Come quella gran culo di Cenerentola
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Book preview
Come quella gran culo di Cenerentola - Silvia Amabile
Silvia Amabile
Come quella gran culo di Cenerentola
Questo libro è un'opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell'autrice o sono usati in maniera fittizia.
Qualsiasi rassomiglianza con eventi, località reali, o persone, realmente esistenti o esistite, è puramente casuale… tranne le amiche!
UUID: 3fa994e8-f261-11e4-81d2-1dc02b2eb2f5
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Ringraziamenti
Quando si giunge alla fine di un cammino, in questo caso si tratta della stesura di un libro, si volge lo sguardo al passato per scorgerne il percorso. Allora ci si rende conto del contributo delle persone che hanno reso possibile conquistare il traguardo, a cui è doveroso esprimere riconoscenza.
Il primo ringraziamento va ad Andrea e Davide, per il supporto morale e la pazienza. A Dalia e Federica per il coraggio dimostrato durante la lettura della bozza, scritta in un italiano piuttosto intricato, riuscendo comunque a trovarla gradevole (troppo buone). Ma il ringraziamento più grande e sentito va a Edoardo Durante per l'editing e i preziosi consigli.
Un grazie a tutti coloro che decideranno di leggerlo e che vorranno lasciare un commento o una critica costruttiva.
Come quella gran culo di
Cenerentola
di
Silvia Amabile
Dedicato a chi crede ancora nell'amore, nell'amicizia e nella realizzazione dei sogni, per farla breve a chi crede ancora nelle favole.
-Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà.
Il Piccolo Principe
Antoine De Saint-Exupéry
I
1999
<<Quand’è che capita, Kit? Quando capita davvero? Con chi ha funzionato? Forse ha funzionato per Maria la secca
? O per Rachel?>> chiese Vivian dubbiosa
<<Ma quelli sono casi particolari, gente matta.>> rispose Kit senza scomporsi.
<<Io voglio solo sapere per chi ha funzionato. Tu fammi un solo esempio di una che conosciamo alla quale è andata bene>>
<<Vuoi un esempio? Vuoi che ti faccia un nome? Vuoi che ti dica un nome insomma?>> le domandò sistemandosi sulla sedia
<<Si, vorrei un nome>> continuò la ragazza concitata <<Uno, uno qualunque. Uno! Me ne basta uno>>
<<Oddio che ossessione sono i nomi.>> sbuffò l’altra massaggiandosi le tempie prima di esordire <<QUELLA GRAN CULO DI CENERENTOLA!!!!!>>.
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Melissa le sorrise <
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II
2009
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Lo squillo del cellulare la fece sobbalzare.
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Era una bellissima giornata. Il sole tiepido di fine aprile splendeva alto nel cielo. Gli alberi, colmi di fiori e gemme verdi enfatizzavano l’affermarsi della primavera. Ginevra in macchina, con il finestrino abbassato, si passava il gloss sulle labbra. Melissa l’aveva vista un milione di volte fare quel gesto, le era così famigliare, eppure si fermò ad osservarla attentamente. Conosceva Ginny, così era solita chiamarla, fin dalle elementari. Si erano subito trovate caratterialmente, e benché fossero totalmente diverse si volevano un bene infinito, si sostenevano nei momenti di sconforto e gioivano per le vittorie l’una dell’altra senza invidia o ipocrisia. Si fermò a pochi passi di distanza. I morbidi capelli biondi, leggermente mossi, ricadevano sciolti lungo le spalle, mentre i grandi occhi verdi dalle lunghissime ciglia scure, risaltavano sulla carnagione lattea. Le dita, affusolate, con destrezza tenevano il pennello che ripetutamente veniva passato sulle labbra piccole, ma ben disegnate. Indossava una camicetta a righine rosa con le maniche leggermente a palloncino. I primi tre bottoni lasciati sapientemente aperti per far intravedere, ma non troppo, il morbido decolté, dove riluceva una sottilissima catenina in oro giallo con una graziosa G di brillantini. Ginevra era sempre stata la più carina della classe, ma non ne aveva mai fatto un’arma di seduzione. In realtà quando un ragazzo le piaceva diventava una vera imbranata, collezionando una dietro l’altra figuracce e gaffe.
