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Granelli
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Granelli

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About this ebook

Pato è un paparazzo abituato alla bella vita e a saltare da un letto all’altro senza pensare al domani. L’incontro con una donna misteriosa metterà in crisi il suo stile di vita.
Socio è un impiegato delle poste laureato in filosofia che male si adatta agli schemi della società. Un tradimento e la comparsa di una vecchia fiamma lo costringeranno ad affrontare le sue responsabilità.
I due ragazzi, diversissimi tra loro, non possono fare a meno di sentirsi fratelli, legati da un’amicizia nata sui banchi di scuola e cementata tra il biliardo e i video games dell’Eskimo.
Un errore di Pato e l’irriverenza di Socio rompono la routine delle loro esistenze. Uno scambio di foto è l’inizio di un turbinio di eventi che porteranno i due amici a mettere in discussione la loro visione della realtà.
In un momento in cui gli equilibri internazionali sono in profondo mutamento, saranno costretti a confrontarsi con la classe dirigente corrotta e autoritaria che governa la nazione.
I conflitti sociali si intrecciano con le vicende personali, in un domino di avvenimenti che metteranno alla prova i loro valori.
Pato e Socio scopriranno che tutto ciò che li circonda è solo la facciata di un meccanismo di menzogne e doppi giochi che niente e nessuno, forse, potrà inceppare.
LanguageItaliano
Release dateJun 8, 2012
ISBN9788863699241
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    Book preview

    Granelli - Gabriele Romagnoli

    Table of Contents

    Copertina

    colophon

    Frontespizio

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    Ringraziamenti

    Ultima

    © 2012 by Gabriele Romagnoli, Massimiliano Vaccaro.

    L’opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported License. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/legalcode

    Cover by: Alessandro Pedarra

    Contatti: laccumulatore@gmail.com

    ZERO

    Nuvole innocue e clima mite.

    Pato trova più naturale scrivere in terza persona perchè gli è più affine e non vuole snaturare il suo istinto creativo.

    Socio avrebbe scritto tutto in prima persona perché sostiene che aumenta l’empatia tra il protagonista e il lettore.

    UNO

    – Usque tandem Catilina abutere patientia nostra? – L’opposizione chiede le dimissioni del Presidente Esecutivo.

    La sveglia squilla puntuale alle 6,45. Il suo suono è gracchiante, fastidioso. È una sveglia vecchia, ai limiti dell’antiquariato. È la stessa che sua madre ha tenuto sul comodino fin dagli anni settanta. In origine era una radiosveglia ma la radio non funziona più da almeno due anni. Lui non sa per quale motivo continui a tenerla sul comodino e a farla suonare maledicendola. E ogni mattina si ripromette di cambiarla con una nuova, magari una di quelle che proiettano l’ora sul soffitto e danno la situazione meteo. Ma la vecchia continua a troneggiare sul comodino e a fare il suo molesto dovere.

    In realtà quella sveglia non serve: non ha mai dormito fino a tardi e di solito, all’ora dello squillo, è sveglio da un pezzo.

    Infatti ha appena finito gli esercizi del mattino: flessioni, addominali, un po’ di stretching per la schiena e la moka già sul fuoco. Non è mai stato uno sportivo a parte durante l’adolescenza. Negli ultimi anni, poi, era più facile vederlo sul divano o al tavolo di qualche locale piuttosto che in palestra o a inseguire un pallone su un campetto di periferia insieme agli amici. Però, a causa del lavoro, ha dovuto cambiare le sue abitudini perché anche la forma fisica ha il suo peso.

    Attende il borbottio della moka e il conseguente aroma di caffè davanti alla finestra, con lo sguardo perso nel vuoto; forse riflette su quello che dovrà fare durante la giornata o probabilmente si sforza di ricordare un sogno ormai offuscato.

    Ritornato alla realtà, si accorge che manca qualcosa: il seccante suono della sveglia! Ha smesso di suonare ma lui non ha premuto nessun tasto. E presto si accorge anche che non solo manca qualcosa, ma c’è qualcosa che non dovrebbe esserci. Una variabile non prevista.

    – Pato…?

    La voce arriva sommessa e assonnata dalla camera da letto, ma per lui è come se arrivasse da un’altra dimensione. Rimane interdetto in mutande e maglietta davanti alla finestra sperando di avere avuto un’allucinazione uditiva. Devo smettere di bere! si dice assolutamente deciso a non dare peso alla voce sentita l’ultimo coca e rhum potevo proprio evitarlo!.

