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Un altro cane
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Un altro cane

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About this ebook

Il romanzo narra di Aldo, un dinamico pensionato vedovo di 63 anni e del suo cane Luna. La storia ha inizio con il ritorno a casa di Luna sfuggita a degli uomini che l’hanno rapita. Giunge appena in tempo per salvare Aldo da un pericoloso stato di inedia al quale si è volontariamente sottoposto a causa dello sconforto che lo ha colto, convinto com’è di averla persa per sempre. La trama affronta le dinamiche dei rapporti che intercorrono tra Aldo e i propri familiari ed in particolare quello con il figlio Paolo, divenuto estremamente critico dopo la morte di Clara, moglie di Aldo e madre di Paolo, avvenuta sette anni prima. Paolo accusa il padre di aver preferito la compagnia della cagnolina Luna a quella degli uomini. Potrà l'ostinazione di Aldo supportata dall'aiuto di Luna permettergli di riavvicinare a sè suo figlio? E soprattutto, "un altro cane" è una promessa fatta da Aldo a Luna nel momento più difficile del sodalizio che lega l'uomo al cane, ebbene,riuscirà Aldo a mantenere questa promessa?
Chi ama i cani immagina già le conclusioni e non potrà fare a meno di scoprire come Aldo e Luna le abbiano raggiunte, chi non ama i cani forse li amerà.
LanguageItaliano
Release dateSep 20, 2013
ISBN9788868555559
Un altro cane

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    Un altro cane - Paolo Locatelli

    LUNA

    LUNA E’ TORNATA

    Sono tornata a casa! Sapevo fin dall’inizio che ci sarei riuscita, solo non sapevo se avrei fatto in tempo ad evitare il peggio. Adesso so che sono appena in tempo. Non puoi giocarmi un simile tiro. Ho superato monti e attraversato fiumi, percorso strade e incontrato gente che mi ha schivato come fossi una sporca pezzente senza tetto e priva di dimora. Tutto per tornare da te, per tornare a casa. No, ora che finalmente ho raggiunto la meta non puoi lasciarmi sola. Cosa hai combinato? Eppure lo dovevi sapere che avrei fatto qualunque cosa per tornare. Non hai avuto fede, hai pensato che non ce l’avrei fatta. Stupido! Lo sai quanto sono tenace e ostinata e che sei tutto per me. Per quanto del tuo tempo siamo stati una coppia inseparabile? Come hai potuto anche solo immaginare che tutto fosse finito? Ho passato la mia vita insieme a te e anche nei momenti più difficili di questa mia brutta avventura solo il ricordo di quanto mi rendi felice mi ha impedito di soccombere agli eventi. Le nostre passeggiate nei boschi e sui sentieri di montagna, i profumi e gli odori della natura, il sole, il vento e la neve. Di’, in quanti posti siamo stati e quanto ci siamo divertiti? E quanti chilometri abbiamo percorso per raggiungere nuove mete o semplicemente per rivedere un posto che ci era piaciuto?

    Mi hai sempre trattato come una regina, ti sei sempre preoccupato per me e anche quando, raramente non ci siamo intesi, ti sei sempre sforzato di capirmi, di scoprire cosa non aveva funzionato per poi concludere semplicemente che le nostre differenze esistevano e che per quanto entrambi ci sforzassimo non potevamo abbatterle. E in quelle rare occasioni, alla fine, mi sei sempre venuto incontro perché comunque non si poteva in nessun modo fare diversamente.

    Ho i miei limiti.

    Tu, i tuoi, li hai sempre superati.

    Sono stata baciata dalla fortuna, non potevo incontrare uomo migliore e a modo mio ti ho amato cecamente aspettandomi sempre meno di quello mi hai dato. La mia riconoscenza non è mai stata subordinata alla quantità e quanta qualità c’è stata in ciò che ogni giorno mi hai donato.

    Ora sono qui, sfinita, davanti alla nostra casa. La casa nella quale hai voluto vivere perché fossimo felici. Anche in questa tua scelta quanto sei stato capace di capirmi. Sapevi che nulla avrebbe potuto rendermi più contenta che avere un prato.

    E il prato c’è!

    Quante serate d’estate abbiamo passato fuori, e quante volte abbiamo giocato nella neve, in inverno, fino a quando tutti bagnati e infreddoliti decidevamo insieme che era ora di rientrare al caldo.

