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About this ebook

La morte di un mite e rinomato Padre confessore dà l’avvio ad una avventurosa indagine, capace di coinvolgere il lettore, accompagnandolo dalle mistiche atmosfere dell’antica Abbazia di padre Osberto, alle turbolenti stra-de di Amsterdam.
Ci sarà l’incontro angoscioso con la mafia e il candore e l’ordine di un Convento di suore, dove la madre supe-riore, suor Ortensia cura il giovane Francesco, vittima di una grave amnesia ma inconsapevole depositario di infami segreti.
Mentre la morte, con la sua ripetuta presenza, porterà il lettore alla cognizione del Male e al dilemma se questi sia assenza di ogni Bene oppure essenza di sé e per se stesso.
Un intraprendente giornalista, con l’aiuto della affascinante dottoressa Elisa Contini, tenterà di affrontare il problema se dal Male può nascere il Bene, perché solo questa risposta potrà aiutarlo ad uscire dall’incubo in cui lo ha coinvolto la pericolosa missione di uno strano Commendatore.
Sull’intricata trama aleggia una inquietante domanda: Chi è l’enigmatico frate che si fa chiamare padre Reden-to?
Nel frattempo incontreremo i mitici ‘camalli’, gli scaricatore del Porto di Genova con i loro micidiali ‘ganci’ e il filosofo Ernesto, umile Bardo che crede nei valori assoluti di un’etica universale.
Ma il compito del giornalista e della seducente dottoressa Contini, finirà solo la sconfitta del Maligno e l’interpretazione di un complicato cartiglio.
Il tentativo del romanzo è di far conoscere, attraverso il pensiero e l’attività del protagonista, come l’intelligenza e la sensibilità, sappiano aiutarci a passare indenni attraverso i più efferati delitti, superando ogni volgarità e violenta scelleratezza e come il Bene trionfi sempre sul Male grazie a valori morali come la ‘docta pietas’.
LanguageItaliano
PublisherOivatto Dream
Release dateNov 29, 2014
ISBN9786050339215
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    Graphite - Oivatto Dream

    OIVATTO DREAM: il mistero del passeggero scomparso.

    L’autore nasce a Genova il 19 febbraio 1938 dove si laurea in Scienze politiche. E’ stato Direttore Generale di importanti Aziende nazionali e multinazionali e brillante conferenziere.

    Vive a Varese con lunghi soggiorni in Costa Azzurra e nelle Dolomiti trentine.

    PROLOGO al mistero del passeggero scomparso.

    La morte di un mite e rinomato Padre confessore dà l’avvio ad una avventurosa indagine, capace di coinvolgere il lettore, accompagnandolo dalle mistiche atmosfere dell’antica Abbazia di padre Osberto, alle turbolenti strade di Amsterdam.

    Ci sarà l’incontro angoscioso con la mafia e il candore e l’ordine di un Convento di suore, dove la madre superiore, suor Ortensia cura il giovane Francesco, vittima di una grave amnesia ma inconsapevole depositario di infami segreti.

    Mentre la morte, con la sua ripetuta presenza, porterà il lettore alla cognizione del Male e al dilemma se questi sia assenza di ogni Bene oppure essenza di sé e per se stesso.

    Un intraprendente giornalista, con l’aiuto della affascinante dottoressa Elisa Contini, tenterà di affrontare il problema se dal Male può nascere il Bene, perché solo questa risposta potrà aiutarlo ad uscire dall’incubo in cui lo ha coinvolto la pericolosa missione di uno strano Commendatore.

    Sull’intricata trama aleggia una inquietante domanda: Chi è l’enigmatico frate che si fa chiamare padre Redento?

    Nel frattempo incontreremo i mitici ‘camalli’, gli scaricatore del Porto di Genova con i loro micidiali ‘ganci’ e il filosofo Ernesto, umile Bardo che crede nei valori assoluti di un’etica universale.

    Ma il compito del giornalista e della seducente dottoressa Contini, finirà solo la sconfitta del Maligno e l’interpretazione di un complicato cartiglio.