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<coso rosso che hai sulla fronte, in mezzo alle sopracciglia!!!>> lo indicò ridacchiando <My little pony. Anzi no …>> osservò sporgendosi dal finestrino per punzecchiarlo con l’indice << … Sembri di più Polifemo>>.
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Strinse gli occhi cercando di rievocare l’episodio.
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Quel giorno le rampe di scale della Sapienza che conducevano all’aula di Psicologia Sociale sembravano più ripide e numerose del solito.
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A CAUSA DI UN PROBLEMA ALL’IMPIANTO DI VENTILAZIONE LA LEZIONE DI PSICOLOGIA SOCIALE DELLE ORE 10:00 SI TERRA’ NELL’AULA 8 AL 4° PIANO, PADIGLIONE B.
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Ginevra e Melissa frequentavano la stessa facoltà, ma avevano preferito indirizzi diversi. La prima aveva optato per un settore scientifico data la sua natura logica e metodica, accentuata da un’irrefrenabile curiosità. La seconda invece, dotata di un’inventiva fuori dal comune, aveva preferito specializzarsi nel settore delle comunicazioni. Scelta che l’aveva portata a far parte dello staff del giornale della facoltà e, ad essere una delle autrici del canale ricreativo dell’ateneo. Entrambe avevano una singolare fantasia che manifestavano in modi e tempi diversi. Considerati i percorsi differenti, all’inizio di ogni anno accademico, si ritrovavano ad organizzare una tabella di marcia che permettesse loro di studiare congiuntamente gli esami in comune. Più che altro, Ginevra pianificava ogni cosa e Melissa, ormai abituata, la lasciava fare.
Al loro arrivo trovarono l’aula gremita e la lezione in corso. I posti a sedere quasi tutti occupati. Entrarono in punta di piedi, cercando di essere invisibili, di fare meno rumore possibile.
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<nude, nude, nude
di acclamazione di un gruppetto laterale.
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Bastò un cenno della mano del professore per far ritornare la calma in aula, mentre le ragazze prendevano finalmente posto.
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La lezione proseguì <<Un’altra esigenza fondamentale è quella di giustificare il comportamento precedente. In determinate condizioni ciò spinge a commettere azioni che potrebbero apparire sorprendenti o paradossali, ovvero preferire le persone e le cose per cui si è sofferto, piuttosto che quelle associate al benessere e al piacere>>
Interessante
pensò fra se Ginevra prima di essere distratta da un fastidioso crepitio di carta. Giratasi di scatto, vide l’amica intenta ad aprire un mini pacchetto di patatine. <
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Al ricordo di quella scena, si lasciò andare sul banco sogghignando, forse un po’ troppo, tanto che il professore l’ammonì.
<> le domandò Rain man
. Ginevra non rispose, ma divenne subito rossa per l’imbarazzo.
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<<Che mi sono persa?>> scribacchiò velocemente sul block notes.
<<Il prof stava parlando dello stato mentale che porta al coinvolgimento del suicidio di massa e, mentre ci mostrava delle fotografie, tu ridacchiavi! >>
<<Perfetto, bel colpo! Adesso penserà che sono una sociopatica>>
<<Perché non è vero? Comunque una cosa te la sei persa>> annotò velocemente, aggiungendo il disegno di una freccia che indicava la porta d’ingresso alla sinistra della cattedra.
Era Edoardo, l’assistente fico del professore. Unica valida ragione per frequentare il corso di Psicologia Sociale. Ed eccolo lì, appoggiato al muro in tutto il suo metro e ottantacinque di splendore mediterraneo. Moro, carnagione scura, occhi verdi e un sorriso talmente bianco e luminoso da far impallidire gli attori hollywoodiani. In aula ormai era un sospiro continuo, la lezione irrimediabilmente compromessa. Il genere femminile presente, di solito, viveva un’esperienza extracorporea, immaginando il giorno dell’improbabile matrimonio da sogno con l’uomo perfetto. Ginevra, alias Miss Harmony, era già al quinto capitolo della saga "Un amore proibito sottotitolato
Il sapore dell’innocenza" Luxury edition. Storia di Lissy, una giovane studentessa perdutamente innamorata di una spia russa, arrivata nel suo paese, sotto mentite spoglie, per sgominare una banda di terroristi infiltratasi all’università, con l’intento di rubare dei documenti top secret di rilievo mondiale. Una storia di amore e passione travolgente consumato in luoghi e situazioni improbabili. Come del resto erano le trame di tutti i suoi racconti.
