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Voglio vivere così: Racconti e ricette del Mondo Piccolo
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Voglio vivere così: Racconti e ricette del Mondo Piccolo

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Prefazione di Marco Buticchi e Valerio Varesi

Il colorito scenario della Bassa

Sarà per il fatto che Rosalba Scaglioni è una cuoca provetta, sarà perché le sue storie contengono parecchi ingredienti come un buon piatto, sta di fatto che questa mini antologia mi suggerisce l’idea di un succulento impasto. Del resto parlare della Bassa, delle terre d’acque correnti e sospese, di filari di pioppi e campanili all’orizzonte, comporta sempre mischiare le carte di una partita che dura da secoli. I personaggi di Rosalba Scaglioni sembrano plasmati nell’argilla del Po quale veracissimo attestato di appartenenza a un territorio dove la cultura letteraria s’è incrociata con la cultura materiale diventando stile di vita. Si sa che i luoghi non sono più gli stessi dopo che sono stati descritti e resi fondale di storie narrate. Ogni autore aggiunge suggestioni e feconda l’immaginario lasciando il suo deposito fantastico come il grande fiume lascia il suo apporto di limo. Il rapporto tra il territorio e gli scrittori è uno scambio conoscitivo che non conserva immutate le cose. È come la luce che illumina e cambia il volto al paesaggio: la Bassa non è lo stesso mondo all’alba come al tramonto. Di questo colorito scenario fa parte l’universo del cibo che entra nei racconti come un sostrato a volte invisibile a volte protagonista. Ma come nei migliori impasti, non si impone col suo sapore e la sua palatabilità, bensì fa da corollario alle storie con discrezione diventando elemento anch’esso culturale più che ostentazione pantagruelica. In questo nel solco della nobile accezione di Piero Camporesi in cui la storia del nostro stare a tavola si libera dell’elemento meramente gastronomico per assurgere a identità culturale e segno di appartenenza. Niente di ciò che riguarda il cibo nella Bassa è semplice manifattura. Tutto è ammantato d’immaginario culturale, quello lasciato da una formidabile gènia di visionari che sono andati cantando storie tra le nebbie del grande fiume.
Valerio Varesi
LanguageItaliano
PublisherDamster
Release dateFeb 13, 2014
ISBN9788868101060
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    Voglio vivere così - Rosalba Scaglioni

    Rosalba Scaglioni

    Voglio vivere così

    Prima Edizione Ebook 2014 © Damster Edizioni, Modena

    ISBN: 9788868101060

    Damster Edizioni

    Via Galeno, 90 «41126 Modena

    http://www.damster.it  e-mail: damster@damster.it

    .

