estratte le straordinarie informazioni riguardanti gli Esseni, una particolare Setta religiosa che ha avuto contatti con Gesù di Nazaret e che, dopo ciò, fu da Lui stesso convertita al vero Cristianesimo delle origini e ad operarvi conformemente.

    Questo libro vi fornirà delle verità che vi permetteranno di conoscere ciò che è realmente accaduto 2000 anni fa tra Gesù e gli Esseni.

    Vincenzo Manzoni

    Venezia, febbraio 2003


    (1) Cfr. Il Grande Vangelo di Giovanni, vol.2, cap.98, p.2.  [N.d.A.]

    (2) Cfr. Il Grande Vangelo di Giovanni, vol.5, cap.274, p.3.[ N.d.A.]

    (3) Cfr. Il Grande Vangelo di Giovanni, vol.10, cap.25, p.3: [N.d.A.]

    (4) Cfr. Il Grande Vangelo di Giovanni, vol.2, cap.9[N.d.A.]

    GESÙ DI NAZARET E IL VECCHIO ORDINE DEGLI ESSENI

    1. Capitolo

    Chi era veramente Gesù di Nazaret

    Il Signore spiega il significato del seguente passo evangelico:«Ed Egli, Gesù, quando cominciò, aveva circa trent’anni ed era, così si riteneva, figlio di Giuseppe» (Luca 3, 23)

    [...]

    Il testo è dato, e con esso una luce dai potentissimi raggi! Davvero, con questo testo perfino voi stessi potreste guardare al primo istante fino in fondo alla cosa, che è adatta allo scopo. Vogliamo vedere dunque se, dopo una piccola introduzione, potete scorgere voi stessi la luce.

    Egli era circa trentenne quando cominciò il Suo magistero, e lo si riteneva fisicamente il figlio di Giuseppe, il carpentiere.

    Chi è l’Egli? Questo Egli è il Signore Stesso, che dall’eternità era ed eternamente sempre sarà il medesimo Signore!

    Come poteva però essere circa trentenne, Egli, che era eterno?

    L’ETERNO CREÒ QUI

    PER LA PRIMA ED ULTIMA VOLTA

    SE STESSO COME UOMO,

    e in quanto Uomo anch’Egli contava a Sé il tempo, che da Lui era dall’eternità.

    Era vicino ai trent’anni. Che cosa vuol dire questo? Poteva come Dio avere trent’anni? Certamente no, poiché Egli era eterno; dunque solo quale Uomo lo poteva.

    Iniziò allora il Suo magistero. Come dunque? Come Dio o come Uomo? Con l’aggiunta: «E Lo si riteneva fisicamente il figlio di Giuseppe, il carpentiere», viene sufficientemente testimoniato che l’appena trentenne Egli non Quale Dio, bensì solo quale Uomo aveva iniziato il Suo magistero, poiché il Dio in Lui si comportava con l’appena trentenne figlio del carpentiere così come in ciascun uomo si comporta il suo interiore spirito. Quest’ultimo dapprima deve essere risvegliato per mezzo di una corrispondente attività esterna sorta dall’amore, fino a quando, solo dopo, inizia ad agire quale essere autonomo e con potenza propria.

    Questo Figlio appena trentenne del carpentiere Giuseppe, esternamente dunque iniziò il Suo magistero assolutamente come Uomo e non come Dio. La Divinità entrava in modo operante in Lui solo in certe occasioni, nella misura in cui Egli come Uomo la rendeva libera in Se Stesso per mezzo delle Sue azioni, ma senza azioni la Divinità non affiorava.

    Domanda: «Ma come poteva quest’uomo appena trentenne intraprendere un magistero per il quale è pur necessaria una grande erudizione, che presuppone molto studio e una gran quantità di letture? Da dove venne a Costui dunque la sapienza?»