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L’altra si voltò di scatto. Edoardo effettivamente stava camminando verso di lei fissandola. Che fa, viene sul serio?
pensò con il cuore in gola. Arrivato dinnanzi a loro, poggiò entrambe le mani sul banco. Le braccia forti e abbronzate spiccavano dalla camicia bianca, mentre sul polso, sotto l’orologio, faceva capolino il tatuaggio di un orsetto. Deve essere un tipo tenero
pensò fra se Melissa. Lui Iniziò a scrutarle con occhi penetranti, occhi di una pantera che fissa la preda un’ultima volta prima di avventarsi su di essa, poi con voce sensuale disse: <<Ah regà, state a fa’ un casino! E mo’ basta!>>. Le due si zittirono all’istante. Melissa si girò verso l’amica ormai paonazza, con le labbra piegate verso il basso <
Pochi minuti prima che la lezione finisse, il professore lasciò la parola al suo assistente per un annuncio. <
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Melissa rispose in uno spagnolo ineccepibile <
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La mensa in Via Cesare de Lollis era il luogo, in tutta La Sapienza
, in cui Melissa si trovasse più a suo agio. Inserì la tesserina magnetica nel tornello e senza esitare, entrò nella sala pervasa da profumi deliziosi. Aveva tre grandi passioni nella vita: il cibo, le auto sportive e lavorare in televisione come autore. Ma la prima era senza dubbio quella che le dava maggiori soddisfazioni.
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Che palle, proprio ora
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Lei spostò lo sguardo su di lui per un nano secondo, poi si riconcentrò sul cibo <Ma soprattutto sbrigarti, visto che ho una fame che non ci vedo
Il ragazzo, ritenuto fra i più belli del quinto anno, iniziò a fissarsi i piedi, poi inspirando rumorosamente cercò i suoi occhi <Carogna, quello era mio!
grugnì feroce. <
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L’amica scosse la testa con aria di finto rimprovero, poi le sorrise un’ultima volta prima di alzarsi per andare a prendere la solita insalata scondita.
III
Il venerdì per Melissa e Ginevra era sacro. Si usciva con le amiche. Quella sera sarebbero andate allo Starry sky bar
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Melissa teneva alla sua auto più di ogni altra cosa. Sicuramente più che al suo fidanzato. Aveva una 500 Abarth ss nera opaca, 1.4 16v Turbo t-jet da 160 Cv. Interni in pelle, cerchi in lega da 17 bruniti, con le pinze dei freni rosse in tinta con gli specchietti e lo spoiler. Sul paraurti posteriore, in basso a sinistra, si era persino fatta aerografare, da un amico, la scritta
wild cat". L’aveva vinta qualche mese prima, durante la settimana bianca, allo Jafferau, acquistando lo skipass giornaliero. Appena saputo del concorso, aveva costretto amiche e fidanzato a prenotare nell’alta val di Susa, convinta che il destino le avrebbe assegnato l’ambito premio. A stupor di tutti così andarono le cose.
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<coatta"?>> ridacchiò.
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Il locale inaugurato da sole tre settimane era già diventato tappa fissa di molti giovani romani. Per accedervi bisognava percorrere una lunga scalata in marmo, decorata su ambo i lati da ampolle colme di acqua viola, con all’interno candele profumate alla rosa canina. Alla sommità spiccavano due buttafuori di colore, vestiti alla man in black, con auricolari ed occhiali da sole fascianti. La sala era enorme. L’ambiente elegante, ma informale. Il soffitto formato da una maestosa cupola blu scuro, tempestato di minuscole luci a fibra ottica intermittenti e piccoli cristalli simulavano il cielo stellato. Il pavimento in marmo scuro ospitava divani e poltrone color ciclamino, cui davanti erano posti tavoli in vetro. Ai quattro lati della sala, guide in moquette, in tinta con i divani, conducevano direttamente ai privè. Nonostante la musica assordante, il dj aveva appena messo sul piatto l’ultimo singolo dei Flo Rida Right Round
, Ginevra e Melissa riuscirono distintamente a sentire la voce di Ferdinando che le chiamava.