    Il tentativo del romanzo è di far conoscere, attraverso il pensiero e l’attività del protagonista, come l’intelligenza e la sensibilità, sappiano aiutarci a passare indenni attraverso i più efferati delitti, superando ogni volgarità e violenta scelleratezza e come il Bene trionfi sempre sul Male grazie a valori morali come la ‘docta pietas’.

    A mio padre e mia madre che mi hanno lasciato troppo presto.

    GRAPHITE ESPRESSO SRL

    CAP 1°

    Il Paese era nato e con gli altri, si era andato ingrandendo sul versante esposto a sud di una bella valle dell'Italia settentrionale. Il soleggiamento era garantito per trecentoventi giorni all'anno e il clima era asciutto e temperato, nonostante l'altitudine di circa mille metri sul livello del mare.

    Ai piedi della valle, scorreva un fiume dalle acque così pulite da costituire, per le trote che vi soggiornavano, un Habitat ideale, infatti come si sa, le trote proliferano solo nelle acque ben ossigenate e prive di inquinamenti e le acque del nostro fiume erano essenzialmente costituite dallo scioglimento dei nevai che solo poche centinaia di metri al di sopra del Paese, ne erano il naturale serbatoio di rifornimento.

    Brevi cascatelle, improvvise anse ed estemporanei laghetti laterali, rispetto al corso principale del fiume, arricchivano il corso d'acqua, tutto circondato da una rigogliosa vegetazione, costituiva un paradiso naturale per i pescatori che ai loro ami bugiardi, nascondevano la letale esca per trote fario o irridate e salmonate.

    Il versante a nord del Paese era ricoperto da una fitta boscaglia, composta, a quote diverse, da abeti bianchi e rossi, da larici che al variare delle stagioni, cambiavano il colore delle loro chiome, da verde poi giallo e infine rosso, per finire completamente spogli, ricamando il cielo invernale con le trine dei loro rami nudi.

    Su in alto, quasi al confine dell'habitat arboreo, gli odorosi mughi ed i poderosi cirmoli, il cui duro legno era ricercato dagli scultori locali che, assecondandone i nodi e le venature, ne ricavavano sculture per i turisti.

    Quando durante l'inverno, la neve ricopriva le cime dei monti, il bosco proteggeva il Paese dalle rigide sferzate ventose mentre d'estate la gentile brezza di monte, portava refrigerio ai villeggianti, con profumi carichi di resinose essenze.

    Il Paese era anche sede di una importante Abbazia che, appena fuori dell'abitato, dominava l'intera valle con la sua severa e imponente costruzione, ricca di anni e di storia, era visitata di continuo da studiosi, medioevalisti, critici d'arte e fedeli: ciascuna di queste categorie, trovava nelle antiche sale e solenni corridoi, abbondante materiale di studio, riflessione e abbandono spirituale.

    Mentre tutti gli abitanti del Paese erano, sebbene in modi e per motivi diversi, affezionati a questa ammirevole testimonianza della cristianità: i commercianti per il giro d'affari che, turisti e studiosi, non mancavano di incrementare, i fedeli, perché vi trovavano rifugio e conforto alle loro angosce quotidiane, anche gli atei non potevano ignorare la fecondità dell'arte antica religiosa e con orgoglio di campanile la ammiravano.

    Ma se tutti erano d'accordo sull'importanza della costruzione, non poca era la confusione a riguardo della sua definizione in quanto taluni la chiamavano l'Abbazia, altri il Monastero e qualcuno addirittura il Convento.

    Ora dobbiamo riconoscere che agli studiosi, ai critici d'arte ed ai fedeli, una precisa definizione importava poco, perché in tutt'altra direzione era rivolta la loro attenzione, il loro stato d'animo e la loro predisposizione.

    Purtuttavia, per rispetto del lettore, riteniamo che sia più giusto, a questo punto, fare chiarezza su alcune cose: le Abbazie si diffusero inizialmente in Francia poi in Germania e in Italia (intorno al VIII secolo), e come per il Vescovato, era intesa come un beneficio assegnato dal re. A seguito della riforma monastica di Cluny, questa si liberò della dipendenza sia dal re che dall'episcopato, per dipendere direttamente dalla Santa Sede.

