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Genialità intrinseche
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Genialità intrinseche

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L’esperienza vera di Antonio, ragazzo dislessico, che dopo aver ripreso da adulto gli studi abbandonati in età adolescenziale scopre, grazie ad Annalisa, la sua fidanzata logopedista di soffrire di un disturbo di apprendimento: la dislessia.
La mente viaggia a ritroso nella sua infanzia facendogli ricordare le sue difficoltà causate dal disturbo che tutt’oggi sono parte integrante dello studio… fin quando conoscendo a fondo il disturbo arriva quasi ad essergli grato.
Il romanzo, raccontato proverbialmente dall`autore, Walter Carretta, è arricchito in ogni suo capitolo dalle nozioni tecniche della Dottoressa ROMUALDI che provvede a spiegare scientificamente gli avvenimenti del soggetto impreziosendone l’opera.
Il volume è inoltre impreziosito dalla presentazione del consigliere Marcello Pittella, fautore della legge n. 20 del 2007 (che anticipa di ben tre anni la normativa nazionale) che tutela il diritto allo studio dei soggetti affetti da D.S.A.
LanguageItaliano
Release dateJun 8, 2012
ISBN9788866821199
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    Genialità intrinseche - Walter Carretta

    GENIALITÀ INTRINSECHE

      Walter Carretta

      Isabella Romualdi

    LA METÀ NASCOSTA DELLA DISLESSIA CHE MOLTI TEMONO, POCHI CONOSCONO E TUTTI DOVREBBERO APPREZZARE

    INDICE

    Presentazione dell’Assessore Pittella     pag. 3

    Prefazione di Michele Spadaro       pag.7

    Introduzione degli autori           pag. 10

    Capitolo  I               pag. 12

    Capitolo  II               pag. 28

    Capitolo  III               pag. 49

    Capitolo  IV               pag. 72

    Capitolo  V               pag. 96

    Capitolo  VI               pag. 112

    Capitolo  VII              pag. 173

    Capitolo  VIII              pag. 184

    Relazione logopedica            pag. 201

    Ringraziamenti              pag. 207

    Bibliografia              pag.209

    Il racconto è ispirato a una storia vera, nonostante ciò i nomi dei personaggi e i luoghi citati nella parte narrata sono di pura fantasia e vengono riportati al solo scopo di dare veridicità al racconto senza chiamare in causa alcun soggetto espressamente e intenzionalmente.

    PRESENTAZIONE

    Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM IV), la dislessia è un disturbo della lettura che si manifesta in individui in età evolutiva privi di deficit neurologici, cognitivi, sensoriali e relazionali e che hanno usufruito di normali opportunità educative e scolastiche. Ecco, per me a lungo dislessia è significato questo: un disturbo a base neurobiologica che non presentava alcun carattere di urgenza medica.

    Da uomo di medicina prima, da rappresentante istituzionale poi, poca rilevanza dunque a questo tema.

    Poi, quasi per caso, in un incontro organizzato all’interno di un settembre Pedagogico con l’Associazione Italiana Dislessia a Lauria, mi imbattei più da vicino in questa realtà.

    Ascoltai le relazioni, quella della presidente dell’Aid, mamma di un ragazzo dislessico di cui raccontava accorata le disavventure e quella di Antonella Amodio, psicologa ma soprattutto in quel caso dislessica e mamma di una ragazzina dislessica.

    Ne lessi il libro. La sua dedica per me diceva ‘Esistono infiniti universi e ogni tanto succede che si incontrino. Quando avviene è sempre un regalo ed una grande opportunità...’

    Era vero, ho conosciuto un universo prima neppure immaginato: l’universo dislessia. E da questo incontro è nata la nostra legge regionale 20 del 2007, prima in Italia, promulgata con ben tre anni di anticipo su quella nazionale.

