Siamo arrivati su OZ - L'Australia in lungo e in largo
By Alice Poli
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About this ebook
Un viaggio vissuto a 360°, al ritmo lento di due ragazzi e un furgone chiamato “Mollica”.
Questo racconto, ricco di fotografie, non vuole essere una guida ma un diario/mappa di luoghi magici e fuori dagli schemi.
Cominciato alla “Occidentale” e continuato scoprendo le più antiche, affascinanti e remote storie degli Aborigeni del Nord Australia.
Da Sydney a Yirrkala( Nord Est Arnhem Land) percorrendo la Stuart Highway col treno, il furgone e l'aereo, per finire nei territori dell'Estremo Nord Est.
Donne bambine, donne anziane, tutte insieme truccano il loro viso e si preparano alle danze cerimoniali immerse nella loro sacralità magica.
Uomini bambini, uomini anziani, tutti insieme trasformano i loro visi in maschere spaventose e si dipingono da capo a piedi: sono opere d’ arte che camminano.
Coprono il loro corpo il minimo indispensabile e inevitabilmente comincia la loro storia, fatta di danza, di canto, di racconto.
E ancora danze che intimoriscono.
Battiti ritmati di piedi neri che fanno saltare in aria la terra, polvere ovunque, ancora, per confondere anche il nemico.
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Book preview
Siamo arrivati su OZ - L'Australia in lungo e in largo - Alice Poli
Contatti
Introduzione
L’Australia è talmente lontana che neppure la mia fantasia è riuscita a prendere l’aereo e scendere fin laggiù. La mia fantasia sin da quando ero piccola si è incollata all’Africa, non ho deciso io, lei mi ha scelto e io le appartengo, appartengo a quel niente pieno che senti quando sei là, punto e basta. L’Australia mi ha chiamato solo ora, dopo 30 anni che abito qui in questa parte di mondo. Quando l’Africa mi chiama io faccio in modo di accontentarla, la raggiungo quando posso, ma poi mi fa tenere le orecchie tese all’indietro, perché non è che sia poi così semplice la mia Africa. Lei mi dice "
Karibu quando arrivo. L’Australia non lo so. Io le dico
Asante Sana" Africa mia, mi manchi sempre come se fossi una persona cara. L’Australia non lo so. Adesso però vorrei saperlo, mi allungo a conoscerla, dall’altra parte del globo. Ti presento l’Australia, Africa mia.
[1] Benvenuto
in lingua Swahili.
[2] Grazie tante
in lingua Swahili.
Metto nello zaino i miei oggetti sicuri
Preparo lo zaino australiano mentre la torta al cioccolato sta prendendo vita nel forno, si sta gonfiando, è piena di sé e già mi piace.
Faccio dunque la spola tra cucina e camera, riempio il pavimento di passettini veloci e scivolo per tutta la casa.
Penso a un po’ di musica da portare con me, che mi lega con un filo all’Italia, perché è vero che vorrei starle lontano, è un paese di vecchi, ma è anche vero che dopo un po’ di tempo che sto fuori mi sembra più carina e vivibile.
Vinicio Capossela se ne starà buono nella mia tasca, al momento giusto comincerà a spalancare la bocca. Infilo nello zaino anche un paio di libri. Uno ha la copertina nera con un’Australia dipinta di giallo piena di righe rosse che la attraversano: una storia mezza vera di un ragazzo che si sente a casa proprio là dove me ne andrò io domani, anche se arriverò tre giorni dopo.
Questo ragazzo lo vorrei conoscere: Andiamo a cena?
vorrei dirgli, raccontami del viaggio
.
L’altro libro scrive di arte, scrive di menti non tanto a posto che si trovano a casa dentro una tela e mangiano tubetti di colore.
Guardo un’altra volta le copertine dei libri che sorvoleranno mezzo mondo con me e poi li metto nella tasca anteriore dello zaino.
È il momento della mia macchina fotografica, mi chiede se dovrà ancora una volta subire tutta quella polvere odiosa appiccicata addosso che si ritrova quando torniamo dall’Africa… penso proprio che dalla polvere dell’Outback non scapperai, è il destino: IO E TE IMPOLVERATE NEL MONDO.
Quasi sullo stesso scalino d’importanza arriva il mio quaderno marrone.
C’è chi ha la Bibbia incollata addosso, chi la coperta come Linus: io mi porto un quaderno per scrivere e una penna; non la matita, quella serve per disegnare, a scuola, quando non sei sicuro e devi cancellare sempre.
Scrivo. Ho questo bisogno. Devo vomitare i miei pensieri.
La lista degli oggetti da portare in viaggio si è allungata a dismisura in questi ultimi cinque giorni, ogni volta che passo davanti al foglio appeso in cucina aggiungo una voce a matita.
