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Vecchio cuore granata
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Ebook79 pages1 hour

Vecchio cuore granata

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Laura Alfonsi, dopo il romanzo “Il segreto di Nicole”, presenta la sua seconda opera.
Una raccolta di racconti di vario genere anche ispirati a fatti realmente accaduti, come in “Forever” in cui il protagonista Marcello, ricorda con profonda nostalgia la moglie tedesca sorella dell’uomo che, nel lontano 1943, gli salvò la vita rischiando la propria e quella dei suoi familiari. Un episodio toccante.
Completamente diverso è invece “La coscienza di un assassino” poliziesco vuole essere anche un esempio su come talvolta la magistratura possa incorrere nell’errore giudiziario. “L’incontro” è il tenero affresco di un lontano ricordo che Carla si trova a rivivere casualmente.
Armando è il protagonista con Giulia di “Vecchio cuore granata” l’amicizia e la vicinanza di lei, non lo salveranno dal suo tragico destino.
“La malizia del diavolo” dimostra con quanta facilità si possa cadere vittime di situazioni apparentemente positive che con il tempo possono rivelarsi molto pericolose e difficili da gestire. “L’ultimo romanzo” è un racconto breve. Elena nel giorno del suo settantesimo compleanno riflette sul proprio passato. Un’analisi dall’epilogo amaro.
LanguageItaliano
Release dateOct 16, 2014
ISBN9788869240843
Vecchio cuore granata

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    Vecchio cuore granata - Laura Alfonsi

    Vecchio cuore granata

    Sei racconti di varia umanità tra reale e fantastico

    Laura Alfonsi

    EDIZIONI SIMPLE

    Via Weiden, 27

    62100, Macerata

    info@edizionisimple.it / www.edizionisimple.it

    ISBN edizione digitale: 978-88-6924-084-3

    Realizzato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand

    Via Weiden, 27 - 62100 Macerata

    Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore.

    Ogni riproduzione anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.

    Copyright © Laura Alfonsi

    Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo, riservati per tutti i paesi.

    VECCHIO CUORE GRANATA

    Armando era un uomo semplice, di sani principi, sempre pronto ad aiutare il prossimo. Di carattere allegro e scherzoso, purché non si parlasse di calcio. Era un vecchio cuore granata, come si dice a Torino, e difendeva a spada tratta la sua squadra in modo animato e convinto.

    Ad osservarlo attentamente però, non era poi così estroverso come voleva apparire. Nei confronti delle donne è probabile che fosse sempre stato timido e, forse per questo, non si era mai sposato.

    Ultimo di tre fratelli, arrivato a quattordici anni di distanza da Franco, il primogenito, e a pochi anni dal secondo figlio Carlo, Armando era sempre stato un po’ il cocco di mamma cui era legatissimo.

    Il papà che dopo due maschi attendeva la femmina, era rimasto certamente deluso e Armando, che lo sapeva, ne aveva sempre sofferto. Anche da adulto capitava che lo raccontasse. Già… - diceva quasi fosse una colpa – sembra che aspettassero la bambina, invece sono nato io. Bella roba!.

    Longilineo, di aspetto gradevole con i capelli bruni e gli occhi di un chiaro castano, in gioventù doveva essere stato un ragazzo simpatico e niente male.

    Quando andai ad abitare nel palazzo lui e Franco, anch’egli celibe, vi abitavano già da qualche anno. Seppi subito che vivevano in una mansarda luminosa e abbastanza grande, ma che fosse arredata in modo pateticamente povero, l’avrei scoperto soltanto dopo parecchi mesi.

    Per qualche tempo i rapporti tra noi furono del tutto formali, diciamo di buon vicinato.

    Spesso li incontravo mentre insieme uscivano per la solita passeggiatina pomeridiana. Mentre Franco si limitava a salutarmi, Armando si voltava a guardarmi ammirato in un modo ambiguo che un po’ mi spaventava.

    Rosalia, un’altra simpatica coinquilina, che con i due fratelli, aveva un’amicizia al limite dell’invadenza, mi aveva detto che Armando era reduce da un forte esaurimento nervoso. Eh, si vede! le dissi un giorno. Ha un viso un po’ strano.

    Guarda che è bravo, non avere paura mi rassicurò lei. Poverino -continuò convinta - gli è mancato un fratello e pure un nipote, sai credo non riesca a farsene una ragione.

    "Capisco, ma di che cosa sono morti? Domandai incuriosita.

    Ah… questo non lo so, terminò prudente.

    Con il tempo imparai a comprendere la personalità poco sviluppata di Rosalia: era adorabile nella sua genuina ignoranza, un po’ sorda, spesso capiva fischi per fiaschi e rispondeva in modo alquanto comico. Era nubile, non bella e con un viso dai lineamenti asimmetrici, ma si riteneva attraente e desiderabile nei confronti di qualsiasi uomo la guardasse.

    Grazie a lei, mi convinsi che l’espressione cupa del nostro vicino non nascondeva nulla di cui preoccuparsi, ma piuttosto era dovuta a un forte disagio affettivo non ancora superato.

    Con il passare del tempo, vidi Armando diventare più normale e cominciai a scambiare con lui qualche parola. Iniziammo con le solite banalità quotidiane, poi in seguito lui azzardò qualche battuta fino a diventare scherzoso, sembrava più allegro e un giorno mi disse Se ha bisogno di qualcosa, non so… per esempio commissioni… io sono un tipo alla mano, mi chiami pure; abitiamo al piano sopra di lei, quindi, non deve nemmeno prendere l’ascensore.

    La cosa non mi dispiacque. Purtroppo ero rimasta sola: i miei genitori erano mancati da molto tempo. Con l’ex marito, sposato giovane e con l’incoscienza dei vent’anni, avevo perso ogni contatto: l’ombra di un uomo, sia pure estraneo, riusciva a movimentarmi la solita routine quotidiana.

    Non ricordo come accadde, ma quasi ogni giorno Armando faceva un salto da me. Insieme ci divertivamo a vedere giocare il mio gatto siamese che ormai gli correva incontro salutandolo con un buffo miao. "Ciao cappuccino!"gli rispondeva lui sorridendo.

    Presto però, Franco, operato tempo prima per una grave malattia mai risolta, cominciò a non sentirsi bene e presto non uscì più di casa. Ormai il male era arrivato a uno stadio avanzato e incurabile.

    Una sera verso le nove Armando venne a trovarmi mesto. Franco era stato ricoverato in ospedale quel mattino stesso.

    Lo vidi stanco, soprattutto ansioso.

    Non credo che questa volta mio fratello ce la farà mi disse triste.

    Ha parlato con i medici? domandai sinceramente partecipe.

    Sì, ormai va avanti finché può. Non so come farò senza di lui. Non sono il tipo adatto per vivere da solo.

    Cercai qualche parola di conforto, lo esortai ad aspettare a disperarsi.

    Poi, con lo sguardo lo seguii mentre usciva scuro in volto e per alcuni giorni non si fece vedere. Quando tornò sembrava quasi un barbone. Evidentemente non si radeva dal giorno del ricovero del fratello.

    Una decina di giorni più tardi tornò affranto per dirmi che Franco non c’era più.

    Il funerale, al quale parteciparono quattro gatti, fu pagato dal Comune.

    Non seppi mai perché i due fratelli fossero così indigenti. Franco era stato un apprezzato decoratore mentre Armando, titolare di una ditta di verniciatura, aveva lavorato per parecchi anni. Poi, per cause a me ignote, cessata ogni attività, con

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