Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Gente che aspetta
Gente che aspetta
Gente che aspetta
Ebook124 pages1 hour

Gente che aspetta

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

La vita di quattro persone si snoda in epoche diverse.
Severa è una diciannovenne con il talento per la pittura, ha perso in tenera età i suoi genitori e vive con suo nonno. La sua passione per l’arte, ereditata dal nonno scultore, si scontra tuttavia con il piccolo mondo in cui vive la ragazza, in primo luogo con l'educazione rigorosa che suo nonno stesso le impartisce, e che per lei immagina un futuro di donna dedita alla famiglia e al lavoro di insegnante.
Renato è un uomo in crisi che sembra scivolare lentamente in un tunnel senza via d'uscita: la perdita del lavoro, tuttavia, si rivela per lui un'occasione unica di riscoperta di sé stesso.
Armando è un uomo di successo che trascorre le sue giornate in solitudine, rifuggendo la costruzione di una vita sentimentale.
Arianna è una cinquantenne che vive in una stupenda casa in riva al mare e trascorre le sue giornate in solitudine. L'incontro con una donna speciale, le permette di comprendere il senso del suo percorso di vita.
Le esistenze dei quattro protagonisti sono apparentemente separate ma in fondo legate da un sottile filo conduttore: la riflessione sull’amore, sulla felicità, sul senso dell’esistenza permea la loro quotidianità nella stessa misura, e scandisce allo stesso modo le loro azioni. L'intreccio di differenti piani temporali arricchisce il racconto di sfumature suggestive donando un ritmo serrato all'avvicendarsi degli eventi.
La ricerca dell'identità è il tema centrale intorno al quale le vite di Severa, Renato, Armando e Arianna si snodano, in un percorso affannoso ma necessario, verso la rinascita.
LanguageItaliano
Release dateSep 3, 2014
ISBN9786050320091
Gente che aspetta

Related to Gente che aspetta

Related ebooks

Literary Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Gente che aspetta

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Gente che aspetta - Chiarastella Gabbanelli

    casuale.

    Capitolo 1

    Severa

    Severa sognava un futuro radioso accanto a un uomo da amare, restava affacciata al balcone ogni sera, e osservava con curiosità la vita degli altri scorrere, muoversi, mutare. La vita di Severa, invece, sembrava destinata a non cambiare. La ragazza aveva perso entrambi i genitori quando era ancora una bambina, e da allora aveva vissuto con suo nonno, che l'aveva cresciuta tentando di impartirle un'educazione rigorosa: l'uomo, malgrado fosse buono di cuore, con i suoi metodi educativi fondati su un eccesso di rigore, la induceva a soffocare la propria identità, a mettere da parte i propri sogni aspettando ogni giorno il momento in cui, finalmente, avrebbe respirato al pari degli altri.

    A Severa mancavano le carezze.

    La sua casa, grande ma modesta, era sempre buia e silenziosa, un televisore a volte riempiva il vuoto delle stanze attraverso le voci dei primi presentatori televisivi: la televisione, in quei tempi, era ancora circondata da un alone di magia, figure in bianco e nero si muovevano, parlavano, esistevano al di là dello schermo.

    Sembrava la prima macchina con l’anima incorporata.

    Severa amava osservare.

    La televisione le pareva il miracolo del secolo, una compagna sempre vicina, a propria disposizione, l’unica compagna che forse aveva il permesso di frequentare. Mentre la televisione trasmetteva i programmi della sera, fuori si udivano le voci dei ragazzi di Via Nova che si riunivano nella cantina del palazzo di Don Raffaele, un aristocratico decaduto che amava la musica, e aveva ceduto ai ragazzi quella parte della sua proprietà per permettere loro di realizzare piccoli spettacoli. I ragazzi stavano per cominciare le prove dell’atteso concerto che si sarebbe tenuto a inizio estate.