    – Pato… dove sei? Perché non sei a letto?

    La voce si fa più insistente e meno impastata dal sonno, quasi impertinente. Vuole una risposta, non si accontenterà di un silenzio o di essere ignorata.

    Con circospezione si avvicina alla porta della camera. La distribuzione degli spazi della casa fa sì che lui possa osservarne l’interno senza essere visto.

    Lo sa bene. Lo aveva fatto tante volte quando Anna stava ancora con lui e la voleva guardare ancora a letto mentre lui era già in piedi per prepararle la colazione.

    Cosciente di questa posizione preferenziale getta lo sguardo nella camera da letto e con sua sorpresa scorge un corpo di donna ancora avvolto dalle lenzuola, che gli dà le spalle. Vede solo una schiena nuda di rara bellezza e una massa di capelli corvini armoniosamente distesi sul cuscino.

    E questa chi cazzo è?. Non sa darsi una risposta, non sa chi sia quella donna, non sa perché giace nel suo letto e soprattutto non ricorda che cosa sia successo la sera prima. Deve decidere in fretta se affrontare una conversazione vuota di parole e piena di silenzi imbarazzanti con una donna di cui non ricorda nemmeno il nome o ricorrere a un biglietto lasciato sullo specchio in corridoio seguito da una fuga senza onore, ma almeno senza conseguenze.

    Fedele al suo Io e coerente fino in fondo al suo personaggio, opta per la seconda scelta: scivola silenzioso in corridoio, ringrazia il suo immancabile e patologico disordine che gli fa trovare vestiti in ogni angolo dell’appartamento e sguscia fuori dalla porta dopo aver scritto e attacato allo specchio un biglietto di saluti a suo modo dolce.

    Senza alcun ripensamento, si avvia verso il bar dall’altra parte della strada per fare colazione. La scelta del bar non è casuale e quella mattina lo è ancora meno del solito. Normalmente lo sceglie per la simpatia del barista, le tette della cameriera, le frequentazioni importanti. O semplicemente perché offre la lettura dell’unico quotidiano sportivo in cui si parli della sua squadra di calcio. Ma quella mattina ha un motivo in più: vuole sapere quando la sua sconosciuta ospite leverà le tende e gli permetterà di riprendere possesso dell’appartamento (nonché ufficio)!

    Ordina un cappuccino chiaro, un cornetto alla marmellata e una spremuta di arance. Prende il quotidiano e dopo aver scelto un tavolo defilato dal quale può tenere d’occhio l’ingresso del palazzo in cui vive, si prepara all’attesa. Con il cornetto e le maledizioni tra i denti, continua a lanciare occhiate impazienti verso il portone. Tra un controllo e l’altro, legge con malcelato disappunto che un nuovo acquisto entrerà a far parte della rosa dei giocatori: Luca Variatore, centravanti di dubbie qualità e proveniente dalla squadra rivale della stessa città. Contrariamente ai suoi timori, l’attesa dura pochi minuti, giusto il tempo di finire la colazione e l’articolo relativo alla sua squadra; infatti, mentre sorseggia la spremuta, vede uscire una donna dall’androne del suo palazzo. La riconosce, sa che è lei, qualcosa gli riaffiora dai meandri della memoria. Si muove in modo aggraziato e non sembra affatto male. Questo lo consola: almeno sa di aver fatto bella figura a uscire dal locale la sera prima in sua compagnia.

    Attende ancora qualche minuto per essere sicuro di non sbatterle contro all’uscita dal bar. Paga il conto e si avvia verso casa.

    Rientrato nell’appartamento si guarda intorno, quasi lo vedesse per la prima volta e non gli appartenesse più.

    Aveva contravvenuto a una delle regole del suo personalissimo decalogo: mai permettere a una donna di dormire a casa mia! La fuga non è gestibile: meglio trovare subito una scusa e rispedirla al mittente prima del sonno post-orgasmo.

    Cazzo Pato devi davvero smettere di bere! O almeno non così tanto! Non ti puoi permettere cazzate del genere!. La litania di insulti verso se stesso avrebbe potuto continuare ancora a lungo se non fosse che, attaccato allo specchio, trova un altro biglietto accanto al suo (Se ti svegli a casa mia e non ci sono, se ti alzi e l’unica traccia che trovi di me oltre al caffè caldo nella moka è un biglietto attaccato allo specchio, puoi solo capire e andartene in silenzio. Non rispondermi, non lasciare un’ulteriore traccia di te e ricordarmi l’enormità del mio errore!).