    «Certo che lo conosciamo; è il figlio del carpentiere, e ha esercitato abbastanza spesso la professione di suo padre davanti ai nostri occhi. Sappiamo che non ha mai frequentato scuole; nemmeno ci è facile ricordare che in qualche momento od occasione abbia preso un po’ in mano il Libro e ci abbia letto dentro. Era un comune artigiano quasi fino ad ora, e vedete, adesso è un maestro, e il Suo insegnamento è pieno di unzione e pieno di profonda sapienza, sebbene in lui si palesi ancora dappertutto il carpentiere. Quanto tempo sarà che ha costruito da noi con i suoi fratelli una stalla per gli asini? Guardate solo le sue mani callose da autentico carpentiere, e vedi qua, è un maestro e perfino un profeta senza mai aver messo il naso nella scuola per profeti degli Esseni. Come dobbiamo prendere questa cosa?».

    Vedete, questa è una vera testimonianza alla lettera che fu data al Figlio del carpentiere a Cafarnao! Da questa testimonianza dunque risulta chiaramente che in questo Carpentiere appena trentenne non deve essere trasparito poi molto della Divinità, poiché altrimenti si sarebbe dovuto degnarLo di ben altra testimonianza.

    Ma da dove prese allora quest’Uomo totalmente puro tale capacità di magistero, dato che non aveva né studiato né letto molto di qualche cosa? Quest’Uomo ebbe la Sua capacità di magistero esclusivamente grazie al Suo operare.

    Il Suo agire proveniva esclusivamente dal Suo continuo grande amore per il Divino e così anche dall’amore per il prossimo. Egli offriva ogni azione a Dio, e la compiva in modo tale che facendola non aveva mai davanti agli occhi il Suo vantaggio, bensì esclusivamente quello del Suo prossimo. Oltre a ciò quest’Uomo dedicava ogni giorno un periodo di tre ore al totale riposo in Dio.

    In questo modo Egli risvegliava sempre di più la Divinità latente che era in Lui in tutta la sua pienezza, e Se la rese debitrice secondo la misura e il grado della sua attività. E quando Egli, come già detto, ebbe appena raggiunto il trentesimo anno, la Divinità in lui era destata a un grado tale che il Suo Spirito di Sapienza gli trasmise quella grandiosa capacità, per iniziare il noto magistero a cui era chiamato.

    Dopo questa introduzione, chiedo a voi se ancora non vedete, in questo testo, la luce che brilla fortissima. Sì, già la vedete, e perciò della frase successiva ci occuperemo molto brevemente, per non dilungarci inutilmente su questo.

    Come deve essere perciò la frase successiva? Vedete, brevissima così: «Andate e fate lo stesso!».

    Non pensate che lo Spirito divino venga risvegliato in se stessi soltanto col molto leggere e studiare, poiché in questo modo piuttosto lo si uccide e come cadavere lo si porta alla tomba. Siate invece attivi secondo la regola fondamentale della Vita, così il vostro spirito diventerà vivo e troverà in se stesso tutto, come sicuramente non avrebbe trovato leggendo mille libri!

    Quando poi lo spirito è vivo, potete anche leggere, ed allora con la lettura o con l’ascolto della Mia Parola radunerete frutti che hanno un nocciolo o fondamento vivo. Invece senza il preventivo risveglio dello spirito raccoglierete del frutto solo gusci vuoti, dentro ai quali non c’è un nocciolo vivo, ma il nocciolo vivo è la comprensione spirituale interiore e viva.

    Ma da dove potrebbe venire questa comprensione, se in precedenza lo spirito non fu reso libero e vivo nell’operare? Il corpo è un guscio esterno, che cade e marcisce; l’anima è il nutrimento e il corpo dello spirito. Se però voi leggete solo per arricchire la vostra intelligenza esteriore naturale, che cosa ne verrà allo spirito, il quale non è ancora vitale nella giusta misura, e perciò non viene subito incontro con la sua intelligenza spirituale viva ad ogni parola letta, per riempire la parola letta esternamente come se fosse un guscio, col suo nocciolo vivente, e solo così renderla vivente ed efficace?

    Perciò vale sempre la vecchia massima: «Non siate vani uditori, bensì praticanti della Parola, allora soltanto diverrete consapevoli in voi stessi della Sua divinità».