    Rosalba Scaglioni

    Voglio vivere così

    Indice

    Il colorito scenario della Bassa

    Dai silenzi della foschia

    La fola

    Come sinfonia

    La stiratrice

    Voglio vivere così

    Cinegiornale

    Jolanda

    Metti una sera al Regio

    Ugo Casoni, il cuoco col farfallino

    Sorridi

    Piove d’Agosto

    La squisita minestra di Giuseppe Verdi

    Il profumo delle violette

    L’Imperia

    Le ricette

    Discorso minimo sulle ricette di casa nostra

    ANTIPASTI

    Baci di Dama con mousse di Culatello

    Biscotti alla salvia

    Gras pist

    Insalata di mele e noci

    Ricotta fresca con confettura di viole

    Insalata di cappone

    Coniglio marinato

    Fettine di petto d’anatra marinate

    PRIMI PIATTI

    Tortelli d’ortiche

    Tortelli di zucca alla parmigiana

    Malfatti al lardo

    Tortelli di mele o pere

    Minestra Sacchetto

    Mezze maniche ripiene in brodo in terza

    Risotto alla Fortana

    Chicche del nonno

    Pasta sporca

    Fazzoletti al basilico

    Vellutata di patate e tartufo nero

    Cannelloni alla Rigoletto

    La squisita minestra di Giuseppe Verdi

    SECONDI

    Trippa alla Parmigiana alla maniera della Bassa

    Lingua salmistrata in agrodolce

    Guancialino di manzo all’aceto balsamico

    Anatra al mais

    Faraona alla crema

    Carne alla pizzaiola veloce

    Carbonata

    Fritto misto rustico

    Lombo alla Falstaff

    Pasta di salame al vino bianco

    Sacrau

    Uova in umido coi piselli

    VERDURE, CONTORNI, SALSE

    Besciamella

    La Vecchia

    Verdure alla Saba

    Giardiniera della zia Ida

    Salsa verde con l’uovo

    Salsa verde della nonna

    Salsa leggera di pomodori verdi

    Salsa di barbabietole

    Parmigiana di verdure

    Parmigiana bianca di zucchine o melanzane

    Purè di rape bianche

    Mostarda caramellata fatta in casa

    DOLCI

    Torta di mandorle

    Crostata con cioccolata e pere

    Stracadent

    Spongata

    Torta Sabbiosa

    Biscotti al Tarassaco

    Sprelle morbide

    Torta gelato della Rita

    Praline al Bargnolino

    Ricetta del Bargnolino

    Strolghino al cioccolato

    Semifreddo alle mandorle

    Semifreddo al Nocino

    Ricetta del Nocino

    Budino al cioccolato

    Semifreddo al mascarpone

    Savoiardi

    Ciambella di ricotta

    Prugne al mirto

    La zuppa del prete

    Coppe alle ciliegie

    Sugo d’uva

    Ché (liquore di basilico)

    Biscotti miele e cannella

    Tortelli di pasta frolla al forno

    Tiramisù all’ananas

    Pattona dell’Angela

    Ringraziamenti

    La bibliografia di Rosalba

    Catalogo Damster

    all’amico

    Giuseppe Ghisani

    Il colorito scenario della Bassa

    Sarà per il fatto che Rosalba Scaglioni è una cuoca provetta, sarà perché le sue storie contengono parecchi ingredienti come un buon piatto, sta di fatto che questa mini antologia mi suggerisce l’idea di un succulento impasto. Del resto parlare della Bassa, delle terre d’acque correnti e sospese, di filari di pioppi e campanili all’orizzonte, comporta sempre mischiare le carte di una partita che dura da secoli. I personaggi di Rosalba Scaglioni sembrano plasmati nell’argilla del Po quale veracissimo attestato di appartenenza a un territorio dove la cultura letteraria s’è incrociata con la cultura materiale diventando stile di vita. Si sa che i luoghi non sono più gli stessi dopo che sono stati descritti e resi fondale di storie narrate. Ogni autore aggiunge suggestioni e feconda l’immaginario lasciando il suo deposito fantastico come il grande fiume lascia il suo apporto di limo. Il rapporto tra il territorio e gli scrittori è uno scambio conoscitivo che non conserva immutate le cose. È come la luce che illumina e cambia il volto al paesaggio: la Bassa non è lo stesso mondo all’alba come al tramonto. Di questo colorito scenario fa parte l’universo del cibo che entra nei racconti come un sostrato a volte invisibile a volte protagonista. Ma come nei migliori impasti, non si impone col suo sapore e la sua palatabilità, bensì fa da corollario alle storie con discrezione diventando elemento anch’esso culturale più che ostentazione pantagruelica. In questo nel solco della nobile accezione di Piero Camporesi in cui la storia del nostro stare a tavola si libera dell’elemento meramente gastronomico per assurgere a identità culturale e segno di appartenenza. Niente di ciò che riguarda il cibo nella Bassa è semplice manifattura. Tutto è ammantato d’immaginario culturale, quello lasciato da una formidabile gènia di visionari che sono andati cantando storie tra le nebbie del grande fiume.

    Valerio Varesi

    Dai silenzi della foschia

     La Bassa sa di foschia densa e di salumi appesi. Di concime nei campi e di racconti. Da Bertolucci a Bevilacqua, da Guareschi a Zavattini, il senso di appartenenza a quella terra trasuda tra le pagine sino a contagiare la letteratura universale.

    Mi piace pensare, non senza una punta di patrio orgoglio, che anche un giapponese o un francese abbiano sorriso scorrendo i moniti del crocefisso parlante di don Camillo, o che abbiano socchiuso gli occhi immaginando saltimbanchi dinanzi a una sognante luna leggendo Bertolucci.

    La mia convinzione non è supportata dalla Penna che deve scrivere la prefazione: si dicono un po’ di frottole, la si ingigantisce e ci si becca un grazie commosso dall’amico cui hai fatto il piacere di introdurre il suo lavoro. Scrivo invece questo perché credo che la letteratura, non solo nazionale, sia contaminata dai sapori di quel Grande fiume che divide la terra fertile, dalle risate dei contadini stanchi dopo una giornata nei campi, dai venti che superano i monti e regalano gusti e sensazioni, dai profumi dolci del vino mosso e di quelli più intensi della stagionatura, dai giochi poco innocenti tra scollature prosperose di donne vivaci.

    I racconti di Rosalba sono un tuffo nella sua Terra, delle piacevoli finestre su un mondo che si preserva antico perché sincero e costruito su emozioni genuine. E la genuina onestà pare una dote in costante caduta libera nelle speciali classifiche taroccate del vivere moderno. Leggendo ci si siede a tavola felici con tabacchine dalle dita ingiallite a furia di lavorare le foglie, si condivide orgogliosi un bicchiere di vino e un racconto. Se poi si tratta di un racconto scritto con maestria e sentimento lo si apprezza ancora di più mentre la nebbia, fuori nella Bassa, avvolge uomini e cose smorzando i rumori. Rimangono solo le storie, capaci di emergere dal silenzio e dalla foschia; importanti come ogni storia capace di incidere in maniera indelebile la memoria. Perché tramandare memoria è un dovere primario per ogni appartenente alla cosiddetta società civile.