    E come se non bastasse, hai deciso di comperare un’altra casa, una seconda in montagna, a due passi dal bosco in modo che appena usciti potessimo fare le nostre lunghe passeggiate. Come hai subito capito, semplicemente guardandomi, quanto mi trovassi a mio agio in quel posto, come già mi sentissi padrona di quel nuovo luogo che avevi scelto per noi. Ti avevo osservato altre volte mentre prendevi rapide decisioni senza perdere tempo ma quella volta hai superato te stesso: il tempo di salire in macchina, percorrere pochi chilometri per raggiungere l’abitazione dei proprietari, consultare le carte e siglare con una stretta di mano la compravendita. Poi, rimasti soli, ti mettesti a saltare come un bambino mentre mi ripetevi:

    «Luna! E’ nostra! E’ nostra!»

    Certo, abbiamo avuto anche momenti difficili nei quali ho fatto fatica a capirti. A volte ti ho visto sul volto espressioni di tristezza, quasi tu stessi provando dolore. Un dolore che non ho mai potuto comprendere a fondo e proprio per questo ho sempre nutrito dubbi sulla mia capacità di poter porre rimedio a quel tuo stato. Credo di essere riuscita nel compito di consolarti perché, fortunatamente, quella tua espressione non durava mai a lungo. Quando ti vedevo così ti stavo attaccata più che potevo, in silenzio, fino a quando sorridendo mi guardavi e mi dicevi:

    «Tranquilla! E’ passata.»

    Sono tornata a casa. Avrei preferito morire piuttosto che non riuscire a tornare. Come avrei potuto rinunciare ai nostri riti.

    La piccola passeggiata del sabato mattina fino al bar dove ti fanno arrivare il tabacco per pipa che fumi sempre, dove quando entriamo tutti ci salutano sorridendo e dove il padrone ti chiama con rispetto Signor Aldo. Dove tu ogni volta, come se fosse sempre la prima volta esclami oggi Fabio, un rosso di quello buono!.

    La passeggiata della domenica pomeriggio, nel bel bosco a pochi chilometri da casa, quando la stagione diventa più fredda ed entrambi ci fermiamo a guardare i colori dell’autunno e l’aria porta odori e profumi lontani, diversi.

    E tante altre piccole quotidiane abitudini alle quali nessuno di noi due saprebbe rinunciare.

    Quelle piccole quotidiane abitudini, che giorno dopo giorno hanno alimentato il nostro rapporto di convivenza fino a renderlo una fortezza inespugnabile ai nemici della vita di ogni giorno: le ansie, le preoccupazioni e i dolori. Quanti ne abbiamo superati insieme grazie alla consapevolezza del possesso di tale forza.

    Quanti ne supereremo ancora, insieme. Non puoi abbandonarmi adesso solo perché mi hai dato per persa. Ancora torno a domandarmi perché tu ti sia lasciato andare in questo modo.

    So bene che alcuni non ci hanno mai capito, cosa hai voluto dimostrare? Che senza di me non avresti saputo percorrere l’insidioso sentiero della vita? Allora sei stato proprio stupido, perché non hai fatto altro che alimentare le convinzioni e rafforzare le sentenze di quelli che non sanno, perché mai hanno provato la felicità che noi due abbiamo.

    Non ti rendi conto che quello che stavi per fare era il modo migliore per dar loro ragione e permettergli di continuare a dire che eri un matto?

    Primo fra tutti tuo figlio. E’ questo l’esempio che volevi lasciare? Un padre idiota? Paolo è un brav’uomo, solo è ancora giovane. Un giorno ti capirà e sentirà anche lui il bisogno di avere una come me al suo fianco. Tra mille affetti avrà bisogno anche di quello che una come me sa dare.

    Se avessi portato a termine il tuo scellerato suicidio gli avresti impedito di avere tutto quello che tu hai avuto e proprio tu, mio caro, hai sempre detto che "si doveva soltanto provare una volta per capire!". Nulla, come questa frase, mi ha reso più orgogliosa di starti vicino, di condividere con te la nostra esistenza.

    Mi hai sempre rispettata e mai hai preteso da me quello che, anche volendo, non avrei potuto darti. Ancora mi è difficile comprendere, osservando altri come noi, come tu abbia sempre capito quando non potevi oltrepassare la barriera della nostra insuperabile differenza. Per questo ho sempre potuto soddisfare le tue richieste: non hanno mai superato il logico limite di ciò che era nella natura stessa del nostro rapporto. Altri li ho visti rendersi ridicoli, annullati nel vano sforzo di essere simili, quando simili non potevano essere.

    Poche incomprensioni iniziali e poi via, una lunga corsa senza ostacoli sulla stessa strada senza mai un’esitazione.

    Poche semplici regole, ma efficaci. E se mai uno di noi due sia stato in dubbio, uno sguardo o un semplice gesto erano più che sufficienti a riportarci sul sentiero ben tracciato.

