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Gli Elementali 2: La spada degli elfi
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Gli Elementali 2: La spada degli elfi
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Gli Elementali 2: La spada degli elfi

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About this ebook

La scoperta dell’esistenza delle magiche creature del bosco, gli Elementali, ha scosso Peter nel profondo. Per la prima volta dal suo arrivo a Forest Glade, sente di appartenere a quel luogo. Ma quando si trova a trascorrere le vacanze nella città in cui è nato, i dubbi tornano a tormentarlo. Può essere amico di creature invisibili alla maggior parte degli umani? E la sua Lucy, sarà ancora lì ad aspettarlo, a desiderare una vita con lui?
Angelica, intanto, parte per una missione importante: ritrovare sua nonna, una grande elfa che vent’anni prima aveva abbandonato il villaggio rinnegando la figlia. Con l’aiuto di Alexia, Angelica deve convincere la nonna a non attuare il suo folle piano, che potrebbe mettere di nuovo in pericolo le sorti delle creature che abitano il bosco... rinunciando a Malphas, l’affascinante demone che le aveva fatto palpitare il cuore.
Ma il villaggio, in assenza di Angelica, è nella confusione più totale... a Peter non resta che partire per un viaggio che lo porterà a indagare sul passato degli elfi, fino alle loro origini.
Un vecchio libro indicherà la via, un anziano signore che sa riconoscere la vera natura delle creature li aiuterà, un’antica spada decreterà le sorti del villaggio... gli Elementali sono tornati per un’altra emozionante avventura!

Saga "Gli Elementali"
1) Insieme verso la libertà
2) La spada degli elfi
3) L'amore non si arrende
La serie è conclusa e disponibile in ebook e cartaceo!

Illustratrice delle copertine: Elisabetta Baldan
LanguageItaliano
Release dateMar 6, 2015
ISBN9786050362572
Gli Elementali 2: La spada degli elfi

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    Gli Elementali 2 - Jessica Maccario

    La spada degli elfi

    Jessica Maccario

    Copyright © ed. marzo 2015 by Jessica Maccario

    Sito: http://jessicamaccario.wix.com/jessicamaccariobooks

    © Copertina a cura di Elisabetta Baldan

    Sito: https://www.facebook.com/ElisabettaBaldanDigitalArt

    Tutti i diritti sono riservati, incluse la riproduzione e la traduzione di parti o dell’intero testo, in ogni forma.

    Questa è un’opera di fantasia. Tutti i personaggi e gli avvenimenti descritti in questo romanzo sono il frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.

    Per aver condiviso questa e molte altre fatiche, uno speciale ringraziamento a Eva Fairwald e Manuela Dicati, due autrici che mi aiutano e mi sostengono sempre: grazie perché leggete ciò che scrivo e siete sempre piene di preziosi consigli. Ho molto da imparare da voi.

    Nota dell’autrice

    Se siete arrivati qui, quasi sicuramente è perché avete letto il primo libro della serie. Se vi ho incuriositi abbastanza da continuare la lettura, vi ringrazio e mi auguro di riuscirci anche con questo.

    In questo romanzo proseguono le avventure di Peter, Angelica e dei loro amici: le creature del bosco sono pronte ad affrontare altri pericoli, a trascinare il povero Peter nei guai e a insegnargli qualcosa di nuovo. Forest Glade con il suo magico bosco vi aspetta...

    Se invece siete qui per caso, sappiate che leggere il secondo libro senza saper nulla del rapporto tra Peter e Angelica, e del modo in cui Peter si è affacciato per la prima volta a questo mondo, potrebbe lasciarvi confusi perché il romanzo riprende molte cose dette nel primo. Se volete cominciare dall’inizio la serie, potete trovare il primo volume, intitolato Insieme verso la libertà (edito da Bibliotheka edizioni), come e-book nei principali siti on-line (amazon, kobo, ibs, ecc). Il cartaceo è ordinabile su ibs, lafeltrinelli, il sito dell’editore o da me direttamente. In tal caso potete contattarmi sul sito:

    http://jessicamaccario.wix.com/jessicamaccariobooks.

    La serie sarà composta da tre libri, più un probabile quarto ambientato una decina di anni dopo la fine del terzo.

    Alla fine del romanzo, ho inserito un elenco dei personaggi con alcuni accenni generali, visto che man mano che la serie prosegue, aumenta il numero dei personaggi presenti: se non vi ricordate più chi sono, se è passato troppo tempo da quando avete letto il primo libro o se semplicemente siete spinti dalla curiosità... cercate il capitoletto a fondo libro!

    E ora, pronti a cominciare? Buona lettura!! :)

    Prologo

    3 agosto

    Il fumo avvolse il villaggio, dandogli un’aria spettrale. Peter sentiva un odore nauseabondo, ma sapeva che quelle percezioni non erano davvero sue. Era solo un osservatore esterno.

    Si girò sotto il lenzuolo soffocante colpendo con la gamba un oggetto, a malapena lo udì cadere a terra. Anche se fisicamente era in un comodo letto, la sua mente si trovava in un altro luogo. Vedeva il falò a poca distanza, ma stavolta nessun elfo vi ballava attorno. La legna e le foglie secche bruciavano, emanando un forte fetore acido. Cercò qualche indizio che lo aiutasse a capire dove fossero finiti gli elfi. Nulla, soltanto quella nebbiolina densa... erano scomparsi tutti. Il bosco era circondato dall’oscurità e non si vedeva alcuna lucina; se gli elfi fossero stati lì vicino, avrebbe notato il bagliore emanato dal loro corpo.

    Venne preso dal panico, mentre il freddo s’insinuava sotto i vestiti e i brividi di paura gli facevano accapponare la pelle. Dov’era la sua Lucy? E Angelica, che per anni aveva nascosto di essere per metà elfa proprio a lui, il suo migliore amico?