    Ho avuto modo di capire sempre meglio le difficoltà di un bambino con un DSA, di capire la sua grande ferita nella stima di sé. Deriso a volte dai compagni, in alcuni casi tormentato dagli insegnanti, punito talvolta dai genitori ma sempre, sempre incompreso, prima di tutto da se stesso.

    Lentamente si è fatta strada in me la consapevolezza che nella maggior parte dei casi un tale disturbo, non diagnosticato, non poteva che portare, proprio come l’autore di questo libro ci racconta nelle sue pagine, ad un precoce abbandono scolastico, ad una scelta di vita molto al di sotto delle proprie aspettative, ad una mortificazione di quella spinta al sapere che sempre anima l’intera vita di un essere umano. ‘..Spesso amava definirsi una mente bruciata quando vantava delle sue grandi capacità che non aveva potuto sfruttare..’

    Un precoce abbandono scolastico quindi che non poteva che tradursi in una delle principali cause di disagio giovanile. E ancora prendevo a rendermi conto che le conseguenze più gravi, come troppo spesso accade, finivano per pagarle quei ragazzi i cui genitori non potevano permettersi lezioni private, sussidi audiovisivi e quanto altro.

    Ancora una volta veniva messa in atto una brutale discriminazione. Al bambino dislessico, già reduce dalla disparità coi suoi coetanei, probabilmente sarebbe toccato attraversare un altro girone infernale, dato dal probabile disagio economico-culturale della propria famiglia, che spesso lo vede privato della minima possibilità di seguire un percorso scolastico individuale coadiuvato dagli adeguati strumenti compensativi. Tali circostanze non tardano a presentare il conto più esoso: l’abbandono del percorso scolastico.

    Inoltre, successivamente, come se non bastasse, la presa visione delle sue potenzialità non sfruttate, induce il soggetto dislessico in età adulta a credere ancor di più di essere un buono a nulla, un fallito, infliggendogli un colpo tardivo al suo essere.

    C’era quindi bisogno di una legge che tutelasse i ragazzi dislessici da tutto questo, che rimandasse alla scuola la responsabilità di un percorso scolastico con bisogni diversi piuttosto che alle famiglie e che mettesse le più bisognose di queste nelle condizioni di poter provvedere agli strumenti compensativi necessari.

    E’ nata così questa legge di cui sono divenuto sempre più orgoglioso, ad ognuna di quelle lettere che tante mamme hanno preso ad inviarmi da ogni parte di Italia, ad ogni disegno di bimbo che con un cuore mi diceva grazie.

    E’ dunque vero, quando due universi si incontrano è sempre un regalo.

    E’ stato così per gli autori di questo libro: l’universo di Antonio con la sua dislessia e quello di Annalisa, logopedista, è divenuta una grandissima opportunità per entrambi per accedere e svelare un mondo scritto da sempre nella carne dell’uno, appreso dai libri per l’altra. 

    Un incontro che è diventato un rapporto di amore, l’unico davvero in grado di accogliere, curare. Quell’amore che il maestro deve nutrire per il discepolo, il personale sanitario per l’utenza, chi gestisce la cosa pubblica per i suoi concittadini, lo stesso che ha preso a battere nel mio cuore per ogni ragazzo dislessico.

    Il mio grazie dunque agli autori di questo libro che vuole essere una testimonianza per tutti quei ragazzi che hanno vissuto storie simili. Antonio ce l’ha fatta e ce lo racconta con l’entusiasmo di chi vince la sua sfida. Capito il suo problema, ha terminato gli studi seguendo un impegnativo corso serale tra mille altre difficoltà e responsabilità che toccano ad un adulto, riportando i voti più alti e con la ferma convinzione di proseguire gli studi.

    Una testimonianza dunque che diviene un invito per tutti a meglio comprendere questo disturbo. Saper trasformare la propria difficoltà in una risorsa per gli altri, resta la più grande opportunità di un essere umano.