    Chissà se mai un giorno, un giapponese o un parigino leggeranno ciò che hai scritto, Rosalba.

    Io l’ho fatto e sono fiero delle tue parole.

    Marco Buticchi

    La fola

    Perché le favole iniziano tutte con c’era una volta?

    Perché per quanto la vita andando avanti migliori, i ricordi di bambino rimangono tutti rosa contornati di dolcezza e glassati di dolce nebbiolina. E sapete perché? Perché l’animo del bambino ha ancora la purezza che si scrosta inesorabilmente col passare del tempo.

    Due fotografie ingiallite fanno da cornice ai miei ricordi di bambino, forse foto sbagliate, forse prove sbadate di un gioco meraviglioso e magico. Eppure in due fotografie si racchiudono tante parole non scritte e tante  immagini non scattate. La prima ritrae mio nonno arrampicato tra i ciliegi. La seconda mostra una bicicletta con le ruote in aria, solitaria e forse inservibile, in una stanza che pare una soffitta trasandata e che invece è la camera da letto di mia nonna vecchia alla quale, al tempo di quelle foto, davo del voi e alla quale ancora oggi nei miei pensieri porgo la stessa deferenza.

    Allora…

    C’era una volta,

    non troppo lontana, non troppo vicina, un nonno che raccontava favole e filastrocche ad una schiera di nipotini che si scordavano tutto il mondo pur di ascoltarlo.

    Non c’erano né castelli né boschi incantati, ma solo una vecchia stalla riscaldata dal fiato delle vacche, enormi mucchi di neve candida di fuori e sogni da afferrare con le mani della fantasia di dentro. C’era però la foschia da cui apparivano tutti i protagonisti delle favole, ma qua la chiamavano fumèra e, se il giorno diceva giusto, non se ne andava al passaggio dell’eroe della favola.

    E di favole e di filastrocche e di detti ce n’era uno per quasi ogni giorno dell’anno.

    Il nonno raccontava mentre intagliava il legno che aveva raccolto nella pioppaia lungo il Po e i bimbi con le loro vocette squillanti urlavano: nonno raccontatemi quella di Sant’Antonio, oppure nonno vorrei sentire quella di San Martino, nonno vi prego ditemi quella di San Giovanni….

    In quasi tutti i ricordi c’è di mezzo un santo perché fra le certezze della vita di campagna c’era che per Santa Caterina si macellava il maiale e che i Santi ti venivano a trovare tutti gli anni nello stesso medesimo giorno.

    Il nonno allora sbucciava un mandarino e ne porgeva uno spicchio ad ogni nipote poi gettava la buccia rugosa sul tiepido focherello ai suoi piedi, di modo che la stalla non puzzava più di stalla e il ricordo di quei momenti diventava profumato agli agrumi.

    Nonno nonno raccontatemi la storia della Merla.

    Il nonno si grattava il barbosso rugoso e faceva finta di non ricordarsela poi interrogava il piccino che gli aveva fatto la domanda:

    La Merla dei giorni della Merla? I più freddi giorni dell’anno? Gli ultimi tre giorni di gennaio?

    E il nipotino annuiva, annuiva concitato perché per fortuna il nonno non aveva dimenticato quella filastrocca.

    In un’era da tempo passata

    La Merla di bianco piumata

    A ogni inverno soffrendo

    Un freddo intenso e tremendo

    A Messer Gennaio chiese

    Di tramutar più mite il mese:

    Ma il Sadico disse contento

    Che non avrebbe posto cambiamento.

    Un anno la Merla attese il secondo mese

    Sperando che finisse il tormento scortese

    Ma il cattivo Messer Gennaio

    Prese tre giorni da Febbraio

    E li rese i più rigidi dell’anno

    Solo per portare alla Merla danno:

    Ma quando la famiglia rischiò di congelare

    Mamma Merla vide un camino scoppiettare

    Allor si posò su quel tepore di pece

    Che le sue piume nere come la notte fece.

    Da quell’anno tutti i merli sono neri

    E quei tre giorni ghiacciano i pensieri.

    E finiva sempre con i bambini che rimanevano a bocca aperta a fissare il nonno che con quella sua voce profonda e un po’ roca, la recitava così bene che raccontata da un altro non era la stessa fola.

    E i bambini non sapevano nemmeno che quella filastrocca, come tutte le altre, sarebbe planata nei loro pensieri nei momenti di sconforto, nei periodi bui, oppure anche senza motivo avrebbe bussato alla porta della

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