    L’acqua del fiume scorreva tranquilla, nessuna ondina stava saltando tra i flutti, forse erano tutte nascoste sott’acqua. Forse percepivano il pericolo imminente.

    Tentò di urlare, ma sapeva che nessuno avrebbe udito la sua voce: era Angelica ad attrarlo inconsapevolmente nei posti in cui si trovava quando era preoccupata per qualcosa; avrebbe potuto richiamarlo anche in caso di bisogno, ma pur di non metterlo in pericolo Peter era certo che avrebbe fatto di tutto per cavarsela da sola.

    Era ormai disperato quando sentì un rumore dietro di sé. Guardò verso le capanne, le intravedeva appena; si mosse in quella direzione e all’interno riuscì a scorgere dei leggeri bagliori. Eccoli, stavano dormendo. Delle figure così minute, così fragili, eppure così forti. A contatto con la terra, dormivano sereni.

    Non c’era nulla di cui preoccuparsi, poteva tornare a...

    Dei leggeri bisbigli attirarono la sua attenzione. Guardò oltre il fiume e lì vide due figure abbracciate: riconobbe all’istante Angelica, ma il ragazzo non era Malphas, il demone che frequentava da qualche settimana. Erano in versione umana e a malapena distinse la figura dell’elfo che aveva visto spesso in compagnia della sua amica.

    Si avvicinò alla sponda, giusto in tempo per sentire le ultime parole di Angelica.

    ...perciò devo trovarla, capisci? È mia nonna e, anche se ha scacciato mia madre dalla sua vita, non può far finta che io non esista. Ho bisogno di sentirmi ancora parte di una famiglia.

    Siamo noi la tua famiglia replicò il ragazzo con tono malinconico e, intuì Peter, rassegnato.

    Angelica abbassò il capo. Sei l’unico che conosce questa mia decisione e voglio che tu capisca che lasciarvi è molto difficile per me, soprattutto in questo momento. Ma non posso più aspettare: ho bisogno di cercarla e di avere spiegazioni sui dubbi che mi tormentano. Galanìr, devi promettermi che non riferirai niente a nessuno!

    L’elfo sembrava combattuto, tentennò un istante a rispondere. Peter si spostò in una posizione migliore e grazie alla luminosità della luna riuscì a distinguere le lacrime silenziose sul viso della sua amica.

    Ma, mia dolce Aranel, cosa dirò agli altri elfi? Saranno tutti preoccupati per la tua scomparsa e vorranno venire a cercarti...

    L’unico che s’infurierà davvero sarà Malphas – mormorò Angelica – ma è un viaggio che voglio intraprendere da sola e tu sei l’unico che può capirmi.

    Hai ragione – ammise l’elfo con tono affettuoso – ti capisco benissimo. So cos’hai provato e cosa si nasconde in fondo alla tua anima. Stai attenta e buona fortuna.

    Angelica gli sorrise tra le lacrime e prese la sua testa tra le mani per lasciargli un leggero bacio sulla fronte.

    Galanìr ricambiò commosso, nascose la mano in tasca e un attimo dopo le porse una collana. Queste perle hanno superato tante generazioni, si sono rafforzate molto. Sono convinto che abbiano veramente dei poteri e voglio che sia tu a tenerle.

    Gli occhi celesti di Angelica si spalancarono sorpresi. Oh Galanìr, io non...

    Non rifiutare, per favore! È l’unico oggetto al quale mi senta legato. Se tu ti trovassi in pericolo... non voglio nemmeno pensarci, ma io lo saprò e correrò da te.

    Grazie sussurrò Angelica accarezzandogli dolcemente una guancia. Abbassò la testa mentre l’elfo le infilava la collana attorno al collo. Quando la rialzò le lacrime luccicavano ancora nei suoi occhi, ma nel suo sguardo c’era una determinazione che Peter non aveva mai visto fino a quel momento. Nessuno sarebbe riuscito a fermarla.

    Capitolo 1

    Da mezz’ora Peter era sveglio, ma ancora non riusciva a tranquillizzarsi. Si era vestito ed era sceso dal letto, eppure continuava a essere tormentato dalla preoccupazione. I fratelli minori l’avevano udito agitarsi nel sonno e dopo alcuni scossoni erano riusciti a svegliarlo, ma da quel momento in poi non aveva più avuto tregua. La sua mente era piena di domande senza risposta: per quale ragione si era riattivato il collegamento con la mente di Angelica dopo settimane che non accadeva più? E lei, dove diamine stava andando? Perché aveva nascosto le sue intenzioni al resto degli elfi e al demone che amava? E infine... perché quel Galanìr l’aveva chiamata Aranel?

    Come ogni mattina ormai da cinque giorni, Peter seguì la sua famiglia in spiaggia. Il sole splendeva nel cielo e alle dieci e mezza era già scottante. Si era riempito di crema solare con la speranza che la pelle non diventasse di un rosso porpora e venisse protetta dai raggi nocivi, cosa che a Forest Glade non faceva mai.

    Nicolò ed Evan, i due gemelli, stavano già correndo a piedi nudi sulla soffice sabbia bianca e si spintonavano a vicenda per raggiungere l’ombrellone che avevano affittato per quella settimana di vacanza. I genitori posarono a terra le borse e si sedettero sui lettini. Non erano mai stati così sereni: passeggiavano mano nella mano sul lungomare, si fermavano a comprare souvenir per gli amici, chiacchieravano con persone che non vedevano da anni e osservavano i bambini giocare con molta più pazienza di quanta ne avessero mai avuta a casa.