    Credo che anche questo sarà chiaro, ma poiché l’uomo, come già detto più volte, non ne ha mai a sufficienza di luce, vogliamo passare ancora una volta a un sole centrale da voi scelto.

    2. Capitolo

    Gesù di Nazaret non aveva bisogno della scuola degli Esseni, perché Egli era un Profeta già da bambino

    Solo dopo un certo tempo il medico riprese a parlare e disse a Giuseppe: «Ma amico e fratello! In nome del Signore, che bambino hai dunque che parla già così saggiamente come un sommo sacerdote nel Tempio del Signore, quando vestito di thumim e urim sta davanti al Santo dei santi? In verità, egli disse solo poche parole, e queste mi penetrarono fino al midollo delle ossa!

    Mi hai bensì detto nel tuo racconto che il bambino fu la causa della tua fuga in Egitto, e mi hai accennato fuggevolmente a parecchie singolarità della sua nascita, dal che ipotizzai che da questo bambino, col tempo, se avesse frequentato la scuola di profeti degli Esseni, sarebbe potuto uscire un grande profeta. Ma da come l’ho udito ora parlare, non ha bisogno della scuola degli Esseni; infatti già così è un profeta di prima classe, simile a un Samuele e simile a un Elia e un Isaia!»

    Giuseppe divenne qui un po’ imbarazzato, e non sapeva quale risposta dovesse dare lì per lì al suo amico.

    Allora il Piccino ritornò da Giuseppe e gli disse: «Lascia pure il medico a ciò che crede; poiché anch’egli è chiamato al Regno di Dio, ma non deve apprendere troppo in una volta!»

    Ma quando il medico sentì anche queste parole, disse allora tutto stupito: «Sì, sì, fratello Giuseppe, ti ho detto giusto! Questo è già un profeta, che ci annuncerà il vicino Messia che ci è promesso; egli infatti ha parlato ora appunto del Regno di Dio, al quale anch’io sarei chiamato. Ma ora scorgo anche il perché, questo piccolo Samuele poco fa ti ha confortato con un Signore che è più potente di Roma. Sì, quando verrà il Messia, allora ovviamente accadrà a Roma ciò che è accaduto un tempo alla città di Gerico, ai tempi di Giosuè!»

    Ma il Piccino disse: «Oh oh, amico, che cosa dici? Non sai dunque come sta scritto: ‘Dalla Galilea non viene alcun profeta!’? Ma se è così, Chi sarà mai dunque Colui che viene dalla stirpe di Davide? Io però ti dico: quando il Messia verrà, non trarrà la spada contro Roma, ma farà solo annunciare il Suo Regno spirituale sulla Terra dai Suoi messaggeri!»

    Qui il medico restò stupefatto e disse dopo una pausa: «In verità, in te Dio ha visitato il Suo popolo!».

    E Giuseppe diede ragione al medico, tuttavia non aggiunse alcun’altra spiegazione.

    3. Capitolo

    Anche nel 1848 vigeva l’errata opinione che Gesù di Nazaret fosse un allievo degli Esseni

    [Lo spirito di Robert Blum, un rivoluzionario tedesco fucilato nel 1848, sta raccontando dall’Aldilà il pensiero che egli aveva quando viveva su questa Terra nei riguardi di Gesù]

    Continua Roberto: «Questo sapientissimo maestro dei popoli nacque, come me, dal grembo di genitori poveri. Molto probabilmente egli ha dovuto elevarsi, soltanto a fatica, con tutte le privazioni possibili, fino al livello della suprema sapienza morale, mentre dovette subire per tutta la sua vita anche certe persecuzioni da parte della strana casta sacerdotale ebrea. Deve essere stato enormemente difficile per lui assurgere a tale sapienza in mezzo ai più irriducibili seguaci di Mosè e Aronne, nelle cui teste e nei cui cuori albergava la notte tenebrosa.