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Ferdinando, che tutti conoscevano come Freddy, era uno splendido ragazzo di un metro e novanta. Più raffinato, aggraziato e curato di molte donne, sicuramente più di Melissa e Ginevra messe insieme. Guru di moda e stile, frequentava solo i locali più in
della capitale, dove presiedeva le serate più cool. Sempre impeccabile, non di rado, elargiva consigli su trucco e parrucco alle amiche che, pendendo letteralmente dalle sue labbra, lo ascoltavano in ossequioso silenzio. Ovviamente era gay.
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<< … Per fare nuove conoscenze, vero sgualdrinella?>> la interruppe Freddy con fare malizioso.
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Ilenia era stata una loro compagna al liceo. Single convinta da due anni e precisamente da quando aveva beccato Fabrizio, il fidanzato storico, a letto con Robin Hood
. Ovvero con un altro uomo completamente nudo, ma con indosso gli stivaletti e il cappellino verde con la piuma. Il trauma, a detta sua, non era stato il tradimento in sé e neanche che fosse avvenuto con un uomo, ma il vederlo travestito da Lady Marion
, con tanto di cuffietta e calzamaglia. Da quel giorno la poveretta, aveva completamente perso stima e fiducia nel genere maschile, giurando a se stessa che sarebbe morta zitella. Freddy, che talvolta sapeva essere più irritante dello shampoo negli occhi, non perdeva occasione per punzecchiarla, visto che proprio lui, in tempi non sospetti, l’aveva avvisata della sicura tendenza omosessuale del fidanzato. Informandola chiaramente di essere una semplice copertura. Ilenia, nonostante tutto, non si era lasciata abbattere da quell’ episodio. Per reagire, aveva trasformato la passione per i viaggi in un lavoro e, in pochissimo tempo, aveva aperto una piccola agenzia. La Foresta di Sherwood
, giusto per smitizzare l’accaduto. Il destino, o forse non proprio il destino, le aveva fatto trovare il locale perfetto, pagandolo oltre il 30% del reale prezzo di mercato, nella via perfetta. La stessa che l’ex fidanzato percorreva tutti i santi giorni
per recarsi in ufficio, con l’intento di ricordagli tutti i santi giorni
che era un uomo di merda. Grazie sempre alla sua agenzia, Ilenia, aveva organizzato la mega vacanza a Formentera che da lì a qualche mese, il gruppo al gran completo, si sarebbe apprestato a trascorrere.
Dopo un paio d’ore occupate a parlarne dettagliatamente, Ginevra si alzò. <Single ladies
di Beyonce e lui stava già facendo la coreografia, cantando e muovendosi forse meglio della stessa cantante.
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IV
L’ appuntamento era alle 10:00 del mattino di fronte al terminal T3 di Fiumicino, partenze internazionali. La prima ad arrivare, per deformazione professionale, fu Giorgia con l’inseparabile mini trolley d’ordinanza. Tutti si domandavano come facesse a star fuori per settimane intere, con una valigia così piccola. La risposta era semplice, i suoi vestiti avevano pochissima stoffa. Essenzialmente andava in giro, sempre mezza nuda. Anche quella volta non si smentì, indossando un abitino a sottoveste bianco, semitrasparente. La pelle dorata dal sole, faceva risaltare gli occhi color del mare, mentre le lentiggini, quasi come disegnate da un abile artista, le donavano un’aria adolescenziale alla Lolita
. Era sexy, tremendamente sexy, lei lo sapeva e non faceva altro che ostentarlo. Le labbra turgide coperte da almeno quattro strati di rossetto corallo acceso, lasciavano intravedere i denti bianchissimi e, mentre venivano rimpolpate con la quinta passata, giunsero Liliana e Ilenia. La prima con borsone Adidas sulla spalla, short verde militare, maglietta gialla con lo smile, coda di cavallo e l’inseparabile felpa legata in vita. L’altra, indossando un paio di pantaloni larghi di lino color verde acido e una camicetta informe rossa a pois blu. Un cazzotto allo stomaco avrebbe provocato meno nausea. Dopo un paio di minuti fece la sua comparsa trionfale Freddy, o meglio, il set completo di valigie, Louis Vuitton, che lo precedevano. Impeccabile come sempre, indossava pantaloni bianchi di cotone, una camicia della Lacoste verde acqua e mocassini in pelle color cuoio. Tocco chic, un borsalino di paglia bianco. Il tutto, ovviamente, firmato dai più grandi stilisti.
