Guardami!
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Guardami! - Vittorio Schiraldi
dopo…
1
Aveva perso sei chili e ormai non usciva dal bagno se non era perfettamente vestita e truccata. Pronta a lasciare una scia di profumo lungo il corridoio mentre si dirigeva in cucina per preparare la colazione. Per fare questo si alzava mezz’ora prima del solito per evitare di farsi attendere. Non sarebbe potuto accadere comunque. Da qualche mese Marco aveva ripreso a correre prima di andare in ufficio e quindi si svegliava molto presto. Si infilava la tuta e si buttava giù per la vallata alle spalle del grande ospedale che avevano costruito di fronte alla loro casa.
Entrando in cucina lo trovò già al suo posto, accanto alla figlia che stava imburrando le sue fette biscottate dopo aver messo la macchinetta del caffè sui fornelli. La televisione era accesa. Sullo schermo scorrevano le immagini di bambini ridotti pelle e ossa davanti alle loro capanne in un villaggio africano. Marco seguì la direzione del suo sguardo, vide a sua volta gli occhi neri e puntuti di un ragazzino che parevano trafiggere la coscienza, e disse:
- Quest’anno se lo sognano il mio otto per mille, visto tutto quello che sprecano in pubblicità…"
- E soprattutto all’ora in cui una persona sta mangiando…"disse Cecilia.
Silvia non fece commenti e portò in tavola la macchinetta del caffè che aveva finito di sbuffare. Marco lo preferiva a quel modo, piuttosto che ricorrendo a quelle capsule che ormai avevano invaso tutte le case. Le gettò un’occhiata. Pareva insospettito dal suo silenzio. Si alzò, fissando l’orologio alla parete di fronte. Sembrava in procinto di andarsene. La sua colazione era sempre frugale. Un paio di fette biscottate velate da uno strato sottile di marmellata al fruttosio, una tazza di tè e infine una tazzina di caffè , naturalmente senza zucchero. Correva quasi ogni giorno, giocava a tennis un paio di volte a settimana, d’estate prendeva il sole sulla spiaggia o in gommone,d’inverno c’ era la vacanza in montagna. Era quindi sempre abbronzato e soprattutto attento a non mettere un filo di grasso in più, costantemente proteso all’inseguimento del traguardo dell’efficienza fisica trasformata nel mito dell’eterna giovinezza alla quale affidare il proprio futuro.
Il telegiornale stava dando notizia degli episodi di corruzione legati agli appalti delle grandi opere annunciando il coinvolgimento di politici e magistrati.
- Basta, ,non se ne può più", disse Marco.
Afferrò il telecomando e spense la televisione. Si versò una tazza di caffè e mentre la sorseggiava guardò Silvia che stava sbocconcellando senza desiderio una fetta di pane tostato, arrossata da uno strato sottile di marmellata. Disse:
- Non hai fame?"
A questo punto Cecilia rise.
- Ma non lo sai che è a dieta?"
- A dieta?"
- Da almeno sei mesi", precisò Cecilia.
- Mi sembra un’ottima idea. Anch’io sto cercando di perdere un po’ di peso…"
Poi Marco si rivolse alla figlia.
- E anche tu non faresti male se ti muovessi un po’ di più… Fare un po’di sport non ti farebbe sicuramente male"
Finì di bere il suo caffè e lanciò un generico a stasera
prima di lasciare la cucina. Un istante dopo tornò indietro e disse. A proposito, mi sono dimenticato di dirti che ho invitato a cena Sandro Borazzi e sua moglie
.
Uscì dalla stanza e mentre recuperava la sua borsa accanto all’ingresso non seppe resistere alla tentazione di cercare la sua immagine nella grande specchiera di fianco alla porta. Era una sorta di rituale col quale, ogni mattina, sembrava voler verificare con soddisfazione la sua idoneità a prendere parte alla vita.
Silvia non aveva ancora parlato e Cecilia la scosse dal suo silenzio dicendole:
- Non ci fare caso. I mariti quando vedono che la moglie ha perso almeno sei chili, ha ripreso a truccarsi e ad andare dal parrucchiere di solito sospettano che si sia fatta un’amante. Papà non ci pensa nemmeno… Quello che devi capire è se si tratta di un eccesso di fiducia o altro…"
- Io direi altro
.
- E invece magari ti vuole bene, anche se fa lo stronzo, come ha fatto poco fa con me… È tipico di ogni narciso."
Silvia si sforzò di sorridere ma preferì tacere. Fino a quel momento si era rifiutata di confidare alla figlia che di quel cambiamento in atto la sola cosa della quale suo padre avesse avuto sentore era l’uso eccessivo della carta di credito in mano a sua moglie. Non si era interrogato però sulle ragioni di quegli acquisti. Glieli aveva soltanto rimproverati come eccessivi. Lei, comunque, non vi aveva rinunciato. Si era limitata a trasferire le sue occasioni di shopping dai negozi del centro a quelli molto più abbordabili del suo quartiere. In tal modo, insieme alla qualità degli acquisti, era calato anche l’importo degli stessi, e Marco si era finalmente acquietato.