    Probabilmente, da povero diavolo giunse una volta in Egitto, o con i suoi altrettanto poveri genitori, oppure con un’altra carovana, dove, con i suoi talenti innati, poi attirò su di sé l’attenzione di un qualche grande sapiente. Costui lo prese poi con sé nella sua scuola e lo iniziò in tutti i segreti della sapienza più profonda, attraverso la cui sapiente applicazione egli dovette suscitare il massimo scalpore presso i suoi compatrioti molto stupidi. Oppure, egli frequentò la scuola degli Esseni, che a quei tempi erano in possesso della quintessenza della sapienza, per cui poi, naturalmente davanti ai ciechi ebrei, dovette sembrare un Dio, per il massimo conforto della povera umanità, e invece per la massima indignazione della casta sacerdotale, orgogliosa ed estremamente ricca!

    Mi ride ancora adesso il cuore se penso a come ha rimproverato l’intera casta sacerdotale nelle più svariate occasioni, in un modo tale che i sacerdoti non raramente avrebbero voluto scoppiare dall’indignazione. Purtroppo alla fine egli fu vittima del suo coraggio troppo grande e dell’infamia troppo insidiosa di quelle bestie del Tempio, adorne di oro e pietre preziose.

    Ma, a me è forse andata meglio? Oh no! Anch’io sono divenuto un martire per via delle mie nobilissime aspirazioni. Io volevo liberare l’umanità dalle sue vecchie catene della schiavitù e la mia ricompensa fu la morte più infame. E, in verità, al diavolo l’intera umanità! I suoi migliori amici li ammazza e i suoi scaltri nemici li porta in trionfo, a suon di musica e alla luce delle fiaccole!

    Ma ora mi sono liberato da tutto e cioè con la convinta consapevolezza che tutti i più grandi benefattori dei popoli non hanno avuto miglior sorte di me che, nonostante la mia buona volontà, non sono di gran lunga un Gesù

    Nel pronunciare questo nome, passa di nuovo un potente fulmine, questa volta vicinissimo a Roberto, lasciando dietro a sé una specie di imbrunire, come verso sera, simile ad una regione pervasa dalla foschia, così il nostro uomo può ora riconoscere molto bene la sua intera forma senza dover abbandonare il suo liberissimo stato nell’aria.

    Sebbene il fulmine, anche questa volta, lo sorprenda assai, egli non si spaventa più, ma comincia subito a riflettere con calma e dice tra sé e sé: «In verità, strano al massimo! Ora il fulmine mi ha, si può dire, trapassato il corpo per la prima volta e l’unica cosa che ho avvertito è un’arietta oltremodo benefica, e ora mi sento estremamente rinvigorito! Ed il suo bagliore di luce ancora maggiore fa tanto bene al mio cuore ed ai miei occhi. Mi sembra anche di riuscire a distinguere verso occidente una specie di regione con molta foschia, il che mi convince ancora più di fluttuare sul serio nell’aria libera. Ora posso anche distinguere bene i miei piedi, le mie mani, ed anche il mio abito che indossavo sul luogo dell’esecuzione.

    Oh, ma chi sulla Terra non comincerebbe di colpo a ridere a crepapelle se gli si dicesse che, dopo aver deposto il corpo, non solo l’anima, sotto la sua precedente terrena spoglia umana, è immortale, ma, in tutta serietà, anche l’abito del corpo!?

    Il grande Shakespeare aveva in verità ragione dicendo: Tra la luna e il sole accadono cose che la sapienza umana neanche si sogna. E di queste cose fa parte l’immortalità degli abiti terreni del corpo! Ma sembra anche che sia in vigore anche una coincidenza particolarmente strana, proprio il mio abito di vittoria, l’abito della massima ignominia agli occhi dei miei nemici, fu innalzato con me alla suprema libertà! Sì, le cose le può stabilire così soltanto un Dio amorevolissimo e giustissimo! Ora, io credo però anche che ci sia un Dio veritiero che non ha per nulla bisogno di chiedere prima a Hegel e a Strauß se può e gli è permesso di essere qua.

    Tuttavia mi sembra strano che ogni volta che io ho nominato il nome del grande Orientale, ogni volta sia esploso un fulmine! Che ci sia forse sul serio qualcosa di vero nella sua figliolanza divina, più che umana?