Mi congratulo con me stessa: mezzo zaino per i vestiti che dovranno durare un mese e mezzo e l’altra metà per aggeggi vari: sono una viaggiatrice essenziale.
Sono pronta e come sempre ho ancoràti a me gli oggetti che mi danno sicurezza.
Accendo la televisione ma non mi interessa niente, spingo i pulsanti del telecomando allo stesso ritmo, non faccio neppure in tempo a capire che cosa stanno trasmettendo, spengo.
Il mio programma preferito ce l’ho già in testa e non si cancella.
Comincia domani, all’alba (i protagonisti siamo proprio io e te).
Ravenna-Roma
Roma-Londra
Londra-Singapore
Singapore-Sydney
QuindiciLuglioDuemilaotto
h: 7.40 p.m.
Volo verso Londra
Dietro i sedili le teste penzolano e l’anima si riposa.
Mi piace sempre essere in volo.
Quando sei qui in alto non fai altro che accentuare la tua piccolezza, la tua fragilità in quanto essere umano.
Siamo tutti delle pulci di pulci che si aggirano sulla pelle della terra.
CLICK.
h: ?
Aeroporto di Londra
Il viaggio più lungo che io abbia mai fatto si sta allungando ancora di più.
Allungo anche le mie gambe, che già mi chiedono perché le stia trattando così male.
Questa notte rimarremo a Londra, c’è stato un imprevisto che nessuno mai ci svelerà, non sapremo mai perché ci hanno rubato un giorno australiano.
Metropolitana di Londra...
SediciLuglioDuemilaotto
h. 2.00 p.m.
Volo verso Singapore
Finalmente a bordo.
Questo boeing 747 è grandissimo, saremo mille qui sopra, non ne avevo mai visti di così grandi da così vicino fino a ora.
Per la prima volta non sono sull’ala.
Potrò vedere tutto lo spettacolo fuori dal finestrino e non solo una parte, come se fossi su un volo low cost e avessi diritto a metà della scena.
Quando si sono accesi i motori questo boeing sembrava un leone.
Quando ha preso velocità, un leopardo in corsa.
Quando ha mollato il suolo, una farfalla leggera.
Ora andiamo a bucare le nuvole (e a contare le ore!).
Al finestrino ci starò per le prossime 23 ore, non muoverò nulla di me a parte la testa… a meno che non riesca ad uscire (?) da questo mattatoio della mia vicina di posto, la quale ha gli occhi chiari e sgranati tipici dei matti e parla come se avesse un fischietto in gola e oscilla come sulle montagne russe con i suoi acuti e i suoi bassi.
Mi stanco subito di darle corda.
Il problema è che ogni 5 minuti, forse meno, si gira di scatto e mi fissa, mi fissa, MI FISSA. E poi sorride.
Non sopporto le persone che fissano.
Fissano e poi sorridono.
La mia vicina si sistema i capelli dietro l’orecchio, mi guarda ancora una volta e mi dice qualcosa di sconosciuto: °§òò°kklhgjjiii]^^ò!!!
, ma non mi va di capire, non mi applico: sono associale e chiusa verso il prossimo oppure lei è pesantissima?
Fissa e sorride.
Si mangia il suo bauletto di riso e verdure che ci hanno appena portato le hostess, si ingobbisce a tal punto che diventa un tutt’ uno col suo pranzo.
Mastica velocissima e grugnisce, poi ride da sola, sembra che debba incamerare più cibo possibile nel minor tempo possibile.
Mi fa senso.
Si volta verso di me. Fissa e sorride.
Mi fa ricordare che quando sto guidando e devo fermarmi al semaforo rosso, se qualcuno si ferma al mio fianco io faccio tutto il possibile per non capire se il personaggio dell’altra auto mi sta guardando, mi sento a disagio se sto cantando, ho il terrore di girarmi e vedere che mi sta fissando, quindi spolvero il cruscotto, mi gratto una caviglia, cambio sistematicamente i canali della radio, controllo il telefonino e finalmente arriva il verde.
DiciassetteLuglioDuemilaotto
h. ?
Aeroporto di Singapore
Non ho nemmeno il tempo di ricordare come si usano le articolazioni delle gambe che già devo risalire sull’aereo per Sydney.
Comunque questa brevissima sosta ci voleva, comincio a sentire l’accumulo di questo immenso viaggio e un po’ mi preoccupo per me.
Due o tre persone fanno stretching abbandonati a terra.
Buona idea.
Posso copiare?
Faccio la gnorri e comincio a stirarmi la schiena a destra e a sinistra, mi accomodo in posizioni strane e una signora sulla settantina mi passa davanti aiutandosi a camminare con un bastone, per poco non mi schiaccia una mano e neppure se ne accorge.
Allora inveisco in silenzio e la seguo con lo sguardo, mi accorgo che ha la gonna arrotolata