    Arturo amava intrattenersi con qualche ragazza prima di cominciare: restavano per decine di minuti seduti sui gradini antistanti al palazzo a guardarsi e a parlare, il ragazzo sbirciava puntualmente i loro seni, le loro gambe, odorava le folte capigliature e sembrava non dover resistere ad alcuna tentazione perché loro, pronte, le avrebbero soddisfatte, l’avrebbero atteso come ogni sera, e con lui si sarebbero incamminate nel buio, verso casa.

    Severa guardava Arturo nascosta dietro le tende.

    Arturo era un vincente, lei lo sapeva.

    Di notte immaginava quel ragazzo diventare adulto, un musicista famoso amato e corteggiato dalle donne, un uomo che un giorno si sarebbe finalmente accorto di lei, della sua bellezza e della sua solitudine.

    Anche Arturo era solo.

    A volte Severa l’aveva visto seduto sui gradini della chiesa intento a leggere: tra una pausa e l’altra, lo sguardo fisso nel vuoto a pensare a chissà cosa.

    Una goccia di sudore.

    Due gocce di sudore.

    Gli occhi gonfi.

    Le braccia rigide a sostenere il corpo giovane e stanco.

    Mani bianche e magre.

    Mani sottili. Mani agili e capaci.

    Istruite da corpi di giovani ed esperte donne.

    Labbra umide.

    Labbra tanto attese nelle notti tiepide.

    Il suono delle sue parole decise, taglienti. Il movimento costante e regolare delle labbra.

    Un profumo conosciuto e sognato, un profumo caro.

    Tre gocce di sudore.

    Non era molto caldo quel gradino.

    Quattro gocce di sudore, una parola interrotta.

    La paura.

    La paura per quel salto nel buio che sognava ogni notte.

    Cinque gocce di sudore.

    Voglia di correre, di sudare insieme a mille giovani donne, voglia di restare ore nei loro letti pieni di calore, voglia di calcare mille scene ogni sera, ogni giorno, per tutto il resto della vita, voglia continua, opprimente, voglia che soffocava più della paura, voglia che superava il dolore, voglia che rendeva i suoi sogni un'agonia senza via di scampo.

    La musica, per Arturo, era la vita stessa. Ogni cosa, nella sua esistenza, era mossa dalle note dei suoi spartiti.

    Severa osservava tutto questo dietro le tende.

    Amava avvicinarsi alla mente del giovane musicista cercando di immaginare cosa stesse pensando.

    Dobbiamo fare un concerto memorabile.Severa lo sentì un giorno pronunciare con enfasi queste parole mentre discuteva con i suoi compagni.

    La ragazza leggeva alcuni passi dell'Iliade, si preparava all’esame di maturità, ma la concentrazione veniva meno quando sentiva la voce di Arturo avvicinarsi e poi riallontanarsi e poi spegnersi dietro le porte della cantina.

    Quante volte avrebbe desiderato unirsi a loro anche solo per guardare da lontano ma nulla le era dovuto.

    La sua prigionia era più triste se paragonata alla libertà di quei giovani che si riunivano quotidianamente lì vicino, il suo silenzio ancora più avvilente se paragonato al chiasso di quelle vie, al fermento di quegli anni.

    Arturo e i suoi compagni avevano scelto il loro modo di vivere.

    Severa non aveva nemmeno la facoltà di esprimere fino in fondo la sua opinione.

    Eppure amava suo nonno.

    Lo osservava per ore mentre scolpiva il legno nel suo piccolo laboratorio, il luogo dei sogni, l’unico in cui era concesso perfino a lei di sognare. L’entusiasmo dell’uomo era contagioso, il suo amore per l’arte si traduceva nella creazione di opere uniche nel loro genere, e il suo spiccato talento animava i giorni spenti di Severa, regalandole sogni, suggerendole immagini.

    La madre di Severa era partita un giorno per andare a trovare una zia lontana e non era più tornata.

    La ragazza l'aveva aspettata a lungo e continuava a farlo.