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Il volo fu breve e piacevole, anche se per arrivare a Formentera avrebbero dovuto prendere il traghetto da Ibiza. Freddy invece, sarebbe rimasto li. Trascorrendo la settimana in una fantastica villa sul mare di uno stilista russo emergente. Come una brava mamma chioccia prima di accomiatarsi e lasciare le ragazze al porto, dispensò saggi consigli personalizzati per ognuna di loro.
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La ragazza sentendosi chiamare fece un passo avanti.
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Melissa si avvicinò con fare deciso, abituata alle strigliate dell’amico <
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Mentre Liliana tornava al posto Ginevra si fece avanti senza attendere di sentire il suo nome.
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L’arrivo a Formentera purtroppo non fu dei migliori. Il mare era mosso e Ilenia, anche se abituata a viaggiare, rimise per tutta la traversata.
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<Vomitina" mi deve rovinare il vestito nuovo, cavolo!>> ribatté ancora una volta Giorgia piccata nel vano tentativo di pulire la macchia, con un fazzoletto umido, mentre con passo esitante scendeva dal traghetto. Una volta approdate, si guardarono intorno. Il sole caldo di luglio faceva capolino tra le nuvole, mentre da est cominciava a soffiare una leggera brezza marina. Bianchi gabbiani giocavano tra loro sfiorando le nuvole e facendosi trasportare gioiosi dal vento in visibile aumento. Finalmente
, pensò fra sé Ginevra. Il periodo appena trascorso, aveva visto lei e Melissa protagoniste di lunghe nottate trascorse a studiare per gli ultimi esami che, per fortuna, avevano superato con il massimo dei voti, ed ora stavano per godersi un po’ di meritato relax. L’autonoleggio dove avevano prenotato la macchina, prima della partenza, era a pochi metri dal porto, piccolo, ma caratteristico. Ormeggiati ad ogni molo vi erano yacht di lusso di ogni nazione e splendide barche a vela, da dove giungevano schiamazzi e allegre risate. Ad ogni sbuffo di vento il vestito di Giorgia emanava l’odore nauseante del regalino di Ilenia, tanto che il gruppo inconsciamente l’aveva distanziata di qualche metro. All’entrata dell’agenzia, Melissa e Ginevra presero la parola, per mettere alla prova il loro spagnolo in visione dell’imminente Erasmus. Non potendo noleggiare i motorini come era solito fare dai turisti ospiti nell’isola, erano in cinque ed i vestitini svolazzanti di Giorgia non lo permettevano, optarono per una New Beatle blu decapottabile. Il problema delle valige fu prontamente risolto dal proprietario dell’autonoleggio che si rese disponibile a recapitarle personalmente in albergo, facendosi promettere in cambio, di andare nel suo locale, sulla spiaggia, per l’ora dell’aperitivo. L’Hotel era a dir poco favoloso. L’edificio completamente bianco fregiato di tanto in tanto da qualche pietra naturale, armonizzava perfettamente con il paesaggio circostante, caratterizzato dal verde vivo delle palme e dall’azzurro deciso del mare. Un lunghissimo viottolo in porfido conduceva fino all’ingresso che si affacciava su un’enorme atrio. Il pavimento in legno