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Fiabe e Favole mai raccontate
Fiabe e Favole mai raccontate
Fiabe e Favole mai raccontate
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Fiabe e Favole mai raccontate

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About this ebook

Animali, piante, Principi e Principesse o uomini normali che, a volte con l’aiuto della magia di fattucchiere e stregoni ed altre no, si trovano ad affrontare le più disparate situazioni.
L’amore, l’evoluzione, la diversità, la superbia, l’ingordigia, l’alcolismo, la strafottenza, la forza di volontà, il ciclo della vita, sono solo alcuni dei temi affrontati. Attraverso trasformazioni, incantesimi ed altro, si vuole dare un messaggio, a volte esplicito altre no, ai più piccini, con lo strumento dei racconti più o meno brevi, in alcuni casi seri in altri sbarazzini.
LanguageItaliano
PublisherAlessio Sgrò
Release dateMar 19, 2012
ISBN9788863697636
Fiabe e Favole mai raccontate
Author

Alessio Sgrò

Alessio Sgrò was born in a town in the province of Rome, in 1973. A dreamer, he found himself by mistake, after various adventures, with a law degree and, almost a decade later, he still works in the legal field.In February 2012 he self-published his first book “Fairytales and Fables Never Told”, with thirty-one stories, and six months later, another collection with twenty fables.In particular, in 2012, he self-published in Italian, the fable “Wishing for a Princess”, contained in the first collection, which was later translated into Spanish (2014) and English (2015). In 2013 and 2014, he self-published in Italian, six illustrated fables with various and unusual characters.Alessio Sgrò es un abogado italiano con una gran imaginación que ha escrito muchas historias para los niños. Su primera colección “Fiabe e Favole mai raccontate” se publicó en febrero del 2012, con treinta cuentos de hadas y fábulas, incluyendo la “Princesa de los deseos”, seis meses después publicó la segunda colección, con otros veinte cuentos de hadas. Ahora ha publicado otros cuentos ilustrados y en general ha vendido miles de copias de sus libros electrónicos, recibiendo muchos elogios de los lectores.Alessio Sgrò nasce nel 1973 sognatore e per sbaglio si ritrova, dopo varie vicissitudini, a laurearsi in giurisprudenza e lavorare tuttora, da quasi una decade, nel campo del diritto, ma la sua fantasia cerca sempre di uscir fuori, dando vita ai più disparati personaggi ed a storie incredibili che allietavano sin da piccoli i suoi nipoti.Crescendo collezionava un gran numero di racconti con il sogno di divulgarli, al pari di quelle fiabe che rileggeva infinite volte da bambino, tentando di ritrasmettere le stesse emozioni che provò all'ora, e di far volare nel mondo dell'immaginazione chi ascoltasse le sue storie, dove tutto è possibile.Era da poco maggiorenne e già scriveva, fantasticando su storie di maghi, stregoni che raccontavano ciò che lo circondava, le sue avventure e disavventure, con la metafora delle fiabe o delle favole. Nel febbraio del 2012 auto pubblica dapprima su amazon e poi in tutti gli store on line il suo primo ebook "Fiabe e Favole mai raccontate", con trentuno racconti, a cui seguirà a distanza di sei mesi il secondo, altra raccolta con venti fiabe, con i quali raggiunge un buon numero di lettori.

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    Fiabe e Favole mai raccontate - Alessio Sgrò

    germanico

    1. Pontecorvo e lo scoiattolo

    C’era una volta un grosso corvo soprannominato da tutti gli animali Pontecorvo. Il perché di tale nome derivava dal fatto che permetteva di realizzare una sorta di ponte con le fronde degli alberi; egli, infatti, posandosi su un ramo lo faceva abbassare, grazie al suo peso, tanto quanto bastava per farlo avvicinare a un altro posto dall’altra parte del fiume. In questo modo creava così un passaggio che era molto comodo a tanti scoiattoli del bosco che lo usavano come scorciatoia; così ogni volta che dovevano oltrepassare il corso d’acqua non facevano altro che chiamare il corvo.

    Un giorno, come accaduto tante altre volte, si sentì urlare «Pooontecooorvo mi faresti passare?» e poco dopo si vide il corvo uscire dal suo nido per vedere chi si permetteva di convocarlo, e scocciato rispose «Chi è che disturba il mio riposo?».

    «Sono io» disse uno scoiattolo con voce tremolante «Cortesemente potresti aiutarmi a superare il fiume?».