Per tanto tempo Silvia si era accontentata di aver trovato un posto discreto nella vita di suo marito ma questo ormai non riusciva più ad appagarla. Da qualche tempo si sentiva come una torcia dalle pile scariche che non riuscisse più a mandare un raggio di luce. O come quel computer, Al della Serie Novemila, nel quale si era riconosciuta una sera che stavano rivendendo in televisione Odissea nello spazio
.
Del film di Kubrik l’aveva impressionata soprattutto la sequenza in cui Al, il computer parlante, viveva una lenta agonia mentre veniva smontato vite dopo vite, parlando con un voce umana che diveniva sempre più fievole mentre proclamava la propria identità, il proprio diritto ad esistere, prima di tacere per sempre.
Quella sera, come tutte le altre, Marco era accanto a lei, sullo stesso divano, ma del tutto incapace di raccogliere quel messaggio disperato che lei aveva fatto suo. Silvia, però, non avrebbe potuto fargliene carico. Se infatti non si era mai ribellata a suo marito, tentando di sconvolgere l’ordine programmato della loro esistenza, allo stesso modo Marco non aveva fatto nulla per metterla fuori uso, come era accaduto ad Al. Si era limitato a smettere di usarla, dopo essersi abituato all’idea di non riuscire più a percepirla.
A volte, infatti, quando la osservava, pareva che non avesse curiosità, domande, attese. Come se non si interrogasse più su di lei per tentare di indovinare i suoi pensieri, chiedendosi cosa l’avrebbe soddisfatta. Non resa felice. La felicità non rientrava più da un pezzo nella prospettiva di entrambi. Al massimo sarebbe potuta entrare nella loro vita come un evento improvviso e miracoloso, una stella cadente trasformata in un sogno mai evocato.
Silvia da qualche mese sospettava che Marco la tradisse con la moglie del suo giovane capo, quel Borazzi, appunto, che quella stessa sera sarebbe andato a cena da loro. Troppa attenzione nel prendersi cura del suo aspetto in una maniera che era diventata sempre più ossessiva, a malapena giustificata col richiamo alle moda e alle esigenze del look.
Silvia aveva quindi la certezza di essere rimasta sola, non come condizione necessaria per tornare in se stessa e rigenerarsi, ma come uno stato di privazione e di abbandono. Lo stesso che aveva avvertito talvolta da bambina quando suo padre, passando a salutarla, si limitava a dirle buonanotte, e spegneva la luce senza aspettare che si addormentasse, negandole ancora per qualche minuto la sua compagnia. Lasciandola ad occhi sbarrati. Al buio. Sola. Come molti anni più tardi avrebbe scoperto di essere. Assolutamente sola. Non trafitta da un raggio di sole, come diceva il poeta, ma dall’indifferenza di suo marito. In una realtà senza luce.
In Silvia, però, si era fatta strada l’idea che non fosse da temere la solitudine ma il trovarsi costretta a dividerla con chi non le apparteneva. Un mondo popolato da troppe donne che si illudevano di riuscire a vincerla sommando la propria a quella di altre donne inappagate. Le stesse che talvolta le telefonavano per invitarla a partecipare a interminabili partite a carte che le rubavano una porzione di vita, irrimediabilmente sottratta ad attese ormai senza più speranze.
2
Quando suonò alla loro porta Sandro Borazzi era solo. Aveva in mano una bottiglia di champagne e la consegnò subito a Silvia. Lei disse:
- Cosa dobbiamo festeggiare?".
- In teoria potremmo anche festeggiare il fatto che mia moglie si stia preparando a lasciarmi. La cosa, però, dipende dai punti di vista".
- Ma dai! A proposito: dov’è Katia?"
- Te l’ho detto, si sta sganciando. Non lo vedi che sono solo?…"
- Avete litigato?" disse Marco.
- Più o meno come ogni volta. E non mi chiedere il motivo perché non saprei nemmeno dirtelo…"
Poi si misero a tavola e finirono per parlare quasi sempre di Katia. Continuarono a farlo, senza mai smettere di bere, quando Sandro Borazzi se ne andò, e loro due si trovarono ad avviare un gioco che diventava sempre più pericoloso. Come certe schermaglie tra coniugi quando non si valuta la possibilità che possano finire in tragedia.
Marco aveva aperto un’altra bottiglia di vino bianco riempiendo ancora una volta i bicchieri di entrambi. Silvia beveva come non faceva da molto tempo. Ad un certo punto le riuscì impossibile frenare le parole e, sforzandosi di sorridere, disse:
- Non sarai per caso tu che l’hai messa in crisi?"
- Ma chi?"
- Katia. Pure Cecilia si è accorta che ha sempre avuto un debole per te
- Ma figurati!"
Marco sembrava ridere di cuore e lei si sentì incoraggiata a continuare:
- Dì la verità: te la sei scopata?"
Marco non ripose alla domanda. Si limitò a schermirsi.