    Marcello Pittella*

    * Marcello Pittella nasce a Lauria il 4 giugno 1962. Laureato in medicina svolge la professione di medico da più anni. Nel 1993, entra in politica ricoprendo vari e rinomati incarichi (Consigliere Comunale, Assessore alle Attività Produttive e dello Sport, Presidente del Consiglio Regionale, Sindaco di Lauria) fino ad arrivare all’incarico che porta avanti tutt’oggi, quello di Assessore Regionale. In ambito regionale, importantissima è la sua azione promotrice dell’odierna legge n. 20 del 2007 (che ha anticipato di ben tre anni la legge nazionale n.170) che tutela il diritto allo studio degli studenti con DSA.

    PREFAZIONE

    Nei miei ricordi d’infanzia, è sempre viva un’immagine che per anni non ha trovato spiegazione: il fervido sconforto sul volto del mio compagno di banco quando, dignitosamente, cercava di sostenere lo sguardo della severa insegnante, intenta a riprenderlo per l’ennesima volta, apostrofandolo spesso anche con parole indelicate per la sua pigrizia nello studio.

    Ricordo che Gianni, questo il suo nome, aveva gravi difficoltà nella lettura e nella scrittura, e sembrava completamente estraneo al sistema del numero e del calcolo. Non riusciva a memorizzare le tabelline e le poesie e sembrava avere spesso la testa persa in un mondo tutto suo.

    Spesso sorridevo a tutto questo, pensando che Gianni proprio non ne volesse sapere dello studio, ma mi si stringeva il cuore quando, dopo le ripetute invettive dell’insegnante, cedeva alla sua pressione abbassando lo sguardo e, chinando la testa, restava a fissare il banco con gli occhi colmi di lacrime.

    Era in quei momenti che mi chiedevo: Ma se davvero è mancanza di volontà la sua, che senso ha piangere dicendo con veemenza che non ce la fa a fare quello che gli si chiede? E, soprattutto, è davvero più facile opporsi così tanto, per poi subire tali umiliazioni, che non imparare a leggere e scrivere? O c’è dell’altro?

    Ho passato anni cercando di capire quali strani meccanismi dettassero un atteggiamento così innaturale ma, nonostante i miei sforzi, non riuscivo a trovare una valida spiegazione a tutto ciò.

    Col senno di poi, da adulto, compresi ciò che scattava, o non scattava, nella mente del mio amico Gianni e, come a lui a chissà quanti altri bambini. Riuscii perfino a dare un nome a quello spettro che lo tormentava: dislessia.

    Fu allora che tutto incominciò ad avere un senso, ma divenne davvero nitido quando scoprii che la mente di un dislessico è costretta a lavorare cinque volte in più rispetto a una mente normale per poter elaborare la stessa quantità di informazioni. Fu allora che il sarcasmo nei confronti di Gianni cedette il passo alla comprensione.

    Grazie al mio ruolo di Amministratore Delegato presso un Centro di Riabilitazione e Rieducazione Funzionale, operante sul territorio lucano, è stato estremamente semplice approfondire gli aspetti di tale disturbo.

    Il Centro, che da sempre offre un servizio di Logopedia di elevato livello, si occupa infatti del trattamento logopedico, tra gli altri disturbi, dei Disturbi Specifici D’Apprendimento o DSA.

    L’autrice, Isabella Romualdi, nata l’8/8/1983, si laurea in Logopedia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma nel 2005, con il massimo dei voti. Svolge il suo lavoro con dedizione e passione, riuscendo ad offrire un valido supporto riabilitativo indispensabile ai bambini, adulti e anziani, suoi pazienti.

    L’autore, Walter Carretta, originario di Lavello, nasce il 19/02/1977 a Canosa di Puglia. Attualmente è impiegato presso una multinazionale dislocata sul territorio lucano, e svolge la professione con la massima dedizione. La stesura di quest’opera è il mezzo per trasmettere un messaggio forte sui Disturbi Specifici di Apprendimento al lettore in modo piacevole, ma al contempo diretto.