    Oggi, per Abbazia si intende sia la Comunità che l'edificio da essa abitato, con una caratteristica importante e relativa all'autonomia spirituale e temporale che è nelle mani dell'Abate, assistito da un Priore e dal Capitolo. La costruzione di una nuova Abbazia e la nomina dell'Abate, spetta al Papa.

    Una ulteriore distinzione può farsi fra Abbazia a nullius o meno, a seconda se l'Abbate esercita la sua giurisdizione ordinaria sul clero e popolazione del territorio di competenza, che deve comunque contenere almeno tre parrocchie. Attualmente, risulta all'autore, che in Italia esistono diverse Abbazie a nullius.

    Mentre per Monastero si intende un edificio che ospita una comunità di monaci o monache, ha origine più antiche delle Abbazie, nel senso che i primi Monasteri sorsero in Egitto già nel IV secolo ed erano costituiti da vasti cortili, circondati da spazi coperti. Come accade anche oggi, con l'espandersi degli spazi coperti si vennero a creare anche dei passaggi coperti raggiungendo così dei veri e propri complessi.

    Nel VI secolo i maggiori ordini religiosi cristiani ne fecero delle vere e proprie cittadelle dove venivano trattati argomenti religiosi, economici e culturali.

    A capo di un Monastero c'è un Priore che viene eletto all'interno del Monastero; quando questi è abitato da monache, è retto da una Badessa che il diritto canonico considera superiora maggiore con pari diritti dei superiori maggiori . La Badessa viene eletta all'interno del Monastero ma deve avere oltre al benestare della comunità monacale, anche la conferma del Vescovo, deve essere nata da un matrimonio religioso e legittimo e con almeno 40 anni (30 per gli Abbati) di effettiva professione religiosa.

    Mentre per Convento si intende l'edificio in cui vivono i religiosi degli ordini mendicanti ovvero i francescani, i domenicani, i serviti in contrapposizione alle Abbazie e Monasteri dove vivono i benedettini i trappisti e cistercensi.

    Nel corso della presente scrittura il lettore potrà trovarci mentre menzioniamo, senza distinzione l'Abbazia o il Monastero, ci scusiamo dell'inesattezza, ricordando che nel Paese della nostra storia ha sede una Abbazia con tanto di Abbate e Priore.

    Fu proprio l'esistenza dell'Abbazia che giustificò il fatto che uno dei più importanti quotidiani nazionali, inviò il suo migliore collaboratore con il compito di scrivere una serie di articoli sulla Abbazia, la sua storia e influenza sul pensiero moderno del Paese.

    La meritoria idea fu sicuramente suggerita da una oculata visione di marketing che la vedeva come una buona opportunità commerciale per incrementare il numero delle copie vendute del giornale, arricchito di un inserto senza dubbio interessante.

    In realtà poi l'idea avrebbe avuto un ben maggiore successo, sebbene non previsto dall'editore : scuotere la sonnolenta attenzione del pubblico, soprattutto dei giovani, oggi totalmente mesmerizzati da lenzuolate di banalità, sovente volgari che assecondano un linguaggio ossequiente alla moda colloquiale e giovinastra che finisce per incorporare nella nostra bella lingua le più sguaiate espressioni che spesso ignorano le più elementari regole di etimo e grammatica, facendo così dimenticare la bellezza che anche una Abbazia è in grado di trasmettere: capitelli finemente lavorati, eleganti bifore dalle esili colonne centrali, meravigliosi portali scolpiti con bassorilievi floreali, e certi organi, chi scrive ne ricorda la descrizione di uno di 1250 canne pudicamente nascosto tra l'abside e il transetto di una vecchia Chiesa.

    Il giornalista che fu inviato al Paese, accolse con vera gioia l'incarico, anche perché, destino volle che il comandante della locale stazione dei carabinieri, era un suo vecchio amico, il maresciallo Cafiero. I due amici erano rimasti in contatto non solo telefonico, si erano anche visti in occasione del matrimonio del carabiniere e in quella occasione il giornalista aveva conosciuto la moglie dell'amico: Cristina era una donna originaria di un paese vicino, snella pur senza essere magra, di estrazione borghese, nel significato originale, che sovente oggi si ignora, che cioè fonde insieme, caratteristiche economiche, sociali, culturali, il padre ormai morto era stato medico condotto nel paese vicino, la madre anch'essa defunta, insegnante nel liceo cittadino di lettere e filosofia, mentre lei, Cristina era avvocato e socia in uno studio legale, molto quotato, nel capoluogo di provincia distante circa trenta chilometri dal Paese.