    Soltanto Peter sembrava sentirsi di troppo: non riusciva a godersi del tutto quella sensazione di pace. Aveva creduto che il ritorno l’avrebbe aiutato a scacciare i fantasmi che lo seguivano ormai da anni, invece in quella spiaggia la tristezza continuava a perseguitarlo. Gli mancava terribilmente Lucy e sempre più spesso si chiedeva a cosa fosse servita quella lontananza forzata. Stranamente, nemmeno vedere il mare l’aveva rincuorato: da piccolo amava tuffarsi in acqua, adesso riusciva a pensare solo a ciò che aveva lasciato. Soltanto ora si rendeva conto di quanto fosse affezionato al paese in cui si era trasferito a nove anni. Per lungo tempo si era isolato, spesso l’aveva detestato, e ora... Ora capiva che Forest Glade era la sua casa.

    E poi gli mancavano i suoi nuovi amici. Se fosse stato al villaggio, avrebbe potuto vedere come stesse procedendo la ricostruzione delle capanne degli elfi. Ma, più di tutto, desiderava esercitarsi nel suo elemento senza essere disturbato. Da quando la sua comunione con l’aria era divenuta più forte, aveva completamente allontanato la paura di volare e non vedeva l’ora di potersi allenare nel bosco, lontano da sguardi indiscreti. E soprattutto lontano dallo sguardo dei suoi genitori. Adorava vederli felici insieme, ma certo non avrebbe potuto svelare nulla a loro delle scoperte fatte durante l’estate...

    Peter, vieni!

    Andrea, il fratello di nove anni, in quel momento era seduto su un asciugamano che raffigurava Sulley, il mostro del cartone Monster & Co.. Peccato che gli unici mostriciattoli che avesse mai amato fossero gli insetti del giardino... non era tipo da passare le ore davanti al televisore.

    Che succede?

    Guarda, potrei aggiungere quell’animale alla mia collezione! Sai cos’è?

    Peter guardò verso il punto indicato e sobbalzò. È un piccolo granchio, ma non mi sembra una bella idea metterlo insieme ai ragni, alle coccinelle e ai girini che allevi!

    Perché no? protestò Andrea sporgendosi un po’ e guardandolo affascinato. Allungò le dita per toccarlo, ma Peter lo fermò con un colpetto alla mano.

    Non credo che gli piaccia essere toccato dagli uomini, perciò evita di avvicinarti troppo okay?

    A me sembra inoffensivo ribatté Andrea poco convinto.

    I granchi usano le chele per difendersi, vedi? Come prima reazione penso che cercherebbe di afferrarti il dito per liberarsi. Forse, anziché raccogliere tutti gli animali che trovi, potresti scrivere su un quaderno le caratteristiche di tutti quelli che vedi suggerì sedendosi vicino a lui.

    Andrea rifletté un attimo sulla proposta, poi annuì convinto. Potrei anche fare un disegno vicino alla descrizione! Mi aiuti, vero? lo implorò mentre cercava i colori e i fogli che la madre aveva nella borsa.

    A Peter non piaceva particolarmente disegnare, ma gli sembrava una buona idea per trascorrere il tempo. Stava cominciando ad annoiarsi a passare le giornate in spiaggia senza neanche un libro a portata di mano. Perché non si era portato dietro l’ultimo romanzo di Nora Roberts che aveva cominciato prima di partire? I suoi gusti in fatto di lettura non erano affatto cambiati... nonostante l’avventura che aveva vissuto nelle ultime settimane, continuava ad adorare i libri romantici e a disdegnare i fantasy e la fantascienza. Aveva cominciato da poco Luci d’inverno e già lo amava alla follia.

    Puoi iniziare scrivendo la categoria alla quale appartiene ogni animale: il granchio è un crostaceo suggerì.

    Stavano abbozzando il disegno del granchio quando sentirono una voce dietro di loro. Peter la riconobbe subito e si alzò in fretta per salutare la nonna. L’unico aspetto positivo nel tornare in quell’enorme città era rivedere la nonna, che aveva preferito restare nella casa che divideva con il marito prima che morisse. Nonostante si vedessero poco, le era molto affezionato.

    In quel momento indossava un vestito da spiaggia un po’ vecchiotto e con un ventaglio in mano cercava di farsi aria.

    Tutto bene, nonna?

    Solo un po’ accaldata sospirò l’anziana sedendosi con un lungo sospiro sulla sedia pieghevole che si era portata dietro.

    La madre di Peter si alzò dal suo lettino per porgerle un cappello di paglia. Mamma, sei sicura di stare bene? Sono sempre più convinta che dovresti lasciare questa città e trasferirti da noi al fresco...

    È un discorso ormai vecchio, sai che non posso andarmene – ribatté la nonna, poi si voltò verso i nipoti con un sorriso affettuoso – perché non andiamo un po’ in giro per la città oggi? Il mare è bello ma non scappa. Invece, ci sono così tante cose che potreste visitare prima di partire...

    In città il caldo è ancora più soffocante si affrettò a ribattere la madre evitando lo sguardo della nonna, che a sua volta la fissò con rimprovero.

    Senti, Elenie, sono trascorsi tanti anni: la gente ha ormai smesso di parlare del piccolo incidente che hai avuto con quella paziente, non credi? Comunque, volevo soltanto portarvi a fare un giro in qualche museo. Oppure possiamo andare a casa mia. Non capisco perché tu non voglia venirci.

    Possiamo andare a trovare nonno al cimitero? chiese Peter implorante. Anni fa era troppo arrabbiato per partecipare al funerale, c’era troppo dolore accumulato, ma adesso sentiva il bisogno di andare da lui.

    La nonna gli fece un buffetto sotto il mento. Certamente! Sono sicura che sarebbe felice di sapere che desideri salutarlo.