    Se perfino gli abiti sono immortali, allora Gesù - ahah, di nuovo un fulmine vero e proprio, e questa volta ben più forte delle volte precedenti! Che strano!».

    4. Capitolo

    Il motivo per cui i gran sacerdoti del Tempio di Gerusalemme disprezzavano e osteggiavano Gesù di Nazaret

    Però, a questo punto, un giovane fariseo, che era veramente ancora levita, si fece avanti e chiese il permesso di dire anch’egli qualche parola sull’argomento. Il giudice acconsentì raccomandandogli di parlare con moderazione e sensatamente.

    Ed il levita prese la parola e cominciò il suo discorso, dicendo: «Io sono nativo della Galilea, e precisamente dalle vicinanze di Nazaret, e mi rammento ora di aver udito diverse cose sul conto di quel prodigioso fanciullo, di cui questo ragazzo ci ha fatto una relazione affatto insignificante. Io veramente non posso asserire di averlo conosciuto personalmente, però ho sentito spesso raccontare molte cose su di lui.

    Io stesso mi informai, per quanto mi fu possibile, sul conto dei suoi genitori, e seppi che suo padre era un carpentiere di nome Giuseppe, che la sua seconda moglie si chiamava Maria, e che entrambi discendevano in linea diretta da Davide. E per conseguenza ciò concorderebbe con le predizioni dei profeti.

    Io sono quindi dell’opinione che varrebbe pure la pena sottoporre ad un esame più minuzioso questa faccenda che interessa specialmente noi Ebrei. Tuttavia non spetta a me prendere disposizione in proposito e mi permetto semplicemente di manifestare soltanto la mia opinione con tutta umiltà, giacché considero che tale sia il mio dovere; tutto il resto riguarda puramente il gran consiglio del Tempio. E con ciò in tutta umiltà ho finito di parlare»

    Allora si alzò un gran sacerdote e disse: «Cosa può farne il Tempio delle asserzioni di un fanciullo pazzo? Ben più alti indizi devono venire forniti al Tempio! Già spesso sono emerse questioni simili tra gli Ebrei, sono avvenuti perfino dei miracoli manifesti, e tuttavia più tardi non fu dato di riscontrare alcuna traccia di un Messia.

    Quanto tempo è trascorso da quando Zaccaria presiedeva alle cose del Tempio? Sua moglie Elisabetta gli partorì, in età già molto avanzata, un figlio che gli era stato annunciato da un angelo mentre egli sacrificava nel Tempio. Zaccaria non riuscì a prestar fede a tale annuncio, poiché sua moglie era troppo vecchia. Ed allora egli fu colpito da mutismo fino a che sua moglie partorì. Ma quando un giorno gli pervenne nel Tempio la notizia che sua moglie gli aveva partorito un figlio e che gli fu domandato qual nome si avrebbe dovuto dargli, allora la lingua gli fu sciolta ed egli disse: Giovanni!. Ed ecco, questo era appunto il nome che dieci lune prima gli aveva indicato l’angelo del Signore.

    Ma Zaccaria domandò all’angelo: Che cosa ne sarà del fanciullo? Fammi conoscere la volontà del Signore!

    E l’angelo rispose: Questi è colui, di cui Isaia così parlò: ‘Vi sarà una voce d’uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore e appianate la strada al Dio nostro. Ogni valle sia alzata ed ogni monte e colle abbassato; e ciò che è storto sia raddrizzato ed i luoghi eretti ridotti in pianura. Ed ogni carne vedrà il Salvatore di Dio!’.

    Si fecero allora più minute indagini e ben presto si scoprì che l’ambizioso Zaccaria, con questo mezzo e con il segreto aiuto degli Esseni, aveva mirato soltanto a fondare per sé una dinastia spirituale ereditaria. Per tale motivo però egli cadde in mano della giustizia e fu punito per il suo crimine con la morte.