    Cristina aveva un modo di porgersi che sapeva mettere a suo agio ogni interlocutore, era simpatica e spigliata senza mai eccedere nell'uno o altro campo. Era semplice ma sapeva vestire in modo elegante, pur senza dare eccessiva fede alla estrosità della moda, anche quando le capitava di indossare due volte di seguito lo stesso capo di abbigliamento, con un opportuno accostamento di un semplice accessorio sapeva rendere originale il capo precedentemente indossato.

    Il nostro giornalista svolse molto bene il suo lavoro, e ogni servizio che inviava al giornale era ricevuto con soddisfazione dalla redazione... che non gli risparmiava i ben graditi elogi.

    Occorre infatti riconoscere che il giornalista, avendo una solida base culturale, non mancava nei suoi servizi, di citare nozioni erudite, derivate dalla ricca biblioteca dell'Abbazia che contava oltre 1500 volumi, 1000 pergamene, 22 codici per non parlare dei vari incunaboli e le opere d'arte che il nostro reporter non si stancava di ammirare: tele del Procaccini, Volpini e Federico Bianchi.

    Era ormai trascorso un mese dal suo arrivo al Paese e il giornalista aveva già dal mattino precedente, incominciato il giro dei saluti a tutte le persone con le quali aveva avuto occasione di fare amicizia, non solo per via del lavoro che stava svolgendo ma anche per quel bisogno di condivisione che nasce fra persone con interessi comuni: l'Abbate e il Priore dell'Abbazia che avevano messo a sua disposizione una così dovizia di documenti e quanti ancora restavano?... Questo si domandava il reporter, senza sapere che invece non sarebbe partito poi troppo presto.

    Era stato invitato dai coniugi Cafiero a bere l'ultimo bicchiere della staffa ed era contento dell'invito perché quando era con loro, aveva la tangibile conferma dell'amore coniugale, di quell'atmosfera di complicità che lega due persone anche in presenza di terzi e mentre sereno osservava i suoi amici felici, non potè fare a meno di ricordare una bella poesia (gli sembrava fosse da un poema No) giapponese: ... loro erano due nella stanza : lui, lei e la rosa. Lui e Lei erano una sola cosa !

    Anche al nostro reporter sarebbe piaciuto vivere quella magia... e forse un giorno sarebbe anche potuto accadere ma certe ferite sono lunghe a rimarginarsi e a volte una sola vita non basta.

    Dunque sei in partenza? Si ho già fatto i bagagli e disdetto la camera Ma tornerai vero? Magari per un bel periodo di vacanza Why - not

    La conversazione fu interrotta da una telefonata sul cellulare di servizio del maresciallo...doveva essere successo qualcosa di molto grave, quel numero era utilizzato dal solo brigadiere Campanile che poteva chiamare il suo capo in qualunque momento del giorno e della notte.

    Il maresciallo, con il volto preoccupato, andò in camera per indossare la divisa, salutò brevemente la moglie e seguito dall'amico si avviò verso la macchina di servizio.

    Il maresciallo e il giornalista avevano già lavorato insieme in un caso precedente e fu proprio in quella occasione che nacque la loro amicizia, fu quindi naturale che ancora una volta, insieme si apprestassero a raggiungere il brigadiere Campanile che li stava aspettando sul sagrato della Chiesa di san Gerolamo, (detto anche san Girolamo). Era questa la Parrocchia del rione, con una facciata semplice ed un altrettanto semplice portale, sicuramente non suntuosa, forse la più povera Parrocchia dei vari rioni.