    Mamma – cominciò Elenie dopo un attimo di esitazione – anche se la gente avesse dimenticato quell’episodio, l’uomo continuerà a incolpare me per ciò che è successo a sua figlia... Il tempo guarisce le ferite ma alimenta i disaccordi.

    Di che stava parlando? Peter non era mai venuto a conoscenza dello screzio che aveva portato la madre ad abbandonare la città; in realtà non pensava che fosse tanto grave.

    Hai agito d’impulso e hai sbagliato, ma non puoi portarti dietro questo peso per l’eternità – la rimproverò la madre – sei sempre stata una brava infermiera e la tua è stata soltanto una distrazione...

    Non è vero, mamma! Pensavo che quella bambina stesse bene e che non avesse bisogno di un intervento urgente. Non ho avvisato gli altri dottori soltanto perché in quel momento la bambina stava riposando tranquilla nel suo letto. Quando è stata male... ecco, io sono andata subito a chiamarli ma era già troppo tardi. Se solo avessi compreso prima...

    Le lacrime luccicarono negli occhi della madre.

    Non era facile da capire – la consolò Josh, il padre di Peter, passandole un braccio attorno alle spalle – è una complicazione che avviene molto raramente...

    Cos’è successo esattamente? domandò Peter confuso.

    La madre nascose il viso tra le mani, così fu il padre a rispondergli.

    La bambina aveva preso la parotite: era stata male a lungo, con febbre alta e mal d’orecchie, ma negli ultimi giorni sembrava che stesse bene. Tua madre si fermava spesso con lei fino a tardi per controllare la situazione, ma aveva stabilito che fosse tutto a posto e che non ci sarebbero state complicazioni. E invece...

    La bambina ha perso l’udito – continuò la madre con tristezza – e il padre ne rimase sconvolto. Mi accusò di non essermene accorta in tempo, di non aver fatto nulla per evitare che accadesse e mi chiese come avrebbe potuto la bimba continuare a vivere in quello stato...

    In realtà ci sono tantissime persone sorde che riescono a vivere benissimo – ribatté la nonna accigliata – la gran parte delle persone sviluppa gli altri sensi in un modo sorprendente.

    Quando quell’uomo mi aggredì fuori dall’ospedale non seppi cosa fare – raccontò la madre con la voce che le tremava per il ricordo – tuo padre mi disse di denunciarlo, ma avevo paura che lui riuscisse a convincere la polizia che la colpa era stata tutta mia. Ora so che non si sarebbe potuto evitare neanche intervenendo prima, ma in quel momento mi sentii persa: ero sicura che mi avrebbero sbattuta in galera e che avevo veramente rovinato la vita di quella bambina. Mi rassicuravo pensando che non fosse morta, ma mi davo la colpa per non aver capito che dietro la sua tranquillità si celava un pericolo ancora più grande. La sordità si è manifestata in modo improvviso e non si può fermare se i vaccini non hanno fatto effetto. Io... ho cercato di spiegargli che era tra le possibili conseguenze della malattia e che fortunatamente aveva una sordità monolaterale per cui con un orecchio poteva ancora sentire, ma l’uomo non ha voluto sentire ragioni...

    Ti ha aggredita?

    Mi ha tirato uno schiaffo e mi ha dato uno spintone... io sono caduta a terra e ho rischiato di spezzarmi il braccio, ma per fortuna era solo una slogatura.

    Che cosa? Peter era incredulo: come poteva averla aggredita senza che nessuno lo fermasse? In un piccolo paese come Forest Glade qualcuno sarebbe certamente intervenuto per aiutarla... ma a Seaside Town vivevano molte persone, era possibile che non si sentissero in dovere di occuparsi di chi non conoscevano.

    L’uomo era impaurito – cercò di giustificarlo lei, anche se il dolore trapelava dalla sua voce – la bambina aveva delle grandi difficoltà a riconoscere da quale parte provenissero i suoni. Era ancora molto piccola e lui pensava che la sua vita sarebbe rimasta sconvolta da questo fatto.

    Non è una giustificazione – ribatté il padre dando voce ai pensieri di Peter – è stato crudele da parte sua prendersela con l’infermiera che ha seguito con tanto amore la bambina! Io ti ho ammirato, tesoro. Se fossi stato lì con te probabilmente l’avrei preso a botte...

    E non avresti risolto nulla – intervenne la nonna – lui avrebbe dovuto ascoltarti, mia cara. Ma non tutti reagiscono allo stesso modo... purtroppo alcuni sfogano con la violenza le loro paure.

    Peter ripensò alla guerra che avevano combattuto appena una settimana prima. Gli sembravano trascorsi dei mesi da allora... Avevano sbagliato a combattere anziché cercare di risolvere la questione a voce? Lodovico ci aveva provato...

    Cos’è successo alla bambina? È guarita? s’informò Peter.

    Non è possibile guarire del tutto – mormorò la madre – ma i miei colleghi hanno avviato subito una terapia. Non so cosa sia successo dopo quel momento, perché ho chiesto subito il trasferimento. Non volevo più rivedere quell’uomo perché avevo paura della sua aggressività. Così ho preferito fuggire.

    Saresti dovuta restare per dimostrargli che tu eri dalla parte della ragione dichiarò la nonna.

    Mamma! Quell’uomo mi aveva picchiata. Ero troppo impaurita per rivederlo...

    Io sono dalla tua, tesoro sussurrò il marito nel suo orecchio.

    La voce della nonna si addolcì, anche se continuava a essere risoluta. Hai ragione, bambina, ma non sei curiosa di sapere come sta adesso?

    Peter era sempre sorpreso quando sentiva la nonna chiamare sua madre bambina, perché non riusciva a vederla come tale. Ma, in quel momento, il suo viso era talmente spiazzato che metteva tenerezza anche a lui. Quando parlò, la sua voce era debole e malinconica.

    Sono passati così tanti anni... finirei soltanto per farmi del male.