    Nella palude o nelle strade chiuse non ci siamo mai finiti.

    Dovevamo raggiungere insieme la meta ed ho sempre capito che nonostante tu avessi la piena consapevolezza di dove saremmo arrivati non ha mai voluto pensarci e hai preferito vivere la serena e felice quotidianità della nostra vita insieme; ed ho sempre saputo che avrei dovuto pensare io a farti capire cosa avresti dovuto fare una volta giunti alla fine. Sono sempre stata certa del mio ruolo e non ho mai avuto dubbi che sarei stata in grado di metterti di fronte all’evidenza e di farti comprendere quello che già sai e che vuoi a tutti i costi ignorare.

    Sono nata sapendo che spetta a me spiegare alla persona che sta al mio fianco cosa deve fare … alla fine!

    Tutte quelle come me lo sanno. Il problema è se voi, compagni a volte un po’ stupidi insensibili e superficiali volete fare lo sforzo di capire.

    No, certo non è il tuo caso. Per te si tratta di far cadere un sottile velo il cui scopo è solo quello di nascondere, nemmeno tanto, un evento che prima o poi ci coglie sempre impreparati.

    Che beffa!

    Come hai potuto pensare di togliermi il privilegio di consegnarti il mio messaggio finale?

    Da te non me l’aspettavo e meno male che sono arrivata in tempo. Perché ti saresti perso una gran cosa, caro mio!

    Certo, la tua misura del tempo è diversa dalla mia, ma se tra noi due c’era uno che doveva avere certezze su questa differenza non ero di sicuro io. Non so quanto sono stata

    lontano da casa, so solo che sono stata via il tempo necessario per ritrovare la strada del ritorno e percorrerla. E’ mai possibile che sia stato un tempo così lungo, tanto lungo da non permetterti di aspettare, prima di lasciarti andare in questo modo? Hai sempre lasciato che fosse il tempo a curare le tue ferite e a lenire i tuoi dolori. E il tempo ha sempre fatto il proprio corso. Proprio questa volta dovevi infrangere le tue regole?

    Hai un’idea di quanto ho sofferto in tutto questo tempo? Io, dubbi non ne ho mai avuti! Infatti sono qui.

    Nessuna prigionia avrebbe potuto fermarmi o distogliermi dalla mia volontà di tornare da te e se anche altri mi avessero accolta e trattata come una regina, mai e poi mai sarei rimasta con loro. Non avrei potuto, io ti sono fedele come solo quelle come me possono esserlo.

    Posso solo immaginare che tu mi abbia creduta morta ma anche in questo caso hai scelto una soluzione sbagliata, tragica, stupida, non so quale altro aggettivo usare, e non è da te. Non sei quello che adesso non ha nemmeno la forza di alzarsi per aprirmi la porta di casa e farmi riprendere il posto che mi spetta, al tuo fianco.

    Sono sfinita e ferita e quello che mi aspettavo era di ritrovare l’uomo che mi ha sempre accudita, accarezzata e coccolata.

    Hai forse pensato che la mia età fosse troppo avanzata e che non avessi la forza per tornare? Ho in me risorse che nemmeno puoi immaginare. Chi mi ha portata via non lo ha pensato di certo. Hai forse dimenticato che tutti coloro che ci hanno conosciuti, anche solo superficialmente, si sono sempre stupiti di quanto apparissi più giovane e da te si sono sempre sentiti dire che tra i due il "vecchietto" eri tu?

    Sono veramente arrabbiata e allo stesso modo felice perché capisco di essere arrivata in tempo per evitare un disastroso epilogo. Vuoi, una volta per tutte, renderti conto che non so proprio cosa fare senza di te? Mi sentirei persa ed in quel caso sì, per davvero, non saprei più dove andare ad attingere la forza per ricominciare da capo. Oggi mi è impossibile immaginare un’altra vita, con un altro uomo, in un’altra casa, con altre abitudini. Non sono certa di poter dare tutta me stessa ad altri che non sia tu, come ho fatto e nello stesso modo nel quale l’ho fatto fino a ieri.

    Io sì, non avrei domani senza di te. Continuerei a vivere il tempo che mi resta dilaniata dal dolore della tua mancanza ed incapace di dare quell’affetto e quell’amore che rende quelle come me delle compagne speciali!

    Non è mai per caso che nasce un rapporto come il nostro. Siamo sempre dei predestinati per i quali fino dal giorno della nostra nascita è stato scritto che ci saremmo incontrati e amati a prima vista. Hai sempre desiderato avermi al tuo fianco anche quando non ti era nota nemmeno la mia esistenza.

