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La Fobia di Apparire Brutti
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La Fobia di Apparire Brutti

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La gran parte dei soggetti con questo disturbo sperimentano grave disagio per la loro supposta deformità, descrivendo spesso le loro preoccupazioni come “intensamente dolorose”, “tormentose”, o “devastanti”. I più trovano le loro preoccupazioni difficili da controllare, e fanno pochi o nessun tentativo di resistervi. Come conseguenza, essi spesso passano molte ore al giorno a pensare al loro “difetto” e a come porvi rimedio (talvolta ricorrendo a chirurgia estetica o ad auto-manipolazioni che possono peggiorare la situazione), al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. Questa fobia è strettamente legata alle trasformazioni dell'età puberale. Se tali fobie riguardano soggetti adulti la cosa è più grave, perché con la fine dell'adolescenza la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitta da complessi di inferiorità legati all'aspetto fisico. Il Disagio che ne deriva comporta l’incapacità di tessere equilibrate relazioni sociali e sessuali, con conseguente isolamento sociale, pulsioni aggressive e distonie inerenti la sessualità. La fobia interferisce con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività e le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante.

LanguageItaliano
Release dateJun 7, 2012
ISBN9781476046105
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    La Fobia di Apparire Brutti - Marcel Garnier

    La dismorfofobia è un disturbo psicologico caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per un difetto fisico realmente esistente o percepito come reale. Nei soggetti colpiti la consapevolezza di possedere un’imperfezione a livello fisico è capace di incidere sulla vita relazionale, minando l’autostima, generando insicurezza e portando spesso ad isolarsi o a far sfociare l’angoscia in comportamenti fobico-ossessivi. Come avviene per tutte le paure che diventano patologiche, la dismorfofobia è un disagio fortemente limitante per il benessere psicofisico che incide sulla vita quotidiana, nei rapporti interpersonali, sul lavoro, con un forte impatto sulle abitudini. Il disturbo colpisce in special modo gli adolescenti di entrambi i sessi. Le ragazze spesso tendono a vedersi grasse, si fissano sulla forma del seno, sui capelli, sulle cosce e sui fianchi mentre gli uomini tenderanno a sviluppare un’ansia eccessiva per il pene, per i testicoli e per i capelli. Quando quella che è la normale insicurezza del proprio corpo legata all’adolescenza si trasforma in fobia potrebbero insorgere disturbi correlati, come stress emotivo, anoressia, bulimia, nel tentativo di correggere ad ogni costo il difetto percepito come fonte di disagio e di tutti i problemi relazionali ed esistenziali. La gran parte dei soggetti con questo disturbo sperimentano grave disagio per la loro supposta deformità, descrivendo spesso le loro preoccupazioni come intensamente dolorose, tormentose, o devastanti. I più trovano le loro preoccupazioni difficili da controllare, e fanno pochi o nessun tentativo di resistervi. Come conseguenza, essi spesso passano molte ore al giorno a pensare al loro difetto e a come porvi rimedio (talvolta ricorrendo a chirurgia estetica o ad auto-manipolazioni che possono peggiorare la situazione), al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. Questa fobia si osserva principalmente negli adolescenti, di entrambi i sessi ed è strettamente legata alle trasformazioni dell'età puberale. Se tali fobie riguardano soggetti adulti la cosa è più grave, perché con la fine dell'adolescenza la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitta da complessi di inferiorità legati all'aspetto fisico. Ne deriva l’incapacità di tessere equilibrate relazioni sociali e sessuali, con conseguente isolamento sociale, pulsioni aggressive e distonie inerenti la sessualità. La fobia interferisce con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività e le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante. La persona può sviluppare comportamenti ossessivi dannosi per la propria salute, come, nei casi più gravi, anoressia o bulimia nervosa e comportamenti automutilanti (mediante lamette, aghi, forbici etc.).

    Il termine dismorfofobia, deriva dal greco timore (phobos) della forma distorta o dismorfia (dis-morphé). che significa deformità, fu coniato nel 1886 da Morselli, per descrivere una sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico, per la quale il paziente ritiene di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nei limiti della norma. Tale definizione, seppur vecchia di più di un secolo, coglie in pieno le caratteristiche cliniche di questo disturbo ed i più recenti sistemi classificativi delle malattie mentali formulano i propri criteri diagnostici per la Dismorfofobia riprendendo ciò che era già insito nella definizione originaria data da Morselli. Il disturbo fu, poi, descritto da Emil Kraepelin, che lo considerava una nevrosi compulsiva, e da Pierre Janet, che lo definì obsession de la honte du corp (ossessione per la vergogna del corpo).Il disturbo di dismorfismo corporeo è una condizione scarsamente studiata, in parte perché i pazienti sono soliti consultare dermatologi, internisti o chirurghi plastici, più che gli psichiatri; il disturbo di dismorfismo corporeo o una sua variante subsindromica può essere relativamente comune. I dati disponibili indicano che la più comune età di esordio è tra i 15 e i 20 anni e che le donne sono in qualche modo più frequentemente affette rispetto agli uomini; solitamente. Il disturbo di dismorfismo corporeo comunemente coesiste con altri disturbi mentali. Uno studio ha rilevato che oltre il 90% dei pazienti con disturbo di dismorfismo corporeo aveva manifestato un episodio depressivo maggiore durante il corso della vita; il 70% circa aveva presentato un disturbo d'ansia e il 30% circa un disturbo psicotico.