    La nonna accarezzò la guancia della figlia con affetto. Ti sbagli: ti metteresti il cuore in pace nel vedere come vive la bambina. Sono sicura che ormai si sia adattata alla sua nuova vita e che non abbia nessun rimpianto.

    Come puoi esserne certa? E se invece lei e il padre mi odiassero ancora? mormorò Elenie prendendo un fazzoletto.

    Ti assicuro che la bambina è molto serena si lasciò sfuggire la nonna con un sorrisetto.

    E tu come lo sai? esclamò Elenie meravigliata.

    Beh, ecco... diciamo che ero preoccupata anch’io per lei. Visto che conoscevo i vicini di casa di Clarissa, ho pensato che non avrei fatto nulla di male a informarmi da loro su come stesse reagendo alla terapia.

    Oh, mamma... Ci fu un momento di silenzio, durante il quale Elenie si asciugò gli occhi con un piccolo sorriso. Peter stava pensando a come avrebbe potuto comportarsi il padre della bambina rivedendo sua madre, quando all’improvviso i due gemelli corsero loro incontro.

    Nonna Susi! urlarono contenti attaccandosi alle sue gambe. La donna gli arruffò i capelli, poi si voltò pensierosa verso la figlia.

    Perché non proviamo a passare dai vicini che conosco? Magari hanno qualche informazione su di lei.

    Mi piacerebbe rivederla, ma... In quel momento il fratellino che aveva da poco compiuto un anno cominciò a piangere e la madre sembrò sollevata di poter rivolgere la sua attenzione a qualcos’altro. Lo alzò dal passeggino e lo posò sulla sabbia ai loro piedi. Felice di quel cambiamento, Matteo prese un po’ di sabbia nei pugnetti e la lanciò sui piedi della nonna.

    Sei proprio un birichino. Non comincerai a essere dispettoso come i tuoi fratelli più grandi, vero?

    Come i gemelli, vorrai dire, io sono tranquillo – precisò Peter, poi la guardò con grande serietà – nonna, allora mi porti al cimitero?

    Una cosa per volta, caro. Prima dobbiamo risolvere questa situazione di tua madre. Che ne dite di mangiare qualcosa prima di andare?

    Oggi? domandò la madre trasalendo. Peter capì che non si sentiva ancora pronta ad affrontare il passato, ma sapeva anche quanto potesse essere persuasiva la nonna. Infatti, dopo una nuotata veloce nel mare e una doccia fresca sulla spiaggia, li convinse a pranzare in un piccolo ristorante prima di recarsi dai suoi amici.

    Mentre gustava il suo piatto di spaghetti ai frutti di mare, Peter pensò che Lucy si sarebbe trovata molto bene in quel posto: lei viveva grazie alla luce del sole – e lì ce n’era in abbondanza! – e amava l’acqua. Si era chiesto spesso come funzionasse il suo corpo... intrappolava i raggi del sole senza che il calore la scottasse? Ricordava ancora il suo stupore nel sentire il caldo sulla pelle in forma umana. Da come aveva spiegato lei, l’ultima volta che aveva preso forma umana prima d’incontrarlo era stato quando era ancora poco più di una bambina. All’incirca cent’anni prima.

    Il pomeriggio la nonna fece da guida in città, anche se i genitori avevano abitato lì per lunghi anni. Peter ricordava ancora molti posti, ma molte cose erano cambiate da allora. Si sentiva a disagio anche perché la sua attuale abitazione era ben diversa. A Forest Glade viveva in una grande villetta, mentre lì c’erano perlopiù condomini e alti palazzi, con appartamenti che costavano sicuramente di più; la vecchia casa della nonna era una delle ultime case indipendenti che restavano, ma aveva almeno trent’anni. Peter continuava ad alzare gli occhi al cielo a ogni passo che faceva. Ricordava appena com’era vivere in un condominio. Come aveva fatto ad abitare al quinto piano senza una terrazza dove cenare o un prato dove giocare, ma con un unico balcone per godersi l’aria fresca? La sola idea gli provocava un senso di soffocamento. Rammentava che la madre gli ordinava sempre di fare attenzione, di non sporgersi perché era pericoloso e di giocare in casa; era questo che l’aveva affascinato maggiormente quando aveva cominciato a vivere a Forest Glade: la possibilità di avere una grande terrazza tutta per sé dove poter stare solo senza essere disturbato, oltre all’immenso bosco da esplorare. In quella città era prigioniero, mentre a casa si sentiva libero.

    Eccoci dichiarò all’improvviso la nonna fermandosi di fronte a un vecchio condominio. Attraversarono l’atrio e salirono al primo piano, dove c’erano soltanto due porte: il pianerottolo era piccolo e le scale che portavano ai piani superiori piuttosto malconce. Nessun ascensore. Susanna bussò senza tentennamenti e sorrise con calore alla signora che aprì, che li accolse all’interno del piccolo salotto con un sorriso genuino. Non sembrava affatto sorpresa della loro visita.

    Venite, venite avanti, io sono Sophie. Mia nipote non tarderà ad arrivare disse la donna posando sul tavolo un vassoio pieno di succhi e di patatine che aveva già preparato. Si muoveva ancora abbastanza agilmente, anche se era certamente più anziana della nonna, e indossava un grembiule azzurro con qualche macchia rossa, da cui sbucavano due braccia un po’ grassocce coperte da una leggera maglia nera.

    Sua nipote? ripeté Elenie lanciando un’occhiata di traverso alla madre. Peter trattenne a stento una risata: e così la nonna aveva già architettato tutto!

    Sì, lei è la zia di Clarissa – spiegò la nonna lanciando alla figlia un’occhiata di scuse – le ho detto che eri molto dispiaciuta per ciò che era successo alla bambina e che ti avrebbe fatto piacere rivederla.