    Dove se ne è andata dunque quella grande speranza nel Messia? Nessuno vi pensa più ed al cospetto del Tempio, il quale è stato santificato da Jehova per tutti i tempi dei tempi, ogni cosa si è dileguata come debole nebbia di palude dinanzi alla potenza del sole! Eppure quella storia era uscita dallo stesso sommo sacerdote, ma siccome essa era impura e minacciava di profanare il santuario di Dio, così anche il Signore non ha indugiato a punire a tempo debito il sacrilegio.

    Ma se già quella storia che appariva tanto memorabile finì in questo modo, come potrebbe mai sostenersi dinanzi al Tempio la storiella messianica del carpentiere Giuseppe, dietro alla quale null’altro si nasconde se non qualche impostura inscenata dagli Esseni o da maghi indiani? Venga pure il fanciullo a fare i suoi prodigi qui, davanti ai nostri occhi onnivedenti, e noi sapremo ben spiegarli poi al popolo ignorante, come pure sapremo smascherare il suo supposto Messia!

    Quando questi avrà da venire, si manifesteranno prima, dinanzi agli occhi di tutto il mondo, dei grandi segni nel firmamento. Solo allora giungerà il grande Atteso, dotato di tutta la potenza dei Cieli, per redimere il Suo popolo dal giogo dei pagani e da allora in poi Egli sarà Signore e Re sopra tutti i paesi della terra, ed i figli di Abramo saranno e rimarranno in eterno il Suo popolo!

    Per chi come noi conosce questo, per averlo appreso dai libri delle antiche predizioni sulla venuta del Messia, è impossibile credere che Dio, che ha in ogni tempo confermato la Sua venuta con fatti imponenti dinanzi agli occhi degli uomini e di tutti gli esseri creati, possa venire in questo mondo in modo così poco appariscente, anzi addirittura come un fanciullo illegittimo e come un debole essere umano soggetto alla morte al par di noi!

    Poiché noi sappiamo che Maria, la figlia di Gioacchino, aveva concepito prima ancora di venire unita in matrimonio a Giuseppe nel Tempio. Come si sa, la fanciulla era stata affidata da principio alla tutela del noto discendente dalla stirpe di Davide, e soltanto per non rovinarlo gli si aveva consigliato amichevolmente di prendere la fanciulla in moglie, prima che la cosa fosse nota al popolo e per cancellare così la macchia.

    Ma quel fanciullo è e rimane tuttavia illegittimo, e con ciò svanisce tanto più la possibilità che egli possa mai diventare un promesso Messia, e fosse egli pure in grado di smuovere anche tutte le montagne, grazie alle arti magiche da lui apprese.

    C’è da sperare dunque che ognuno, per quanto debole di spirito, possa rilevare da quanto ho detto quali siano le cose possibili e quali altre invece sono e devono essere assolutamente impossibili, visto come si presenta la questione!».

    5. Capitolo

    Perfino dei galilei immigrati in Samaria sospettavano di Gesù

    Mentre cammin facendo accadevano queste cose, arrivammo in casa di Irhaele e di Joram, dove tutto era già stato predisposto per la cena. I preparativi erano stati fatti come il giorno prima, ma con molto più splendore e sontuosità. Alla porta di casa, i sichariti, che erano ritornati con Me dal monte, volevano congedarsi, quand’ecco ad un tratto comparire fra loro una schiera di giovani vestiti di bianco, che li convincono ad entrare e prendere parte alla cena.

    Il sommo sacerdote, sorpreso di vedere un così gran numero di magnifici giovani e meravigliato della loro affabilità, amorevolezza ed umanità, si avvicina a Me e in tutta umiltà Mi chiede: «Signore, Te ne prego, chi sono questi splendidi giovani? Nessuno di loro ha più di sedici anni, tuttavia ogni loro parola ed ogni loro gesto ne tradisce la loro straordinaria cultura! Oh, dimmi da dove vengono e a quale scuola sono stati educati! Com’è bella la loro forma e come sono ben educati! La loro voce è come un balsamo benefico, che dolcemente scende sul cuore! Dimmi dunque, Signore, dimmelo, chi sono e da dove vengono?»