    Era situata a metà strada fra la periferia del Paese e l'Abbazia, ed era dedicata a san Gerolamo, scrittore ecclesiastico vissuto fra il 347 e il 420, importantissima la sua attività letteraria, prima fra tutte la versione latina dei Vangeli (la vulgata editio) che è l'unica autentica, riconosciuta dalla Chiesa e anche per la traduzione dell'Antico Testamento dall'aramaico.

    Era la Parrocchia di Padre Celso, al quale spettava dunque, secondo quanto stabilito dal Concilio di Trento (1545) la funzione esclusiva (cioè diritto-dovere) dell'amministrazione della cura delle anime di quanti avevano il domicilio (o quasi domicilio) nel territorio parrocchiale.

    Dunque la Parrocchia era povera e povero il rione dove era ubicata, al punto che Padre Celso non poteva permettersi né sacrestano né perpetua: la cura della sua persona, della Chiesa, compresa sagrestia e canonica erano affidate alle pie donne che a turno cercavano di essere di aiuto al sant'uomo; perché Padre Celso pur non essendo santo, era amato profondamente da tutti, e svolgeva il suo officio con diligenza, serietà e generosità, tanto da essere conosciuto come Padre Confessore: tale sacramento era per lui una vera missione e si diceva che venissero alla Parrocchia di san Gerolamo per farsi confessare da lui ... anche da altre Parrocchie!

    Questo non avveniva perché lui fosse buono, troppo permissivo o facile alle assoluzioni, quanto piuttosto, almeno così si diceva, perché sin dal momento in cui il peccatore si inginocchiava per confessare il suo peccato, si sentiva già libero, prima ancora della assoluzione Sacramentale... era come se il solo riconoscimento della propria colpa, fosse già una purificazione e si attribuiva a Padre Celso, questa capacità spirituale.

    Arrivati sul sagrato della Parrocchia, il maresciallo e il giornalista furono accolti da una confusa moltitudine di persone, una macchina dell'Arma e due carabinieri, guidati dal brigadiere Campanile, cercavano di allontanare i curiosi; una troupe televisiva era già operativa e una delle pie donne , almeno così immaginò il Cafiero, si sbracciava nel dare spiegazioni a destra e a manca: sicuramente era stata lei a scoprire il cadavere.

    E Padre Celso era sicuramente morto ma di una morte che doveva essere stata terribile: era legato ad una sedia al centro della Sagrestia, le braccia tirate dietro la schiena e robuste corde ne legavano i polsi al telaio dello schienale, i nodi erano stati stretti al punto che le corde avevano scalfito la pelle e la carne dei polsi.

    Il torso era nudo e la parte alta della tonaca era stata arrotolata in vita, numerose ferite rivelavano dolorose torture, neppure il viso e il resto del corpo erano stati risparmiati: tagli, ecchimosi e lacerazioni avevano stravolto i lineamenti.

    Alcune lesioni dovevano aver versato molto sangue, che si era poi depositato sul pavimento, formando delle pozze che si andavano raggrumando, altre ferite altrettanto profonde non avevano sanguinato e la pelle, lacerata, pendeva rivelando carne strappata.

    La testa era reclinata sul petto e i capelli divisi a ciocche, facevano supporre, di essere stati violentemente strattonati.

    Chi poteva avere commesso una simile violenza e perché?

    Mentre il maresciallo Cafiero si poneva queste domande, il giornalista, pensoso, si fece sfuggire una diversa considerazione, sebbene appena sussurrata, rivolta più a se stesso che ad altri, che però non sfuggì al carabiniere: Quello che ora mi preoccupa di più è che dobbiamo, quanto prima aspettarci un nuovo efferato delitto, e non sapendo né il chi e il perché, non siamo in grado di prevenirlo.

    Perché parli di un nuovo delitto ?

    Padre Celso è stato ucciso perché era a conoscenza di un qualche segreto, o almeno questo era quello che pensava l'assassino, e una persona come il nostro Parroco, almeno per come ci veniva descritto, l'unico segreto di cui potesse essere depositario, poteva averlo conosciuto solo durante il Sacramento della confessione e sono sicuro che... ligio come era al suo dovere Sacramentale, non lo ha rivelato .

    Come fai ad essere sicuro che non lo abbia rivelato ?