    L’opera prima degli autori è notevole, piacevole e ricercata, anche grazie all’integrazione di due stili letterari differenti: la narrazione romanzata e il testo scientifico.

    Walter e Isabella (da tutti conosciuta come Lisa dagli occhi blu, come recitava una canzone degli anni Sessanta, per merito della dolcezza con cui si approccia ai suoi pazienti) hanno saputo miscelare competenze, fantasia e scienza che si intersecano in continuazione tra loro, offrendo un gradevole mix rivolto a tutte quelle persone che sono perennemente e piacevolmente accompagnati dalla voglia di sapere.

    La piacevole lettura della storia di Antonio, descritta proverbialmente dall’autore, è ampiamente integrata con nozioni tecniche e specifiche dell’autrice che permettono anche ad un lettore profano di approcciarsi al mondo della dislessia e capirne le sue sfaccettature e, perché no, i suoi pregi.

    Michele Spadaro

    INTRODUZIONE

    "Tutti temiamo il lato celato degli eventi,

     finché un giorno non ci accorgiamo che è il più bello...

    È allora che ci scopriamo incantati come davanti a un'eclisse

    chiedendoci se la meraviglia sta in quello che conosciamo o

    in quello che conosceremo."

    Basterebbero poche righe scritte dall’autorevole penna del Assessore Regionale, dottor Marcello Pittella, per illustrare perfettamente il disturbo in ogni dettaglio e per trasmettere gli stati d’animo che un bambino dislessico può provare, ma con quest’opera abbiamo voluto offrire qualcosa di più al lettore.

    È stata raccontata tutta la vera storia di Antonio, il protagonista tormentato dalla dislessia, fino a quando, da adulto, con lo sviluppo inconsapevole dei compensi, la diagnosi e la consapevolezza, andrà incontro all'accettazione del rapporto simbiotico con il disturbo e, finalmente, al suo riscatto da esso in età adulta, arrivando quasi a essergli grato.

    Troppo spesso accade che, nel migliore dei casi, anche quando il soggetto dislessico avrà una vita coronata di successi sociali, affettivi ed economici, non riuscirà mai a trovar la pace con la dislessia. Spesso, pur riconoscendo le sue capacità intellettive, il soggetto continua a tormentarsi chiedendosi quali altri obiettivi avrebbe potuto perseguire e raggiungere se non fosse stato affetto dal disturbo, senza mai sospettare che, probabilmente, molti dei successi raggiunti li deve proprio ad esso.

    È proprio in questa fase, che spesso perdura tutta la vita, che il soggetto considera la dislessia come il nemico principale da combattere, senza considerarla mai per quella che in realtà è, o potrebbe diventare: una valida alleata nella vita.

    È nostro parere, e del resto ciò è confermato da studi eminenti, che non esisterà mai una cura definitiva per la dislessia, fondamentalmente perché la dislessia non è una patologia, ma una condizione. Un modo diverso di elaborare e acquisire i processi di apprendimento, ma al contempo valido ed efficace e ciò lo dimostra il fatto che tra i dislessici figurano personaggi di spicco, noti per aver cambiato e determinato il progresso.

    Tale racconto serve, tra l'altro, a instillare nel lettore dislessico una forte dose di autostima, fattore determinante nel successo di qualunque soggetto e in qualsiasi disciplina.

    Nella stesura del manoscritto, largo spazio è stato dato alle  competenze della Dottoressa ROMUALDI, esperta e conosciuta logopedista che si è impegnata nell’illustrare in maniera gradevole, ma soprattutto scientifica, partendo dagli eventi del protagonista e inserendo al termine di ogni capitolo, le spiegazioni tecniche agli avvenimenti, ai comportamenti e agli stati d’animo del soggetto affetto da dislessia, disturbo spesso sconosciuto e, peggio ancora, sottovalutato.