    IL DISTURBO DI DISMORFISMO CORPOREO

    Disturbo di Dimorfismo Corporeo, rientra nella più ampia categoria dei disturbi somatoformi, la cui caratteristica fondamentale è la presenza di sintomi fisici che potrebbero inizialmente far pensare ad una condizione medica generale, ma che in realtà non sono giustificati né da questa né dagli effetti di una sostanza o da un altro disturbo mentale. Nello specifico la caratteristica fondamentale del Disturbo di Dismorfismo Corporeo è la preoccupazione eccessiva per un difetto (reale o immaginario) nell’aspetto fisico. La persona focalizza l’attenzione sul difetto, che tende in questo modo a diventare il pensiero dominante nella sua quotidianità, fino a coinvolgere inevitabilmente tutti gli ambiti della sua vita. L’importanza di una buona immagine corporea di sé e il rilievo culturale che viene dato all’aspetto fisico, possono in qualche modo influenzare o accrescere le preoccupazioni già esistenti circa un supposto difetto fisico. Solitamente questo disturbo viene riscontrato in ugual misura tra gli uomini e le donne. L’età d’esordio è da ricondurre al periodo dell’adolescenza, ma spesso il problema emerge dopo anni, in quanto i soggetti con dismorfismo raramente palesano i propri sintomi. Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo è un disturbo che in psicologia emotocognitiva viene definito a base ansiosa, in cui frequentemente sono presenti anche tratti ossessivi di personalità (controllo e ricorrente del difetto, pensieri dominanti incentrati sull’aspetto fisico), tratti evitanti (spesso ritiro sociale) e tratti dipendenti. I soggetti con Disturbo di Dismorfismo Corporeo organizzano la loro vita intorno al difetto, spesso passando gran parte delle loro giornate a controllare il proprio aspetto fisico direttamente, o su qualsiasi superficie riflettente a loro disposizione (vetrine, vetri delle macchine, orologi, specchi ecc.). Possono emergere comportamenti esagerati di pulizia del proprio aspetto, che richiedono al soggetto molto tempo (applicazioni ritualizzate di cosmetici, eccessi nel pettinarsi o nel togliersi i peli, manipolazione della pelle ecc.). Alcuni soggetti che presentano tale disturbo, alternano periodi in cui mettono in atto un eccessivo controllo del proprio difetto, a periodi di completo evitamento arrivando ad evitare completamente qualunque superficie riflettente (ad esempio eliminando o coprendo specchi). Sebbene il controllo del supposto difetto fisico, ed i rituali di cura ad esso connessi, abbiano lo scopo di far diminuire l’ansia legata al difetto, questi tentativi in realtà non solo falliscono, ma incrementano le tensioni psicofisiologiche, che diventano in seguito sintomo-specifiche, alimentando a loro volta le preoccupazioni ed i tormenti legati al proprio aspetto fisico. Si innesca così quello che in psicologia emotocognitiva viene definito loop disfunzionale ovvero quel processo circolare ridondante fatto di comportamenti, pensieri o azioni proprie e dell'ambiente in cui la persona vive, che tendono a mantenere e a peggiorare il problema anziché risolverlo. I soggetti con Disturbo di Dismorfismo Corporeo sono soliti richiedere continue rassicurazioni circa il proprio aspetto fisico, ma il sollievo che il soggetto ne trae è nullo o comunque solo momentaneo. La continua richiesta di rassicurazioni, spesso rivolta ai propri familiari o a persone che quotidianamente si trovano a contatto con la persona con dismorfismo, spesso porta ad una riorganizzazione dell’intero sistema intorno al sintomo. Spesso i pazienti con dismorfismo pensano di essere oggetto di derisione da parte degli altri, a causa del loro aspetto fisico (o difetto), motivo per cui possono arrivare a nascondere il proprio difetto (per es. portando un cappello per nascondere una supposta calvizie, facendosi crescere la barba per nascondere eventuali cicatrici ritenute deturpanti) o ad evitare attività quotidiane fino all’isolamento sociale estremo, arrivando ad abbandonare la scuola o ad evitare colloqui di lavoro (per es. uscendo solo di notte quando il soggetto non può essere visto, o rimanendo chiuso in casa anche per anni). Il comportamento evitante messo in atto da tali soggetti non va confuso con il Disturbo Evitante di Personalità o con Fobia Sociale, in quanto le persone che presentano questa tipologia di disturbi, benché possano provare un forte imbarazzo a causa di qualche difetto fisico reale, questa preoccupazione non risulta essere predominante o essere causa di disagio o di menomazione. L’evitamento e la tendenza al ritiro sociale, non solo non risolvono il problema, ma a lungo termine possono peggiorare la situazione generando sintomi depressivi secondari. Il disagio derivante dalla percezione del difetto può portare la persona con diagnosi di disturbo di dismorfismo a ricorrere continuamente a trattamenti medico generali, estetici, medico odontoiatrici o chirurgici al fine di migliorare il proprio aspetto. Il ricorso alla chirurgia estetica, e quindi la soluzione apparente del difetto, spesso comporta lo spostamento dell’attenzione su un’altra parte del corpo su cui si vorrà nuovamente intervenire, innescando un circolo vizioso, appunto il loop disfunzionale. Tutti i tentativi messi in atto dai soggetti con dismorfismo (quali l’evitamento sociale , il controllo eccessivo del difetto, i rituali di cura dell’aspetto fisico) per risolvere il problema e per evitare la sofferenza ad esso connessa, non solo non funzionano ma tendono a mantenerlo nel tempo incrementando le tensioni e aggravando la situazione. Va ricordato che ogni tentativo di convincere la persona che il difetto non esiste o è esagerata la sua attenzione sul problema, oppure

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