    Legge le poche parole di risposta scritte da una calligrafia tipicamente femminile: Ti ho visto uscire e andare al bar. Va bene così! Torno tra qualche settimana e ti chiamo. Il numero ce l’ho. Buona giornata. Naele.

    Va bene così? Ha il mio numero? Mi chiama? Bravo Pato, stavolta hai trovato la tua Glenn Close di ‘Attrazione Fatale’. Spero tu sia contento.

    È incredulo ai limiti dello sconvolto. Non sa come sia successo, non sa chi sia questa persona, ma almeno ora conosce il suo nome.

    Naele? Ma che nome è? Sicuramente è straniera. Magari è pure senza permesso di soggiorno! Adesso che sa dove abito, torna a farsi viva e inizia a rompere i coglioni.

    Si sforza di dar luce alle ombre della sera prima. Non ricorda la sequenza delle azioni e degli eventi; non ricorda con chi ha parlato e i volti; non ricorda gli odori e nemmeno le parole. Non ricorda nulla!

    In realtà un modo per sapere cosa sia successo almeno a fine serata, ce l’ha: la telecamera.

    Pato sa di essere un egocentrico malato ma è il suo gioco, il suo segreto di cui ha messo a conoscenza solo il suo amico Socio. Gli piace filmare i suoi incontri amorosi. Ama rivedersi per autocelebrarsi e nutrire così il suo ego.

    La telecamera, al contrario della sveglia, è un minuscolo modello ultratecnologico, incastonato in un anta del grosso armadio a specchio. Gliel’ha procurata e consigliata un collega fotografo, nel caso dovesse fare reportage in incognito tipo quelli che vengono fatti dalle trasmissioni televisive di denuncia sociale. In effetti lui ha addotto proprio quella motivazione: meglio che raccontare l’imbarazzante verità!

    Rapidamente toglie la memoria dal mini-aggeggio e la collega al portatile, scaricando il contenuto e premendo immediatamente play. Sente salire un’ansia a lui insolita e si accende senza accorgersene la terza Marlboro della giornata.

    La prestazione non è lunghissima... evidentemente l’alcool era troppo anche per lui. Si rende conto di non avere fatto una gran bella figura rispetto ai suoi standard ma non è questo che riempie i suoi pensieri. È lei che li riempie. È qualcosa di diverso da tutto quello che ha visto e vissuto in precedenza.

    Non si può dire che sia bellissima fisicamente; è stranamente normale, decisamente bassa e il viso non ha i tratti di canonica bellezza che è abituato a ricercare. Il seno è piccolo anche se ben proporzionato, ma la schiena sì, quella è meravigliosa. La schiena, le spalle e il sedere sono armoniosamente uniti in una curva sinuosa e intrigante. Più dell’aspetto fisico, però, a colpirlo sono lo sguardo, i movimenti e la voce. C’è qualcosa di suadente e ipnotico.

    Rabbrividisce e spegne tutto.

    Non ci deve e non ci vuole più pensare.

    Ha scritto che chiamerà ma tanto non lo farà: non lo fanno mai. Nel caso, sarà sufficiente non rispondere ai numeri sconosciuti e il gioco è fatto.

    Ormai sono le 8,30 del mattino.

    Si rende conto di essere in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Recupera la macchina digitale lasciata in corridoio e inizia a scaricare le foto fatte due sere prima al locale Foresta.

    Una delle sue fonti gli aveva passato l’informazione che il bomber Longoni sarebbe stato la guest star della serata e che, visto il soggetto, sarebbe potuto succedere di tutto.

    Infatti il famoso capocannoniere del campionato non lo aveva deluso: si era presentato accompagnato da un paio di ragazze di dubbia moralità, ed era stato protagonista prima di una plateale litigata con i buttafuori e poi di un paio di accenni di rissa: uno nel privè e uno nel corridoio dei bagni, dove si era trascinato completamente ubriaco.

    La rissa nel privè non era riuscito a immortalarla, ma quella del bagno sì. Si compiace di se stesso in attesa della fine del download. Non c’è niente da obiettare; è veramente bravo nel suo lavoro e il giornale pagherà a peso d’oro quelle foto.

    In generale disprezza i paparazzi come lui, ma che ci può fare se gli piacciono gli agi che derivano dai soldi? Lui non è né puro né idealista come Socio che, al contrario suo, non si venderebbe mai per un piatto di lenticchie.