    Io gli rispondo: «Non hai mai sentito parlare di quello che fu annunciato anticamente? Ogni signore ha i suoi ministri e i suoi servitori! Ora, anche tu Mi chiami Signore. Non è logico quindi che anch’Io abbia dei ministri e dei servitori? Il fatto che essi siano molto ben educati ed istruiti testimonia, appunto, che il loro Signore deve essere un Padrone saggio ed amorevole. I signori del mondo sono uomini dal cuore assai duro, ai quali l’amore è cosa sconosciuta; tali sono anche i loro servi. Ma il Signore, che è un Signore in Cielo ed ora è sceso sulla Terra nel duro mondo degli uomini, ha dei servitori che provengono dallo stesso luogo da cui Egli Stesso è venuto. Questi, a loro volta, Gli assomigliano, in quanto non soltanto sono Suoi servitori, ma sono anche figli della Sua Sapienza e del Suo Amore. Mi hai compreso?»

    Il capo dei sacerdoti dice: «Sì, Signore, per quanto mi riesca di intendere le Tue parole simboliche. Ma per delucidare a dovere la questione avrei bisogno di chiedere ancora molte cose. Per il momento è meglio lasciar perdere, sperando che, prima che finisca il giorno, mi si offra ancora l’occasione di parlarne»

    Io dico: «Sì, certo! Ora però, poiché è tutto pronto, andiamo a cena!».

    Allora tutti quelli che credevano vennero a tavola, mentre gli altri, quelli che erano ancora increduli, preferirono far ritorno a casa loro. Questi erano persuasi che i preparativi per la cena non fossero altro che un tranello. La ragione di ciò era dovuta al fatto che quei tali, per la maggior parte, erano dei galilei immigrati in Samaria. Fra questi, molti erano di Nazaret e conoscevano bene tanto Me quanto i Miei discepoli, per averli veduti spesso al mercato quando andavano a vendere il loro pesce. Quei galilei, andandosene, dicevano ai samaritani: «Noi conosciamo bene tanto Lui quanto i Suoi discepoli. Egli è carpentiere, gli altri sono pescatori. Egli è stato allevato alla scuola degli Esseni, che, come è noto, sono versati in tutte le arti, soprattutto sanno guarire e fare ogni sorta di magie. Perciò Egli cerca ora di mettere in pratica queste Sue arti, apprese molto bene, allo scopo di procurare agli Esseni molti aderenti e ricchi guadagni. In quanto a quei giovani vestiti di bianco, essi sono sicuramente delle ragazze comprate dagli Esseni nel Caucaso ed educate da loro; sicuramente, per l’occasione, esse sono state camuffate da giovinetti! Bella trovata, se si pensa quale grande fascino avrebbero esercitato quelle splendide ragazze! Noi però non ci lasciamo ingannare tanto facilmente e sappiamo che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non può essere burlato. Gli Esseni, invece, che pensano siano stati i loro antenati a creare il mondo, hanno gioco facile nel burlarsi di ciò che per essi non esiste. Finché crederemo nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non avremo bisogno dell’opera di accecamento degli Esseni. E se un giorno questa nostra fede dovesse abbandonarci, non saranno certo gli Esseni né i loro scaltri inviati a propinarcene un’altra in sostituzione. Al contrario, contribuiranno a farci diventare simili ai sadducei, i quali non credono né alla risurrezione né alla vita eterna. Ma Jehova ci preservi da ciò!». Con questi ed altri simili discorsi essi fecero ritorno a casa.

    Io e una gran parte, consistente per la stragrande maggioranza di samaritani, prendiamo posto a tavola, ci facciamo servire dagli angeli e con piacere ci accingiamo quindi a ristorarci dalle fatiche della giornata, poiché anche lì è come se avessi lavorato nel deserto, così come è scritto: «Quando Satana fu costretto ad allontanarsi, vennero a Lui degli angeli e Lo servirono».

    6. Capitolo

    Duemila anni fa, un discepolo degli Esseni era paragonato a un mago dell’Egitto o dell’India, o addirittura a un servitore di Belzebù!