    «E perché mai dovrei aiutarti?» furono le parole del corvo, che era molto scontroso e non aiutava mai volentieri gli scoiattoli, la sua disponibilità non era mai certa e dipendeva dal suo umore o se gradisse il passante.

    «Perché sei un nostro amico, come tutti gli altri animali del bosco» ingenuamente esclamò lo scoiattolo.

    «Un tuo amico? Ti sbagli di grosso! Io non potrei mai esserti amico, mi sei antipatico e sei pure brutto, e io faccio passare solo chi voglio, e tu non passi». A queste parole lo scoiattolo deluso rinunciò, non fece nemmeno un altro tentativo, se ne andò via amareggiato e sconsolato a prendere il sentiero, con cui avrebbe allungato molto, ma che l’avrebbe portato ugualmente dall’altra parte. Ma quando ancora non era lontano vide degli altri scoiattoli che stavano sul ramo e con suo stupore Pontecorvo vi si posò sopra permettendogli di raggiungere l’altra sponda.

    Infuriato lo scoiattolo corse, in tutta fretta, e raggiunse il ramo dove era ancora appollaiato Pontecorvo «Perché loro li hai fatti passare e a me no, questo non è giusto!» esclamò lo scoiattolo, ma proprio mentre diceva queste parole il corvo fece un cenno con l’ala di passare, sbalordito lo scoiattolo allora si precipitò, non credeva ai suoi occhi, e avanzò, finché a un certo punto SPLAFFF .

    Con un colpo d’ali il corvo prese il volo, il povero scoiattolo che si trovava appena sulla punta del ramo, venne catapultato in aria lontano fino a che non si schiantò su un mucchio di foglie.

    «Aha... aha… aha… te l’ho detto che non ti faccio passare, mi sei antipatico, come te lo devo dire» ridendosela a crepapelle esclamò il corvo.

    Ormai avvilito lo scoiattolo abbandonò definitivamente le proprie intenzioni e cambiò strada.

    Poco tempo dopo in una giornata di pioggia e lampi si udirono degli spari di cacciatori, tutti gli animali del bosco scappavano nelle loro tane per rifugiarsi, tutti tranne Pontecorvo che sceso dal suo albero per procurarsi qualche facile vermiciattolo, non vi poteva fare ritorno avendo le ali bagnate che gli impedivano di volare.

    Lì vicino a Pontecorvo c’era una tana, molto grande, così vi si avvicinò per chiedere ospitalità quando si affacciò il padrone, era uno scoiattolo, anzi, era lo stesso che lui aveva deriso e umiliato sull’albero tempo prima e gli chiese «Ti prego fammi entrare, ho paura ci sono i cacciatori ho bisogno di un nascondiglio per rifugiarmi, altrimenti mi prenderanno».

    «No, no non posso» rispose lo scoiattolo con fare deciso.

    «Perché non puoi, la tana è molto grande c’è posto per tutti e due» disse impaurito Pontecorvo.

    «Io non faccio entrare in casi gli sconosciuti e tu in più mi sei pure antipatico, anzi lo sai che c’è» ricordandosi lo scoiattolo di come era stato trattato «fai quello che sai fare meglio… attaccati al ramo» e lo lasciò lì fuori alla mercé dei cacciatori.

    2. Feniglia

    Tanto tempo fa nell’unico piccolo villaggio di pescatori di una minuscola isola del Mar Mediterraneo, dalle scoscese e impervie scogliere, vivevano un giovane ragazzo con la sua amata, di nome Feniglia.

    I due si conobbero in tenera età e già allora erano molto uniti tra loro e crescendo nacque, sin da subito, un sentimento che li avrebbe tenuti insieme per tutta la vita, legandoli indissolubilmente l’uno all’altra. La giovane coppia viveva del frutto del lavoro del ragazzo, che ogni giorno andava da solo a pescare.

    Ogni volta Feniglia attendeva pazientemente sulla cima più alta di una scogliera il ritorno del ragazzo, rimanendo lì in piedi, anche per ore, sulla ripida roccia, fin quando non vedeva all’orizzonte la barca del suo amore, per precipitarsi nella loro umile dimora a preparare la cena allo stanco lavoratore.

    Il giovane era considerato il più bello di tutti nel piccolo paese di pescatori, con il suo viso squadrato color ebano, dai capelli corvini e occhi di un freddo ghiaccio, tanto che Feniglia attirava le invidie di tutte le donne del villaggio isolano, per aver avuto la fortuna di catturare il cuore di un così aitante ragazzo, dal fisico possente e scultoreo, sagomato dal duro lavoro di pescatore. Nessuno poteva immaginare che tanta beltà sarebbe stata la causa di grandissimi problemi per la coppia e in particolare qualcuno, molto potente, avrebbe posato i propri occhi su tale giovane uomo.