- Ma come ti passa per la mente un’idea simile?"
Questa volta Silvia assunse un tono di voce ancora più complice e tornò a insistere:
- Ammettilo, te la sei scopata il mese scorso quando siete rimasti da soli in mare aperto perché era finita la benzina…"
Ma stai scherzando? Cos’è questo, l’effetto della sbronza?…
Silvia intanto si era resa conto di avere imboccato una strada senza ritorno ma voleva arrivare fino in fondo. Riprese quindi a parlargli tornando a offrire la propria apparente complicità.
- Confessalo, te la sei scopata… Anche perché Katia non aspettava che quello. Ci avrà provato sicuramente…Non è vero?"
Marco bevve un sorso di vino.
- Dai, piantala…"
Silvia bevve a sua volta per darsi coraggio, cercando quindi di blandirlo per indurlo finalmente a confessare.
- Secondo me, sei tu che l’hai messa in crisi. Per questo adesso vuole lasciare Sandro…"
- Invece chissà che ci sarà sotto. E non mi meraviglierei se ci fosse davvero un altro uomo. Sappiamo tutti e due, e lo sa anche Sandro, che Katia è una donna irrequieta"
- Già, irrequieta."
- Lui lo ha persino raccontato a qualche collega in ufficio…"
- Quindi figuriamoci se non ci ha provato con te… Siete rimasti soli per due ore buone in mare aperto, senza che nessuno vi potesse osservare… Naturale che te la sei scopata… Dovevate vedervi quando siete tornati a casa. Evitavate di guardarvi come Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre… Hai presente gli affreschi della Cappella Sistina?"
Marco ebbe un sorriso divertito.
- Macché scopata, appena qualche bacio, una toccatina qua e là,.. una recita insomma, giocando a fare i naufraghi… Niente di più, dai, non ti fare venire strane idee…"
Subito dopo Marco si fece serio. Si alzò dal divano e disse:
- Per stasera abbiamo bevuto abbastanza… Io vado di là, ho ancora qualcosa da fare… E lascia stare certe idee…"
Non sospettava che quelle idee fossero già dentro di lei da un pezzo e forse non se ne sarebbero più andate. Anzi, passata la sbronza, si erano ricomposte in un quadro del quale Silvia tornò a riesaminare ogni dettaglio mentre rigovernava in cucina.
Quando finì ritornò in soggiorno e accese la televisione ma ciò che correva sullo schermo la distoglieva dai suoi pensieri. Allora spense e prese un libro, sapendo che non avrebbe turbato il suo silenzio.
Ripensava a ciò che poteva esserci stato tra suo marito e Katia qualche mese prima in Sardegna , quando a metà dell’estate i Borazzi erano stati loro ospiti. Si chiese quindi se ciò che forse era accaduto avesse in qualche modo contribuito a diradare le attenzioni di Marco nei suoi confronti, soprattutto se quella storia aveva avuto un seguito. Era ancora una bella donna, aveva poco più di quarant’anni ma ormai da qualche tempo Marco non la cercava più nel buio. O almeno lo faceva sempre più raramente, invadendo la seconda metà del loro letto.
All’inizio , tutte le volte che era rimasta in quella trepida attesa che sarebbe andata delusa, Silvia ne aveva sofferto. Invano aveva aspettato la mano che un tempo avanzava verso la sua, offrendo una stretta complice, prima di scivolare lentamente sulla carne facendola sussultare. Poi aveva cominciato a toccarsi da sola prendendo congedo da lui. Succedeva di solito nella vasca da bagno dove cercava tregua prima di addormentarsi, quando i caldi vapori che si libravano nell’aria la trasferivano in una dimensione irreale che accendeva le sue fantasie e riusciva quindi ad appagarla.
Sospettava che in qualche modo avrebbe dovuto reinventare la sua vita ma non sapeva come e da dove partire. Ora ne aveva la certezza e questo pensiero le impediva di continuare a leggere. Richiuse il libro, lo appoggiò sul divano , senza preoccuparsi di lasciare un segno dove aveva interrotto la lettura, si alzò e si mosse pur senza una ragione precisa.
La casa era invasa dal silenzio. Il solo rumore era il fruscio dei lembi estremi della sua vestaglia di seta che sventolavano ad ogni passo, come una bandiera rimasta a presidiare un fortino abbandonato.
Ora Silvia è in cucina. Apre il frigo , recupera uno yogurt alla frutta, si procura un cucchiaino e si siede davanti al piccolo televisore spento. Sarebbe tentata di accenderlo ma non vuole turbare quell’atmosfera di quiete. Vorrebbe smettere di pensare per concentrarsi solo sul vasetto di yogurt, così, cucchiaiata dopo cucchiaiata, lo vuota con insospettata golosità. Poi lava il cucchiaino, lo asciuga con meticolosità , lo ripone nel cassetto, fa sparire il vasetto vuoto nella pattumiera e finalmente riprende a muoversi per casa.
Questa volta soltanto un lieve scricchiolio sul parquet rivela