    Dice il mercante: «Amico, tu mi hai parlato chiaramente e saggiamente e mi hai detto cose che molto spesso sento in me stesso; però non riesco a capire la tua insistenza nel volere che vi dichiari l’opinione che ho di voi e specialmente di lui! Poco fa, mi hai detto che egli non è quello che ritengo essere, ma molto di più! Però non comprendo come si possa essere più elevati di un dio terreno, cioè di un imperatore, senza essere in pari tempo Dio! Solo Jehova è, sia in questo mondo che in quello spirituale, superiore al dio-imperatore terreno! Se così stanno le cose, egli non dovrebbe essere Jehova?»

    Dice Jonaele: «Stai attento ed osserva un po’ più da vicino la nostra compagnia, può darsi che qualcosa ti lasci sorpreso! Che ne dici, per esempio, di quei meravigliosi giovani, che in così gran numero ci accompagnano? Osservali bene e dimmi poi quali sono le tue impressioni!»

    Risponde il mercante: «Sinceramente fino ad ora ho creduto che fossero figli di patrizi romani, al seguito dell’imperatore in qualità di paggi, anche se, osservando la loro pelle bianca e delicata, si sarebbe piuttosto indotti a crederli delle ragazze travestite, oriunde dell’Asia Minore. Perché in verità, in quest’ambito, ho avuto l’occasione di vedere molte di tali bellezze, infatti, a suo tempo, il mio commercio si estendeva anche a questo genere di merce, che veniva mandata in Egitto ed in Europa, specialmente in Sicilia, per essere offerta in vendita ai nobili romani, amanti dei lussi e delle comodità della vita. Però, creature dotate di simile inesprimibile bellezza confesso di non averne mai viste! Dimmi, te ne prego, da dove vengono e chi sono! Vedi, amico mio, le tue figlie sono anch’esse bellissime, tuttavia non reggono il confronto con queste, per così dire, raggianti bellezze. Se, come ritengo, li conosci meglio di me, dimmi chi sono e da dove vengono!»

    Dice Jonaele: «Non sta a me dirti queste cose, ma solo a Colui che ora si trova vicino alle mie figlie. Chiedi quindi a Lui ed Egli ti potrà dare la giusta risposta!»

    Allora il mercante si rivolge direttamente a Me e dice: «O signore di queste schiere, che mi pare ti seguano come gli agnelli seguono il loro pastore, chi devo onorare nella tua nobile persona? Infatti mi è stata fatta una domanda ed ho espresso il mio apprezzamento fino al grado umano più elevato, ma fui avvisato di essermi sbagliato. Ora non so più cosa dire; perciò ti prego di reputarmi degno di ottenere notizie più precise riguardo alla tua persona!»

    Io gli dico: «Anche tu fai parte di quelli che non credono se prima non hanno visto dei prodigi, e anche se li vedono dicono: Ecco, costui deve essere o un discepolo degli Esseni oppure un mago venuto dall’Egitto o dal Paese che è bagnato dal Gange, a meno che non sia un servitore di Belzebù!. Cosa fare allora di fronte a ciò? Ebbene, ammesso che ti voglia rivelare, senza veli e senza reticenze, Chi sono Io, tu non Mi crederesti!

    Tu hai già espresso la tua opinione ed essa è risultata falsa! Quando Jonaele ti disse che Io ero di più del tuo dio terreno, rispondesti che soltanto Jehova poteva essere più grande dell’imperatore. Con ciò escludesti tacitamente che fossi più grande dell’imperatore di Roma, che, solo per timore della sua terrena potenza, dici essere la più alta personificazione di grandezza su questa Terra. Nel tuo cuore, invece, lo stimi peggiore di quanto non sia la peste e consideri più benigni gli sciami di locuste che non tutta la sua potenza.

    Ma, ritornando a noi, sappi che oggi è già il terzo giorno che Mi trovo a Sichar e, poiché la città non è molto lontana da qui, Mi stupirebbe molto se tu non avessi ricevuto alcuna notizia di Me tramite i tuoi colleghi della città!»

    Dice il mercante:

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