    Un giorno, infatti, come tanti altri, mentre il ragazzo si adoperava a svolgere le solite e faticose mansioni, nella solitudine del mare, dall’alto qualcuno lo stava ammirando.

    «È bellissimo, mai visti simili muscoli su un essere umano» furono le parole che esclamò Venere, la Dea dell’amore e della bellezza, non appena vide il pescatore sulla barca al lavoro tirando su, con la sola forza delle sue braccia, le reti colme di pesci, ne rimase affascinata.

    «Quell’uomo lo voglio per me, solo per me, è troppo bello per una comune mortale… quella bellezza è divina e deve appartenere a una divinità» disse la Dea, con fare supponente, sicura che avrebbe ottenuto, come sempre, quello che voleva.

    Dopo aver meditato ciò, la Dea si mostrò al giovane, il quale rimase all’istante sbalordito e disorientato e non pronunciò sillaba, tanta era la meraviglia di trovarsi davanti ai suoi occhi una Dea, per di più la più bella.

    «Non aver paura ragazzo, sono qui per offrirti il più grande dono che un uomo possa mai desiderare» esordì Venere «Ti offro la vita eterna e tu in cambio dovrai solo amarmi» esclamò di nuovo la Dea sicura della risposta che avrebbe ricevuto, mai nessuno aveva respinto le sue grazie, tanto meno un mortale. Chi mai avrebbe potuto rifiutare simile offerta! Vivere per sempre al fianco della donna più bella del mondo.

    Ma il ragazzo, in modo fermo e deciso, rispose «Mi dispiace o’ mia Dea, mi trovo al cospetto di colei che rappresenta la bellezza assoluta e sono onorato di tali attenzioni, ma non posso accettare, ho già chi amare e lei ama me, la mia vita anche seppur breve voglio passarla con il mio amore Feniglia» a queste parole Venere, furibonda e infuriata come mai era stata, se ne andò via in un sol colpo, svanendo improvvisamente dallo sguardo incredulo del ragazzo.

    «Come ha osato quel misero essere umano, rispondermi in quel modo… Io che sono la Dea più desiderata sono stata respinta! Il bell’ingenuo non sa cosa ha fatto, povero inetto, ma tanto me la pagherà!» farfugliava nei suoi pensieri la Dea.

    Mai Venere subì un simile oltraggio, mai nessuno ebbe la forza e il coraggio di rifiutarla, in che modo poi era accaduto aumentava l’irrequietezza della Dea della bellezza, umiliata e oltraggiata dall’esserle stata preferita una banale mortale. Nessun uomo, divinità o meno, aveva resistito davanti alla sua impressionante bellezza. Ora il giovane avrebbe dovuto subire la sua collera; la Dea non poteva accettare un affronto del genere. E quale vendetta migliore poteva esserci se non scagliarsi contro la sua rivale, pensò Venere. Così fece. Aspettò come tutte le sere che Feniglia si recasse sulla scogliera in attesa dell’amato, e non appena il ragazzo si avvicinò alla costa mise in atto la sua tremenda punizione.

    Sotto gli occhi disillusi del giovane la fanciulla diventò un tutt’uno con la scogliera, immobile nella sua posa era stata tramutata in una fredda pietra.

    «E ora ama pure la tua donna per tutta la vita, aha aha…» esclamò la Dea orgogliosa di aver ridotto in frantumi il cuore di quell’impertinente e ingrato mortale.

    «Ora sai a che cosa si va incontro quando deludi i desideri di una Dea» ripeté Venere.

    Il giovane era disperato, in lacrime, la sua amata Feniglia non c’era più, di lei ora poteva solo ammirare la sua statua di pietra, non sapeva cosa fare, non poteva vivere senza il suo amore, senza le sue carezze e il suo affetto, era pronto a un gesto disperato, avrebbe fatto di tutto pur di riaverla, di poter stare di nuovo con lei, così prese una decisione.

    «Tu mi hai privato della cosa per me più importante al mondo» disse il ragazzo rivolgendosi alla Dea «Ma questo non ti permetterà di avermi, mai e poi mai sarò tuo» e si gettò in mare, e mentre stava annegando pensava «Torneremo di nuovo insieme Feniglia, amore mio, tu apparterrai alla terra,

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