    Sì, ma...

    Oh, Clarissa non è più una bambina! – la interruppe la signora con tono allegro facendo loro segno di accomodarsi – ormai ha quattordici anni ed è sempre in giro. In effetti, è da una settimana che non la vedo, ma oggi ha promesso che sarebbe passata a trovarmi...

    Quattordici anni ripeté la madre di Peter, come incantata. Il marito le prese una mano tra le sue per rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, ma lei sembrava piuttosto spaventata.

    Intanto la signora stava porgendo loro i succhi di frutta e raccontando alcuni ricordi della nipote.

    All’inizio era così spiazzata! Ma con il tempo è diventata davvero molto brava e nessuno si accorgerebbe di quel piccolo difetto se non lo sapesse. Inoltre è una bravissima studentessa, sapete? E adora giocare a tennis. Oh, eccola! dichiarò all’improvviso quando sentì la porta del condominio sbattere.

    Elenie sobbalzò come se fosse stata punta e rimase immobile sulla sedia. Peter, invece, si sporse incuriosito verso la porta d’ingresso.

    Un paio di minuti dopo entrò Clarissa, aprendo spavalda la porta come se quella fosse casa sua. Peter aveva creduto che la ragazza sarebbe stata sorpresa nel vedere tutta quella gente ad accoglierla, invece sembrava abituata a conoscere gli amici della zia.

    Ciao zia Soph! Cosa c’è di buono per merenda? domandò stampando un grosso bacio sulla guancia della zia. Lei rise e le indicò le patatine sul tavolo, che la ragazza afferrò al volo divorandone subito una manciata.

    Quando la ragazza si presentò, Peter rimase affascinato dal fatto che non dimostrasse affatto quattordici anni. Era così alta! Aveva lunghi capelli ramati, lasciati liberi sulle spalle, e occhi marroni con qualche pagliuzza ambrata. Indossava dei pantaloncini corti blu scuro e una maglietta rossa aderente. In effetti, pareva una tipa abbastanza sportiva. Porse la mano a tutti e si gettò sulla poltrona più vicina, rannicchiando le gambe sul bracciolo.

    Ehm – esordì Elenie imbarazzata – e così tu sei Clarissa. Wow. Sei cambiata tantissimo.

    Davvero? Lei è troppo giovane per essere una delle tante amiche della zia che mi hanno vista nascere, poi sono sparite e adesso sono ricomparse per vedere quanto sono cambiata per raccontarlo alle amiche. Almeno, di solito accade così confidò la ragazza con noncuranza.

    Clarissa, non essere maleducata! la rimproverò la zia arrossendo.

    Peter scoppiò a ridere di fronte alla disinvoltura con cui parlava la ragazza e lei lo guardò incuriosita.

    Allora, chi sareste esattamente? Parenti di Susanna? domandò la ragazza lanciando un sorriso alla nonna di Peter. Non doveva essere la prima volta che si incontravano. La nonna annuì entusiasta.

    Ovviamente non ti puoi ricordare dell’infermiera che ti accudì quando avevi cinque anni e prendesti quella brutta malattia, ma lei adesso è voluta venire a salutarti.

    Ah! – gli occhi della ragazza s’illuminarono guardando Elenie – allora è lei che ha tentato di salvarmi.

    Come? esclamò la madre di Peter stupefatta. Anche lui era confuso: ma il padre non avrebbe voluto denunciarla?

    Sono stata io a raccontarle ogni particolare – spiegò la nonna con tono orgoglioso – perché non volevo che crescesse pensando che mia figlia fosse un mostro. È più o meno ciò che il padre pensava all’epoca, ma sono trascorsi molti anni e vedendo com’è cresciuta bene la figlia, il suo giudizio è decisamente cambiato.

    Adesso ringrazia il Cielo che io sia viva, è questo che conta per lui. Per anni ha creduto che io sarei stata molto più libera se avessi potuto sentire con entrambe le orecchie, ma la verità è che ormai mi sono abituata a vivere così. Inoltre, ho fatto parecchie ricerche e ho scoperto che lei non avrebbe potuto fare molto per capire cosa mi stesse succedendo e per cambiare la situazione. Non deve sentirsi in colpa, davvero.

    Le parole della ragazza furono come una pomata curativa per Elenie. Peter la vide sorridere raggiante, più sollevata e meno rigida di prima, come se finalmente si fosse liberata di un grosso peso. Lui, invece, si concentrò sui movimenti di Clarissa: inclinava leggermente la testa verso chi parlava ascoltando con l’orecchio che sentiva ancora, un movimento che le veniva spontaneo.

    Perché non vi unite a noi, domani? – propose la nonna allegramente – pensavo di fare un pranzetto a casa mia, così finalmente i miei nipoti avranno l’onore di vederla. Vi sembrerà incredibile, ma sono nove anni che non ci mettono piede!

    Davvero? esclamò Clarissa colpita. Guardò Peter stranita, forse chiedendosi cosa fosse successo di così grave. Di fronte a quello sguardo, Peter sentì il bisogno di giustificarsi.

    Di solito è la nonna che viene a trovarci. Noi abitiamo a Forest Glade.

    Forest Glade – ripeté la ragazza aggrottando la fronte pensierosa – è tanto lontano da qui?

    Diverse ore di macchina. Cinque o sei, dipende dal momento in cui viaggi. Noi dovevamo partire lunedì, invece domenica notte eravamo già in viaggio, così siamo riusciti a vedere l’alba sulla spiaggia spiegò Peter sporgendosi verso di lei per parlare, senza sapere perché le stesse rivelando tutti quei particolari. I fratelli avevano cominciato a urlare e lui non riusciva nemmeno a sentire le sue parole.