    "Il suo aguzzino se avesse ottenuto ciò che gli interessava, sarebbe stato contento della sua morte e si sarebbe allontanato soddisfatto, invece non avendo ottenuto ciò che gli interessava, è psicologicamente credibile che si sia voluto vendicare su il corpo senza vita di colui che, pur morto, non era stato vinto.

    Avrai potuto notare che le ferite più profonde sono state inferte quando Padre Celso era già morto: infatti solo quando il cuore pompa il sangue nelle arterie, questo circola liberamente, sotto pressione per affluire nei tessuti e da qui, sempre sotto pressione, attraverso le vene ritorna al cuore, e così che, da una ferita, il sangue sgorga e zampilla, mentre, se il cuore si ferma e quindi il soggetto è morto, non essendoci pressione, il sangue non scorre e le ferite non sanguinano.

    Giusto, è vero - confermò il maresciallo

    E poi, tutto il quadro, conferma che il comportamento non può che addursi alla personalità del torturatore... un bruto, un violento ma non certo un sadico che prova piacere nel procurare dolore ad altri... un sadico infatti non avrebbe infierito su di un corpo che ormai non avrebbe più potuto provare dolore.

    Forse aggiunse il carabiniere dovremmo interrogare tutti quelli che negli ultimi tempi si sono confessati da Padre Celso, non troveremo l'assassino ma potrebbe esserci utile conoscere lo stato d'animo e le eventuali preoccupazioni del sacerdote.

    Hai una brutta gatta da pelare, amico mio, ti confesso che parto volentieri

    Dopo aver dato le necessarie disposizioni, e le telefonate da farsi, ivi compresa la visita post mortem da parte di un medico, il Maresciallo salutò il proprio sottoposto e con il giornalista si apprestarono a tornare in macchina... non ci fu neppure il tempo di riprendere le considerazioni sul caso, che il cellulare del reporter prese a suonare: la direzione del suo giornale, informata in tempo reale dell'omicidio, gli chiedeva di prolungare il soggiorno al Paese e di indagare al riguardo.

    Il giornalista guardò il maresciallo Cafiero che, pur non avendo avuto modo di ascoltare la conversazione telefonica, capì l'antifona e con un sorriso sornione avviò il motore dell'auto.

    Era iniziata una nuova avventura che avrebbe trascinato i due amici in una dimensione sconvolgente!

    Il maresciallo Cafiero aveva in precedenza operato brillantemente in un paesotto di poche migliaia di anime e con una forza di cinque collaboratori e una modesta Fiat come macchina di servizio, nella nuova destinazione, ottenuta come riconoscimento delle sue capacità operative e di comando, era stato trasferito da poco più di un anno e ci si trovò subito bene: un bel appartamento di servizio, proprio sopra la caserma, dove si era stabilito subito dopo essersi sposato, una forza operativa di cinque carabinieri semplici, più due carabinieri scelti, un brigadiere (Campanile che lo aveva voluto seguire), un telefonista e un piantone oltre ad un parco auto raddoppiato sia da un punto di vista numerico che di prestigio.

    Il Paese della nuova destinazione gli era piaciuto molto anche perché, oltre ad essere un Paese vicino al paese di origine di sua moglie, era un grosso centro che avrebbe potuto godere della nomea di città, aveva infatti oltre ventimila abitanti e non si caratterizzava per città per il solo fatto di non avere una elevata concentrazione di servizi assistenziali, ricreativi e culturali e soprattutto mancava di una elevata concentrazione di funzioni industriali, commerciali e amministrative,... era comunque un grosso centro ma... indagare su un delitto misterioso come quello di un Parroco benvoluto da tutti, iniziando con l'interrogatorio di quanti, negli ultimi giorni si fossero confessati da Padre Celso, non fu né facile né piacevole: ci furono però alcuni riscontri, fra questi, fu tenuto in seria considerazione il fatto da più persone confermato, che nei giorni precedenti il delitto, fu intravisto uno strano tipo, aggirarsi per le vie del Paese e anche dalle parti della Parrocchia di san Gerolamo.

    Secondo la descrizione, era un uomo, le cui descrizioni, coincidevano anche per quanto riguardava

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