    Sapevi solo che al momento giusto mi avresti trovata, pronta a vivere con te e sapevi anche che per quanto tu avessi potuto immaginarmi, nella realtà non sarei mai stata l’incarnazione dei tuoi pensieri.

    Quanto sono diversa da quella che desideravi?

    Non te ne ricordi più,vero?

    Forse adesso non pensi che sono io, solo io quella che hai sempre voluto?

    Forse non è vero che non riesci a pensare qualcuna al tuo fianco diversa da me, nemmeno se ti sforzi?

    E allora scuotiti, diamine, reagisci! Lo so che hai già percepito la mia presenza. Sì, sono tornata, brutto stupido!

    Sono qui, a pochi passi da te.

    Che ora però, qualcuno si decida ad aprirmi questa maledetta porta. Ora sì che inizio a sentirmi stanca e infreddolita e non so più cosa fare per farmi sentire!

    LE FOLLI ELUCUBRAZIONI DI UN FESSO A LETTO

    Improvvisamente sono tornato cosciente. Qualcosa mi ha destato. Non è stato un rumore e nemmeno il desiderio di un piatto di cotechino con le lenticchie. Dunque è qualcosa di più profondo nei meandri della mia mente anche se non oserei definirlo spirituale. Non è nemmeno quel rimbambito di mio figlio; il suo metodo per cercare di svegliarmi, fino ad ora e contro il parere negativo di tutti i presenti, è stato lo schiaffetto sulla guancia, secondo lui assestato né troppo piano né troppo forte. Inevitabilmente sono cosciente perché la guancia mi fa un po’ male mentre prima il dolore non lo percepivo.

    Oscillo tra i due stati della coscienza e dell’incoscienza ma ecco sento fortemente che lei è vicina! Luna è tornata!

    Cazzo! Come ho potuto ridurmi così?

    Quando la persi, una settimana, un mese o forse due mesi addietro (cribbio non riesco nemmeno a capire da quanto sono in questo stato), credetemi non volevo morire.

    Semplicemente mi era passata la voglia di vivere senza di lei.

    Se fosse morta avrei potuto anche pensare di trovarne un’altra, ma averla persa senza sapere cosa le fosse accaduto era una condizione che non potevo accettare.

    Non potevo rassegnarmi alla sua perdita.

    Stetti una notte intera seduto nel bosco colpito da una pioggia feroce che non cessava mai, urlando al vento il suo nome.

    Altre due volte se ne era andata così per tornare poi, dopo una mezz’ora, nello stesso posto dove mi aveva lasciato. Ed io seduto ad aspettarla, pronto a riabbracciarla come se nulla fosse accaduto perché così mi avevano spiegato ed insegnato dovevo fare.

    Perché lei era, anzi è fatta così. E’ la sua natura.

    Perché l’ultima volta non é tornata? Dio solo sa cosa poteva essere accaduto, perché ne ero certo, lei non mi avrebbe mai abbandonato, infatti è qui.

    Se non mi fossi ridotto così potrei correrle incontro, invece la luce si spegne di nuovo e nonostante mi sforzi per tenerla accesa ricado nell’incoscienza.

    …………….

    Di nuovo la luce! Devo ricordarmi dov’è l’interruttore del mio cervello per tenerlo acceso! Dovrei poi riuscire a parlare. Le ultime parole che ho articolato, se ben ricordo, devono essere state una specie di imprecazione intonata come un ordine cacciate via la Polacca (in realtà è una badante Ucraina). Che ci fa qui questa donna? Ah, già, un altro dispetto di mio figlio, che vedendosi messo alle strette dalla propria moglie (veramente una santa donna, tanto che non capisco come possa sopportarlo), ha pensato bene, nonostante gli avessi ripetuto mille volte che nel caso mi fosse servita l’assistenza di una badante me la sarei scelta io stesso, giovane, bella e finlandese, ha portato in casa mia una signora di mezza età che solo a vederla ti ammali di depressione.

    Questa donna non merita la mia cattiveria, è brava e soprattutto paziente ed onesta (se non lo fosse quel braccino corto di mio figlio l’avrebbe già cacciata, guai a pensare che qualcuno possa intromettersi tra lui e l’eredità).

    Solo non volevo nessuno che potesse disturbare la mia esclusiva facoltà di decidere quando riprendere a vivere decentemente. Ed invece, a forza di scherzare con il Diavolo, capisco solo ora che se Luna non fosse tornata sarei finito dritto all’Inferno; perché uno che si è comportato come me, può solo ambire a bruciarsi le chiappe in eterno.