    È un buon posto per andare in campeggio? chiese lei riflettendo.

    Beh sì, c’è un grosso bosco, ma non viene usato molto per il campeggio. Al massimo per qualche pic-nic. Ti piace il campeggio?

    Ho un gruppo di amici che conosco fin da quando ero molto piccola; andiamo spesso in vacanza insieme, verso la fine di agosto. Alcuni sono più grandi e hanno la macchina, ma non siamo mai andati troppo lontani perché poi i genitori si preoccupano. Stiamo un paio di settimane e arriviamo sempre in tempo per la scuola. Non che ami particolarmente andare a scuola, in realtà, anche se sono brava in molte materie.

    In quel momento furono interrotti dalla madre di Peter, che si avvicinò senza più timore a Clarissa. Parlarono per qualche minuto e il calore con cui rispondeva la ragazza mise di buonumore Elenie.

    Quando uscirono dal condominio erano le sei passate. Peter non riusciva a togliersi dalla mente la sua disinvoltura: accidenti, lui a quattordici anni era un imbranato. Non che con le ragazze fosse migliorato molto... ma con Lucy si trovava a suo agio. Aveva bisogno di sentirla, ma purtroppo non era riuscito a convincerla a comprarsi un telefonino. Doveva proprio essere così antica su certe cose? I suoi centoventi anni di elfa e la lontananza dal paese l’avevano portata a vivere come una primitiva, senza conoscere alcun tipo di tecnologia. Così adesso non avevano modo di sentirsi e la distanza tra loro sembrava duplicata.

    Peter sospirò lentamente e si affrettò a seguire il resto della sua famiglia per la città: non vedeva l’ora di scacciare i suoi vecchi fantasmi.

    Capitolo 2

    Angelica stava arrancando per un piccolo sentiero ghiaioso, oscurato ai lati da fitti alberi. C’erano anche delle siepi spinose, che cercava di non toccare tenendosi al centro. L’aveva scelto apposta per evitare d’incontrare qualcuno e fino a quel momento era stata fortunata: aveva visto solo qualche driade che non conosceva, ma nessuna si era fermata per interrogarla sulle sue intenzioni.

    Era partita di notte, mentre tutti dormivano, fidandosi del fatto che Galanìr non l’avrebbe detto a nessuno. Conosceva bene la ragione per cui si era confidata con lui, anziché con Malphas o con gli altri elfi: Galanìr era stato il suo primo ragazzo, il primo a cui aveva confessato le sue paure dopo la morte dei genitori, il primo a cui si era affidata completamente quando era stata troppo spaventata per affrontare il bosco da sola e, soprattutto, lui poteva capirla. Aveva quattordici anni quando la loro storia era finita, ma all’inizio aveva pensato che fosse colpa sua il motivo per cui era scappato. Invece, due mesi dopo, l’elfo era tornato confessandole la vera ragione: era partito per cercare la madre, che da qualche mese era scomparsa dal villaggio. Erano stati tutti molto scossi quando avevano scoperto che l’elfa aveva lasciato il villaggio e nessuno aveva mai capito il vero motivo della partenza, anche se Galanìr sospettava che la madre fosse malata e avesse deciso di vedere l’uomo che amava un’ultima volta. L’elfo era stato avvisato della sua imminente morte tramite la collana che la madre stessa gli aveva dato quando si erano rincontrati ed era partito all’istante. Era tornato da solo.

    Angelica la strinse tra le dita e si chiese se fosse stato un bene accettarla. E se l’anima della madre defunta avesse capito che la collana non era più in mano del figlio e si fosse rivoltata contro di lei? «Sono solo stupide credenze», si disse. Galanìr aveva fatto un lungo viaggio per ritrovare sua madre e adesso toccava a lei: non avrebbe lasciato morire la nonna senza vederla ancora almeno una volta.

    Anche Malphas aveva perso i genitori quando era piccolo, ma era un argomento che affrontava con molta difficoltà. Forse avrebbe dovuto parlargli prima di partire, ma non sapeva se il demone avrebbe capito né come avrebbe reagito: avrebbe voluto accompagnarla? Oppure si sarebbe intristito sapendo che lei voleva partire proprio quando avevano cominciato a frequentarsi più assiduamente? Lo conosceva troppo poco per saperlo, ma al pensiero che il giorno successivo non avrebbe potuto stare tra le sue braccia si fermò. Guardò il sentiero dietro di sé. Poteva ancora tornare indietro e raggiungere il villaggio prima che gli elfi si svegliassero. Oppure poteva andare direttamente da Malphas e pentirsi all’istante di averlo lasciato.

    Strinse i denti e continuò a camminare. Voleva parlarne con Peter, ma lui era al mare. Sia lui che Lucy avrebbero fatto di tutto per impedirle di allontanarsi: il suo migliore amico perché aveva già sofferto una volta vedendola partire, lei perché aveva assunto fin da subito un ruolo materno nei suoi confronti; ne era certa, entrambi avrebbero insistito per accompagnarla. Anche se l’idea la spaventava, doveva fare quel viaggio da sola.

    Con un sospiro guardò lo stretto viottolo che proseguiva ancora per chilometri. Cos’avrebbe fatto una volta giunta a destinazione? Sempre se fosse riuscita a trovare la strada giusta.

    Prese il diario scritto dalla madre anni prima e rilesse ancora una volta il passo.