    A volte restava per ore affacciata alla finestra della sua stanza con la speranza di veder apparire quella figura, un'immagine che lei avrebbe ancora saputo distinguere tra tutte le altre.

    Un'ombra che sarebbe giunta da lontano.

    Non era mai successo.

    Eppure Severa aspettava.

    Suo padre era morto poco dopo la partenza di sua madre. Severa aveva soltanto otto anni ed era stata affidata a un uomo anziano, il padre di suo padre, pieno di acciacchi ma con un grande amore per quella ragazzina.

    Vincenzo, paziente e ottimista, scolpiva anche per lei angioletti felici, Madonne sorridenti. Severa guardava e ammirava quel nonno, un artigiano capace, per lei un grande artista: la ragazza amava il suo odore fresco e antico, lo avrebbe conservato nella sua memoria molto a lungo.

    Ogni sera lo ascoltava intonare strofe di una canzone d’amore, il suono dei versi si univa al profumo della cena appena servita in tavola, al chiacchiericcio della gente in strada che tornava stanca da lavoro, alla voce impostata del cantante che si esibiva nell’attesa trasmissione delle otto e mezza.

    Malgrado la mancanza di libertà, malgrado quell'educazione così rigorosa, malgrado la vita fosse difficile, Severa era consapevole del fatto che sarebbero arrivati per lei momenti meravigliosi che l'avrebbero ripagata di quella lunga attesa. Malgrado tutto, Severa sapeva che quello era il tempo di sognare.

    Renato

    Non aveva idea di chi fosse lui, si alzava al mattino e lo trovava così, seduto, fermo a fissare il vuoto: fissava il vuoto Renato, non guardava davanti a sé il quadro sulla parete ma il vuoto. Eppure davanti a lui c'era un dipinto, una riproduzione di un artigiano che lavorava il ferro: il quadro era spostato un po' verso sinistra.

    Qualche volta Irene aveva tentato di rimetterlo a posto, allora Renato l'aveva guardata senza dire parola: un attimo di rancore, Irene aveva tremato.

    Ogni mattina Irene lo raggiungeva in ritardo, perché non riusciva mai a svegliarsi prima delle otto, si alzava dal letto e camminava a passo lento: le sue gambe forti, i suoi piedi scalzi. Non si udiva alcun rumore al risveglio di Irene, al contrario, il silenzio pareva divenire ancora più ingombrante, pareva avvolgere l'appartamento dei due, pareva soffocare.

    Renato era come sempre seduto, come sempre tratteneva tra le dita la sua matita, come sempre disegnava qualcosa su un foglio di carta in maniera distratta.

    Irene spostava la sedia accanto a lui, con lo stesso energico movimento si accomodava sospirando e gli sorrideva: non ti ho trovato accanto a me, era il pensiero che sottintendeva quel sorriso.

    Vestiti, usciamo, le disse Renato una mattina.

    Irene indossò gli stivaloni in pelle, Renato la prese per mano.

    Adesso, i passi dei due, che solcavano la terra, producevano un suono appena percettibile: continuavano a non parlare ma si tenevano per mano, il sorriso di Irene non sparì, Renato la guardò più intensamente: ti devo parlare.

    Durante la conversazione, le due figure si fusero in un'unica immagine, un intreccio di corpi che si perdeva tra le ombre del giardino, sotto gli alberi, nella freschezza del mattino: parlarono a lungo e a lungo si abbracciarono, le loro labbra si sfiorarono appena, i loro occhi si incrociarono molte volte e le loro mani furono sempre unite. Le gambe di Irene cominciarono a tremare impercettibilmente quando le parole di Renato divennero più difficili da sopportare, la donna inclinò il capo, si morse le labbra, allora lui cominciò ad accarezzarle il viso, le sussurrò parole di conforto ma Irene, già da tempo, aveva smesso di ascoltare: seguirono molti

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1