    Senza nessuno sconto di pena!

    Ho sessantatre anni, sono in pensione da due, non sono ricco ma ho guadagnato abbastanza da campare senza dover chiedere nulla a nessuno. Non ho mai avuto particolari problemi di salute ed ho sempre pensato che nella mia vita, tra gioie e dolori il conto è in pareggio!

    Ho perso i miei genitori quando ero ancora troppo giovane. Se ne sono andati a distanza di un anno l’uno dall’altra, mio padre e mia madre. Lei, mia madre, ha fatto appena in tempo a vedermi diplomato: geometra!

    Così mi sono ritrovato a diciannove anni nella difficile situazione di dover decidere tutto da solo, senza nessuno che potesse ascoltarmi e consigliarmi su ciò che stavo facendo.

    Tanta gavetta e poi, un passo per volta, lo studio in proprio. Ho disegnato, progettato e costruito case per quarant’anni.

    Ho conosciuto mia moglie Clara, abbiamo vissuto insieme per ventisette anni fino a quando, sette anni fa, una malattia rapida ed assassina me l’ha portata via in pochi mesi.

    E’ stato allora che Luna si è dimostrata formidabile. Cribbio, Luna è qui ed io non riesco a scuotermi.

    No! La luce si spegne ancora e nessuno la sente, nessuno la fa entrare!

    ………..

    Mi desto ancora! Se non riesco a trovare le forze necessarie per fare un gesto o per dire una parola la perderò e questa volta per sempre.

    Mio figlio! dov’è il bamba?

    E’ sempre stato invidioso del mio rapporto con Luna; ma addirittura non farla entrare?

    Sono stato fortunato, mia moglie era una donna straordinaria ed solo merito suo se ho imparato ad amare mio figlio. Lei era solare, io ottimista, il bamba nessuna delle due!

    E’ un pessimista cosmico che persino Leopardi si sentirebbe imbarazzato ad affrontarlo in un teorico confronto dialettico sulle disgrazie umane, nascosti dietro alla siepe dalla quale si spia Silvia!

    Da mia moglie non ha preso, da me nemmeno quindi è tutto mia madre, che tra il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto vedeva solo il secondo e che in letto di morte come ultime parole seppe solo dirmi:

    «Come farai ora, orfano senza mamma e papà?»

    Ricordo che toccandomi gli zebedei le risposi:

    «Cercherò di sopravvivere!»

    Naturalmente avevo raccontato a Clara questo episodio e forse proprio per questo, forse perché anche lei si era sempre chiesta come mai nostro figlio fosse così negativo, in punto di morte preferì lasciarmi un compito preciso da svolgere e non una domanda alla quale rispondere. Con una serenità che mi lasciò attonito mi disse:

    «Cerca di vivere meglio che puoi, cerca di non avere rimpianti e soprattutto cerca sempre di far ridere Paolo.»

    Voglio molto bene a mio figlio Paolo ma nonostante questo, sicuramente per colpa mia, se c’è una cosa che non sono riuscito a fare è proprio quella di farlo ridere.

    Mia moglie invece, la facevo ridere sempre!

    ………..

    Sono stato sveglio o incosciente? Che bestia! Ho malamente e incautamente giocato con la mia vita. Possibile che non mi sia reso conto, prima di trovarmi in questo pietoso stato, che la mancanza di voglia di vivere porta inevitabilmente alla morte? Cosa pensavo di poter fare? Di poter interrompere questo stupido gioco a mio piacimento quando lo avessi voluto come se bastasse alzarmi e dire a tutti quanti andate fuori dai coglioni che adesso mi è passata la tristezza?

    Ho fatto l’esatto contrario di ciò che una persona sana di mente avrebbe dovuto fare: perché non ho preso le medicine per curare la broncopolmonite causata da quella terribile notte passata sotto la tempesta ad aspettare Luna?

    Sono arrivato ad un tale stato di disidratazione dovuto alla febbre alta che avrei potuto morire se il bamba non fosse passato a vedere come mai suo padre non rispondeva al telefono. Mi ha trovato svenuto e mi ha fatto portare al pronto soccorso. Potevo morire, sono stato fortunato e ho gettato quel premio nella spazzatura. Come se non fossi andato a ritirare una cospicua vincita alla lotteria.

    Perché quando mi hanno rimandato a casa ho continuato a rifiutare il cibo tanto che hanno dovuto ricorrere all’alimentazione con delle flebo?

    Perché ho smesso di parlare chiudendomi in un silenzio ostinato e inutile, come quello dei bambini che tengono il broncio ai loro genitori se non sono accontentati

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