    «2 agosto 1995

    Mi sento sempre triste, non so come risolvere questa situazione. Steven non confessa nulla, ma mia madre insiste nel dire che continua a vedersi con quella naiade; lei pensa che io sia stupida a lasciarmi trattare in questo modo e che invece dovrei reagire: lasciarlo e scappare con Angelica. Ma come potrei fargli un affronto simile? Lo amo troppo. Mia madre oggi mi ha stupito: mi ha proposto di andare via con lei in un posto che conosce. Si trova sulla prima delle tre montagne che si vedono guardando dal campanile della città verso ovest, imboccando il terzo sentiero fino quasi alla sommità. Questa è stata la sua descrizione, perché non voleva che altri capissero di cosa stessimo parlando: dev’essere proprio un luogo magico se vuole tenerlo nascosto. Ho riflettuto a lungo e l’unica soluzione possibile sarebbe che venisse anche Steven con noi. Ma sarebbe disposto a dimenticare Alida? Non credo, visto che la considera la sua ossessione. Senza contare che mia madre ha un astio profondo per lui e per quelli come lui.»

    Aveva sfogliato a lungo il diario per cercare altre parti che nominassero il luogo, ma oltre a quella bizzarra descrizione non aveva trovato nulla. Il pomeriggio era salita sul campanile e aveva individuato il monte. Era così lontano! Anche se si vedeva bene, ci sarebbero voluti giorni di camminata per raggiungerlo. Forse non era stata un’idea così brillante...

    Si stava riposando cercando di raccogliere la poca luce che filtrava dagli alberi, quando sentì un rumore. Poteva essere qualunque creatura del bosco, ma ad Angelica sembrò di aver udito uno scalpiccio di scarpe. Soltanto gli umani indossavano delle scarpe, no? Oppure un essere in forma umana, che per essere tale doveva averla sicuramente vista. Indecisa su come agire, scelse la via dell’indifferenza: proseguì per un tratto la camminata, poi, quando udì l’ennesimo fruscio, si voltò di scatto e lanciò un tornado di ghiaia in direzione del rumore. Preso alla sprovvista, l’essere misterioso cadde rumorosamente a terra. Angelica si affrettò a tornare indietro e a identificare l’umana che si stava contorcendo: il tornado la teneva stretta come fosse dentro una piccola gabbia.

    Alexia! esclamò sorpresa. Per un attimo desiderò lasciarla dentro quella prigione e andarsene, ma non era da lei comportarsi in quel modo. La liberò riluttante.

    La naiade, che come aveva appreso da poco era la figlia dell’amante di suo padre (quindi una specie di sorellastra), stava tossendo e aveva gli occhi che lacrimavano a causa della polvere provocata dal piccolo tornado.

    Mi dispiace si scusò Angelica porgendole il suo fazzoletto per asciugarsi gli occhi.

    Sono... allergica... alla polvere bofonchiò Alexia facendo un lungo respiro per riprendersi. Poiché aveva il controllo dell’elemento dell’acqua, la richiamò a sé e se la spruzzò sul viso. Quando si riprese la guardò accigliata.

    Accogli sempre così le persone?

    Soltanto quelle che mi seguono di nascosto si affrettò a rispondere Angelica, per farle capire che la sua presenza non era gradita. Dentro di sé, però, si sentì perduta: ormai era stata scoperta! Non avrebbero impiegato molto a trovarla se Alexia avesse parlato.

    Alexia si sollevò da terra con uno scatto fulmineo e scrollò i lunghi capelli scuri per liberarli dalla ghiaia. Poi la guardò incuriosita. Da chi stai scappando?

    Non ti riguarda ribatté Angelica, proseguendo la camminata come se lei non ci fosse. Alexia, però, la seguì fischiettando. Proseguirono per meno di un minuto, prima che Angelica si fermasse furibonda.

    Ti dispiacerebbe lasciarmi in pace?

    In effetti, sì. Ho deciso che non è opportuno che tu prosegua da sola. Allora, andiamo? rispose Alexia con noncuranza.

    Come? – Angelica le si avvicinò con rabbia e le indirizzò uno sguardo determinato – scordatelo, tu non vieni! Comunque non sto scappando da nessuno.

    Davvero? Allora perché sei partita dal villaggio senza salutare nessuno? – ribatté Alexia, ricevendo un’occhiata stupita da parte di Angelica – come lo so? Lo ammetto, ti ho seguita! Quando ti ho vista sul campanile mi sono chiesta che cosa ci facessi lassù da sola e mi sono risposta che sicuramente stavi architettando qualcosa... così ti ho tenuta d’occhio. Ho fatto bene, a quanto pare.

    Non sono affari tuoi.

    Alexia scoppiò a ridere. Ti perderesti nel giro di due chilometri se continuassi da sola. Allora, dove stai andando?

    A cercare mia nonna rispose Angelica irritata, sperando che quella risposta la convincesse a desistere nel seguirla. Invece, Alexia si fece improvvisamente seria.

    Perfetto: adesso i motivi per seguirti sono tre.

    Angelica alzò gli occhi al cielo in segno di esasperazione. Fantastico! E quali sarebbero?

    Allora – Alexia cominciò a contare sulle dita con un luccichio divertito negli occhi – per prima cosa, questa è la mia zona e, siccome la mia fonte si trova a poca distanza da qui, conosco il posto meglio di te; in secondo luogo, sono curiosa anch’io di sapere perché tua nonna non approvasse la relazione tra tua madre e nostro padre: forse il suo giudizio confermerà l’idea che mi sono fatta di lui o forse invece ci farà vedere le cose da un’altra prospettiva. E per finire... non proseguiresti a lungo perché tra due chilometri il tragitto s’interrompe e tu ti troveresti sull’orlo di un baratro. A quel punto non ci saranno altre alternative nelle vicinanze e dovrai tornare indietro. Allora, ti ho convinta?

    Oh – mormorò Angelica stupefatta – beh, potrei saltarlo.

    "Sono contenta che tu abbia così tanta fiducia nelle tue capacità – ironizzò Alexia – ma non riusciresti a spiccare un balzo così lungo, fidati."

    "Aspetta un attimo. Perché dovrei fidarmi di te? Se

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