    Le citazioni inserite all’inizio di ogni capitolo sono da considerarsi  come veri e propri titoli in quanto sono legate direttamente all’argomento descritto nel  capitolo stesso.

    Naturalmente, pur trattandosi di una storia vera, i personaggi e i luoghi sono di pura fantasia.

    Gli autori

    I CAPITOLO

                 "La lettura è la fonte del sapere

            ed il sapere ci ha permesso

                    di diventar ciò che siamo."

    Chiuse il libro e per qualche attimo restò a contemplare il soffitto, mentre con la coda dell’occhio osservava i grandi numeri illuminati di rosso e proiettati sulla parete, in penombra, di fronte a lui, dalla moderna sveglia: 14:57.

     Febbraio era giunto al termine dei suoi già pochi giorni, ma proprio non riusciva a risparmiare un pomeriggio di pioggia. Condizione indispensabilmente piacevole per rilassarsi sul proprio letto con la gradevole compagnia di un buon libro, in attesa che arrivassero le diciassette.

    Perplesso continuò a pensare a quella citazione.

    Se nella sua vita esisteva una certezza, essa era racchiusa proprio in quella frase, ma questo Antonio già lo sapeva da molto tempo prima, come un concetto intrinseco che si rafforza sempre di più.

    Nonostante ciò, c’era qualcosa che da un po’ di tempo lo tormentava.

    Era come un sussurro che ascolti ma non riesci a decifrare, come un tarlo che non riesci a scacciare e neanche a catturare, un po’ come il gatto che gioca col topo: pur avvertendone la presenza, tuttavia Antonio non riusciva a vedere il suo gatto e ciò lo innervosiva terribilmente.

    La prima persona dalla quale aveva sentito pronunciare quella frase fu il proprio nonno materno Mauro.

    Antonio lo ricordava come un uomo dai sani principi morali, una forte fede religiosa e, anche se la guerra gli aveva indebolito il fisico, sempre forte nello spirito e negli insegnamenti dati.

    Dovevano essere passati quasi trent’anni, anzi, adesso che ci pensava bene, era certo che fosse il 1982, e seppur fosse in tenera età, non poteva dimenticare il clima che si respirava in quegli anni in una Lucania scossa da quel terribile terremoto.

    Nella sua mente erano ancora vividi i ricordi di quando suo nonno, preoccupato per le sue difficoltà scolastiche, si propose di fargli da guida nel labirinto di numeri e lettere con cui Antonio stava venendo in contatto, dei quali non si spiegava il motivo per cui fossero stati creati e, peggio ancora, che non riusciva affatto né a decifrare né a capirne il significato. Aveva quasi sei anni e la visione della scuola che gli si parava davanti era talmente complessa che avrebbe scoraggiato chiunque. Come se non bastasse, si rendeva conto che, a differenza sua, i suoi compagni, anche se lentamente, progredivano regolarmente e questo contribuiva a distruggere la già scarsa fiducia in sé.

    Era proprio il continuo aumentare di questa disistima, dovuta spesso anche ai frequenti rimproveri che subiva ed agli incitamenti che riceveva da parte degli insegnanti, che preoccupava di più il nonno. In quel momento nonno Mauro si rese conto che bisognava far qualcosa per cercar di recuperare ed aiutare il bimbo nella sua Odissea. Decise che forse avrebbe fatto bene ad integrare le lezioni scolastiche con delle ripetizioni sue, in modo tale da dare la possibilità ad Antonio di recuperare un po’ del terreno perduto. Forse i mezzi erano insufficienti considerando i tempi, ma il nonno aveva due infallibili assi nella manica ed intendeva giocarli fino in fondo: l’infinita pazienza donatagli dalla natura e tutto l’amore che un nonno può dare ai suoi nipoti.

    Sicuro di giocare in vantaggio una partita che avrebbe vinto a breve, si mise a lavoro, motivato anche dalla gioia del nipotino che finalmente vedeva in lui un valido e concreto

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