Gli animali dell'anima mia
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La vita, poi, le offre occasioni di gioia e altre di malinconia, che affronta con tutta se stessa, conoscendo paura e consolazione senza mai arrendersi davvero.
Crescere non è mai facile, il mondo è pieno di insidie, e poi se la malattia ti colpisce tutti i sensi si fanno acuti e stai in bilico tra felicità e tristezza.
La fragilità è il vero nemico e scendere a patti con essa è un lungo percorso.
Sopravvive solo chi crede nella speranza di potercela fare, accettando i compromessi che sono il proprio destino.
Paola, dopo aver sopravvissuto, impara a poco a poco a vivere la vita, cercando di dare un senso al suo disordinato fato. Si rintana in un mondo diverso e migliore abitato da animali e fiabe. La realtà, però, esige sempre più spazio; e anche se da principio la rifiuta perché amara, ne riuscirà ad apprezzare i confini e potrà quindi appropriarsene, forse per sempre.
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Gli animali dell'anima mia - Paola Vergari
anima.
Introduzione
X
D'estate il dondolo si rivestiva con i cuscini e il tettuccio della stessa coloratissima stoffa. Alle prime piogge d’autunno veniva sfoderato e restava spoglio come gli alberi dormienti, nel suo scheletro bianco. Certe volte le giornate erano belle anche se freddine, allora mi ci sedevo così come era, mi piaceva dondolarmi magari sfogliando un librino di fiabe, ma era un tormento, per via della rete fatta da listarelle di metallo sistemate a mo' di griglia. La pelle delle gambe si incastrava e che pizzichi nelle cosce.
A dire il vero, avrei voluto l'altalena, ma i miei genitori non me l’hanno mai comprata, la ritenevano pericolosa: Meglio il dondolo
dicevano, è più rilassante
. Ma io non ero certo una bimba rilassata, anzi.
Le merende tipiche che ci preparava sempre la mia mamma erano semplici e ghiotte: pane e pomodoro struffato, condito con sale e olio; oppure pane acqua e zucchero, o la variante di burro e zucchero o il classico pane e mortadella. Ma la mia preferita era e ancora è (ahimè, la linea è sempre un problema), pane burro e alici. Ogni tanto mia madre cercava di rifilarci pane e marmellata con o senza burro, ma a me non piaceva proprio; tutte le volte facevo così tanti capricci che alla fine mi dava qualcos'altro. Certe volte non c'era niente da mettere sul pane e allora mi facevo preparare il pane con sale, olio e aceto. Quello non mancava mai.
Quando ero piccola, non esistevano le merendine pronte. O per lo meno non ne ho mai viste a casa mia fino a molto più avanti.
Dei bambini del condominio, ero la più piccola e quando gli altri andavano all'asilo o a scuola ci restavo male, li sentivo scendere le scale, aprivo la porta e chiedevo sempre a mia madre di poter andare con loro. A vederli uscire, con il grembiule, il fiocco colorato e la cartella mi veniva la malinconia. Ero l'unica che restava a casa: che rabbia, chissà come si divertivano loro, con tutti i compagni e le maestre che conoscevano di sicuro tanti giochi.
Allora mi rifugiavo nella fantasia. Una delle mie occupazioni più gettonate era osservare gli animaletti che vivevano intorno alla mia casa. Forse proprio per il fatto che restavo sola così tanto tempo, gioivo delle piccole cose.
Arrivò l'ultimo anno di materna e mia madre riuscì a iscrivermi, con mia somma soddisfazione. Mi alzavo prestissimo per andare a scuola. Era ancora la scuola dell'infanzia, ma a me tanto bastava.
Gisella un giorno se ne andò con tutta la famiglia. Partirono per non tornare più. Fu un trauma per me, soprattutto il distacco dalla sua mamma che era anche la mia madrina. Perderla fu una dura lezione: accettare che chi ami possa scomparire dall’oggi al domani. Accettare i cambiamenti che non ti aspetti.
Purtroppo pur continuando a pensarla intensamente non ho mai cercato di riprendere i contatti. Ne avevo paura. Gli anni passavano, ero una donna, cosa mai ci saremmo dette, mi dicevo. Meglio tenere nel cuore i ricordi. Poi, un anno fa, l’incredibile è accaduto, con Facebook. Gisella mi ha chiesto l’amicizia. Sono rimasta per un attimo come nel vuoto. Poi ci scambiammo i numeri di telefono e come farebbero due innamorati cibernetici decidemmo di vederci. Eravamo un poco spaventate, forse di non piacerci abbastanza, ma come era prevedibile fu un successo. Organizzammo un incontro, ma uno di quelli con i contro-fiocchi.
Quando partì, le nostre rispettive mamme erano delle giovani donne di circa trentanni. Erano amiche, di quelle che si vedono tutti i santi giorni, che si confidano tutto, che hanno gli stessi interessi e la stessa visione