    Socio! Ecco cos’altro si è dimenticato a causa dell’ospite imprevista; le foto per Socio! Gliele aveva promesse per questa settimana e, anche se non è obbligato, non gli va di venir meno all’impegno. Recupera la reflex che ha lasciato nella borsa imbottita e ripete l’operazione di scarico dei dati. Questa volta, però, si tratta delle foto della manifestazione degli studenti contro il Presidente Esecutivo che è rimasto coinvolto nei recenti scandali di corruzione.

    Socio, al secolo Soriano Cipriani Ottavini, unico, introverso e timido rampollo di una famiglia di celebri notai della capitale, sosterrebbe che questi poveri ragazzi sono strumentalizzati e che comunque il futuro non si prospetta roseo. Sì, Socio userebbe frasi più auliche e verbosamente contorte, ma il succo è questo e Pato sa bene come ‘decifrare’ l’amico di una vita.

    Le foto sono state trasferite sulla chiave usb che è pronta per essere spedita tramite posta prioritaria. Certo, sarebbe più comodo e veloce inviarle via e-mail, ma Socio lavora alle poste e dice che gli è più comodo così. La verità è che l’amico è un po’ paranoico ed è convinto che la polizia postale tenga sotto controllo il suo PC e il blog che hanno messo in piedi alcuni mesi fa.

    Sorride e fa spallucce consapevole che Socio è fatto così e ha ormai imparato a non discuterci. Non si cambiano gli amici.

    Gli amici si accettano per quello che sono con pregi, difetti e talvolta paranoie.

    DUE

    Condannato il Presidente Esecutivo. La gente nelle piazze festeggia. Si teme un’azione dei generali.

    Attraverso la visiera del casco scorrono rapide le immagini di palazzi, case, viali alberati, capannoni industriali, campi coltivati. Abbandono la città.

    Ho voglia di fumare. Sosta obbligata al solito tabacchi per due pacchetti di Pall Mall.

    È ormai l’imbrunire quando la strada si infila tra i boschi e comincia a salire. Agisco sulla leva del cambio: seconda, terza, quarta, poi di nuovo terza e via lungo un breve rettilineo fino in sesta; ancora terza, seconda e poi un tornante. La vista si apre su di una vallata. Percorro la piccola strada buia che mi porta a casa. Sento l’umido del bosco e assaporo il profumo di conifere. Parcheggio, spengo le luci e il motore. Il silenzio è rotto solo dal rumore di acqua corrente.

    La chiave fatica a entrare nella vecchia serratura.

    Il fuoco fatica a bruciare con la legna umida.

    Io fatico a dormire.

    Mi giro e rigiro nel letto.

    Penso e ripenso all’ultimo incontro con Elisa.

    «Non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo» delego alla frase di una vecchia canzone la mia incapacità di comunicare. Di fronte a due lucidi occhi scuri che chiedono perdono è l’unica frase che riesco a pronunciare.

    Le sue parole ormai vuote rimbombano nella testa.

    – Dammi un’altra possibilità, ti prego! Io l’ho fatto! Io ti avevo perdonato! Ti prego fallo anche tu. Non ce la faccio a vivere senza di te…

    Forse non mi aveva mai perdonato quel tradimento e voleva mettersi in pari, ma di sicuro siamo giunti all’ultimo episodio di una storia già in frantumi. Non capisco; non riesco a capire perché voglia ancora andare avanti.

    Aveva finalmente azionato il detonatore del cambiamento che ci avrebbe restituito le nostre vite, ma con voce tremul, cerca di cancellare tutto, annullando quel gesto rivoluzionario. Potrei assecondarla per il quieto vivere, per paura di affrontare la sofferenza del distacco. Ci racconteremmo di nuovo la favola della relazione più matura per poi ricadere nelle stesse deleterie abitudini, ma io non ho più la forza di spiegare quello che da tempo è ormai chiaro per entrambi.

    Non dico altro, ignoro le sue lacrime, mi volto e mi allontano. Un passo dopo l’altro, i piedi si muovono sempre più in fretta, la terra corre sempre più veloce sotto il mio sguardo: una pozzanghera, foglie gialle, marroni, terra, erba, fiori. Mi fermo.

    Guardo il cielo.

    Una boccata di aria fresca mi invade i polmoni.

    Mi sdraio sul prato brinato.

    Apro gli occhi.

    Dalle imposte filtrano i primi raggi di sole. Lo stesso suono d’acqua sgorgante ora mi riconcilia con la realtà. La fontana in pietra nel viale sottostante con

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